Serie TV > Sherlock (BBC)
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Autore: Sherly82    26/01/2017    3 recensioni
Questa storia contiene SPOILER riguardanti la 4° stagione di Sherlock, per cui se non lo avete ancora visto...aspettate a leggere.
Si sviluppa nei mesi successivi alla fine dell'ultima puntata, immaginando come Sherlock e Molly vanno avanti con le loro vite, dopo gli utimi accadimenti.
Sherlolly di base.
Spero di non deludere nessuno. E' la mia prima storia e di certo ho tanto da migliorare.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: John Watson, Molly Hooper, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Contesto emotivo Sherlock. Ti distrugge. Sempre”

“Io ti amo….io ti amo....Molly...ti prego…”

Erano passati 4 mesi da quando Eurus l’aveva costretto a quella telefonata a Molly Hooper.

4 mesi in cui aveva ricostruito il suo appartamento di Baker Street assieme a John.

Dove ora una piccola e dolce Rosie giocava.

4 mesi in cui aveva ripreso il suo lavoro come consulente investigativo.

Quasi tutto era tornato alla normalità.

Mancava Mary. Ma quel vuoto era in parte colmato dalla “presenza” che avvertivano sia lui che John, tanto da mettersi a chiaccherare con lei, come se lei fosse presente.

Mary non sarebbe mai stata dimenticata.

Consapevole delle sue emozioni, grazie al massacrante perverso gioco di Eurus, ora era diverso.

Non si prendeva più gioco delle emozioni altrui. Una piccola dose di sarcasmo c’era sempre, ma non feriva più nessuno. E di questo se ne erano accorti tutti.

Era la nuova versione di Sherlock Holmes: un uomo sempre freddo e distaccato (quando non si trattava della sua ‘famiglia’), ma dal cuore grande.

Quando avevano invitato tutti a casa per festeggiare, dopo la ricostruzione dell’appartamento, c’era anche Molly.

Lestrade l’aveva informata su quanto accaduto, e sulla telefonata che Eurus aveva obbligato Sherlock a fare, per salvarle la vita.

Da una parte si era sentita stupida, non sapeva che in ascolto ci fossero altre persone.

Ma era stanca, incredibilmente stanca di Sherlock, di quello che lei provava per lui da anni, con la sola illusione di essere ricambiata un giorno.

Era stata una liberazione alla fine.

Finalmente lui lo sapeva chiaramente, non era solo ipotizzato, e lei finse per qualche secondo che quel ‘io ti amo’ fosse vero.

E per un attimo ci aveva creduto, solo perchè lui lo aveva detto due volte.

Ma c’era Eurus dietro.

Per cui imparò a prendere quell’informazione e metterla via, in un angolo, come un palazzo mentale, ma aveva sede nel suo cuore.

Perchè Molly era cuore, non testa.

Appena la vide entrare Sherlock lasciò John in compagnia di Lestrade e le si avvicinò.

Lo sguardo di lei era sereno, gioioso ma quando i suoi occhi incontrarono quelli di Sherlock, come un’ombra passò in quello sguardo, e qualcosa di impercettibile era cambiato.

“Ciao Molly, grazie per essere venuta”, un accenno di sorriso accompagnava quella frase.

Lei gli sorrise imbarazzata e gli porse un pacchetto.

“E’ un piccolo pensiero per il vostro appartamento. Complimenti è identico a prima dell’esplosione…”

Sherlock che ancora non aveva smesso di guardare Molly negli occhi, prese il pacchetto e lo osservò tra le mani.

Era un semplice regalo impacchettato, senza nessun richiamo cromatico a quello che lei indossava in quel momento. Quasi anonimo.

Un nodo in gola si stava formando...si ridestò dai pensieri e guardandola negli occhi, le sussurrò: “Grazie Molly, non dovevi disturbarti….”

Si accorse che nella stanza John, Mycroft e la signora Watson li stavano fissando, in silenzio.

Questa tensione che avvertiva dentro di lui era come se la circolazione gli si fosse fermata, e fosse pervaso in tutto il corpo da un fastidioso formicolio.

“Senti Molly, devo parlarti, ti devo delle spiegazioni…”

“Sherlock non servono. Greg mi ha già raccontato tutto e … la telefonata, so che è stata Eurus. Non devi spiegarmi proprio niente.”

Lo guardò qualche istante negli occhi, in quegli occhi color ghiaccio che ora sembravano vibrare come fiamme.

Un leggero brivido la scosse, e deglutì quasi a fatica.

Lo lasciò lì, col pacchetto in mano, andando da John a congratularsi e prendendo un flute di champagne dalle mani di Lestrade.

La serata continuò allegra, con racconti e storie divertenti, evitando di menzionare Eurus.

Sherlock cercava con lo sguardo Molly, ma lei evitava di incrociare i loro sguardi, e quando ciò non era possibile, lei accennava un sorriso, per poi guardare altrove.

Sherlock non capiva quello che stava provando, voleva scusarsi, chiederle perdono...ma lei aveva eretto come un muro e lui non sapeva come superarlo.

Ora che lui aveva iniziato a sgretolare il suo, permettendosi di far fluire in sè le emozioni che per anni, fin dall’infanzia, aveva allontanato...proprio ora, sentiva che Molly si stava allontanando da lui.

Da quella serata passarono diversi giorni, fino a quando Sherlock non dovette andare al Bart’s per un’indagine.

Fece la sua entrata spingendo la maniglia della porta e lasciandola chiudere alle sue spalle.

Molly era di spalle, stava scrivendo degli appunti al computer.

Alzò la testa e quando vide che era Sherlock, tornò a scrivere, concentrandosi al computer.

Quanto era difficile...perchè Molly lo ignorava in quel modo? Non rispondeva neanche più ai suoi messaggi. Sapeva di averla ferita, ma voleva porvi rimedio, senza sapere da quale parte cominciare. O quelle rare volte che ci provava, lei metteva una barriera.

“Ti ho preso le patatine, conoscendoti avrai saltato il pranzo per continuare gli esami sul corpo della vittima” e dicendo questo, tirò fuori un sacchetto delle patatine preferite di Molly, avvicinandosi a lei.

“Bhe, mi spiace deluderti Sherlock, ma ho pranzato”

Lei alzò gli occhi per osservarlo e scoprì che era possibile stupire Sherlock Holmes. O forse era solo preoccupato per i risultati che lui aspettava con impazienza.

“Tranquillo, quello che cerchi è in quella cartelletta sulla scrivania. Troverai di cosa è morto il signor Jane e gli indizi portano al sospettato che dicevi. Caso chiuso”

“Io…”

Sherlock che non aveva parole? Certo che Eurus l’aveva distrutto per bene.

Preso alla sprovvista, sia perchè lei aveva pranzato, sia perchè i risultati erano pronti senza che lei l’avesse aspettato per lavorare insieme, come succedeva fino a qualche mese prima, Sherlock non sapeva cosa fare. Era disorientato e succedeva raramente.

“Bhe, complimenti come sempre Molly Hooper, non mi deludi mai.”

Ma si accorse troppo tardi dell’infelice scelta di parole.

Lui, lui era una delusione per lei, e ne ebbe la conferma quando lo guardò seria dicendogli: “Scusa ma ho del lavoro da terminare”

“Certo...stasera John passa con Rosie, vuoi unirti per una serata tra amici?”

“Grazie ma ho un impegno. Ci sentiamo nei prossimi giorni Sherlock.”

Era quasi come ricevere uno schiaffo in pieno volto.

Lasciò il Bart’s meditando sulle parole della patologa: “Ho un impegno”

Molly aveva davvero un impegno? Nah, era certo che glielo aveva detto come scusa. D’altronde non era vero nemmeno che John sarebbe andato a Baker Street quella sera, ma se gli avesse detto che sarebbero stati soli, certamente non avrebbe accettato.

Guardò l’ora e si diresse in un locale, dove ordinò patatine fritte.

Erano le 19.30 e Molly era rientrata a casa da circa un’ora.

Si era cambiata, fatta una doccia calda (aveva visto il vapore uscire dalla finestra del suo bagno) e sicuramente ora stava cucinando, mentre accarezzava il suo gatto Toby, sulla sedia, a pochi cm da lei.

Stava per lasciare il locale, quando il portoncino d’ingresso si aprì e vide uscire Molly Hooper.

Un cappotto verde, i capelli raccolti, probabilmente indossava un abito perchè le gambe erano coperte solo da collant, e tacchi. Non esagerati, ma raramente l’aveva vista così elegante.

Una sciarpa attorno al collo per scaldarsi e un sorriso.

Non vedeva Molly sorridere da molte settimane. Non quando lui era nei paraggi.

La seguì con lo sguardo, vedendola incamminarsi lungo la strada.

Lasciò i soldi sul tavolo e uscì dal locale. Voleva capire dove stava andando Molly e soprattutto da chi.

Non sapeva perchè si stava comportando così. Si sentiva in colpa per quella telefonata, si sentiva in colpa per tutte le volte che l’aveva trattata male, si sentiva in colpa perchè non sapeva come scusarsi, e soprattutto perchè lei non gli permetteva di avvicinarsi.

Aveva immaginato fosse una serata tra amiche. Al Bart’s ne aveva un paio e di certo era utile per lei svagarsi assieme a loro.

Il passo sicuro si fermò. Lo stupore arrivò all’improvviso, come all’improvviso era comparso quell’uomo che sorridendo a Molly l’aveva presa tra le braccia e l’aveva baciata.

Il senso di formicolio riprese a scorrere nelle vene di Sherlock e sbattè le palpebre due volte per essere certo di non aver visto male.

Molly non solo aveva realmente un impegno, ma usciva con un uomo e si baciavano.

In una frazione di secondo capì il comportamento di lei, così distaccato.

Se voleva liberarsi da Sherlock e da quello che provava, doveva innalzare un muro e soprattutto doveva incontrare un altro uomo.

Razionalmente la capiva, ma perchè allora qualcosa nel petto gli bruciava?

Osservò lui. Alto ma non troppo, moro, occhi scuri, un cappotto, niente sciarpa.

Occhi scuri e niente sciarpa? Non era un altro suo surrogato come il povero Tom…

Questo voleva dire che aveva chiuso definitivamente con quello che provava per Sherlock.

Non sapeva se le emozioni, sì, emozioni, che sentiva in quel momento erano dovute al fatto che non aveva mai visto Molly baciare qualcuno o se semplicemente lo infastidiva che baciasse un uomo.

Si girò e con lo sguardo serio e concentrato, si diresse verso Baker Street.

Erano passati mesi da quella sera. Quattro da quando tutto era cambiato per colpa di Eurus.

Sherlock aveva risolto brillantemente numerosi casi con John, e la sua fama era ormai conosciuta in tutta l’Inghilterra.

Era andato avanti con la sua vita, esattamente come aveva fatto Molly.

John si era prodigato a informarlo sulla relazione che lei aveva avviato con Spencer, un collega che si era trasferito a Londra da pochi mesi.

Aveva cercato di usare tutto il tatto possibile, ricordandosi bene come Sherlock aveva reagito dopo la telefonata partita da Sherrinford.

Ma non notò nessuna reazione da parte sua. Ancora una volta Sherlock Holmes riusciva a lasciare di stucco il suo più grande amico, John Watson.

“Sherlock...non dici niente?”

“Sono felice per lei. Ora se vuoi scusarmi, ma ho un caso che mi attende”

“Non vuoi che vengo con te Sherlock?”

“No grazie, al momento me la cavo benissimo da solo. E tra poco la baby sitter ti porterà Rosie. E’ da stamattina che non la vedi. Stai con lei John”

Da quando Mary era morta, lasciando un vuoto enorme in John e Sherlock, quest’ultimo faceva il possibile affinchè la piccola Rosie passasse molto tempo con il padre.

Era un cambiamento di cui si erano accorti tutti.

L’edificio si stagliava silenzioso e freddo, davanti a lui.

Le sue visite al Bart’s erano diminuite di molto, da quando aveva capito che Molly aveva una relazione.

Voleva proteggerla, far si che fosse felice, e se per lei essere felice significava frequentare quel Spencer, lui non aveva nulla da dire a riguardo.

Ovviamente si era informato su di lui.

E nulla di spiacevole era saltato fuori. Single, bravo medico, donatore di sangue, un passato da boyscout. Era quasi nauseante scoprire tutte queste qualità.

Di certo lui non lo avrebbe mai preso a schiaffi, Molly Hooper.

Entrò a passo deciso, dirigendosi verso la porta del laboratorio dove lei lavorava.

Avea calcolato che in 3 minuti avrebbe avuto tutte le informazioni di cui aveva bisogno per il caso e se ne sarebbe andato.

Un tempo, che ora gli sembrava lontanissimo, non avrebbe mai pensato a quanti minuti sarebbe stato nel suo laboratorio.

Quel posto che per lui era un rifugio, era stato la sua salvezza, dove lui andava quando aveva bisogno di lei, perchè solo lei avrebbe potuto aiutarlo, ma non solo nella maniera che lei conosceva.

Era la sua Molly, e ora l’aveva perduta.

Indugiò un momento prima di aprire la porta.

Doveva cacciare la tristezza prima di guardarla in faccia. Lei era l’unica che si accorgeva di quando lui era triste.

Molly era di spalle, stava sistemando dei reperti.

A sinistra c’era un sacco, sul tavolo da lavoro. Un altro cadavere.

Si spostò verso quest’ultimo, spinto come sempre dalla curiosità di conoscere e sapere.

Aprì la cerniera e trovò il volto di un uomo anziano, senza ferite apparenti.

Il suo cervello stava iniziando ad analizzare le informazioni quando la voce di Molly lo interruppe.

“Le informazioni che volevi te le ho inviate via email. Ti ho mandato un messaggio per avvertirti. Potevi risparmiarti la strada”

Email. Messaggio. Evitare.

Era questo che stavano facendo. Si stavano evitando. Da mesi. O era quello che aveva iniziato a fare Molly. In realtà era quello che aveva sempre fatto lui. Ma ora quanto lo faceva soffrire questa situazione.

Contemporaneamente riascoltò le parole pronunciate da Molly.

Il tono. Era...diverso dal solito. Era...triste. Come non lo sentiva da tantissimo tempo.

Si girò di scatto verso di lei per guardarla, ma lei era ancora di spalle.

Si avvicinò a lei, che curva sui reperti che stava catalogando, non lo aveva ancora degnato di uno sguardo.

La osservò.

Aveva le spalle strette e la schiena curva. Posizione insolita per lei, che adorava quel che faceva e quindi manteneva sempre il profilo eretto e spalle larghe.

Si mordicchiava le guance dall’interno, cosa che le aveva visto fare solo un paio di volte, quando era nervosa.

Non era truccata, e dal profilo che gli permetteva di vedere solo mezzo volto, scorse del rossore attorno al naso e gli occhi gonfi.

Aveva pianto.

Ecco perchè non voleva che lui venisse in laboratorio.

Non voleva farsi vedere così da lui. Così...fragile.

“Molly….cos’è successo?” il suo tono era basso ma deciso. Una lieve preoccupazione si percepiva.

“Sherlock non è serata. Vai a casa”

Stava per fare come lei gli aveva chiesto, ma appena fatti due passi, si fermò, proprio dietro di lei, che si era incurvata ancora di più.

Le mise una mano sulla spalla e con voce sicura le disse: “Molly, noi siamo amici. Vorrei che se ci fosse qualcosa che non va, tu me ne parlassi.”

Seguirono secondi di silenzio.

“Non sei la persona adatta Sherlock”

Il suo sguardo stranito diceva tutto. Come poteva non essere la persona adatta?

Forse un tempo, in cui credeva che non provare niente era una scelta perfetta.

Ma quel tempo, quel Sherlock, non esisteva più.

E la cosa che più voleva in quel momento era vedere un sorriso sul bel volto di Molly.

Prese uno sgabello e si sedette accanto a lei.

“Ho tutta la sera libera Molly Hooper. Non me ne vado da qui fino a quando non mi dici cosa ti è successo”

In tutta risposta, lei, iniziò a singhiozzare e appoggiando la testa sulle braccia, si lasciò andare in un pianto, quasi abbracciando il tavolo dove si era adagiata, per nascondersi il più possibile da lui.

Aveva già assistito ad un pianto. Era stato John. In quell’occasione si era alzato dalla sua poltrona e abbracciandolo, lo aveva consolato, con poche semplici ma profonde parole.

Era facile con John.

Ma trovarsi davanti Molly Hooper che piangeva, lo bloccava.

Passarono alcuni secondi quando lui pronunciò il suo nome.

Lei iniziò a calmarsi, il piantò iniziò a diminuire e Sherlock capì che poteva essere pronta.

Avvicinò ancora di più lo sgabello. Ora il suo cappotto toccava le gambe di lei.

Con la mano sinistra si mise ad accarezzare la testa di lei, dolcemente.

“Andrà meglio Molly, ora ci sono io qui con te”

Si stava chiedendo se Spencer sarebbe spuntato all’improvviso da quella porta.

Le porse il suo fazzoletto e lei ringraziandolo, si soffiò il naso.

Alzò la testa e le lacrime le bagnavano il viso. Gli occhi tristi cercavano disperatamente di assumere un tono meno doloroso, di quello che in realtà lei stava provando.

“Cos’è successo per farti stare così male?” la dolcezza di quella domanda non riusciva a lasciarla indifferente.

Sherlock sembrava essere una calamita in questi momenti.

Compariva sempre quando lei aveva bisogno.

In fondo, erano amici.

“Tu sei mia amica Molly, noi siamo amici”

Non riusciva a dimenticare quella telefonata con Sherlock.

Si fece forza e girò la testa verso di lui.

I suoi occhi azzurri sembravano tremare.

Era davvero preoccupato per lei.

“Una cosa stupida in realtà, sai? … Ecco io….”

Un sospiro mise in pausa il suo racconto.

Questo diede tempo a Sherlock di spostare un ciuffo dei suoi capelli ribelli, che si erano attaccati alla sua guancia.

Per Molly era stata quasi una carezza. E l’avrebbe pensato davvero, se davanti non avesse avuto Sherlock.

“Io...ho avuto un ritardo...bhe, sai di cosa parlo..”

All’improvviso si sentì le guance diventare calde e rosse. Perchè era così imbarazzante parlarne con lui?

Sherlock fu scosso da un brivido sentendo quelle prime parole.

“Continua” le disse.

“Ero spaventata all’inizio ma contenta. Sai, Spencer...io ...eravamo innamorati e mi sembrava una cosa naturale per una coppia”

-eravamo?- perchè Molly stava parlando al passato?

Il sopracciglio si alzò, esprimendo la costernazione che lui stava provando.

“Così, a cena gli avevo dato la notizia, aggiungendo che avrei fatto un test. Lui ha reagito malissimo. Mi ha detto che un figlio non lo voleva, che gli avrebbe portato dei problemi col lavoro, che era stato un errore”

Il dolore che quelle frasi avevano riportato in lei, la fecero scoppiare nuovamente in lacrime.

Sherlock era ancora scioccato dalla brutalità che Spencer aveva usato verso Molly.

Come aveva potuto ferirla in questo modo?

Una cosa era certa.

Sarebbe andato da lui e gli avrebbe fatto rimpiangere di aver detto quelle parole.

Asciugatasi le lacrime, riprese il racconto.

“Quella sera mi ha detto che aveva accettato un trasferimento a New York. Un progetto importante e che sarebbe partito entro 3 giorni. Non voleva saperne niente di un eventuale figlio”

Sherlock serrò la mascella e strinse i pugni così forte che le nocche diventarono bianche.

Spencer non aveva idea di quello che Sherlock gli avrebbe fatto, se solo se lo fosse trovato davanti.

“E’ partito questa mattina. Mi ha lasciato un biglietto con scritto Addio”

La voce le tremava, il dolore così visibile sul suo volto.

“E il test?” la voce di lui che si schiariva nel pronunciare quelle parole.

“Negativo”

Un sospiro di sollievo si fece largo in lui. Non perchè non volesse che Molly fosse incinta, ma perchè ne avrebbe sofferto molto di più se lo fosse stata.

“Mi dispiace Molly, mi dispiace davvero”

Una triste e afflitta Molly Hooper alzò lo sguardo verso di lui e chiese: “Perchè?”

“Perchè cosa?”

“Perchè mi innamoro di uomini che mi rendono infelice e sola”

Era come una pugnalata che lo trapassava all’altezza del cuore.

Sapeva quanto lei aveva sofferto per lui. Quanto dolore aveva provato lei per averlo amato, prima che lui si accorgesse di amarla, quando era troppo tardi per lui.

Le mise una mano sul ginocchio e tenendo lo sguardo su quella mano, a voce bassa le sussurrò: “Molly...mi dispiace per tutto il dolore che ti ho dato. Sei una persona splendida e non meriti la sofferenza che stai provando. Io….ti prometto....che farò di tutto per riportare il sorriso sul tuo volto. Perchè io non riesco a sorridere se non lo fai anche tu”

Il turno di Molly era finito. Era andata in bagno a sciacquarsi il volto.

Sherlock l’aspettava accanto alla porta di uscita.

L’aria era fredda e gli occhi di lei ancora bruciavano per tutte le lacrime versate.

In silenzio camminarono fianco a fianco, fino ad arrivare all’appartamento di lei.

“Sicura che vuoi stare da sola? Posso restare se vuoi compagnia”

“Me la cavo, grazie. E poi ho Toby”

“Già, Toby ….Molly se hai bisogno di parlare, chiamami, ok?”

Un cenno del capo era segno che aveva capito.

“Buonanotte Molly” e si abbassò per darle un leggero bacio sulla guancia.

La vide entrare e chiudere il portoncino di ingresso.

Aspettò qualche secondo, poi si girò e scese le scale.

Dopo qualche metro, prese il cellulare dalla tasca, compose un numero e aspettò la risposta dall’altro capo del telefono.

“Fratellone, come stai? Oh non dirmi che stavi dormendo. Io stavo passeggiando, è una bella serata….e mi sono ricordato che sei in debito con me per via di Eurus. Oh, non ti sto ricattando Mycroft. Sto riscuotendo un debito. Bene, devi fare una telefonata ai tuoi amici a New York…”

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Spero che questo primo capitolo vi sia piaciuto. L'ho scitto quasi di getto, in poche ore. Fatemi sapere ;)
   
 
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