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Autore: Fiamma Drakon    31/05/2009    1 recensioni
D’un tratto, Alphonse impallidì ancora di più e i suoi occhi vuoti si dilatarono, venati di terrore puro. Le braccia si mossero verso il viso, arpionandosi alla carne livida delle guance esangui, mentre un lacerante grido di agghiacciante agonia tracimava dalla sua gola e risuonava nell’aria, sovrastando gli ululati del vento.
Spero di avervi incuriositi almeno un po'. I primi due capitoli sono una sorta di premessa. La storia vera e propria inizia dal terzo capitolo.
Ringrazio in anticipo tutti coloro che mi recensiranno.
Genere: Dark, Drammatico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alphonse Elric, Edward Elric, Nuovo personaggio, Pride
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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26_Ambrati occhi di brace Edward e i suoi fratelli rimasero muti ad osservare il corpo immobile e privo di vita della sorella, disteso a terra in una pozza nera di sangue.
Envy e Gluttony, che fino a quel momento era rimasto da parte ad osservare il combattimento, si ritirarono nell’ombra.
- Cacciatori, non finisce qui! Torneremo per vendicarci... - esclamò Envy, sorridendo mefistofelico, prima di sparire nell’oscurità assieme al compagno.
Pride e Alphonse si accostarono a Edward e osservarono ancora per qualche istante la sorella, le cui labbra livide erano increspate in un quieto sorriso fissato sul suo volto per l’eternità.
- Kathleen... - sussurrò Pride, mentre ai lati degli occhi di Edward iniziavano ad affacciarsi le prime lacrime.
Alphonse, avvertendo l’improvviso flusso di tristezza e malinconia del fratellone si accostò a lui, cingendogli le spalle in un comprensivo abbraccio.
- Fratellone... dobbiamo andare dal colonnello e dal tenente... - disse il ragazzo.
Edward si stropicciò gli occhi, cercando di nascondere le lacrime che avevano preso a scendere incontrollate: era l’unico che stava piangendo.
Annuì, seguendo il fratellino verso i due militari ancora immobili a terra.
Quando fu abbastanza vicino da poterne osservare i corpi con più attenzione, il biondo si bloccò, scioccato e orripilato: il corpo di Mustang era completamente ustionato. La pelle, annerita in più punti, presentava diverse abrasioni sulle braccia, dove i vestiti erano stati quasi del tutto bruciati, il torso, quasi del tutto scoperto, era la parte del corpo che presentava le ustioni più gravi. Le gambe erano scorticate in qua e là e sanguinavano in maniera vistosa. Sul viso c’erano parecchi graffi lievi che sanguinavano appena e la fronte era coperta da alcuni ciuffetti di capelli neri. Ai lati degli occhi chiusi, erano ancora visibili scie bagnate di lacrime.
Alphonse si chinò su di lui, alzandogli il busto.
- Respira ancora, ma debolmente... - mormorò.
Edward si chinò al fianco del fratellino.
- Colonnello... mi sente colonnello? Colonnello Mustang... - esclamò il biondo, osservandolo.
Il moro sbatté debolmente le palpebre, guardando confuso i due fratelli che aveva dinanzi.
- Acciaio...? - rispose flebilmente.
Edward sorrise, sollevato: almeno era vivo.
Il colonnello si voltò verso il corpo di Riza e, sottraendosi bruscamente alla presa dolce di Alphonse, si diresse verso il cadavere del tenente.
I due fratelli si scambiarono uno sguardo, prima di abbassare ambedue gli occhi.
D’un tratto, le palpebre della donna si mossero, un lieve, impercettibile movimento, che però non sfuggì al colonnello, che fissava con apprensione e afflizione il viso della donna che l’aveva seguito fin lì.
- Tenente Hawkeye... - sussurrò il moro, sorpreso, senza però riuscire a trattenere una nota di gioia nella voce.
Edward e Alphonse si alzarono, scioccati e si avvicinarono a loro.
Pian piano, molto lentamente, Riza aprì gli occhi ed un profondo cambiamento non riuscì a sfuggire agli occhi dei presenti: le iridi ambrate di lei erano intrise di un color brace appena accennato, ma visibile. Era quel color brace così surreale e mistico che avevano anche gli occhi di Kathleen.
D’un tratto capirono: era stata lei.
Lei aveva fatto sì che la tenente ritornasse in vita. E per fare ciò, aveva sacrificato gli ultimi attimi della sua vita a metà.
E di lei, però, era rimasto quel color brace nelle iridi, cosa che probabilmente non era riuscita ad evitare di trasmettere insieme a quel un nuovo soffio di vita.
Riza fissò intensamente Mustang con lo stesso sguardo che aveva Kathleen, quello sguardo esotico e un po’ apprensivo, carico di dolce affetto.
- Signor colonnello... - mormorò.
Alphonse riuscì a notare anche una sottile differenza nel colore della sua pelle, che si era fatta un poco più chiara.
Mustang rimase immobile a fissarla per qualche istante, prima di stringerla a sé: ormai non gli importava più di tutto ciò che avrebbero pensato gli altri militari. L’aveva persa e, per una qualche fortuita coincidenza, l’aveva ritrovata: era grato a chiunque avesse compiuto quel miracolo, il miracolo che l’aveva riportato al fianco di quella donna.
Riza arrossì.
- Colonnello... - sussurrò.
Lui la strinse ancora di più fra le sue braccia.

- Riza... - gli mormorò lui all’orecchio.
Lei rimase di stucco: era la prima volta che la chiamava per nome.
Le loro labbra si incontrarono, fugaci, per pochi, brevissimi istanti, prima di allontanarsi di nuovo.
I due si alzarono, lei ancora avvolta dall’abbraccio del colonnello.
Pride apparve alle loro spalle, il corpo di Kathleen issato in spalla.
- Meglio andare. Voglio seppellirla prima di tornare a casa... - disse freddamente, prima di precedere gli altri fuori del casermone in rovina.
Lì, all’esterno, la volta celeste risplendeva sopra di loro della luce di migliaia di stelle e la luna, che troneggiava fra esse, irradiava una soffusa luce argentea, quasi mistica.
Edward inspirò a fondo l’aria frizzante della notte, mentre Alphonse, al suo fianco, alzava gli occhi verso le stelle.
Il gruppo s’immerse nelle tenebre notturne.
Edward abbozzò un sorriso osservando i due militari teneramente allacciati in un abbraccio: Kathleen non era morta invano.
Era morta, sì, ma era morta per donare un nuovo soffio di vita.
   
 
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