Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |      
Autore: The_RealShimeon    28/01/2017    2 recensioni
PRIMO libro della Saga.
I tradimenti comportano sempre conseguenze irreversibili.
Le Isole della Tempesta sono dominate da un popolo rozzo e brutale, dedito all'arte della guerra e del combattimento. Il loro unico credo? La spada.
Gli abitanti di Kernonos, privati della loro libertà, vivono una vita vuota e senza scopo.
Ma una rivolta è in atto: alcuni cittadini, stanchi della corruzione che aleggia incontrastata, decidono di nascondersi per ribaltare la situazione.
Tuttavia, non è questo il più alto degli ostacoli: il mondo, in realtà, è molto più grande di quanto pensino.
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Un soffio leggero carezzava mollemente il volto deturpato del vecchio. Il suo unico occhio scrutava con ingordigia il paesaggio circostante, alla ricerca di qualcosa che avrebbe potuto dare senso alla sua miserabile vita. L'attacco era stato concordato da tempo: tuttavia nessuna nave veleggiava all'orizzonte, pronta ad abbattersi con violenza su quella rigogliosa terra.

Con mani tremanti, il longevo accarezzava freneticamente l'irsuta barba, in attesa del segnale tardivo: aveva venduto la Madre Patria per una manciata di danari. Danari che, di certo, non gli avrebbero permesso di vivere più a lungo né tantomeno di passare gli anni restanti in agi e ricchezze. No. L'aveva ceduta per codardia. 

Il popolo di Ogmah premeva da tempo per l'egemonia delle Isole della Tempesta e l'ultimo ostacolo da superare per il dominio dei Mari dell'Ovest era proprio la grande isola di Kernonos.

Kernonos, l'isola ibrida: abitata in parte dai fieri Yarruck, discendenti dalle più nobili famiglie di combattenti che presiedettero nella Grande Guerra mille anni prima e dai pacifici Gabbesh, piccola minoranza del popolo elfico distaccatosi dai consanguinei per motivi mai veramente svelati.

Appoggiandosi meglio al bastone, il vecchio prese a frugare insistentemente in una delle tasche interne del latteo mantello finché non ne uscì una grossa pipa, finemente intagliata. Un dono ricevuto anni addietro dai ricchi capi di Aithne, in visita ufficiale a Kernonos per l'Alba Efed, la festa di mezz'estate, che poneva simbolicamente fine alla calura estiva, spazzata via dal gelido inverno. 

Accese il piccolo arnese, aspirandone lentamente l'amarognola miscela e tossendo di tanto in tanto a causa del suo stesso catarro. 

"Non hanno tenuto fede alla promessa. Dovevano giungere al calar del Sole, ma di loro non vi è neanche l'ombra. Mai fidarsi dei Khonnak." Pensò a voce bassa mentre, avvinghiato al bastone, tentava di scendere dall'altura su cui si trovava.

Stava già muovendo i primi passi giù per il pendio, quando in lontananza udì un rullo di tamburi, il quale aumentava di minuto in minuto, fino a trasformarsi in un distinto ed incessante rombo.

Nel cupo volto dell'ignobile un largo sorriso comparve ed una fragorosa risata fuoriuscì dall'ampio petto, mischiandosi alla tosse. Si piegò in avanti, quasi inginocchiato, la mano stretta attorno al legnoso appoggio, mentre, tra un'imprecazione ed uno sputo, maldestramente tentava di ricomporsi.

Grosse imbarcazioni solcavano impetuose le profonde acque del Mar dei Venti; possenti e fieri, i loro comandanti gridavano ordini che venivano poi ripetuti dai secondi, affinché tutti udissero distintamente i comandi. Vele rosse come il sangue erano spiegate al vento ed il superbo vessillo di Ogmah era ormai visibile dalle coste argentate.

"È giunta la fine dunque." Sospirò ansimando il traditore. Per pochi attimi il vecchio Ghilad provò compassione per il destino del suo popolo. Avvertì un senso di rimorso: una fitta allo stomaco che quasi gli impediva di respirare. Tuttavia, col passare degli anni non avrebbe più ricordato una simile emozione.

Iniziò a scendere con rapidità dalla rupe, incespicando più e più volte in mezzo a sassi ed arbusti, improperando contro la vecchiaia e gli acciacchi del tempo, graffiandosi le ginocchia ossute e conficcandosi piccole e dolorose spine in corpo. 

Quando finalmente giunse in pianura, notò con grande rammarico che le prime navi erano già approdate ed altre invece, ammainavano le vele gettando in acqua pesanti ancore; Ogmah era in grado di far impaurire chiunque: persino i suoi stessi alleati quando si trovava in assetto da guerra.

Il vecchio Ghilad si precipitò solerte nella loro direzione, agitando la mano libera dal ligneo fardello ed urlando il più forte possibile per farsi riconoscere: temeva in cuor suo che essi dimenticassero la promessa fatta.

Qualche Khonnak dovette avvertire gli ufficiali, poiché una volta giunto sulle rive affollate, venne immediatamente condotto su di una piccola scialuppa, per poi essere scortato sul ponte di un'imponente nave, in attesa di essere ricevuto.
Aspettò diligentemente per qualche minuto prima che, un guerriero lo intimasse di seguirlo nei pressi di una grande e sfarzosa tenda. Si fermò sulla soglia, titubante e smarrito, finché un soldato gli fece cenno di accomodarsi al suo interno.

"Non si fanno mancare nulla." Considerò il vecchio con un ghigno, mentre con discrezione scrutava ogni angolo dell'immenso padiglione. Eleganti ed imponenti statue di marmo bianco erano situate lungo il vestibolo, monumenti che dovevano rappresentare la purezza e la forza dei nove Capi Supremi di Ogmah, gli Shabbat. Lungo tutto il perimetro poi, innumerevoli tappeti di pregevole forma, creavano sfarzosi ghirigori colorati. Non vi era una netta divisione delle stanze, se non per elaborati drappeggi purpurei che separavano gli ambienti privati da quelli comuni.

Luci soffuse illuminavano flebilmente quasi ogni ambiente; lanterne luminose, invece, erano poste su enormi tavoli che ospitavano mappe, monete d'oro, pedine, incensi profumati ed affilati coltelli.

Molti bauli, ricolmi di chissà quali ricchezze nascoste, erano adagiati lungo i pilastri portanti, e Ghilad non poté far a mano di soffermarsi per un attimo alla vista di tanta opulenza. Quasi giocherellando con la punta della lunga barba, immedesimò sé stesso nelle vesti di guerriero: probabilmente avrebbe avuto vita breve. Non era nato per combattere. Temeva persino la sua ombra per poter anche solo pensare di affrontare un reale avversario in un campo di battaglia.

«Ti sei fatto desiderare vecchio. Credevamo non avessi tenuto fede al patto.» Esclamò con voce roca qualcuno alle sue spalle.

Ghilad quasi trasalì dallo spavento: una figura alta ed imponente emergeva lentamente dai meandri più oscuri della tenda. «Illustrissimo!» Guaì d'impeto, prostrandosi ai piedi dell'uomo che adesso gli si parava chiaramente davanti. «Ho atteso vostre notizie per innumerevole tempo, scrutando invano l'orizzonte con la tenue speranza di scorgere in lontananza gonfie vele che preannunciassero il vostro imminente arrivo.» Continuò costernato, senza osare volgere lo sguardo verso l'ufficiale. «Lo sconforto stava prendendo il sopravvento, finché la tua flotta si è parata davanti ai miei occhi in tutta la sua potenza e così mi sono precipitato giù dal pendio ove risiedevo da giorni e son giunto qui!» Dichiarò mentre, scostandosi le vesti, faceva sì che il generale potesse osservare le ferite procuratesi durante la rapida discesa.

Lo Shabbat sorrise di buon grado, intimandogli di alzarsi con una poderosa pacca sulla schiena aggrinzita; bramava d'esser adulato quasi quanto desiderava che il sangue tiepido schizzasse sul suo volto famelico durante una battaglia. «Bene, bene Ghilad. La tua ricompensa l'hai già vista a quanto pare: adesso spetta a te.» Asserì porgendogli il palmo della mano.

«A cosa ti riferisci mio signore?» Chiese strabuzzando gli occhi lo Yandest.

«Sai benissimo a cosa mi riferisco.» Si intromise di scatto il Khonnak, senza dargli la possibilità di terminare il discorso. «Dove sono le chiavi della città di Almas?» Domandò poi, accennando un mezzo sorriso, il quale rendeva il suo volto ancor più maligno.

«Io non...» Tentò di dire il vecchio, ma non ebbe il tempo necessario per formulare una risposta che il poderoso uomo cingeva già la sua gola, impedendogli quasi del tutto la respirazione.

«Fam-mi fi-finire ciò c-che ho da di-dire signore.» Asserì l'anziano con un filo di voce mentre, con mani tremanti, tentava invano di allentare la stretta mortale. Percepiva la carotide dapprima pulsante, affievolirsi ad ogni nuovo battito del suo debole cuore.

Lo Shabbat si allontanò scuotendo la testa, lasciando di scattò la presa e Ghilad prostrato in ginocchio, con le mani serrate attorno alla gola, incredulo d' esser scampato all'ira funesta di un guerriero forgiato dal ferro e dal fuoco.

«Parla dunque! Prima che io ci ripensi e faccia sì che la tua miserabile ed inutile vita termini in questo preciso momento!» Urlò adirato il Capo Supremo dell'ordine dei Khonnak; le braccia conserte sul petto, le gambe leggermente divaricate e l'espressione in volto di colui che non ammette repliche.

«Mio signore...» Iniziò Ghilad, ma venne immediatamente interrotto da un pugno serrato dello Shabbat che gli intimava di non perdersi in tediosi giri di parole.

«Non ho potuto prendere le chiavi della città di Almas. Gli altri Yandest sospettavano della mia condotta da tempo. Non ebbi modo di appellarmi al sacro giudizio dei tre oracoli di Tethra; in pochi giorni misero in discussione il mio operato, revocando settimane addietro la mia carica e sottoponendomi a sorveglianza continuata. Non ebbi mezzi per inviarvi una missiva con le dovute spiegazioni; avrebbero sicuramente intercettato la lettera e il nostro piano per la conquista di Kernonos sarebbe saltato. Non potevo permetterlo. Non adesso.» Concluse tutto d'un fiato. Teneva gli occhi bassi, non avrebbe osato sfidare la furia del guerriero: non una seconda volta.

«E tu vieni a dirmelo soltanto ora? Come fosse roba di poco conto la notizia! Non siamo preparati ad affrontare una guerra contro Kernonos. Non abbiamo i mezzi necessari per sostenere un conflitto né le scorte di cibo per sfamare gli uomini; senza contare che quelle maledette mura sono invalicabili! Lisce e marmoree, luccicano al sole ed accecano i passanti. Come potremmo oltrepassarle? La nostra presenza di certo verrà notata alle prime luci dell'alba. Troppe navi sono ormeggiate, troppi soldati bramano sangue e ricchezze.» Ribatté con stizza. Il volto era visibilmente arrossato, a causa dell'eccesso di rabbia; gli occhi, iniettati di sangue, luccicavano sensibilmente ed un tremolio iniziò a pervadere il corpo dell'alto ufficiale. «Ci hai traditi; dovevo immaginarlo.» Disse quasi tra sé, mentre estraeva dalla fodera appesa alla cintura di pelle una spada affilata. L'impugnò come fosse un prolungamento del suo stesso braccio e si avviò, con passo cadenzato, in direzione di Ghilad che, fino a quel momento, era rimasto in ginocchio a capo chino su di un morbido manto.

D'istinto, l'anziano sollevò lo sguardò e quasi il cuore gli si fermò in petto mentre con voce tremante chiedeva perdono e scongiurava il suo triste fato gesticolando ossessivamente. «Mio signore posso ancora aiutarvi!» Esclamò quasi urlando dalla disperazione. Il volto rigato da lacrime che fuoriuscivano dall'occhio sano, le guance arrossate, le labbra tremanti. «Nell'attesa del vostro arrivo ho escogitato un piano che ci permetterà di entrare dentro la città e da lì potremo conquistare tutti i villaggi circostanti. Una volta presa Almas, non sarà difficile piegare sia Laetha che Husgad. Non vi sono difese di alcun tipo in quelle città semidesertiche, abitate solo da pochi e disorganizzati contadini. Gli Yandest non si aspetterebbero mai una mossa così azzardata.» Concluse emettendo un sospiro rauco. Tossì più e più volte, accasciandosi sui tappeti, sputando senza volerlo, piccole quantità di catarro. Si girò volgendo la schiena all'indietro ed emise un respiro profondo, presto interrotto da altri irruenti spasmi.

Lo Shabbat fece segno ad una delle sue guardie di portare dell'acqua al vecchio e dopo qualche minuto finalmente egli si calmò, riprendendo incertamente il controllo sul proprio corpo.

«A cosa ti riferisci?» Domandò non appena Ghilad sollevò il busto da terra. «Quale sarebbe la "mossa azzardata" di cui gli altri Yandest non potrebbero sospettare?» Continuò alzando leggermente il tono di voce.

«A differenza delle vostre città, noi abbiamo escogitato un sistema fognario che permette un accesso diretto dalla città al mare.» Affermò con un filo di voce.

«E tu credi davvero che farò infiltrare i miei uomini in mezzo alle feci del tuo miserabile popolo?» Ribatté con stizza, mentre scuoteva il capo. Prese uno sgabello e lo avvicinò ad un tavolo ove si trovava una mappa piuttosto realistica dell'isola, con postazioni, difese, accampamenti e mura della città di Almas. L'unico ostacolo per entrare realmente nel cuore dell'isola. Poggiò ambo le mani in fronte ed in silenzio rifletté sul da farsi. I suoi uomini, in riga, respiravano pacatamente per non disturbare i suoi pensieri e Ghilad prese nuovamente il calice per bere altra acqua.

Dopo quella che sembrava un'eternità, il generale si alzò affermando: «La tua è un'idea folle: ma è l'unica, a quanto pare, che ci permetterà di raggiungere il nostro obiettivo. Avvicinati, veloce! Mostrami dove sono situate queste maledette reti fognarie!» Lo esortò a gran voce l'alto ufficiale. 

Ghilad emise un sonoro sospiro, sollevato d' esser ancora vivo ed in favore dello Shabbat. Si alzò con fatica, le ferite iniziavano a dolergli e la tensione accumulata sino a poco tempo prima, per poco fece sì che perdesse il già precario equilibrio.

Aiutato da un soldato, intenerito dalla condizione precaria del vecchio, riuscì finalmente a raggiungere il generale, il quale, spazientito dalla sua lentezza, era scattato in piedi imprecando.

«Vecchio! Quanto tempo vuoi farmi perdere ancora?» 

«Mio signore, spero che gli acciacchi del tempo sopraggiungano il più tardi possibile sul tuo corpo marmoreo. Il dolore e la stanchezza si sono impadroniti di me, rendendomi poco agile e versatile. Abbiate compassione di un povero vecchio, fieri e solerti uomini di Ogmah!» Esclamò risentito, volgendo lo sguardo verso tutti i presenti: infatti i soldati, divertiti dalle sue incerte condizioni, iniziarono a sghignazzare, senza mostrare rispetto per un uomo così avanti con l'età. Non che avessero mai avuto stima di lui: per loro rimaneva in ogni caso il traditore che aveva venduto il suo popolo.

«Va bene; adesso però siediti e illustrami il tuo piano.» Asserì con voce piatta lo Shabbat. Sospirando, chiuse gli occhi per qualche secondo, incollerito per la piega che la vicenda aveva preso e rinfoderò rapidamente la lama lucente nella pregiata guaina.

Ghilad tirò verso di sé la grande mappa ed iniziò a studiarla minuziosamente: indicò con l'indice aggrinzito le rive occidentali, ove i nemici erano approdati poche ore prima, spostandolo poi poco più in alto, lungo una spessa linea che rappresentava le ampie mura di pietra bianca della città. Osservò per qualche secondo la cinta, soffermandosi infine su di un punto all'estrema destra della linea e batté più volte il dito su di essa: «È questo il nostro obiettivo!» Esordì con un ampio sorriso sgangherato. 

Il generale, appoggiato con un braccio al tavolo, si avvicinò ancor di più al vecchio, tentando di capire la sua strategia. «Si trovano lì?» Disse semplicemente.

«Esatto.» Esclamò Ghilad sempre più soddisfatto. Rovistò per qualche secondo nel suo mantello e prese la sua amata pipa; pronto ad aspirarne la deliziosa miscela. «Il canale è piuttosto ampio. Saranno circa due metri di larghezza. Possono passarci tre o quattro uomini alla volta senza fatica. Inoltre il passaggio è molto breve... Insomma sarà semplice attraversare il condotto e giungere dentro la città.»

«Ci saranno delle difese, una porta che apra e chiuda il canale!» Esclamò scuotendo la testa l'altro, incredulo di una così facile riuscita.

«Ovviamente; il canale termina con un'enorme grata ad incastro. Non è necessaria nessuna chiave: solo una poderosa spinta e si aprirà senza difficoltà!» Ribatté con rapidità Ghilad, leggermente offeso per la scarsa considerazione.

«Ottimo! Dobbiamo pianificare immediatamente l'attacco!» Aggiunse sorridendo estasiato.

«Ma prima è necessario mandare avanti un manipolo di uomini per assicurarci che durante il tragitto non vi siano ostacoli. È un viaggio di sette ore a cavallo; per noi ci vorrà molto più tempo.»

«Noi non abbiamo tempo.» Asserì lo Shabbat, allontanandosi in direzione di due Khonnak.

«Tenetevi pronti. Stanotte voglio tutti gli ufficiali presenti. Indiremo le novità. Voglio che entro domani tutto sia pronto. È chiaro?» 

I soldati annuirono con serietà e, battendosi il pugno della mano destra sul petto, si congedarono, pronti ad eseguire gli ordini.

«Ascolta il mio consiglio, signore.»

Il generale si voltò di scatto e il suo sorriso si trasformò rapidamente in un'espressione cupa. «Che c'è ancora?» Domandò sospirando sonoramente.

«Non dobbiamo correre rischi. Manda un gruppo di soldati ad ispezionare la zona e aspettiamo una loro relazione; una volta sicuri, partiremo con tutto il necessario.» Disse tutto d'un fiato. La sua fronte era imperlata di sudore per la paura.

«Dimmi. Perché dovrei fidarmi di te?» Chiese d'un tratto lo Shabbat. 

«Perché non hai altra scelta.» Rispose secco Ghilad.

Il generale fece il suo solito mezzo sorrisetto e si avvicinò al vecchio sussurrandogli all'orecchio: «Questo lo pensi tu.»

Il vecchio s'irrigidì sulla sedia e trattenne il respiro, affondando le unghie nelle venature del pregiato legno.

«Aghìas, tuo fratello chiede udienza.» Pronunciò una delle guardie, interrompendo la discussione.

«Fallo entrare.» Rispose il generale inarcando il sopracciglio, ma senza distogliere lo sguardo dallo Yandest.

«Mi spiegherai i dettagli del tuo piano non appena avrò terminato con lui, vecchio.» Dichiarò Aghìas, rivolgendosi al sempre più intimorito Ghilad; il quale, colto di sorpresa, fece un labile cenno d'affermazione il capo, prima d'alzarsi istintivamente e chinarsi in segno di momentaneo congedo.

                                                              *****

Lo stridente cigolio della porta interruppe improvvisamente il racconto, ed un coro di obiezioni echeggiò in tutta la stanza.

«Cosa accadde dopo?» Domandò con occhi sbarrati Gareth, visibilmente rapito dalla narrazione dell'uomo.

«E che ne è stato di Ghilad?» Chiese quasi simultaneamente Yvor.

«Vi racconterò il seguito un'altra volta.» Rispose secco l'uomo che osservava gravemente il nuovo arrivato.

Il gruppo di giovani si voltò in direzione dell'intruso che, cono occhi socchiusi, scrutava in silenzio l'ambiente.

«Ritornate alle vostre case, in silenzio.» Esclamò quest'ultimo, senza distogliere lo sguardo dal ribelle.

«Vorremmo ascoltare il finale della storia. È una lezione.» Obiettò repentino Gareth, alzandosi dalla stuoia. La sua indole, incline per natura a non assecondare comandi, non permise al giovane di frenare la lingua.

Il mentore chinò lo sguardo, incapace di bloccare la collera del ragazzo, mentre l'altro con voce profonda affermò: «Non è un monito, è un ordine!» I suoi pugni serrati e la cintola con il fodero sgualcito in mostra, fecero comprendere a tutti che sarebbe stato meglio fare ciò che chiedeva.

«Fate come vi dice.» Sollecitò il mentore, tentando di tranquillizzare i giovani con un sorriso tirato.

Ad uno ad uno, i presenti si alzarono da terra e a testa bassa uscirono dalla casa. Solo Gareth osò sfidare nuovamente l'uomo, puntando gli occhi verdi smeraldo proprio nella sua direzione. 

«Che cos'hai da guardare ragazzo?» Domandò spazientito.

«Mi domando il motivo della tua interruzione. È una lezione di storia per noi.» Ribatté lui, senza mostrare timore.

«Hai un bel coraggio a sfidarmi!» Esclamò ridendo il soldato, mentre con un braccio si appoggiava ad un'asse inclinato. «Questa non è una lezione per voi; sono solo menzogne per avvelenare le vostre deboli menti!» 

«Mi risulta che Ogmah detenga il controllo su Kernonos da decenni ormai.» Asserì con stizza Gareth, appoggiando la schiena al freddo muro. «Voi Khonnak ne siete una prova reale dopotutto...»

«Basta così!» Esclamò rabbioso il guerriero, dando una sberla al ragazzo che, colto alla sprovvista, non ebbe modo di scansare il colpo.

Massaggiandosi con una mano la guancia offesa, Gareth si allontanò dall' abitazione, fulminando con uno sguardo carico d'odio quel rude soldato.

Per tutta risposta, il Khonnak richiuse la porta con violenza e con due ampie falcate raggiunse il ribelle.

«Che sei venuto a fare nella mia dimora, Athèas?» Chiese pacatamente.

«Mi è giunta voce che vuoi organizzare una rivolta, avvelenando le menti dei più giovani. Mi trovavo a passare per questa via e ho deciso di venirti a trovare; e cosa sento? Un racconto fuorviante di fatti accaduti quasi un secolo fa. Ti basta come spiegazione?» Ruggì il guerriero, avvicinando di scatto la mano all'elsa della sua spada.

«Non è come credi: è storia questa. Non è possibile dimenticare un crimine del genere; le tracce del tradimento non sono mai state cancellate. Rimangono indelebili nella mente degli onesti!» Ribatté aspramente l'uomo, alzandosi di scatto per raggiungere un affilato coltello sito su di una scarna mensola.

«Non ti consiglio di farlo.» Esclamò Athéas sguainando la spada e puntandola dritta alla sua gola. «Sei un ribelle e questo è chiaro da tempo ai Reali.»

«È così che si fanno chiamare adesso? I Reali?» Rispose canzonando tristemente, mentre il cuore gli batteva all'impazzata alla vista dell'arnese puntato dritto alla sua gola.

«Bada bene a non sfidarmi; non sono un tipo clemente. Dovresti saperlo ormai.» Disse meschino.

«Non lo sei.» Tagliò corto l'uomo, scacciando immediatamente oscuri pensieri, i quali erano in procinto di oscurare la sua mente. «Dunque cosa vuoi?»

«Avvertirti. D'ora in avanti non ti è più concesso parlare dell'accaduto. Altrimenti, ne pagherai il filo con la vita Legath!» Affermò con decisione e rinfoderando l'arma uscì sbattendo con irruenza la porta, lasciando l'altro sbigottito.

"La verità non può esser taciuta; troverà sempre i mezzi per tornare a galla." Pensò scuotendo la testa Legath.
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: The_RealShimeon