Anime & Manga > Lady Oscar
Segui la storia  |       
Autore: Celtica    30/01/2017    8 recensioni
E se fossero davvero fuggiti insieme?
Oscar ha disonorato la sua famiglia, suo padre la vuole morta, ma André vuole scappare con lei.
Dal primo capitolo:
Parigi era lì, davanti a loro, e nonostante lui avesse appena chinato il capo per dirle di sì, per risponderle che l’aveva vista, continuava a guardare la donna, ignorando la città.
Aveva le due cose più belle del mondo davanti, e occhi solo per lei.
Non riusciva a smettere di pensare che presto l’avrebbe vista morta.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Catene 6

Un anno.
Un anno fa ho iniziato questa storia.
L’ho interrotta, messa da parte, lasciata in pausa.
Avevo paura. Sì, avevo paura.
Non so di cosa, non so perché. Ma mi dispiace.
E non so nemmeno cosa dire, a ripresentarmi qui, così, dopo tanto tempo.
Solo: scusate.



n

 

PRIMA PARTE

 

 

C

apitolo VI

 

A Katia

 

Fango.
Camminavano sopra il fango, ne erano circondati. Intorno a loro la terra era umida e scura.
Perché non era stato lui a pensarci?

“André, non useremo la pece”, aveva appena detto lei, voltandosi e interrompendolo con una mano sollevata. “Useremo il fango.”
Spostò lo sguardo sui suoi capelli – oro liquido che brillava al sole – e rivide Oscar marciare davanti a lui, alla testa dei suoi uomini.

Le mancava? Versailles, il comando, casa, erano dentro di lei, almeno quanto erano dentro André?

Lui li sentiva scoppiare dentro. Sentiva i borbottii dei nobili, i pettegolezzi delle signore. Gli scherzi e le risa dei suoi compagni, la presenza – mancanza di sua nonna.
Non l’avrebbe più rivista.
Né lei, né Alain, né la Corte. Non avrebbe saputo quando stava male, non avrebbe udito la sua voce invocare il suo nome – supplicarlo, maledirlo – né le sarebbe stato vicino nei suoi ultimi giorni.
Era finita.

«André?»

Era ancora voltato verso di lei, e gli occhi corsero a cercare i boccoli biondi che scendevano sul petto.
Qualcuno avrebbe colto l’inganno? L’avrebbero riconosciuta?

«Sì, Oscar?»

«Non hai detto una parola.»

Lui annuì. «Scusami. Sì, penso che il fango andrà bene.»
Non ne era sicuro, ma l’unica scelta era provare. Camminò al suo fianco, finché non la vide piegarsi su se stessa. La imitò, riempiendosi le mani di terra umida.
Sembrò dirgli “solo un tentativo”, e anche lui la pensava così.

Prima di procurarsi gli abiti, era meglio essere sicuri che potesse funzionare.
Oscar strinse i capelli alle radici, passò le dita sporche tra le ciocche, ma non era sufficiente.
Non poteva esserlo.
Serviva lui.

André le fu vicino in un attimo, ma non sollevò le mani, non prese a toccarla, a inzupparle i capelli di fango. Attese qualcosa – qualsiasi cosa – un cenno, uno sguardo, un segno che dicesse “, puoi farlo”.
Avrebbe voluto che fosse Oscar a chiederglielo.
Riconobbe l’esitazione sul suo viso, come se volesse, senza avere il coraggio di parlare.
Vide le mani di lei fermarsi, riprendere la discesa lentamente – troppo lentamente – come se fosse stata incerta dei suoi gesti.
D’istinto, André le afferrò le dita e se le portò sul petto.

«Faccio io, Oscar.»

Lei annuì senza protestare. «Va bene, André.»
Con altro fango tra le mani, lasciò scorrere le ciocche tra le dita, la vide chiudere gli occhi, lasciarsi macchiare il viso, tremare appena. Quando schiuse le labbra, provò l’impulso di baciarla.

Hai promesso, ricorda.

Aveva cambiato odore. La terra era in lei, e le stava benissimo.
André deglutì più volte mentre seguiva i boccoli ribelli lungo il suo petto, sulla sua schiena, stringendoli forte per poi lasciarli andare.
Era un po’ la stessa cosa successa con Oscar. Averla accanto per tutta la vita, amarla, stringerla contro la sua volontà per poi lasciarla andare.
Una storia già vista.

Le cose cambieranno, pensò. Saremo lontani da Parigi, dove non ci cercherà nessuno.
Vivremo insieme, solo io e lei. Soli agli occhi del mondo.
E forse, allora, le cose cambieranno.

La sua vita, ora, dipendeva da quel forse.

«André.»
«Sì, Oscar?»
«Pensi che riusciranno a trovarmi?»

Le mani si bloccarono all’altezza delle spalle. Respirò a fondo – per l’agitazione, per la fuga, per lei – e le toccò un braccio, sporcandole la divisa.
«Non glielo permetteremo.»

«Se dovessero prenderti… Sei ancora in tempo, André. Puoi ancora tornare indietro.»

No, il Generale sapeva, il Generale non l’avrebbe mai perdonato.
André se lo immaginava con la spada sulle ginocchia, in attesa del loro ritorno. Le finestre che davano sul cortile davanti agli occhi, e il desiderio – assurdo, disperato – di rivederla.
Di rivederli.

«Ti ho portato io qui, Oscar. Non ti lascerò andare.» Non di nuovo, non con il Generale pronto a ucciderti.

Un sospiro, la mano di lei sulla sua.
«Grazie, André.»

 

Nel cortile di Versailles, si lasciò aiutare da un servitore a salire in sella.
Piegò il ginocchio, afferrò redini e agnellino e montò a cavallo. Aveva solo due uomini con sé, per poter viaggiare in fretta e non attirare l’attenzione.
Fu certo che lei fosse lì, da qualche parte, a guardarlo partire.

Fece un cenno agli altri, affondò i talloni nei fianchi del suo animale grigio e aspettò che il cancello dorato venisse aperto.
«Da dove cominciamo?» chiese una delle guardie, affiancandolo.
Uscirono dalla cittadina, e lui indicò lontano, un punto appena definito a est di Parigi.

«Vincennes.»

«C’è il castello, là. Non è dove è stato rinchiuso De Sade?»
«Quel…» Lui si trattenne dal commentare.
Non provava nessuna forma di rispetto per il Marchese. Nessuna. E forse, se fosse stato al posto del Re, non avrebbe firmato una lettre de cachet per rinchiuderlo.
Forse, al suo posto, dopo ciò che aveva subito qualcuno a lui caro, avrebbe preferito l’esilio.

«Ora è alla Bastiglia» continuò la guardia, incitando il cavallo al trotto.
Che ci rimanga.

 

Gli chiese di non partire.
Restò appoggiata al tronco di un albero con i capelli pieni di fango, a guardarlo andar via.
«Mi sto fidando di te, Oscar» disse, legando il cavallo bianco dietro al suo. «Non deludermi.»
«Non mi sembra» ribatté lei. André sentì i suoi occhi addosso. «Ti porti via il mio cavallo. Dove potrei andare, Andrè?»

Spero da nessuna parte.

Non lo disse, ma pregò intensamente che lei restasse esattamente dov’era.
Fece un cenno per salutarla e montò in sella. Percorse un tratto di bosco, trovò un sentiero e lo seguì. Dovevano esserci delle case vicino: il terreno e gli alberi erano puliti, senza rovi, brughi, tele o rami troppo bassi, come se ci passasse abitualmente qualcuno.
Gli zoccoli dei cavalli affondarono nella terra morbida, lasciando un segno del loro passaggio.

Oscar potrebbe seguirmi.

Ma non lo avrebbe fatto. No, André le aveva chiesto di aspettarlo. Perché non avrebbe dovuto ascoltarlo?
Proseguì ancora e ancora, finché, tra le fronde, non riconobbe un gruppo di case.
Tornò indietro, legò gli animali per nasconderli e restò acquattato a osservare le abitazioni.

Non c’era nessuno.

Si avvicinò cauto, puntando gli occhi su due ramoscelli usati a mo’ di stendino. André avanzò con la schiena piegata, guardandosi furtivamente intorno. Gli abiti stesi, a dieci passi da lui, gli sembrarono lontanissimi.

Una risata. Lui che, senza guardare, strappava la biancheria più vicina, stringendola sotto l’ascella.
Due bambini che si rincorrevano, piccoli, sporchi, coperti con vestiti logori. Sparirono nei campi vicini.
André pensò a Oscar e deglutì. Vide un masso piatto sul retro di una casa e lo raggiunse, lasciando cadere tutte le monete che aveva in tasca.

Meglio a voi che a me.

 

«Generale Jarjayes.»
Il Colonnello D’Arcois pronunciò quel nome con la massima serietà. Era uscito dal palazzo e tornato in fretta. Forse troppo in fretta.

Oscar, figlio mio, non sai in che posizione mi stai mettendo.

«Accomodatevi, Colonnello.»

Un secondo uomo entrò dietro D’Arcois, alto, magro, dal volto lungo e sottile. Spostò gli occhi alla volta decorata, fermandosi a osservare la statua dell’aquila.
Il Generale seguì il suo sguardo, finché D’Arcois non mosse i piedi con un moto di nervosismo.

«Generale, lasciate che vi presenti Philippe Barthélemy, l’uomo che potrebbe… risolvere il vostro piccolo problema.»

«Benvenuto, signore. Il vostro titolo e il vostro grado?»
Gli occhi dell’uomo guizzarono su di lui. «Non sono importanti ora…»
Il Generale si risentì, ma rimase in silenzio.
«Raccontate anche a lui ciò che avete detto a me, Generale» lo invitò D’Arcois.

Ma lui non era più così sicuro di volerlo fare… quello sguardo da faina, quel sorriso famelico, non promettevano niente di buono.

«Mio figlio Oscar, lui…»
«Lo conosco» lo interruppe Philippe, con un gesto secco della mano. «Non conosce me, ma io conosco vostra figlia, Generale. Grande è la sua fama… così vicina alla Regina, agli intrighi di Corte, e d’improvviso così lontana. Cosa posso fare per voi?»

Il Generale gli diede le spalle, piegò un braccio dietro la schiena e prese a guardare la finestra.
«Mio figlio» disse, marcando bene la parola “figlio”. «Si è macchiato di tradimento. Mi ha disobbedito. E nonostante il perdono del Re, nonostante la promessa di tornare, è scomparso.»
Quando si voltò, anche nello sguardo di D’Arcois riconobbe una strana luce. Come se non aspettasse altro che sentirlo continuare…

«Ora, se anche tornasse, tutti saprebbero di quali colpe si è macchiato» Fece una pausa, socchiuse gli occhi e si sforzò di continuare. «La vergogna sul nome della nostra famiglia è un’onta che non possiamo permetterci, signore.»
Philippe si leccò le labbra, facendo un passo avanti. Parlò più lentamente di prima. «Cosa volete che faccia esattamente?»

Dire o non dire?
Era l’ultima possibilità per tornare indietro.
Ne era davvero convinto?
Parlò senza riflettere, in modo meccanico. Ripetendo ciò che D’Arcois aveva già sentito.

«Voglio che mettiate fine al disonore.»

 

 

La trovò sdraiata all’ombra di un albero, proprio dove l’aveva lasciata.
Sembrava essersi assopita, ma quando André spezzò un ramoscello sotto i piedi, avvicinandosi, Oscar aprì di colpo gli occhi.
Passò dal suo viso alla stoffa appallottolata che teneva sotto il braccio. Strinse le palpebre, come se si rifiutasse di vedere, e rimase a terra, le mani dietro la testa, a guardare il cielo.

«Tieni, Oscar.»

Le lanciò alcuni abiti senza nemmeno guardarli.
Tra le mani una casacca grigia con un tricolore, una camicia logora e dei pantaloni larghi. André si guardò intorno per cercare un po’ di intimità – o di lasciarla a lei… - quando la sentì alzarsi in piedi.

«André!»
Non si voltò in tempo, trovandosi con il capo coperto dai vestiti che aveva rubato.

«Mettili tu se ci tieni tanto.»

Quando liberò il viso, vide cosa stava stringendo tra le mani.
Abiti da donna.
Sorrise. Era chiara la sua reazione, era giustificata. Non c’era nulla da temere. Non stava fuggendo, non lo stava lasciando.
«C’erano dei bambini» disse André, guardando gli abiti che gli restavano tra le mani. «Ho preso senza guardare.»

«Non vestirò da donna.»

Lui annuì, lasciando cadere la gonna lunga. Aveva preso alla rinfusa, ma c’erano diversi capi appesi fuori dalle case. Era certo di aver visto altri abiti maschili, nascosto dietro le fronde.
Lasciò cadere un corpetto, poi le lanciò una redingote e un paio di pantaloni grigi. Allungò nella direzione di Oscar anche un bavero rosso, ma lei non lo prese.

«Indossa almeno questo» insisté André, dandole un berretto. «Per nascondere i capelli.»

Si allontanò per cambiarsi, indossando pantaloni, camicia lunga, casacca – e larga, troppo larga, tanto che dovette legarla in vita – e al collo il bavero rosso.
Come Alain. Da rivoluzionario.
Pensare a ciò che avevano perso faceva male. Non lo avrebbe più rivisto, né lui né nessun altro.
Sistemò la stoffa larga sopra agli stivali, in modo che fossero poco riconoscibili.

«Posso venire, Oscar?»

«Sì, André. Vieni pure.»

Non sembrava un contadino. Non sembrava nemmeno un uomo.
Prese gli abiti rimanenti e si fermò accanto a un salice. Scavò in fretta – la terra sotto le unghie era un particolare fondamentale per il suo travestimento – avvolse gli abiti e le divise nella gonna bianca e li schiacciò in quella specie di buca.
Non era profonda, qualche animale avrebbe potuto trovarli, ma André li coprì senza preoccuparsene.

«In caso di bisogno?» chiese Oscar, aiutandolo a buttare terra sopra il fagotto.
«Sì. Se dovesse succedere qualcosa potrebbero sempre tornarci utili. E in questo modo nasconderemo le casacche.»
Lei fece cenno di sì con la testa. «Hai fatto bene, André.»

Era ora di dirglielo.
Non voleva metterla in pericolo, e Vincennes era vicina. Guardie, il castello, la gente. Tutto poteva mettersi contro di loro.

«Ascoltami, Oscar.»

Fece un passo verso di lei, pulendosi le mani sui pantaloni. Guardò i capelli infangati, legati in una coda bassa sotto il berretto, e poi il suo viso.
Avrebbe capito? O si sarebbe rifiutata di lasciarlo andare? Di nuovo?

«A Vincennes potrebbe mettersi male. Voglio dare uno sguardo al paese prima di entrare.»

Lei annuì. «Andiamo.»
«No» Sollevò una mano per fermarla. «Tu resti qui, Oscar. Solo uno sguardo veloce, e sarò subito di ritorno. Nemmeno ti accorgerai che mi sono allontanato.»

Oscar scosse la testa, ma non disse niente. Era inutile discutere ormai.
André si allontanò lasciandosi lei e i cavalli alle spalle.

Seguì le tracce lasciate dagli zoccoli e ritrovò le case; le aggirò, trovò una strada e la percorse seguendola dal bosco. Non c’era nessuno, ma più si avvicinava a Vincennes, più i rumori della vita si facevano forti.
Mercato, lavoro, castello.
Suoni che lo attiravano e spaventavano al tempo stesso.

Quando si trovò sotto le mura, decise di aggirarle, di cercare un punto da cui guardare all’interno. Ma era difficile… era in alto, André ricordava di averlo visto da Versailles.
Grattò la pelle sotto al bavero, sentendo il collo irritato, e si inginocchiò per spiare il ponte sul fossato intorno al castello.
Aspettò, senza sapere nemmeno lui che cosa.

Era sicuro per Oscar?
Sarebbe stato sicuro per loro, all’interno? Avrebbero dovuto lavorare, rubare, o fare cosa?
Di cosa avrebbero vissuto?
Gli bastò ricordare le parole del Generale per convincersi che era la scelta giusta. In ogni caso, il primo passo lontano da Parigi, lontano dalla fine di Oscar.

Poi sentì qualcosa pungergli la testa, scivolare sul collo e fermarsi.

«In piedi.»

Un calcio alle gambe, André si rovesciò su un fianco, poi sollevò le mani.
Uno, due, tre. Tre guardie, tre fucili puntati alla testa.
Ci hanno già trovati?

«Alzati, disgraziato!»
Un uomo lo afferrò per il gomito, issandolo in piedi. Cosa avrebbe dovuto dire? Quale parola avrebbe potuto salvarlo? Tenere Oscar al sicuro…

«Finalmente ti abbiamo preso.»

«Come mi avete trovato?» borbottò André, mentre gli legavano le mani.
E Oscar? Avete preso anche lei? Dov’è?

«Una donna ti ha visto uscire da Vincennes questa mattina» spiegò una guardia. Poi gli strappò il bavero rosso. «Eravamo diretti alle case dei contadini quando ti abbiamo visto aggirarti qui intorno.»

Uscire da Vincennes? André incespicò sul sentiero mentre lo spingevano avanti. Non sono io, pensò. Avete preso l’uomo sbagliato.
Non lo disse.
Parlare avrebbe compromesso Oscar, avrebbe attirato l’attenzione su di lui.

«Perché gli parli?» chiese un’altra guardia, premendo il calcio del fucile sulla sua schiena.
«Non si sprecano parole con un morto.»

 

Note dell’autrice:

Vorrei dimostrare quanto sia felice di essere di nuovo qui. Ed è così, giuro, scrivere di André e Oscar, tornare a Catene è stato bello, molto. Ma dirlo, o fare chiacchiere inutili, mi sembra una presa in giro.
Perché sono sparita.
Perché sono tornata.
Posso citare Harry Potter? “Silente sapeva che me ne sarei andato.”
“Silente sapeva che saresti voluto tornare.”
Vale lo stesso per me (e nel mio caso Silente porta il nome di Katia). Scusate ancora.
Celtica

 P.S.: non tiratemi pomodori! Solo verdura di stagione…

 


   
 
Leggi le 8 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Lady Oscar / Vai alla pagina dell'autore: Celtica