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Autore: redmabon    29/01/2017    0 recensioni
[estratto da un capitolo numericamente indefinito.]
«Vedi, ogni fiocco di neve è perfetto nelle proprie linee geometriche che lo distinguono dagli altri. Sono eleganti e non perdono la loro bellezza nemmeno durante la loro caduta, sembra quasi che rimangano sospesi nell'aria. Isolati, ben divisi gli uni dagli altri, come a mantenere la loro unicità. È affascinante questa loro particolarità. Ti dispiace anche toccarli, no? Cioè… perché un qualcosa di così incantevole deve scomparire nel giro di tre secondi, lasciando il posto a qualche gocciolina d’acqua?»
«Credo, di essermi perso qualche passaggio.»
Tenten annuì capendo il suo punto di vista, alzò lo sguardo verso il suo volto e riprese il proprio monologo: «Il punto è che non mi dispiace che tu ti sciolga...»
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Il raiting potrebbe variare con la successiva pubblicazione dei capitoli, come potrebbero anche essere aggiunti ulteriori avvertimenti.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Neji Hyuuga, Rock Lee, Tenten | Coppie: Neji/TenTen
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Nessun contesto
Capitoli:
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Come La Neve
Questi personaggi non mi appartengono, ma sono di proprietà di Masashi Kishimoto; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
Immagine della copertina presa da: " https://it.pinterest.com/pin/476255729320964835/
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Mi Piaci Sul Serio 
(parte prima)
 
La villetta di Neji si trovava in una zona residenziale e tranquilla. Ogni volta che andava a casa sua sembra di trovarsi in uno di quei quartieri americani con il controllo del vicinato e bambini che giocavano a hockey per strada – l’unica pecca era il silenzio tombale che aleggiava nella stessa dimora del ragazzo.
La sensazione di trovarsi in un luogo così surreale, veniva amplificata dai due colori – bianco e nero – che solo il migliore degli arredatori avrebbe potuto utilizzare al meglio per rendere gli spazi interni ancora più grandi e suggestivi. Metteva una certa inquietudine aggirarsi per quella casa, arredata in modo così minimale da non presentare nemmeno un elemento, un ninnolo a personalizzarla.
L’unica camera a sembrare vissuta in quell’abitazione era la camera di Neji: spaziosa, sui toni chiari, organizzata ma – appunto per dare quel tocco di vissuto –  con alcune scartoffie scolastiche ordinatamente sparse sulla scrivania. In pratica il vanto di ogni madre dedita alle pulizie.
«Sei un maniaco. – si coprì il corpo nudo con un lenzuolo, alzando maliziosamente il sopracciglio – Davvero vuoi metterti a studiare anche se ormai l’anno è finito?» domandò al riflesso dello Hyuuga allo specchio, capovolgendo il senso del discorso.
Neji si infilò la t-shirt e dopo aver accennato un sorriso si sedette sulla sedia accanto, aprendo un libro di testo: se avesse studiato adesso non avrebbe dovuto riprende in mano gli argomenti a inizio settembre – il dover aiutare Lee, che sicuramente si sarebbe trovato con l’acqua alla gola i primi giorni di scuola, era solo un elemento che lo spronava a portare a termine quel compito.
«Credevo fossi anche tu d’accordo. Alla fine eri venuta qui per questo.» le ricordò, sentendo la mora alle sue spalle che si alzava e lo raggiungeva.
«Bu-gi-a. – si piegò verso il suo orecchio – Tu pensa… io credevo che finita la faida con la Tamura mi avresti presentata ai tuoi amici. Ufficialmente.» sottolineò, stufa di dover osservare il proprio ragazzo da lontano e sopportare le prese in giro delle sue migliori amiche – che ovviamente sapevano, nonostante avessero pattuito di tenerlo segreto a tutti, e non credevano per niente che due che stanno insieme riuscissero a resistere alla tentazione di baciarsi ogni due per tre.
«I nostri genitori lo sanno. Più ufficiale di così.» fece spallucce, tornando a sottolineare un paragrafo di letteratura.
Lui e Junko avevano iniziato a frequentarsi agli inizi di febbraio, il mese che coincideva con l’entrata del padre della seconda come socio dell’azienda Hyuuga. A dire la verità la conosceva già da prima di quel particolare mese, poiché frequentando l’anno scolastico superiore rispetto a quello che gli sarebbe normalmente aspettato, l’aveva avuta in classe sin dal primo giorno di liceo. Non ci aveva mai scambiato molte parole – non che da quando aveva iniziato quella scuola fosse l’esempio della loquacità – considerandola una ragazza frivola che non voleva far altro che veder circolare belle voci su di lei. Pensandoci adesso, era un miracolo che fosse riuscita a mantenere il loro segreto per così a lungo!
Era stato costretto a rivedere l’idea che aveva su di lei quando Hiashi Hyuuga, fratello di suo padre, lo aveva spronato a stringerci amicizia utilizzando la scusante che frequentassero la stessa classe e poi, sottovoce, aveva aggiunto che sarebbe stata una “lieta notizia” una loro relazione più stretta. Per chi non conosce il linguaggio Hyuuga e non ne è in grado di leggere i messaggi subliminali, quelle parole significavano che lui era invitato a prenderla in considerazione come una possibile fidanzata. Neji a quel punto aveva guardato il padre – suo unico alleato a quella cena di famiglia – che però gli aveva restituito una velata smorfia mortificata, ricordandogli che a causa di forze maggiori, nemmeno lui poteva intervenire in quell’ambito.
Quando qualche mese dopo, vinto dalla situazione, aveva affermato davanti a suo zio che si stavano frequentando ufficialmente, si era dovuto confrontare con una situazione tutta nuova che prevedeva il gemello di suo padre sorridente e orgoglioso del suo primo ed unico nipote. Terribile sotto ogni punto di vista: a partire dal reale motivo che l’aveva spinto tra le braccia di Junko – un radicale aumento degli investimenti da parte dei Matsumoto –, per finire fino alla confessione di quest’ultima, che gli aveva detto chiaro e tondo di aver sempre avuto una cotta per lui.
Lo Hyuuga, per non sentirsi totalmente una merda, aveva detto una mezza verità. Le aveva sorriso e con la più bella faccia di bronzo le aveva dichiarato di averla notata anche lui a causa delle parole di Hiashi, che la descrivevano come una ragazza che sapeva ottenere tutto quello che voleva e realista – qualità che lo zio elogiava principalmente perché, a seguito di un’unione, avrebbero giovato all’impresa di famiglia: perché non vogliamo farla lavorare lì, ‘sta ragazza?!
L’unica cosa che voleva, era tenere i propri amici fuori da tutta quella storia, ma a quando pare la sua ragazza era di tutt’altra opinione. E continuava ad insistere, come se fosse l’unica a cui dovesse rendere conto della propria esistenza.
“Quella da dove è uscita?” si sentì domandare, prima di voltarsi e seguire la direzione che il braccio di Junko indicava.
Una busta bianca con su scritto in bella grafia il suo nome, era stata fatta passare sotto la porta della sua stanza, solitamente la governante non si prendeva l’audacia di disturbarlo quando stava con la porta chiusa, quindi tutte le comunicazioni “urgenti” gliele recapitava a quel modo. Pessimo tempismo che lo prese alla sprovvista, lasciandolo basito a fissare Junko che si chinava per prenderla.
«Chi è questa Yukari?» domandò leggendo il mittente ad alta voce, per poi sventolargli la lettera sotto il naso fintamente gelosa.
«Nessuno.» disse duramente, gelando sul posto Juko e afferrando velocemente la busta la ripose nel primo cassetto della scrivania, sbattendo malamente lo stesso.
La Matsumoto aveva visto veramente poche volte irritato Neji e, quella era la situazione che avrebbe voluto evitare con tutta sé stessa, ma la propria curiosità le suggerì di indagare più affondo in quella storia, perché ne sarebbe valsa qualche informazione preziosa.
«È la tua amichetta di penna? Hai qualche altra amica oltre la Tamura e la Yamanaka?!»
«Con tutte le app per i messaggi istantanei pensi si possa trattare solo della tua concorrenza?»
«Allora chi è?»
«Non un tuo problema.»
Il ragazzo prese un profondo respiro dalla bocca, cercando di calmarsi quel minimo per non sembrare un totale schizofrenico, dato che non appena aveva intuito si trattasse di sua madre era saltato come una molla. Non si addiceva molto a lui e non voleva far preoccupare Junko.
«Domani ti presento agli altri.» pattuì, cambiando discorso e imponendole tacitamente di non esalare un’altra parola su quell’argomento.
♦♦♦
Tenten era stata convocata nell’ufficio della Sanguisuga e, solo a sentire pronunciare quella sentenza dalla bocca della bidella, quasi le mancò il pavimento sotto i piedi. Se lo sentiva a fior di pelle che quello che le avrebbe riferito non sarebbe stato inerente a qualche buona notizia, anzi…
«Arriviamo al dunque signorina Tamura. – sbattè la rivista sportiva che stava leggendo sulla scrivania ed intrecciò le dita sotto al mento – Al fine di evitare ulteriori fraintendimenti per l’anno a venire, ho intenzione di informala anticipatamente delle mie intenzioni...»  fece, con una solennità che non si addiceva per nessuna ragione alla sua figura. In particolar modo, quando giochicchiava con uno stuzzicadenti tra le labbra.
Tenten addusse, che nonostante tutto, incuteva timore anche con quell’aria calma e lui lo sapeva, infatti ghignò soddisfatto.
«Ci sono scarsissime possibilità che io ti includa tra i titolari. Come ben sai, non ti ho mai vista bene sotto il ruolo dell’alzatore e, nonostante l’impegno che hai dimostrato, non credo che cambierò opinione.»
«Ma non è detto che tra le future matricole vi sia qualcuno in grado di alzare bene. Io mi sono esercitata parecchio con entrambi gli schiacciatori, ho osservato Neji, l’anno scorso Tayuya, e credo di essere pronta!» argomentò la Tamura, gesticolando con le mani intanto che Morino, incrociava le braccia al petto e si poggiava con tutto il busto sullo schienale della sedia.
«Ho detto scarse, ma non impossibili Tamura. – chiuse gli occhi spazientito – In ogni caso, la mia intenzione era solo quella di avvisarti, prima che con i tuoi capricci mi rovini il gioco di squadra di altri miei giocatori, come hai fatto con Lee e Hyuuga. I Kami solo sanno che avete combinato per costringerli a ritirarsi!»
A quel punto Tenten dovette fare un profondo respiro per non rispondere male alla Sanguisuga e, con tutto l’autocontrollo che era riuscita a racimolare si morse la lingua per impedirsi di parlare. Si impose di contare fino a dieci, ma appena fu a cinque decise di tastare nuovamente il territorio, ma al posto di urlare avrebbe utilizzato una via più diplomatica.
«Lei sta sottintendendo che se io continuassi a frequentare questo club, avrei le stesse possibilità di giocare di Jirobo?» domandò ponderando bene sul nome da scegliere tra quelli dei suoi compagni di panchina. L’omone massiccio e spaventoso che si stancava subito di ricevere, le sembrava un ottimo esempio.
Morino alzò le sopracciglia in segno di assenso e, cominciando a rovistare in un cassetto della scrivania asserì: «Se vuoi posso darti un foglio di richiesta di esonero.» sorrise maligno nel notare che la ragazza pareva riflettere su quella possibilità.
«No… – mormorò sovrappensiero – Ho dato troppo a questa squadra per abbandonare così… non c’è qualcos’altro che posso fare per darvi il mio sostegno?» chiese, supponendo di non poter aspirare a nessun’altra posizione in campo. Il ruolo dello schiacciatore non le interessava e il libero non faceva per lei.
«Certo, potresti farmi da assistente. Ma ti accontenteresti di stare dietro le quinte?» accolse la sua proposta il coach, per nulla stupito dalla cocciutaggine della giovane.
«Se può servire alla squadra, sarei disposta a farlo.»
«Ottimo! Allora è deciso. – guardò scocciato verso la porta socchiusa e grattando i denti gli uni contro gli altri urlò – Solo per questa volta Jugo. Il mio ufficio non è zona neutrale.» dichiarò alzandosi e imboccando l’uscita, senza prima però trascinare per il bavero, dentro la stanza, Jugo.
 
Prima ancora che Jugo potesse dire parola e, approfittando del suo guardare intimidito le fughe delle piastrelle, Tenten analizzò l’abitacolo alla ricerca di qualche oggetto che fosse felice di diventare un’arma contundente. La spillatrice e la cornice sulla scrivania, potevano andare più che bene. Si poggiò quindi con le reni, al bordo della superficie, allungando tatticamente le mani verso gli strumenti che aveva adocchiato.
«Ho chiesto a Morino di attendere fuori.» la rassicurò Jugo, notando quel suo stiracchiarsi sospetto. Era internamente sollevato dal fatto che fosse riuscito a convincere il coach di creargli un movente per parlarle, certo, avrebbe dovuto seguire uno specifico allenamento estivo dettato dalla Sanguisuga, ma gli sembrava una punizione adeguata – se non minima – per quello che aveva fatto.
«Quindi? Che volevi dirmi?» domandò schietta l’altra, afferrando con entrambe le mani il bordo della scrivania. Storse il naso pensando che la distanza che li separava non fosse adeguata. Al momento le veniva un moto di vomito solo al guardarlo.
«Volevo scusarmi.»
«Di nuovo?»
«Non rispondi hai messaggi.»
«Come posso perdonarti se non so nemmeno cosa ti ha spinto a comportarti così?!» confessò girando il volto di lato e aumentando la stretta delle proprie mani, tanto da farsi diventare le nocche bianche – fortuna che non portava le unghie lunghe, sennò se le sarebbe rotte tutte.
Jugo, già pronto a risponderle, si rimangiò le parole, rimanendo a bocca aperta mentre riformulava una risposta più adeguata a quel suo sbotto. Faceva tremendamente male. Lui l’aveva trattata come si fa con lo straccio con cui si pulisce il pavimento, mentre lei, nonostante tutto, faceva un passo indietro dandoti la possibilità di chiarire. Tutta quella sua bontà d’animo era una fitta al cuore.
«Non credo che conoscendo i dettagli saresti comunque interessata ad accettare le mie scuse…  Volevo farti solo sapere che mi dispiace.»  affermò di getto, mordendosi la lingua alla fine. Certo che ambiva al suo perdono, ma vedendo quella storia dagli occhi di Tenten si faceva schifo da solo.
«Un tentativo non guasta. – asserì seria, cercando in ogni modo di mascherare la propria incredulità – Almeno questo me lo devi, non credi?» fece retorica, giocando una carta che in qualsiasi individuo avrebbero fatto nascere sensi di colpa a non finire.
Un ghigno compiaciuto si disegnò sul viso del pel di carota, che non si aspettava un tale avanzo di pretese. Uno schiaffo o un altro calcio dove non batte il sole, sarebbero stati più plausibili e immaginabili. Ma come sempre, la Tamura era in grado di stupirti con la sua indulgenza.
«Domandami quello che vuoi.»
Tenten si morse il labbro, presa in contropiede. Avrebbe preferito un discorso breve, conciso e pregno di particolari da parte di Jugo, non aveva delle domande specifiche in mente. Cominciò a guardare il soffitto come a voler riesumare i ricordi e trovare quel particolare che non le era chiaro.
«Neji mi aveva detto che ti eri avvicinato a me per ferirlo, ma non capisco perché hai voluto fargli del male.» farfugliò senza pensare, dando subito alito ai suoi pensieri e pentendosene amaramente. Scosse la testa, rendendosi conto di quanto fosse stupida l’idea che avesse un numero limitato di domande da porgli. «Cioè… c’erano milioni di altri modi per fargli capire che ti dava fastidio non essere più il prediletto del coach…»
«È questo che ti preme sapere?» domandò incredulo, rimanendo basito quando la ragazza annuì sicura. Rispondere ad un “È vero che ti sei avvicinato a me solo per Neji?” sarebbe stato più facile. «Suppongo per divertimento. Te l’ho detto che non ti sarebbe piaciuta! – sottolineò notando la sua bocca aperta dallo stupore – Ho sempre odiato i figli di papà come lui, a prescindere dal fatto che fosse bravo o meno sul campo. Abbiamo deciso di farlo fuori dalla squadra utilizzando il giro dei suoi amici più fidati, perché sapevamo che quelli come lui una volta che si affezionano a qualcuno fanno fatica a sopportare di averlo in qualche modo deluso. Gli piace stare per i fatti propri, ma ha la necessità di vedersi realizzato negli occhi degli altri.»
La fine analisi psicologica esposta da Jugo, passò in secondo piano, perché la mente di Tenten era rimasta ferma ad “abbiamo”. Sapeva che Kimimaro era a conoscenza di tutta quella storia, ma aveva sempre pensato che non fosse intervenuto per pigrizia e perché il suo amico era otto volte lui.
«Abbiamo
«Io e Kimimaro»
«…»
«Lui è annoiato dal mondo. Cerca sempre qualcosa che dia un po’ di pepe al tutto.»
«Oh… In ogni caso non mi spiego tutta questa cattiveria repres-»
«Le domande non dovevano riguardare solo quello che ho fatto?» la blocco Jugo, sventolando una mano davanti al volto e compiendo un passo verso di lei.
Tenten quasi si sdraio sulla scrivania per tutta l’aggressività che era riuscito a mettere in una frase, ovviamente la propria velocità di reazione l’aveva portata a far cadere dal lato opposto del tavolo, le sue armi di garanzia. Il rumore causato, era bastato ad attirare l’attenzione di Morino, che da fuori la porta li aveva ammoniti: “Spero di ritrovare tutto in ordine al mio rientro.”
Risvegliati dalle parole della Sanguisuga, Jugo aderì con tutto il corpo alla parete alle sue spalle, capendo il motivo che aveva spinto a quel riflesso l’altra. Intanto quest’ultima, si era materializzata dietro la scrivania per raccogliere tutto quello che aveva fatto cadere.
«Quello che intendevo dire è che, non mi sembra giusto prendersela con gli altri per i propri problemi.» riaprì il discorso la Tamura, abbracciandosi istintivamente. Tremava ancora al ricordo di quel giorno fuori dalla sala giochi.
Proprio quell’atteggiamento, quel gesto che non la faceva sembrare più una dura ma solo una ragazza fragile, convinse Jugo ad aprirsi. O forse, semplicemente la necessità di confidarsi con qualcuno lo fece parlare ancor prima di formulare un discorso nella sua testa. Oppure, l’egoistico desiderio di ottenere il perdono di Tenten.
«Ho un disturbo borderline della personalità. Ce l’ho da quando ero piccolo, o almeno questo aveva detto il mio psicologo. Prendo ancora qualche farmaco per alleviare la rabbia, ma a quanto pare funzionano meglio come antidepressivi.» confessò a capo chino e sottovoce, come per impedire che Morino origliasse quella sua debolezza, anche se tra quelle quattro mura sembrò rimbombare.
«Ne hai parlato con il tuo psicologo, di questo tuo pensiero?» si informò l’altra, in pena per quella condizione di cui parlava Jugo ma che sembrava non preoccuparlo minimamente.
«Ti risparmio i dettagli per i quali non frequento più il suo studio. E… Non guardarmi così. Non te l’ho detto per farmi perdonare – bugiardo – ma solo per farti capire, il motivo per il quale faccio certe cose senza pensarci due volte.»
«Bene! Anche perché non me la sarei sentita di perdonarti per questa scusa. – dichiarò con una serietà che Jugo non le aveva mai visto – Non è affar mio il perché tu non ti apra più con nessuno. Ma scommetto che esistono dei gruppi di supporto per ragazzi afflitti dalla tua stessa condizione e anche se non ce ne fossero… non posso perdonare qualcuno che non le prova tutte per migliorarsi.» ammise senza vergogna, cercando di indirizzarlo in qualche modo sulla giusta via.
Nonostante la risolutezza che aveva messo nelle sue parole, la Tamura aveva solo fatto finta di sapere di cosa stesse parlando il ragazzo, basandosi solo sui termini chiave che aveva individuato: “rabbia” e “antidepressivi”. Piccola postilla: correre a casa e cercare notizie a riguardo su internet.
Quella fu la sua ultima battuta prima di congedarsi, fiera di essere riuscita a concludere con una frase così ad effetto – mascherando la preoccupazione di non essere andata a segno. Tra sé e sé pensò che Neji sarebbe stato orgoglioso di lei, se solo avesse avuto la possibilità di vederla e notare che era riuscito a farle capire che in certe occasioni, era meglio riflettere sulle parole che si stava per dire – e non sparare a raffica come era abituata a fare.
«So che ora non conta molto a questo punto… – asserì Jugo, colpito sia dall’atteggiamento di Tenten e sia da quella frecciatina – Mi piaci sul serio.» sorrise sincero, notando nello sguardo di lei, una piccola nota di sollievo.
 
Come promesso dal preside dell’istituto, negli ultimi giorni prima delle vacanze, l’orario scolastico avrebbe subito la variazione di un tot ore da permettere l’uscita dalla classe almeno un’ora prima – tutti i giorni per l’intera settimana –, rendendo più palpabile a tutti gli studenti il desiderio di spendere le proprie giornate o a grigliare in spiaggia o a casa a dormire fino a dopo pranzo – anche se realizzarli entrambi non era una possibilità utopica.
Choji Akimichi, migliore amico sia di Ino che Shikamaru, aveva proposto a tutti di vedersi per le due, in modo da organizzare una grigliata all’aperto. Tutti, all’annuncio di “Choji cucina la carne” di Kiba, avevano annuito con l’acquolina in bocca. Perfino Ino, perennemente a dieta e in fissa con la silhouette perfetta, si era lasciata contagiare da tutto quell’entusiasmo.
Tenten si era offerta di portare un po’ di gelato, godendo di alcuni sconti al negozio non le sarebbe stato difficile racimolarne una quantità industriale, solo che riempiendo le borse frigo si accorse di non essere più tanto pimpante all’idea di dover festeggiare. L’incontro con la Sanguisuga e Jugo, l’avevano alquanto spossata. Allo stesso tempo però voleva informare i suoi amici delle decisioni che avevano pattuito rispetto al futuro anno scolastico.
Quella doveva essere la Notizia che avrebbe creato maggior scalpore e che avrebbe lasciato tutti stupiti, ma Neji la batté sul tempo presentandosi al luogo designato per l’incontro con la palla da calcio sotto un braccio e, la ragazza più popolare del paese sotto l’altro – e non era tanto per dire, perché pure l’Akimichi che frequentava una scuola professionale ne aveva sentito parlare.
La bomba gossip dell’anno era scoppiata proprio lì, nel parchetto del centro storico di Konoha sotto il sole delle due del pomeriggio lasciando tutti stupiti. Gli unici che sembravano disinteressati a quella notizia si trovavano sdraiati sotto due alberi opposti: il primo aveva sbadigliato annoiato, mentre il secondo di era concesso un “tsk” indifferente e facendo orecchie da mercante, cercavano di estraniarsi dalla situazione. Al contrario Naruto, Lee e Ino erano rimasti completamente spiazzati, con la bocca aperta e gli occhi talmente tanto spalancati da poter contare il numero dei capillari arrossati. L’Inuzuka si era limitato ad un ghigno impertinente, l’Akimichi – quello più romantico del gruppo – si era avvicinato al fortunato e gli aveva dato una potente pacca tra le scapole e Tenten, prima aveva guardato trasecolata l’amico e poi Ino, cercando di capire come dovesse comportarsi.
La bionda e Junko Matsumoto, non erano esattamente in buoni rapporti. Con il fatto che la prima volesse soffiare via all’altra trono e corona della popolarità, il loro andare d’accordo era solo una prassi per favorirsi i voti del popolo e vincere la carica – senza sembrare dai rapaci cresciuti in cattività ed estremamente affamati.
L’enigma era se far prevalere l’istintiva comunella femminile oppure felicitarsi per la notizia dell’amico, però poi, ragionando sull’indole seria di Neji, si chiese da quanto andasse avanti la loro relazione e perché non li avesse resi partecipi prima. La sua espressione si tramutò – nell’attimo in cui la novità macchinò con la borsetta – in uno sguardo truce ad occhi socchiusi (oppure emanante raggi laser, la sua catalogazione andava a seconda dei punti di vista).
«Da quando noi siamo pronti per queste cose?» domandò Lee, ripresosi dallo shock e cominciando ad indicare in sequenza continua e infinita prima lui poi lo Hyuuga. Quest’ultimo si limitò a far rimbalzare la palla sul terreno per calciarla sotto il tavolo di pietra, evitando di ascoltare le risatine trattenute del resto della combriccola, dovute all’ipotesi che tra lui e Rock Lee vi potesse essere qualcosa di simile alla relazione amorosa che aveva dichiarato qualche attimo prima.
«Non credevo fossimo già al passo successivo!» continuò imperterrito il ragazzo, cercando di ricevere qualche risposta.
«Sinceramente, non credevo fossimo da qualche parte.» rispose Neji sarcastico, mollando la presa sulla vita di Junko e andando a stingersi la radice del naso.
«A dire il vero siamo mo-oolto più avanti!» specificò raggiante Junko, facendo passare quel suo commento un semplice sottolineare la loro lunga storia duratura, piuttosto come il reale messaggio sottinteso che avevano recepito solo Kiba, Ino e Naruto. Il suo ragazzo ci era arrivato anche lui con qualche secondo di scarto, ma ormai il danno era fatto.
Lee invece scese dalle nuvole: «Il matrimonio?! – sbattè i pugni sul tavolo allibito – Tu vuoi battere il tuo rivale numero uno facendo le cose di nascosto!» lo accusò, mordendosi le labbra per trattenere le lacrime – che non erano dovute all’essersi infervolato, ma per lo scontro con la superficie dura su cui aveva sfogato i propri pugni.
Junko, si portò una mano davanti al volto, coprendo il rossore delle guance. Non contenta fece un passo indietro e si nascose dietro il braccio di Neji, guadagnandosi un “finta” da Ino. Insulto particolarmente sentito dalla bionda che sussurrato tra i denti, riuscì ad essere udito solo da Tenten che corrugò la fronte preoccupata che l’amica potesse esplodere da un momento all’altro.
La Yamanaka, infatti, aveva passato tutto il tempo a domandarsi di quanto sarebbe cresciuta la popolarità della sua eterna rivale essendosi messa con uno dei più popolari della scuola. Cioè, stando ai pettegolezzi di corridoio lo Hyuuga sarebbe dovuto capitolare davanti la propria bellezza innata e chioma fluente oppure per la mora che aveva accanto, dato che passava molto tempo con lui. Sinceramente credeva anche lei che prima o poi quei due sarebbero finiti insieme e, le sarebbe andato bene comunque dato che l’amica non sembrava interessata alla carica per cui lei stessa concorreva, ma la Matsumoto era arrivata prima quindi doveva rivalutare le sue mosse per l’anno a venire.
«N-non ci stiamo a-ancora pensan-do…» balbettò la ragazza.
«Certo, come no?! E io ho “fesso” scritto sulla fronte! – li raggiunse con poche e veloci falcate, impuntandosi davanti all’amico – Allora perché questo subdolo non dice nulla?»
«Lee posso ass-»
«Sai che non avresti vittoria facile con me? Cosa pensi di essere l’unico ad essere baciato dalla bellezza concessaci dalla primavera della nostra giovinezza?!? Se voglio la trovo anche io una che mi sposa dall’oggi al domani.» affermò sicuro prima di schioccare le dita e indicare la Yamanaka, che a quel punto attendeva solo il peggio.
«Tu! Lo so che fremi per essere mia per sempre!» le disse serio, voltandosi verso di lei e abbagliandola con il suo sorrisone smagliante.
«Preferirei mai
«Visto, siamo di nuovo par-… – si rivoltò incredulo verso la ragazza – Come puoi rifiutarmi in un momento tanto critico?!» domandò con le lacrime agli occhi e tirando su col naso.
Neji che irritato dall’essere stato interrotto si era limitato ad assistere in silenzio a tutta quella scenetta pietosa, adesso aveva chiuso gli occhi cercando di calmare i nervi tramite la brezza estiva che soffiava su di loro, distraendosi col pensare di sostituire il “fesso” con “stupido idiota”– ovviamente scrivendolo personalmente a caratteri cubitali e con l’indelebile, sulla capoccia dell’amico. Aspettò che le risate generali terminassero per poter affermare con certezza che nessuno si sarebbe sposato in tempi brevi e, soprattutto non lui e Ino – giusto per chiarire.
«LEE! Junko intendeva cose più atletiche con “mo-oolto più avanti”.» urlò Kiba dalle retrovie, facendo ben attenzione a regolare i decibel in modo che anche la gente che passava nei pressi del loro ritrovo, avrebbe potuto sentire. Stuzzicare lo Hyuuga, cha a quel punto lo stava disintegrando con lo sguardo, era veramente divertente.
Lee, che quando si alterava sfiorava le sfumature del rosso mattone, tornò del suo colore normale intanto che si picchiettava il mento, riflettendo sulle parole che Junko aveva riferito. Cominciò a far saettare la testa dall’uno all’altra, come sa avesse appena appreso la verità assoluta sulla vita terrena.
«Voi… cioè… Oooh! – socchiuse gli occhi in direzione di Neji e cominciò ad annuire lentamente, per poi scuotere violentemente il capo – Comunque continui a giocare sporco! Adesso proprio nel vero senso della parola. Fai le zozzerie e non mi avvisi?! Cosa credi che anche io non ne sia capace?!» domandò in tono di sfida, per poi schioccare nuovamente le dita e indicare dietro di sé.
«Ino!» urlò, come se stesse richiamando il pokémon prescelto per la battaglia.
«No.» dichiarò l’altra, prendendo di peso Tenten e mettendola al suo posto. E che cavolo, c’era anche lei da usare come espediente.
«Per finta?» ritentò Lee senza perdere il sorrisetto con cui fissava Neji, sperando in un minimo di comprensione.
«Nemmeno nelle mie fantasie più oscure.» riferì, incrociando le braccia e muovendo la lunga coda come se stesse schioccando una frusta.
Choji, amareggiato dal fatto che la carne fosse cotta a puntino e nessuno dei suoi amici si stesse leccando i baffi soltanto odorandone l’aroma delizioso afferrò una pizzetta rotonda dal recipiente che aveva sgraffignato al buffet del ristorante del padre e, con una velocità disarmante la inserì nella bocca aperta di Lee, che pronto a replicare si trovò costretto a masticare con la mano del ragazzone premuta sulla bocca.
«È pronto. Tutti a tavola che i problemi si risolvono meglio con la pancia piena!»
♦♦♦
L’appuntamento gli era stato dato il giorno prima e, stando alle parole dell’amico: con una certa urgenza. Ancora non aveva ben chiaro per quale motivo si dovessero trovare davanti la cartoleria, ma poco importava, tanto si sarebbe comunque alzato per concedersi una corsetta mattutina, al massimo avrebbe allungato il giro.
La cosa che realmente gli arrecava disturbo erano i ritardi e Rock Lee, non era certo noto per la sua puntualità. Stava già valutando l’idea di aiutare il titolare dell’edicola, a scaricare e ritirare gli scatoloni che gli avevano appena piazzato davanti alla vetrina i due omoni delle consegne espresse, che notò l’amico svoltare l’angolo correndo ad una velocità inumana. E – rullo di tamburi – con ben cinque minuti di anticipo.
Era ufficiale: l’apocalisse sarebbe giunta a breve.
Essendosi presentati a mezz’ora dall’apertura estiva, entrambi aiutarono il signore poi, il passo dallo “scarico merci” al “fissare la pericolante libreria in ferro attaccata alla parete”, fu breve.
«Se mi dici cosa cerchi, posso darti una mano e la facciamo finita prima.» suggerì nuovamente Neji, che si era ritrovato a fissare una rivista sui lavori a maglia, nell’attesa che qualcuno si decidesse a parlare o si muovesse a trovare quello che ricercava da circa una decina di minuti.
Rock Lee, per l’ennesima volta scosse la testa facendo sottintendere di non disturbarlo oltre con la sua fretta. Aveva già scoperto all’ultimo che il suo idolo aveva rilasciato un’intervista, come minimo doveva rimediare acquistando per primo una copia del giornale. Proprio mentre si sgridava per non aver prestato abbastanza attenzione e per essere il peggior membro del suo fan club ufficiale, davanti ai suoi occhi comparì proprio quello che stava cercando.
Il titolo: “Cinque modi per aumentare la taglia del tuo seno” fece sgranare gli occhi a Neji, che non avrebbe mai immaginato che l’altro stesse cercando una rivista femminile. Cominciò a guardarsi attorno nella speranza che nessuno assistesse a quella patetica scenetta che aveva visto protagonista un piroettante Rock Lee che stringeva al petto i segreti per avere il seno perfetto.
«Guarda! Guarda! Guarda! – cominciò a cinguettare il ragazzo, posizionando sotto il naso dell’amico il tascabile introvabile – L’intervista più attesa dell’estate!» esclamò indicando un piccolo titolo, appena sotto quello che per la felicità di Neji, pubblicizzava una crema anticellulite perfetta per l’estate.
Neji tenne a mente che se gli fosse servito qualcuno per leggere le clausole microscopiche su dei contratti, avrebbe sicuramente chiamato l’amico, poi allontanando quella rivista compromettente da sotto il suo naso lo spronò ad andare pagare.
«Protesti prenderlo tu al mio posto?»
«Che?? La rivista è per te!»
«Sì… ma vedi… – si avvicinò silenziosamente all’orecchio dell’amico, indicando con un cenno del capo la ragazza alla cassa – Quella mi ha già fatto la predica un’altra volta, perché avevo preso un giornaletto…»
Se solo avesse avuto la possibilità di farlo, senza dare troppo nell’occhio, sarebbe corso via da quel depravato che l’aveva invischiato in quella scomoda situazione. Per tutti i Kami, non poteva gestirsi con internet e tutte le schede di navigazione in incognito che poteva creare?!
Lo Hyuuga si limitò a paralizzarsi sul posto e fissarlo malissimo, incutendogli tanto di quel timore che Rock Lee si affrettò subito a terminare la frase: «Ma che vai a pensare?! Era una rivista di costumi da bagno, più femminili che maschili e… a dividere le due sezioni c’era l’intervista al mitico Maito Guy in cui elargiva ai suoi fan la dieta per le campionesse e i campioni. Solo che quella ha frainteso nella tua stessa maniera.»
«No. Non potevi chiedere a Tenten?» domandò perentorio.
«Questa mattina era impegnata…»
«Non è che finiscono nel giro di un giorno i giornali.»
Offeso, Rock Lee abbracciò maggiormente la rivista, mise un broncio degno di un bambino di due anni e aggrottando talmente tanto le sopracciglia, da coprire quasi interamente i propri occhi tondetti, disse con voce tremante: «Non puoi esserne certo!»
«Si.»
«No!»
«Si.»
«No-oo!»
Neji sbuffò e Lee gli domandò di chiedere a Junko di comprarla per sé e, in un secondo momento, di strappare le pagine relative all’intervista. Questa volta la bocca dello Hyuuga esalò un sospiro: Rock Lee si era ripreso subito dalla notizia della sua relazione decretando che in qualche modo doveva pur impegnare il tempo di quei mesi in cui si parlavano poco e non poteva godere della sua compagnia. L’aveva presa talmente tanto bene da voler assolutamente stringere amicizia con Junko, che poverina, si era spaventata da tutte le sue insistenze.
«Non tirerai la mia ragazza, dentro questa follia. Poi magari si fa i complessi perché penso che abbia…» preferì terminare la frase con dei gesti che indicavano prima il proprio petto e poi creò un piccolo spazio con l’indice e il pollice.
«Beh… effettivamente non è che ci sia molto da guardare su di lei. – notò l’occhiata canzonatoria di Neji – Comunque, sicuro che non si può chiedere a lei, in fondo abita qua vicino!»
«Si. Scusa ma non puoi andare in un’altra cartoleria?»
«Questa è quella più fornita! Se l’altra cartoleria non ne avesse e mentre andiamo a cercare nell’altra, qui finiscono? – cominciò a domandare a raffica sventolando per aria il giornale – La mia vita sarebbe rovinata!!»
Neji sbuffò rassegnato, stringendosi la radice del naso per tutta quella melodrammaticità gratuita.
 
Con l’arrivo delle vacanze estive, Tenten aveva sostituito il pomeriggio di allenamento in piscina con un paio di mattine di nuoto libero. Era bello frequentare quel posto appena subito dopo l’apertura: non essendoci quasi nessuno in giro era molto più facile concentrarsi sulle proprie vasche, ragionare e trovare (sempre se ce ne fossero stati) errori nella loro esecuzione; inoltre, avevi l’occasione di scegliere la corsia che meglio ti aggradava.
Per la ragazza era la numero 10, la più esterna e che si trovava appena uscita dagli spogliatoi – se non la più comoda perché ad un metro c’erano un paio di panchine su cui poggiare l’asciugamano. Giusto a quelle si stava dirigendo, sgranchendosi le braccia mentre compiva dei movimenti circolari con le spalle. Sospirò felice del proprio operato e si infilò nell’accappatoio e lo stesso fece con le ciabattine.
Quindi, Tenten si avviò quasi saltellante verso l’entrata dei camerini femminili, se non fosse stato per un viso fin troppo famigliare che intravide riflesso nell’ampia vetrata color verde bottiglia di birra – da cui i genitori solitamente osservavano gli allenamenti dei propri pargoli –, che la costrinse a fermare drasticamente la propria falcata disinvolta.
Lo Hyuuga, sorpreso a scrutare l’interno della piscina, salutò con un cenno della testa l’amica, la cui espressione era passata dalla sorpresa alla felicità – determinata in particolar modo dal suo muovere freneticamente la mano in segno di benvenuto. A Neji venne istintivo sorridere, anche se impercettibilmente e, indicando con un pollice dietro di sé, le fece capire che la aspettava all’ingresso.
Tenten annuì senza mai perdere il sorriso dal proprio volto, poi come colta da un’illuminazione improvvisa, bussò velocemente sul vetro in modo di attirare l’attenzione, prima che l’altro fosse stato troppo lontano per sentirla. Nel momento in cui Neji si girò interrogativo, lei si tolse velocemente l’accappatoio. Cominciò ad indicarsi il costume nero sportivo, in particolar modo il fianco dove si poteva notare il logo della casa di produzione stampato sopra una fantasia di bolle verdi che sfumavano verso l’alto, infine piroettò su sé stessa in modo da dare una visione completa a Neji.
Quest’ultimo, non estraneo ai momenti di esuberanza della ragazza, alzò in un primo momento un sopracciglio divertito poi – a fine spettacolo – le indicò con un altro cenno del capo, il bagnino che dietro di lei, si stava facendo le meglio risate. La Tamura si voltò e scoppiò a ridere e, dopo aver fatto delle spallucce di risposta all’amico gli fece capire con gesti vari, che sarebbe uscita di lì in cinque minuti.
Venti minuti dopo, Tenten fece capolino nell’ingresso della struttura, con i capelli ancora mezzi bagnati sciolti sulle spalle e, un borsone che pesava più di lei, sulla spalla.
«Neji! – lo abbracciò prendendolo alle spalle – Da quanto!» domandò stringendolo più del dovuto e crogiolandosi nel suo leggero barcollare imbarazzato.
«Non hai perso il vizio vero?! – mormorò, facendo finta di essere infastidito. Ormai pensava che non l’avrebbe più accolto in quel modo, era giunto anche a sentire la mancanza delle sue esternazioni affettuose, ma non gliel’avrebbe mai fatto presente. Troppo vergognoso da parte propria.  – Staccati che mi attacchi ‘sta puzza di cloro.»
«No, no… mi stacco perché tu puzzi di sudore.» esagerò Tenten stringendosi la punta del naso e sventolando la mano libera davanti lo stesso. Da che avesse ricordo, Neji non puzzava mai, si limitava ad odorare pesantemente del proprio deodorante… che sapeva di sapone, quello che le nonne usano per lavare i panni a mano, giusto per intenderci. Pensandoci non le sarebbe dispiaciuto profumare allo stesso modo.
Lo Hyuuga capendo la presa in giro si limitò a scuotere la testa e poi gli tornarono in mente le parole di Lee:
«Io vado al bar vicino qui vicino a prendere i cornetti preferiti da Ten’. Tu, valla a recuperare e approfitta del tuo ritorno in città per arruffianartela un po’. Qualche moina da “mi sei mancata” dovrebbero lisciarla per bene.»
«Uno: non dirò nulla del genere. Due: secondo me non c’è bisogno di tutte queste lusinghe. Tre: perché tu credi che siano necessarie?»
«Semplice. Perché l’ho già costretta a compare una volta una rivista, che però trattava di allenamenti post-parto… Ti lascio immaginare che occhiatacce ci ha lanciato la cartolaia e come mai Ten’ non mi abbia rivolto la parola per settimane dopo quella storia.»
«Comunque il costume è comodissimo. Devo dire che il vostro regalo di compleanno in ritardo è valsa la pena delle insistenze di Lee.» commento Tenten, che nonostante avesse rifiutato con tutte le forze quel regalo di compleanno/riappacificazione non poteva negare, che le faceva veramente comodo dato che quello precedente nell’ultimo periodo si era fatto stretto.
«Felice che ti piaccia… anche perché l’hai scelto tu.» le ricordò, lui si era limitato a spartire il suo costo con Lee e, poteva benissimo ammettere che fossero stati i soldi meglio spesi della sua vita. Il sorriso che Tenten aveva dipinto in volto era impagabile.
«Nient’altro da dirmi??» mormorò, delusa dall’inutile quanto labile aspettativa che potesse farle un complimento.
«Dovrò proporre ai miei di creare una tessera fedeltà solo per te. Potresti essere la nostra miglior cliente.» asserì Neji, che non aveva potuto fa a meno di notare la cuffia di “Sports By Hyuuga”, un’altra serie di capi sportivi che portava agli allenamenti di pallavolo e, la famigliarità con cui si destreggiava nel negozio dedicato dove era andata insieme a loro – senza parlare della confidenza che aveva con la commessa.
«Mi vesto da voi da quando andavo alle elementari. Avrete guadagnato una fortuna grazie a me!»
«Si, si. – afferrò il borsone che lei aveva abbandonato a terra e se lo mise in spalla – Proprio grazie a te!» la prese in giro facendole segno di seguirla verso l’uscita.
«Guarda che ce la faccio... – allungò una mano verso Neji, ma questi si allontanò di un passo, facendo ben intendere le sue intenzioni – Grazie. Quando sei tornato?» domandò, cominciando a seguirlo mentre si acconciava alla bene e meglio i capelli in una veloce coda alta.
«Un paio di giorni fa.»
«E non mi scrivi nemmeno un messaggio?! Ma non c’è da stupirsi dato che in quasi un mese di vacanza mi hai risposto a monosillabi a quei due messaggi che ti ho inviato. – lo rimproverò offesa, staccandosi da lui e incrociando le braccia al petto – Mr Associale, guarda che non muori mica a premere due tasti… devo ringraziare che tu sia venuto a trovarmi oggi.»
«A che pro? Junko mi ha sequestrato da quando sono arrivato, facevo prima a contattarvi direttamente quando fossi stato libero, almeno non avrei dovuto sempre dirvi di no per uscire.»
Tenten estrasse il cellulare dalla tasca del pantalone e cominciò a scrutarlo in maniera talmente fastidiosa, che Neji si vide costretto a chiederle cosa stesse facendo.
«Non vedo il mio messaggio.»
«Lee mi ha invitato ad uscire, supponevo venissi anche tu.» mentì colto in fallo e arrestando la propria camminata dopo aver notato il loro amico che correva nella loro direzione con un sacchetto e tre tazzone di carta. La gincana tra le macchine in versione portaborse non aveva portato ad ottimi risultati date le chiazze di caffè sui pantaloni.
Tenten guardò prima quello che l’era andata a prendere, poi si concentrò sull’acrobata. Inspirò intuendo le intenzioni di entrambi e sentendosi profondamente tradita domandò: «Che diavolo devo fare questa volta?»
 
«Ecco cosa dovremmo fare! – urlò Rock Lee, che con un colpo di reni si rimise su a sedere – Una settimana di campeggio!» annunciò, per poi tornare a sdraiarsi prono sul prato con il settimanale femminile mantenuto a qualche centimetro dal volto.
Neji seduto con la schiena poggiata all’unico albero che si poteva trovare nel piccolo giardino dell’amico, si limitò ad aprire un occhio per capire se Lee facesse sul serio o meno. Lo richiuse immediatamente, ormai conscio per esperienza, che il ragazzo faceva sempre sul serio.
Tenten invece, si limitò a sbuffare scoraggiata. Era sdraiata prona, con il volto nascosto nella conca che aveva creato con le braccia incrociate, intenta a rimuginare sulla risatina malefica che il figlio del cartolaio le aveva rivolto quando aveva visto il titolo di copertina della rivista che, per amore della propria pace interiore e mentale, era stata costretta a compare. Pensava di essere messa abbastanza bene circa il seno. Una terza abbondante poteva essere il sogno di ogni donna e uomo. Invece…. tutte amare illusioni!
«Non amo particolarmente il campeggio.» commentò vagamente Neji, per poi bere un sorso d’acqua.
«Ma qui dice che è un’esperienza rigenerante prima dell’inizio della scuola! Vorresti dare torto al mitico Maito Guy?!»
«Non gli sto dando torto. Dico solo che preferisco un comodo letto al sacco a pelo.»
Rock Lee socchiuse le labbra pensando a qualcosa con cui contro ribattere e nel mentre, si girò verso la figura dell’amica, ancora sdraiata a pancia sotto a pensare a chissà quale dramma esistenziale. Corrugò le labbra capendo che la stessa era momentaneamente fuori gioco e non poteva dargli man forte – sempre che Neji non si intenerisse a vedere le spalle di Tenten fare su e giù in simultanea con i suoi sospiri depressi.
Lo Hyuuga ghignò vittorioso, intuendo che non avrebbe dovuto fronteggiarli entrambi in quella battaglia. Ciondolò sul posto e torno a chiudere gli occhi, alla ricerca di un po’ di relax.
«Teee-eeen!» la richiamò il padrone di casa.
«Mmmh.» si limitò a rispondere la diretta interessata. Anche se sembrava più un lamento sinistro, che fece rabbrividire pure l’impassibile sotto la quercia.
«Si può sapere che hai? – richiese, avvicinandosi al suo volto e cominciando a farle aria con il giornale. Fu proprio quello a fargli venire il colpo di genio – Per caso qualcuno ti ha detto qualcosa sul tuo petto?» domandò, centrando in pieno il problema.
Rapida come poche volte in tutta la sua vita si tirò su a sedere e, rubando dalle mani dell’amico la rivista cominciò a picchiargli il braccio con la stessa. «Ma. Che. Diamine. Ti. Salta. In. Mente?!» scandì in perfetta sincronia con i colpi.
«Okay, okay ho capito! – fece bloccandole il polso, per poi guardarla serio negli occhi – Coraggio su la maglietta, che almeno avrai dei pareri maschili e potrai andare sul sicuro.»
Una potente sberla colpì la guancia del ragazzo, facendolo cadere a terra con una mano rosa dipinta su metà volto. Neji ringraziò mentalmente i Kami, per non averlo reso un tale idiota come Lee.
«Perché l’hai fatto? Ti ho sempre vista mezza nuda e non ti fai problemi a girare solo in top e pantaloncini!» si difese il sopracciglione, per poi pentirsene amaramente quando la ragazza lo afferrò per il bavero cominciando a strattonarlo.
«L’ultima volta che mi avrai visto nuda sarò andata alle elementari, razza di depravato! Poi il resto è tutta roba sportiva: nulla di intimo che potrebbe mettere strane idee in testa a vuoi ragazzetti.»
«A dire il vero quando lo venivi a sgridare in spogliatoio eri sempre in reggiseno… – provò a difendere l’amico Neji, ricevendo solo un’occhiata trucida mista a vergogna, che gli fece temere per l’attaccatura della testa al collo – … sportivo.» le diede ragione, sapendo di abbandonare l’amico alle ire di Belzebub risalito dagli inferi.
Poi il miracolo: Tenten lasciò il colletto della canottiera di Lee e sedendosi come se nulla fosse annunciò: «Comunque, mi piace l’idea del campeggio. Potremmo farci un pensierino per la settimana prima dell’inizio delle lezioni.»
Neji incasso il colpo basso, evitando di mostrare il proprio disappunto mentre Rock Lee si concesse un saltello con tanto di pugno vittorioso alzato verso l’alto e un “yeeeah”: se Ten’ era dalla sua, allora con Neji tutto poteva diventare possibile.
♦♦♦
Il tre luglio di quell’anno, Neji lo aveva passato sulla limousine che lo aveva portato a casa dalla villa al mare degli Hyuuga, dove aveva passato tutto il mese di giugno. Gli unici auguri che aveva ricevuto erano stati quelli dello zio – molto formali e distaccati –, quelli dalle sue cugine Hinata e Hanabi e, quelli di suo padre che dopo un abbraccio si era congedato per tornare immediatamente in ufficio, sottolineando la regola: quando il lavoro chiama, gli Hyuuga corrono. Quasi lo commuoveva quella strana dedizione al lavoro che tutti i membri della sua famiglia dimostravano e in un certo senso la trovava confortante, come se fosse una costante che riusciva a metterlo in una condizione di relax.
Lui non si era lamentato di tutta quella indifferenza nei suoi riguardi, gli era bastato ricevere l’audio su whatapp di Lee e Ten che gli dice- urlavano “Tanti Auguri” e la tortina coronata da una candelina che, da anni, la governante lo obbligava a mangiare dopo aver espresso il desidero prima dello spegnimento della fiammella. Lo trattava come fosse un figlio e, nonostante questo a lui non desse fastidio durante gli altri trecentosessantaquattro giorni dell’anno, quel giorno si sforzava di accontentarla. Semplicemente perché lui una madre ce l’aveva, solo che aveva deciso di abbandonare lui e suo padre.
Storia lunga, deprimente e infelice a cui lui evitava di pensare ma, dato che quella donna se n’era andata proprio dopo il suo compleanno, gli veniva naturale intristirsi in quel periodo.
Per questo tirò un profondo sospiro mentre si preparava per la serata che Junko aveva organizzato in suo onore. Sì, perché la sua ragazza si era arrabbiata di non essere stata informata per tempo di quell’importantissimo evento, quindi in combutta con Ino – evento raro e strano allo stesso tempo – avevano prenotato una cena nel ristorante del padre di Choji.
Alla fine dei conti non era stata nemmeno una brutta serata: il cibo era ottimo e si sentivano tutte e quattro le stelle Michelin, tutti avevano riso e brindato con bevande analcoliche e avevano concluso la serata con dei profiteroles al cioccolato che potevano essere classificati come la meraviglia del mondo culinario.
La serata però non era terminata lì, infatti Junko aveva proposto di partecipare all’inaugurazione di un nuovo locale in centro, che permetteva l’entrata ai maggiori di quindici anni. Il “Club”, tralasciando l’originalità del suo nome, non era un brutto locale solo che aveva avuto la capacità di eliminare la maggior parte del gruppo lasciando solo: Tenten, Lee, Choji e Ino che anche se non aveva compiuto effettivamente quindici anni valevano le regole “bella ragazza attira i clienti” e “con il giusto vestito si entra ovunque”.
«Allora Neji che cosa ti ha regalato Junko?» domandò quest’ultima, stanca di sentir parlare la mora dagli occhi verdi che aveva cominciato a lamentarsi non appena il suo deretano aveva toccato il cuscino del divanetto. Si era perfino trattenuta dal tirare un pugno in testa a Choji, quando le aveva fatto notare che al ristorante la prima a lamentarsi per i tempi di attesa, era sempre lei.
«A dire il vero non mi ha ancora dato nulla.»
«Mi sembra ovvio. Ti pare che mi faccia spacchettare qui davanti a tutti!» dichiarò Junko, facendo un occhiolino a Ino e dando un bacio sulla guancia al proprio ragazzo, leggermente infastidito esteriormente – molto infastidito interiormente – da quell’atteggiamento.
Rock Lee si scambiò un’occhiata maliziosa con Choji e, Tenten si limitò a scuotere impercettibilmente il capo giochicchiando con i tovagliolini che aveva davanti. Lei in quelle parole aveva inteso solo il voler marcare il territorio della ragazza e, non la quasi inesistente ironia. 
«Sono felice che tu mi abbia invitata ad uscire.» le aveva detto gentile prima di cominciare a mangiare il cono gelato con il cucchiaino. Sembrava una principessa per la finezza che dimostrava.
«Un giro in gelateria è proprio quello che serve con un caldo del genere! Almeno riusciamo a parlare un pochino, dato che sei sempre con Neji.» aveva risposto, senza l’intenzione di rinfacciarle qualcosa ma principalmente perché ci teneva ad avere buoni rapporti con la fidanzata di un suo amico.
«Oh, vero! C’era una cosa di cui volevo parlarti.» aveva detto irrigidendo l’atmosfera, senza degnarla di uno sguardo e preferendo concentrarsi sugli alberi che erano stati piantati in diverse aiuole nella piazzetta.
«Rock Lee è il mio migliore amico, non posso aiutarti nel suo omicidio.» la buttò sul ridere lei, cercando di coinvolgerla e rendere quella situazione meno tesa e più conviviale.
«Credo che voi due asfissiate Neji. – sentenziò, finalmente volta verso di lei – Insomma per voi ha mollato pallavolo e ci teneva, fa delle pessime figure e alle volte è costretto a rimediare ai vostri errori. Gli date rogne aggiuntive oltre quelle che deve passare pure a casa sua, in una famiglia importante come la sua, credo che dobbiate dargli un po’ di pace.» la dolcezza che mostrava al mondo era totalmente svanita dal suo volto, lasciando posto ad una persona molto, ma molto scorretta.
«Mi sembra strano, perché allora continuerebbe a frequentarci? Neji non è assolutamente uno che si fa problemi a dire le cose.» domandò, presupponendo che quello fosse solo il test di una ragazza preoccupata che il fidanzato avesse delle amicizie vere e profonde.
«Per qualche strana ragione vi rispetta e preferisce essere gentile con voi, e con voi intendo anche il tuo gruppetto di scalmanati. È una persona molto a modo.»
«Lo so.» sorrise dandole totalmente ragione, almeno per l’ultima frase.
Junko fece una smorfia irritata poi si alzò di scatto, gettando il cono gelato ancora per metà intatto nel cestino: «Conosco la vostra testardaggine e so che non lo lascerete mai stare totalmente in pace, ma credo che questa sia più una questione di rispetto nei miei confronti: evita di abbracciarlo ogni volta che puoi, la gente potrebbe pensare male sia di me, che di lui e infine di te.»
«Okay, posso provarci.»
«No, pensa anche a te mentre mantieni questa promessa. In fondo, non sono io quella che verrebbe considerata un’insulsa amante che per lui non potrebbe essere nient’altro di più.»
«Oh-oh-oh! Hai capito il nostro Neji, Nejiuccio!» lo canzonò divertita Ino, per poi bisbigliare all’orecchio di Tenten: “Potrebbe cominciare a starmi simpatica!”. L’altra si limitò a sorriderle cordiale per poi continuare a spezzettare il tovagliolo, pensando che la parte simpatica di Junko, doveva ancora venire alla luce.
«Qua la cameriera sembra essersi dimenticata di noi. Vado a chiedere in cassa.» si congedò Neji, uscendo da quella situazione fin troppo esplicita, trovando man forte in Lee che si offrì di accompagnarlo al bancone.
«Allora Choji! – richiamò l’attenzione del ragazzo – Neji mi ha detto che tu frequenti un corso di formazione per diventare cuoco giusto?»
«Con ottimi risultati oserei dire.» si adulò il ragazzone, ricevendo anche una pacca orgogliosa da parte di Ino.
«Sempre se i tuoi insegnanti riescono a mangiare qualcosa di quello che cucini, prima che tu spazzoli via tutto! Dico bene ragazze?!» disse la mora, cercando di essere accompagnata nelle proprie risate anche dalle altre due. Peccato che entrambe non ci trovassero nulla di particolarmente divertente.
«Fidati tesoro, io sono la prima ad assaggiare le sue prelibatezze.» difese il proprio amico, lisciandosi la gonna attillata che aveva indossato per l’occasione.
«Infatti si vede.» asserì l’altra sorridendo maligna, per poi voltarsi alla ricerca del proprio ragazzo.
La Yamanaka non fece in tempo a togliersi i tacchi a spillo per dichiararle apertamente guerra, che il festeggiato tornò al tavolo con un vassoio carico delle loro ordinazioni intanto che Lee – preso a bene per il ruolo che doveva interpretare – cominciò ad atteggiarsi alla cameriera oca che li aveva serviti precedentemente, elencando i nomi delle varie bevande.
Tra le risate generali, che sembravano aver fatto dimenticare le antipatiche battute di Junko, Ino rettificò il proprio pensiero, mormorando tra i denti stretti in un sorriso: “Se non le va di traverso l’oliva del suo benedetto Martini, giuro che la strozzo con le mie mani!”. Tenten brindò in onore di quel proposito, portando alle labbra il bordo zuccherato del drink analcolico che aveva ordinato.
 
Un morso di biscotto al cioccolato e un sorso d’acqua. Un morso di biscotto al cioccolato e un sorso d’acqua. Tenten andava avanti così da circa cinque biscotti, ma il saporaccio di quel drink amaro non ne voleva sapere di abbandonare le sue papille gustative.
«Quale locale che si rispetti vende alcolici ai minorenni?» domandò la ragazza, ripensando disgustata a quello che le avevano fatto passare per un analcolico alla frutta. Era tutto, fuorché al sapore di frutta – nemmeno l’ananas si sentiva e, quello lo mettono dappertutto!
«Tecnicamente hai l’età per bere alcolici leggeri, i super alcolici li possono servire solo ai maggiorenni. – sottolineò l’esperto in materia – I locali che non si accertano dell’età vogliono solo conquistare un po’ di clientela e incassare facile.» rispose spensierato Choji, che le stava facendo compagnia per due ragioni valide: la prima era che anche a lui avevano rifilato il drink errato e, la seconda, ruotava attorno ad un piatto stracolmo di dolcetti che l’amica, gli aveva accordato di dividere.
«Almeno in questi non c’è caduta una goccia di grappa.» commentò indicando il loro spuntino e afferrando l’ennesimo frollino.
«E i bagni sono relativamente puliti.» la sostenne Choji, riempiendole nuovamente il bicchiere dell’acqua del rubinetto e porgendoglielo educatamente. Non aveva nemmeno provato a chiedere al bar un bicchiere d’acqua, prima che in tutta quella confusione magari gli rifilavano vodka allo stato puro.
«Un ottimo nascondiglio socio!»
«Concordo socia!»
Incrociarono i propri avambracci, nello stesso modo in cui i novelli sposi brindavano alla festa di ricevimento e, terminarono l’ultimo pezzetto di dolce che avevano in mano.
A sorprenderli in quella posizione fu Neji, che con un fazzolettino posto sul labbro aveva fatto irruzione nel bagno. Con un’aria adirata che aveva avuto poche volte.
«A chi diavolo è venuto in mente di ordinare l’alcool?» domandò ai due, cominciando a sciacquarsi la bocca con il getto di acqua fredda.
Tenten e Choji si guardarono: «Junko.»
«Piuttosto… tu da quando ti concedi risse nei locali? E poi, mica eri bravo a difenderti? Come ha fatto quello a colpirti?»  chiese il secondo, scostandosi dal ripiano in marmo dove era incassato il lavandino, per due ragioni valide: lasciare spazio di agire al ragazzo e mettere in salvo i biscotti rimasti, da schizzi di acqua e sangue.
«Ma per piacere. Ero in mezzo alla pista a ballare con Junko e quel deficiente di Rock Lee si è messo a fare il pazzo, esibendosi in un qualche strano numero di break dance e dandomi un calcio in faccia, mentre faceva la trottola gambe all’aria.» spiegò Neji, intanto che cercava in tutti i modi di coprire la propria bocca per non far notare i continui sputi di sangue.
«E lui dov’è? Solitamente ti segue ovunque.» fece Tenten cercando, mordendosi le labbra, di evitare di ridere e rischiare di aizzare ulteriormente l’ostilità dello Hyuuga. Cominciò quindi a strappare dal distributore alcuni pezzi di carta assorbente, aspettando il momento giusto per passarli al maltrattato di turno.
«Sì, adesso arriva la parte esilarante. Dopo avermi colpito si è girato ed eseguendo un Haishu-Uchi* ad muzzum, mi ha invitato a batterlo.» si lamentò scuotendo la testa allibito.
Gli altri due si guardarono nuovamente, questa volta interpellandosi su cosa fosse un Haishu-Uchi ma, poi non riuscendo a darsi una risposta scoppiarono a ridere. Anche a causa di quel briciolo di alcool che intorpidiva i loro sensi e, faceva sembrare quel racconto più divertente di quanto fosse.
«Bello ridere delle disgrazie altrui.» commentò infastidito, strappando dalle mani di Tenten le salviette e bagnandole con alcune gocce d’acqua le gambe, ma la ragazza era troppo impegnata a sbellicarsi per accorgersene.
«È che è la prima volta che ti sento dire deficiente!» gli fece notare la ragazza, coprendosi con un palmo della mano la bocca aperta.
«E poi cos’è un Hiacuchi?» domandò Choji, asciugandosi le lacrime che avevano cominciato a scendergli dagli occhi.
Forse ancora a causa dall’alcool, quello che aveva ingollato con il sorso alla bevanda di Lee, Neji non rispose a tono alle loro battutine ma si limitò a lasciarsi contagiare dalla loro ilarità. Anche se per poco, dato che il taglio che gli divideva il labbro inferiore precisamente a metà, aveva cominciato a tirare non appena aveva accennato a sorridere.
«Dai, bando alle ciance vado a chiedere un po’ di ghiaccio per te.» si offrì Choji, afferrando il suo ultimo dolcetto e concedendo gli ultimi due all’amica di spuntini, che accettò di buon grado.
«Oh, tranquillo Choji. Junko ha detto che me lo porta lei.» lo informò, ringraziandolo con un cenno del capo.
«Ottimo. Allora vado a controllare Ino, prima che qualcuno di poco raccomandabile allunghi troppo le mani. – si congedò aprendo la porticina e facendo entrare nell’abitacolo un fracasso assordante –  Alla prossima socia!»
«Non vedo l’ora socio!» lo salutò Tenten, ciondolando sulla propria seduta tra il lavabo e il dispenser di sapone e cominciando a dondolare velocemente le gambe a penzoloni.
 
Lo Hyuuga aveva cacciato di forza Tenten dal bagno. Il fatto che non fosse intervenuta, cercando in qualche modo di evitare il fatale contatto tra le labbra di Lee e una goccia di liquido di gradazione superiore allo zero, lo aveva irritato particolarmente. Certo, mai quanto la schiettezza con cui gli aveva fatto presente che il loro amico era ben conscio dei propri momenti di sfaso e, quindi aveva acconsentito a non fare l’astemio di turno per non apparire una mammoletta agli occhi di Junko.
“Perché Lee, a differenza della tua ragazza ci tiene a fare buona impressione.” aveva urlato Tenten presa dalla foga, saltando giù dal bancone su cui era appollaiata.
Inconsciamente prese a strofinare più forte la saponetta sul sangue che macchiava il cannoncino della camicia, senza dimostrare la delicatezza con cui si dovrebbe maneggiare un tessuto come il raso.
«Non vorrei essere quella povera camicia!» commentò Junko, entrando nell’abitacolo reggendo in una mano degli asciugamani puliti e in un'altra una ciotola con del ghiaccio a cubetti. Non si astenne dallo squadrare maliziosa il petto tonico del proprio ragazzo, soffermandosi in particolar modo sulle spalle larghe e le braccia muscolose. Ricevendo in risposta un sorriso tirato e falso, decise di optare per un approccio più diretto, che sicuramente, l’avrebbe distratto.
La ragazza depositò sul ripiano del lavandino tutti gli oggetti che aveva portato con sé e, con una certa agilità riuscì a crearsi un piccolo posticino tra il corpo invitante di Neji e il capo di abbigliamento che – date le potenti sfregate – sembrava voler cancellare dalla faccia della terra.
«Non ti facevo uno da bagno.» sussurrò maliziosa, tastando con i propri polpastrelli il busto candido e perfettamente disegnato dagli allenamenti. Inarcò il sopracciglio destro soddisfatta di essere riuscita ad incentrare l’attenzione di Neji su di sé e, intuendo i suoi pensieri solo dal suo abbassare il capo e chiudere gli occhi, intanto che le braccia rimanevano tese e poggiate sul lavandino dietro di lei, inclinò il capo verso l’uscio e dichiarò: «L’ho chiusa a chiave.»
Junko sperò che quell’affermazione convincesse il fidanzato, ma come spesso capitava, lui non si mosse di un millimetro. Lui e le sue ferree regole da mantenere in luoghi pubblici. Non l’avrebbe sfiorata nemmeno per sbaglio e nemmeno se fosse stata coperta soltanto con due foglie di fico!
Colta da una illuminazione, si ricordò della sorpresa che gli aveva preparato. Ci rifletté qualche minuto sopra, non voleva bruciarsela subito. Si avvicinò al corpo di Neji, allacciando le proprie mani alla cinta dei suoi pantaloni e tirandolo con decisione verso di lei. «Dai…Neji… Non trovi eccitante l’idea di farlo qui, dove si può essere scoperti?»
A quella domanda il ragazzo divenne teso. Non poteva dire di non trovare Junko estremamente sexy ed eccitante – qualcosa tra la cintura che strattonava la ragazza e le proprie ginocchia, si sarebbe ben presto risvegliata concorde con lui –, ma non vi era ragione di correre quel rischio. La serata sarebbe terminata un paio d’ore prima del suo coprifuoco e, le avrebbe passate volentieri a casa di lei, dato che era libera e l’avevano programmato da molto. Non voleva mettere a rischio di far circolare voci così sconvenienti, soprattutto quando avevano già deciso altro. Adorava mantenere tutto sotto controllo e sicuramente, non avrebbe cominciato a ragionare con Neji Junior, proprio in quella occasione.
Al diavolo!” pensò Junko, che molto abilmente aveva abbassato il cursore della zip laterale del tubino azzurro e glitterato che le fasciava il corpo, che scivolò silenziosamente lungo i suoi fianchi. Solo quando toccò il pavimento, entrando nella traiettoria visiva dello Hyuuga, questi si sorprese trovandosi a qualche centimetro dal proprio corpo quello in topless di Junko. Il fisico asciutto era coperto solo dai suoi capelli – che lunghi e lisci ricadevano nascondendo il seno – ed un tanga che metteva in evidenza il sedere, che deliziava il suo sguardo riflettendosi nello specchio a lei retrostante.
«Junko…» disse come monito, arretrando da lei e ingoiando silenziosamente un po’ di bile.
«Lo sappiamo entrambi che non sei un santarellino. – commentò lei, recuperando la distanza che aveva messo tra di loro – Perché non divertirci anche ora? Prometto che dopo sarò anche migliore di adesso.»
«Ti assicuro che mi farò perdonare più tardi.» sputò quasi acido Neji, guardandola duramente negli occhi come a voler sottolineare che non avrebbe ottenuto nulla da lui in quel momento.
Junko alzò le mani in segno di resa, offesa internamente per quel rifiuto ma sicura che non si sarebbe pentita di avergliela data vinta così facilmente: «Allora ti piace la festa?» domandò piegandosi per raccogliere il proprio abito.
«Il posto potrebbe promettere bene, ma c’è troppo baccano per i miei gusti.» rispose sincero, avviando l’aggeggio che serviva per asciugare le mani, nella vana speranza di riuscire ad asciugare la propria camicia.
«All’inaugurazione è ovvio che si esageri un po’ per abbuonarsi i clienti.» commentò biascicando l’altra, dato che era concentrata a sistemarsi il lucida labbra con l’indice, mantenendo la propria bocca semiaperta ed immobile.
«E tu chi dovevi abbuonarti proponendo un giro di alcolici ad un tavolo di minorenni?» chiese Neji. Sapeva che lei aveva già compiuto diciassette anni, quindi teoricamente poteva richiedere degli alcolici leggeri, ma non capiva la motivazione di tirare dentro pure gli altri.
«Ovviamente i tuoi amici, non volevo fare la figura della bigotta non offrendo anche a loro dell’alcool…Perché qualcuno ha avuto il coraggio di venire a lamentarsi?»
Neji si limitò al silenzio. Nessuno aveva detto nulla circa la sua proposta, aveva indispettito solo lui tutto il caos che si era venuto a creare. Preferiva le serate tranquille, dove tutti chiacchieravano e bevevano qualcosa. Non certo un Rock Lee mezzo sfasato che dava spettacolo in mezzo alla pista senza curarsi di chi gli stava intorno, oppure Tenten e Choji chiusi in bagno ad ingozzarsi di dolcetti, estraniandosi dal mondo intero.
«Ovviamente sarà stata Tenten! Quella non mi sopporta da quando ci hai presentate. Tenta sempre di mettermi in cattiva luce, solo perché tu non la consideri come quando eravate solo un trio. Ma non è migliore dei tuoi amici! Cosa sono dei bambini che non possono rifiutare la mia proposta!?!»
«Non credi di stare esagerando?»
«No. – gli prese le mani tra le sue – Ascoltami Neji, io mi sto sforzando di andare d’accordo con loro, ma se fanno così non posso far altro che ripeterti: frequentiamo di più la mia compagnia! Sono più maturi e sanno gestire le situazioni meglio di loro. Senza contare che ci potremmo trovare meglio con loro e mi faresti veramente felice.» dichiarò, stufa di dover sopportare oltre quei ragazzi più piccoli che minavano alla sua felicità con Neji. Non che avesse qualche particolare ragione per avercela con loro, solo che lei amava stare con le persone più grandi e non con dei bambocci che dovevano avere ancora il permesso dei genitori per uscire la sera.
 
Nella vita di ogni adolescente, vi è un momento in cui ai genitori capiti di fare un discorso importante –per la felicità dei padri di famiglia, che credono fermamente che le figlie femmine rimangano bambine per l’eternità – riguardante alcool e droghe. Mamma Tamura era stata chiara e dettagliata in entrambe le casistiche, pretendendo la massima serietà di ascolto da parte della figlia e del marito, totalmente indisposto a mettere al corrente la propria bimba di simili cose.
Tenten dunque ricordava bene la differenza tra brillo, alticcio e ubriaco e, la cosa che le era rimasta impressa in particolar modo era il particolare che accumunava quelle tre tipologie: potevi diventare super felice e amico del globo – più o meno come Rock Lee –, oppure ti saliva l’acidità com’era successo a lei.
Per questo ora che era seduta sul sellino del proprio motorino riusciva a capire, che forse – ma proprio forse – aveva esagerato con quel commento su Junko. Magari era estremamente introversa e, quelle erano le sue maniere di imporsi al mondo e mantenere la propria relazione duratura. Maniere detestabili, che potevano avere un senso solo nella mente dello Hyuuga, che doveva avere un debole per le ragazze scorbutiche e – forse inconsciamente – perfide.
Continuò a guardare il firmamento, giocando con i ciuffi della frangia, continuando a pensare che probabilmente Neji avesse preso un granchio nella scelta della propria ragazza. Certo, erano perfettamente compatibili: lei rivaleggiava con Ino, prima in tutte le materie e rappresentante di istituto; lui, invece, era conosciuto da tutti a causa del cognome, idolo di tutti gli sportivi e secchioni – incrementando l’esistenza del mito bello e intelligente – e ammirato dalla maggior parte delle ragazze per le sue maniere raffinate. Però… c’era un però.
La ragazza scese con un salto dal proprio mezzo di trasporto, convincendosi che probabilmente era solo una sua impressione che Neji non fosse felice di quella relazione. Alla fine non era in grado di leggere perfettamente e tutte le sante volte, quello che dicevano quegli impenetrabili occhi! Dunque, a suo malgrado doveva andare a scusarsi.
La richiesta di pace avvenne inserendo nel piccolo spazio – con cui aveva osato aprire la porta del bagno –, l’avambraccio, sventolando lentamente una bottiglietta di succo di melagrana. Lo Hyuuga era uno a cui non piacevano i sapori forti – tendeva a svenire con un solo cucchiaio di chilli e il viso assumeva espressioni strane ogni volta che beveva qualcosa di aspro –, prediligeva i gusti più morbidi. Secondo Tenten erano meglio definibili come insipidi, dato che quell’ultima scoperta dell’amico sapeva di acqua con un retrogusto leggero di melograno annacquato.
«Porca Miseria! – imprecò la giovane, ruzzolando sul pavimento dell’abitacolo non appena Neji aprì la porta, accettando la sua offerta – Grazie per l’aiuto comunque!» fece presente al moro che sorseggiava tramite una cannuccia, inserita nell’angolo buono della bocca, il liquido trattato di pace.
Sorvolando sulla possibilità di cestinare i propri buoni propositi, Tenten tornò a sedersi nel piccolo posticino che si era ritagliata qualche minuto prima: «Alla fine è passata Junko.» affermò scostando il ghiaccio per farsi spazio, per poi aprire sulle proprie cosce uno degli asciugamani.
«Sì è appena uscita. L’ho lasciata andare a vedere quel dj che le piace, almeno non butta anche lei metà della serata chiusa qui.» rispose, terminando di bere il succo senza fare nemmeno il rumore di risucchio con la cannuccia.
Tenten richiuse quel fagotto che aveva riempito con il ghiaccio e afferrò il gomito di Neji per tirarlo vicino a sé: «Mmmm- mh»
«Dovresti andare anche tu.» la invitò, senza però sottrarsi alle sue cure.
«Non adoro in particolar modo la musica house.»
«In ogni caso non dovresti preoccuparti per me.»
«Appunto. Non dovrei esserci io qui. – fece notare, scacciando la mano con cui voleva toglierle l’involto – Tralasciando il fatto che tu sia il festeggiato, lei rimane pur sempre la tua ragazza! Quindi un minimo si deve interessare a te.» asserì acidamente, questa volta non per colpa del bere, ma perché era un dato di fatto.
«Nessuno te l’ha chiesto.» disse duramente, cercando di agguantare ancora quell’oggetto che ora l’amica teneva nascosto dietro la schiena.
«Infatti. – rimise il ghiaccio sul labbro di Neji, premendo maggiormente – Però se si vuole bene ad una persona, non si aspetta una richiesta.» ammise sicura.
«Se lo dici tu. – sbuffò il ragazzo, incrociando le braccia al petto – Che hai?»
«Un labbro rotto per un labbro rotto.» rise Tenten aumentando la stretta sulla spalla dell’altro, intuendo fosse il caso di chiudere il discorso. Lo Hyuuga non si era mai dimostrato un grande intenditore di sentimenti, probabilmente ogni volta che aiutava lei e Lee, lo vedeva come gesto di gentilezza più che un’apprensione nei loro confronti.
«Veramente poetico.» fece spallucce l’altro, assecondando l’amica che finalmente aveva sorriso veramente in tutta la serata.
«Doloroso, oserei.» lo corresse, per poi stringere gli occhi in due fessure ed osservare meglio il danno che Lee aveva fatto al volto dell’amico.
Come accaduto poco prima, Neji non si ritrasse. Si limitò a guardarla analizzargli la bocca, trovando tenero il suo modo di corrucciare il naso e il suo sguardo preoccupato: «Non avevo mai notato avessi le lentiggini.»
«Mi escono d’estate quando… – cominciò a soffiarsi sulla frangia, dato che alzando gli occhi si era ritrovata alcuni ciuffi a coprirle la visuale – sto troppo al sole…» terminò la frase in un sussurrò, notando finalmente la vicinanza dei loro visi e sentendo la mano di Neji che decisa, andava ad aiutarla nell’impresa.
Quando egli ritrasse la mano velocemente, Tenten abbozzò un sorriso che subito scomparì quando constatò che l’amico fosse a torso scoperto. Non era la prima volta che lo vedeva mezzo nudo, spesso capitava che i ragazzi durante gli allenamenti si spogliassero, però in quel momento, nell’intimità di quel bagno e con distanza più che minima, non poté fare a meno di ammettere che fosse un bel ragazzo.  La luce a led che si rifletteva sulla pelle color avorio e glabra di Neji, facendola sembrare ancora più liscia chiara di quanto non fosse, mettendo così in risalto, i muscoli delle spalle e i pettorali – se si fosse spinta più in giù con lo sguardo la cosa si sarebbe fatta imbarazzante.  
«Tu invece non vuoi abbronzarti un po’?» domandò impacciatamente, facendogli segno di allontanarsi per permetterle di scendere.
«Non è nei miei interessi. Ma nonostante i pomeriggi in piscina… – fece osservando la propria immagine biancastra nello specchio – sembra che la mia pelle sia predisposta al respingere i raggi UV.»
«Predisposta al respingere…» gli fece il verso Tenten, trafficando con la propria borsa. Nonostante ammirasse la maniera singolare dell’esprimersi di Neji, alle volte non poteva fare a meno di ridere.
Lo Hyuuga si imbronciò per un momento – espressione che non sfuggì all’amica contenta di essere riuscita a suscitargli una qualche sorta di reazione che non fosse studiatamente rigida – prima di ricevere in faccia uno strofinaccio.
«L’ho fregata a mio padre, nel caso avesse fatto fresco in serata. Dovrebbe andarti!» gli assicurò la ragazza, invitandolo con lo sguardo a provarsi quello che gli aveva cordialmente lanciato addosso.
«Oh… grazie.» rispose, studiando la maglietta nera che gli aveva proposto l’amica. Probabilmente gli sarebbe stata grande, ma per educazione era meglio provarla.
Titubante alzò lo sguardo sul proprio riflesso e sospirò pesantemente, constatando che i suoi dubbi erano reali. Ora doveva solo scegliere tra quella e la camicia dove la macchia si era espansa su tutto il davanti. Ottimo
«Non ti sta male lo scollo a V!» commentò Tenten cominciando a sistemargliela in maniera che non si vedesse troppo il difetto della grandezza.
«Grazie. Ma non credo che riuscirai a fare poi molto.» la ragguagliò, titubante delle capacità stilistiche dell’altra.
«Come no?! Farai un successone con questo look elegante ma trasandato.» scherzò, invitandolo a constatarlo lui stesso specchiandosi.
Lo Hyuuga dovette ammettere che non gli dispiaceva, certo non l’avrebbe portato altre volte, ma per una sera poteva andare bene: le maniche erano state tirate su fino al gomito e sulla pancia c’erano delle pieghe che lo infastidivano un po’, dato che amava solo le maglie che ricadevano dritte e lisce.
«Un “grazie Ten”, sarebbe gradito. – sorrise infilando la camicia sporca dell’amico in borsa – Io comunque vado! La strada da qui a casa è lunga!»
«Non vorrai mica guidare? Se ti fermano sono rogne.»
La mora scoppiò a ridere: «Non sono così scema! Il motorino me lo trascinerò dietro! E intanto che ci sono mi porto via anche Ino, almeno con una passeggiata le passa un minimo di ubriachezza e non dovrò sorbirmi mio padre!»
Solo dopo quella assicurazione, Neji annuì poco convinto. Non era galante e sicuro lasciare due ragazze in giro di notte da sole.
«Fatti accompagnare da Choji, almeno poi si fa venire a prendere a casa tua. Io e Junko ci occupiamo di Lee.»
«Allora facciamo che ci portiamo dietro pure Lee, almeno tu e Junko state un po’ insieme. – suggerì Tenten facendogli un occhiolino, gliela doveva quella proposta. Lo abbracciò velocemente e gli scocco un bacio sulla guancia. Come al solito si stupì di trovarlo leggermente arrossito – Auguri Neji! Ah… è meglio fargli prendere aria e non metterci su impacchi.» si congedò, facendogli una linguaccia.
«Ora sei tu l’esperta.» la prese in giro, salutandola con un cenno del capo.
*colpo sferrato con il dorso della mano

 
[to be continued]



 


Buona Sera!
Come sempre approfitto di questo spazio per scusarmi di possibili Orrori di grammatica, battitura e chi più ne ha più ne metta! 
Volevo ringraziare anche chi ha messo questa ff tra le preferite/seguite/ricordate rendendo me molto feliciiie e, spero che anche questo capitolo possa essere di vostro gradimento!



Un bacio, 
redmabon.
   
 
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