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Autore: Mikoru    31/01/2017    4 recensioni
Ebbe la tentazione di accarezzargli il viso, di scostargli quel ricciolo biondo che gli si era appiccicato sulla tempia per via del sudore, ma trattenne la mano, intimidita. E se si fosse svegliato? Se l'avesse trovata lì ad osservarlo?
Questa storia partecipa alla prima edizione del Prompt Challenge, indetto dalla pagina Facebook di Dragon Age - Italia. 14 - 36 - 65
Genere: Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cole, Cullen, Il Toro di Ferro, Inquisitore, Varric Tethras
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Prompt utilizzati:

14. Candela

36. X è a letto malato ed Y insiste per prendersene cura ma è talmente maldestr* che finisce per fare danni, anche se ad X non importa, perché basta che Y sia lì con lui/lei.

65. "Gli uomini dimostrano le cose attraverso le azioni, non attraverso le parole." (Full Metal Alchemist)

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Thyra Lavellan spalancò la porta della taverna ed entrò a testa bassa senza badare a nulla e nessuno. Poi si guardò rapidamente intorno, rispondendo con vaghi cenni ai saluti di qualche avventore, finché non vide chi cercava: Varric, seduto ad un tavolo con un boccale e gli immancabili fogli di appunti davanti. Si stava picchiettando la piuma contro il mento, pensieroso, evidentemente in cerca di qualche frase ad effetto per uno dei suoi racconti.

Thyra lo raggiunse a passo svelto – lui non l'aveva proprio notata – e si sedette accanto al nano, lasciandosi quasi cadere sulla sedia, poi si afflosciò sul tavolo, fronte sul ripiano e faccia nascosta tra le braccia, rilasciando un sospiro misto ad un gemito.

«Briciola?» Varric si girò verso di lei. «Che cos'hai?»

«Sono una cretina…» bofonchiò l'Inquisitore, con voce funerea e lamentosa.

Il nano ridacchiò. «Permettimi di dissentire» disse, prima di solleticarle con la piuma l'orecchio a punta che sbucava dai corti capelli biondi.

L'elfa si scostò appena, senza rialzare la testa.

«Avanti, Briciola, se non mi dici cos'è successo non posso aiutarti. Non è per questo che sei qui dal buon vecchio zio Varric?»

Thyra sbuffò e girò un poco il volto, fissando Varric solo per un attimo prima di puntare gli occhi nel vuoto. «Ho fatto un disastro» piagnucolò, e l'altro rimase in paziente attesa finché lei non si decise a vuotare il sacco. Con un gran sospiro, l'Inquisitore iniziò: «Sai che Cullen è malato, no?»

«E come no? Le reclute sono disperate perché lo sta sostituendo Cassandra» ghignò il nano.

«Ecco… Io… Insomma, io…» tentennò la giovane, che stava diventando rossa in volto. «Be'… Ehm… Sì, uhm… Io…»

Varric sospirò divertito. «Avanti, Briciola, ce la puoi fare. Non può essere peggio che chiudere uno squarcio dopo aver affrontato ondate di demoni.»

Thyra non poté fare a meno di ridacchiare. «Non ne sono sicura» rispose, poi prese un bel respiro profondo e si mise seduta.

«Questa ti aiuterà» la incoraggiò il nano, spingendole sotto il naso il boccale che Cabot, il taverniere, aveva appena posato sul tavolo. Intanto, da qualche parte nella sala, Maryden iniziava ad intonare una ballata.

L'elfa prese il boccale quasi controvoglia, diede una sorsata alla birra fresca e lo riappoggiò, giocherellandoci mentre ricominciava a spiegare. «Be', sai che Cullen ha avuto la febbre alta… Il guaritore stamani mi ha detto che stava meglio e che poteva ricevere visite e volevo passare a trovarlo per salutarlo, e… davanti alla porta dell'infermeria c'era un servitore che gli stava portando il pranzo, ma sembrava molto titubante nel bussare. E allora…» S'interruppe di nuovo, cincischiando con l'impugnatura del boccale.

«E allora tu ti sei gentilmente offerta di prendere il suo posto?» tirò ad indovinare Varric, con un sorrisetto sornione.

Thyra lo fissò restringendo gli occhi, sospettosa. «Lo sapevi già?»

«Assolutamente no» assicurò lui. «Vai avanti.»

Lei sbuffò. «Be', il fatto è che… ho combinato davvero un disastro…»

 

Il servitore le aprì la porta, poiché lei aveva le mani occupate dal vassoio, e Thyra entrò piano, sussurrando: «Permesso?» Non ricevette risposta e il perché le fu subito chiaro: nonostante l'ora, Cullen dormiva. Allora l'elfa si avvicinò con passo felpato e andò a posare il vassoio sul tavolino accanto al letto. Si soffermò a guardare l'umano addormentato e si accorse che il suo riposo non era tranquillo: mandibola contratta, labbra semiaperte da cui sfuggivano leggeri gemiti e occhi serrati sotto le sopracciglia aggrottate. Ebbe la tentazione di accarezzargli il viso, di scostargli quel ricciolo biondo che gli si era appiccicato sulla tempia per via del sudore, ma trattenne la mano, intimidita. E se si fosse svegliato? Se l'avesse trovata lì ad osservarlo? O, peggio, con le dita tese per toccarlo?

Il panico le afferrò lo stomaco e Thyra decise di andarsene, di correre dietro al servitore e dirgli di occuparsene lui, ma quell'improvvisa agitazione le provocò anche un'inconsueta sbadataggine; si dimenticò dello sgabello posto lì accanto e nel voltarsi v'inciampò malamente, rovesciandolo a terra e seguendolo subito dopo, il tutto ovviamente con un gran fracasso. Si risollevò in fretta sulle ginocchia, masticando fra i denti un'imprecazione a Fen'harel.

«Inquisitore?»

Thyra voltò la testa così di scatto che il collo le fece male, dopodiché arrossì e il calore che avvertì sulle guance le fece temere di essere sul punto di prendere fuoco. Cullen – che si era svegliato, perché avrebbe dovuto essere morto per non sentire tutto quel baccano – si era sollevato a sedere e la osservava con perplessità e preoccupazione; era a torso nudo e lei rimase lì, a fissarlo a bocca aperta come un pesce esposto sul mercato. La richiuse di colpo.

«Inquisitore, tutto bene?»

«Sì-sì! I-io… è tutto a posto, davv—NO!» strillò poi, vedendo che lui stava scostando le coltri e posando un piede a terra per scendere dal letto e andare ad aiutarla. «Fermo! Non muoverti! Sei malato, non puoi ancora fare sforzi, rimettiti subito sotto le coperte!» gli ordinò d'un fiato.

Lui obbedì, sempre con aria piuttosto sconcertata, e lei afferrò lo sgabello per raddrizzarlo e, nel contempo, rialzarsi in piedi. Ma – e nemmeno i Numi, il Creatore e Andraste avrebbero potuto spiegare come fosse stato possibile – mise un piede in fallo e ricadde nuovamente sul pavimento. «Stobenestobenestobene!!» esclamò. Si raddrizzò subito, ricollocò lo sgabello e si alzò. Si sentiva la faccia in fiamme, oltre che le ginocchia a pezzi.

«Sicura?» indagò Cullen, in tono piuttosto scettico.

Thyra annuì frettolosamente più volte. L'imbarazzo ormai era tale che l'autocombustione le parve un buon metodo per uscirne.

«Ehm.» Lui si portò una mano sulla nuca, massaggiandosela con fare nervoso. «Posso fare qualcosa per te?» le chiese, mentre si appoggiava ai cuscini; era ancora debole, e anche solo quel poco movimento era stato uno sforzo stancante.

«Eh? Ah! Oh, no, no» farfugliò l'elfa, sul punto di implorare che uno squarcio nel Velo si aprisse sotto i suoi piedi e la facesse precipitare nell'Oblio. «E-ero solo passata per salutarti e…» Vide che Cullen si era accorto del vassoio di cibo. «… e aiutarti col pranzo, so che sei ancora un po' debole e… Però stavi dormendo e non volevo svegliarti, anche se ho finito col farlo ugualmente. Scusa.»

Lui fece un ampio sorriso – cos'era stato quel sobbalzo nel petto? «Meglio così» le disse. «Non potevo certo continuare a dormire a quest'ora, il cibo si sarebbe raffreddato, no? A proposito, cosa mi tocca, oggi?» domandò tranquillo, ma con una leggera smorfia.

«A giudicare dal profumo, credo sia stufato di carne» rispose Thyra, ritrovando un po' di calma. Raggiunse il comodino, sollevò il coperchio dalla scodella e guardò dentro. «Sì, lo è.»

«Meno male» sospirò di sollievo Cullen. «Non credo che avrei sopportato l'ennesimo brodino caldo» si lamentò, facendola sorridere. «Dannazione a questa febbre. Se penso che Varric va perennemente in giro a petto scoperto, in mezzo alla neve, e non prende nemmeno un raffreddore… Forse tutto quel pelo di cui tanto si vanta lo ripara sul serio» ridacchiò, mentre si accomodava meglio seduto contro i cuscini.

Thyra rise. «O forse è semplicemente perché è un nano.»

«Sono immuni ai malanni?»

Lei si strinse nelle spalle. «A volte ho questo sospetto.» Cadde il silenzio, quasi di colpo. Lui si sfregò la nuca e Thyra, accennando al cibo, domandò timidamente: «Posso… posso aiutarti?»

Il comandante non rispose subito, ma deglutì rumorosamente e infine annuì. Thyra avvicinò lo sgabello e si sedette, cercando di non badare al fatto che Cullen fosse mezzo nudo, dopodiché prese la scodella e il cucchiaio e…

 

«Aspetta un momento» la interruppe Varric, che fino a quel momento aveva ascoltato in silenzio, evitando chissà come di riderle in faccia. «Mi stai dicendo che ti ha permesso di imboccarlo senza fare storie

«S-sì…» Thyra prese il grosso boccale e bevve una lunga sorsata per nascondere il viso.

Il nano ridacchiò. «Ma pensa. Eppure i servitori che se ne sono occupati fino ad ora si sono sempre lamentati di quanto fosse snervante dargli da mangiare, perché lui non voleva essere imboccato e brontolava di continuo ribadendo che avrebbe potuto fare da solo…»

Thyra ritenne che svuotare mezzo boccale quasi di botto fosse una cosa buona e giusta, in quel momento. La sua gola fu dell'opinione contraria, a giudicare dall'accesso di tosse che la colse subito dopo a causa della bevanda che le era andata di traverso.

Varric attese che le fosse passato e, mentre lei si asciugava le lacrime, le diede dei colpetti leggeri sulla schiena e la incitò a proseguire. Intanto fece un cenno a Cabot perché venisse a riempire i boccali. «Non può essere tutto qui, dico bene?»

Thyra si raschiò la gola e fece cenno di no. «Magari fosse stato solo quello…» sospirò. «All'inizio stava andando bene, mentre… mentre lo imboccavo…» Cercò di ignorare il sorrisetto malizioso del nano, ma era dannatamente difficile. Si fece coraggio con un'altra sorsata di birra. «Solo che nessuno dei due parlava e… e… Non so come dirlo, accidenti. L'aria mi sembrava pesante, ecco. E… e poi, dopo un po'… ho cominciato ad agitarmi…»

 

Lui la osservava, in silenzio, mentre lei raccoglieva un'altra cucchiaiata di stufato. La osservava intensamente e Thyra sentì il calore che, dal ventre, tornava a salire fino al volto. La mano le tremò, il cucchiaio andò a picchiare contro i denti di Cullen e il contenuto cadde sulle coperte.

«Oh! Oh, fenedhis! Scusami!»

«Tranquilla, non è successo nien—ouch!» esclamò il giovane quando lei, nell'agitazione sempre più crescente, gli fece finire addosso dell'altro stufato dalla ciotola mentre si chinava nel tentativo di raccogliere quello già caduto.

«Oh, no! Aspetta, prendo dell'acqua!» quasi piagnucolò la poverina, ormai sull'orlo delle lacrime per l'imbarazzo. Si alzò con uno scatto, poggiò in fretta e furia la scodella, e recuperò la brocca che si trovava sul tavolino. Non seppe mai come avrebbe usato quell'acqua, perché nel voltarsi nuovamente verso il letto riuscì ad inciampare nei propri piedi… Si sbilanciò e buona parte dell'acqua finì addosso al povero Cullen.

Lui non disse nulla, limitandosi a passarsi le mani sul volto e sui capelli nel vano tentativo di asciugarsi, e a quel punto per Thyra fu troppo. Non riuscì più a sopportare il peso della vergogna per la serie di pasticci che aveva combinato. Posò la brocca e arretrò. «Scusami, scusami tantissimo!» esclamò, un passo dietro l'altro fino ad arrivare alla porta.

«Inquisitore, aspetta, non—»

«Corro a chiamare il guaritore… un servitore… qualcuno!» Si voltò di scatto, aprì la porta e si precipitò fuori.

 

«AHAHAHAHAHAH!» La risata incontenibile di Varric fece girare diversi avventori verso di lui. «Ah, Briciola, certo che ti sei impegnata, eh? Ahahahah!»

Lei lo fissò con il broncio. «Ma sì, infierisci, tanto ormai…» Poi bevve di nuovo. Mentre raccontava aveva svuotato il boccale e il nano gliel'aveva fatto riempire di nuovo. Stava esagerando; tutta quella birra, a stomaco vuoto, era decisamente troppo per lei, ma il pensiero della figuraccia fatta con il comandante le bruciava così tanto da azzittire il buon senso. «Vuoi anche farlo sapere a tutti, già che ci sei?»

Varric smise di ridere. «Vuoi un consiglio, Briciola?»

La risposta di Thyra fu un assai laconico «Mpf…»

Il nano annuì con fare saggio e le posò una mano sulla spalla. «Non ci pensare. Non rimuginarci e cerca di distrarti. Ci pensa lo zio Varric. Ehi, Piccoletto, vieni qui! L'Inquisitore ha bisogno di te!» Fece un cenno al Toro di Ferro, che si trovava con le Furie nell'angolo di taverna da loro praticamente colonizzato.

La dalish aggrottò le sopracciglia, perplessa. «Varric, cosa…?»

Il qunari arrivò in un lampo. «Sempre pronto a servire il capo!» ruggì divertito.

«Perfetto!» sorrise il nano. «Allora te l'affido. Deve distrarsi e non pensare.»

Thyra scosse la testa. «Ehi, un momento, io non…»

Il Toro la sollevò come fosse stata una bambolina di pezza e se la mise sulla spalla, sordo alla sua esclamazione di protesta. «Ce ne occupiamo io e le mie Furie, conta su di noi. Forza, capo, ci divertiremo!» rise, e se la portò via.

Varric rise a sua volta, rimase a guardare ancora per qualche minuto mentre il Toro e Krem coinvolgevano una riluttante – ma forse non troppo – Thyra in un nuovo giro di bevute e di mirabolanti racconti sulle avventure delle Furie, dopodiché si alzò. «Bene, diamoci da fare.»

 

Quando si svegliò, l'indomani a mattina decisamente inoltrata, Thyra maledì nell'ordine: Fen'harel, i Dimenticati, se stessa, Varric, di nuovo se stessa, il Toro e le Furie, di nuovo Varric e, già che c'era, mandò un paio di pensierini non proprio rispettosi pure al Creatore e ad Andraste. Se anche le avessero scagliato addosso un fulmine per punirla della sua irriverenza, non avrebbero potuto farla stare peggio di quanto già non stesse. La testa le martellava con una violenza quasi offensiva, lo stomaco stava combattendo una guerra – persa in partenza – contro dei feroci attacchi di nausea e, nel momento in cui provò ad alzarsi, le gambe le tremarono. Ritenne che un altro po' di insulti rivolti al Toro e alla sua combriccola fossero doverosi, oltre che meritati.

Adorava quei ragazzi, ma – accidenti a loro! – non sapevano proprio regolarsi. L'avevano intrattenuta con i loro aneddoti e con chiacchiere varie, il tutto continuando a far girare un qualche alcolico piuttosto forte, e per un po' lei si era effettivamente divertita e distratta; tuttavia non poteva dire di avere dei ricordi chiari, anzi, da un certo momento in poi era il nulla più totale. E, a ben pensarci, non aveva nemmeno idea di come fosse finita nel proprio letto. Chiunque ce l'avesse portata, comunque, si era limitato a toglierle le scarpe e a buttarle la coperta addosso.

Con un grugnito, Thyra si alzò barcollando e caracollò giù per le scale, rasente il muro, intenzionata a raggiungere la taverna per chiedere a Cabot un rimedio contro postumi di sbornia particolarmente esuberanti. Lo aveva. Riservandole uno sguardo a metà fra il compatimento e la consueta espressione burbera, le rifilò un intruglio dal sapore disgustoso che quasi le fece restituire l'anima a chiunque gliel'avesse data. Mentre il rimedio faceva effetto, la dalish si rintanò in un angolo, aggiungendo nell'elenco delle persone da maledire anche la povera Maryden, rea di essersi messa a provare nuove melodie mentre la testa di Thyra ancora pareva la fucina di un fabbro in piena attività.

Varric la trovò lì, circa un'ora dopo, pallida ma di nuovo abbastanza in sesto. Nel vederlo, tuttavia, lei restrinse i grandi occhi chiari e lo folgorò con lo sguardo. Il nano si ritenne fortunato che non lo avesse fatto anche agitando le sue affusolate dita da maga. Conscio che quel pericolo non era del tutto scampato, le si avvicinò, ma era abbastanza saggio da non chiederle come si sentisse. «Un po' d'aria fresca ti farebbe bene, adesso» disse invece. «Quella roba che Cabot rifila a chi si sbronza troppo ha del miracoloso, e all'aperto funziona ancora meglio.» Le tese la mano.

Thyra l'afferrò con un mugugno e si lasciò rimettere in piedi e condurre fuori. In effetti dovette riconoscere che la frizzante aria di montagna, ora, aveva un effetto ancor più corroborante. «La prossima volta che ti offrirai di aiutarmi» borbottò, passandosi una mano fra i corti capelli biondi, «ricordami di rifiutare.» Tuttavia gli rivolse un sorriso riconoscente, mentre camminavano apparentemente senza meta.

«D'accordo, Briciola» ridacchiò lui. «Ora, però, c'è qualcuno che desidera parlarti.»

Erano arrivati davanti all'infermeria, che al momento ospitava il solo Cullen. Thyra si irrigidì e fissò sul nano occhi spalancati per il panico. «Stai scherzando? Dopo quello che ho combinato ieri? No! Sarebbe troppo imbarazzante!»

Varric sospirò. «Briciola, ascolta» iniziò, ma un suono simile ad un piccolo scoppio soffocato lo fece interrompere.

«Dovresti andare, sai?» La voce di Cole, comparso alle spalle di Thyra, la fece sobbalzare. Lei si girò e il ragazzo alzò lo sguardo verso la torre dove normalmente dimorava Cullen. «Luce nel buio, pace del cuore. Se sorridi, splendi… una stella nel cielo scuro, una candela nella notte. Un canto dolce nel silenzio.»

«C-Cole…» balbettò la dalish, arrossendo.

Lui la guardò da sotto il suo cappellaccio con i suoi occhi pallidi. «Fiamma che riscalda, acqua che disseta. Quando sei con me non ho bisogno d'altro. È questo che pensa. Con te sta bene. Tu lo fai stare bene. Vai da lui.»

«Briciola» intervenne Varric, vedendola esitare. «Gli uomini dimostrano le cose attraverso le azioni, non attraverso le parole. E tu hai dimostrato molto, al nostro Ricciolino.» Fece un cenno con la testa verso la porta dell'infermeria. «Vai tranquilla. Non hai proprio nulla di cui preoccuparti o vergognarti.»

Cole le si spostò accanto. «Lui ti aspetta… Tu vuoi andare da lui. Non dovresti farlo aspettare.»

Lei continuò a tentennare.

«Briciola, lascia che te lo dica con parole più semplici: voi due vi piacete. La cosa va avanti da parecchio ed è talmente evidente che è partito un giro di scommesse su chi dei due farà il primo passo. No, non ti dirò da chi è partito» stabilì, quando lei lo guardò con tanto d'occhi.

«C-cosa?»

«Inoltre il Toro propone di buttarvi in una stanza con un letto, chiudervi dentro a chiave e lasciarvi lì finché non vi deciderete a… uh, darvi da fare. Lui ha usato termini più pittoreschi.»

Thyra non stentava a crederlo, ma improvvisamente e in modo del tutto irrazionale sentì svanire ogni apprensione. Sorrise fiduciosa e guardò i due amici, poi annuì e si apprestò ad entrare. Alle sue spalle, sentì Varric dire: «Ah, galeotto fu il malanno. Bene, Ragazzino, possiamo andare: qui abbiamo finito.»

 

Dentro l'infermeria, Cullen era seduto e intento a leggere alcuni rapporti che si era fatto portare, poiché non ne poteva più di stare con le mani in mano. Sentendo la porta aprirsi, alzò subito la testa con sguardo speranzoso e non rimase deluso.

«Ciao» lo salutò Thyra. «Come stai, oggi? Ti… ti vedo più in forma.»

Lui posò in grembo i fogli e, mentre lei si accostava al letto, le rispose: «Sto molto meglio, grazie per l'interessamento. E a proposito, Inquisitore, volevo…»

«Non c'è bisogno di essere così formali, comandante» disse la dalish, ritrovando tutta la sua naturalezza. «Puoi chiamarmi soltanto Thyra.»

Il giovane le prese una mano, che quasi sparì in quella grande e forte di lui. «Lo stesso vale per te. Chiamami Cullen, e basta.»

Il cuore le balzò nel petto e Thyra sentì le labbra aprirsi in un sorriso. Doveva essere un sorriso parecchio ebete, ne era piuttosto certa.

«Ad ogni modo, Thyra» riprese lui, «volevo ringraziarti per ieri. Mi… mi ha fatto davvero molto piacere che tu… ti sia… occupata di me.» Quasi balbettò, e l'Inquisitore ritenne che Cullen fosse sufficientemente impacciato per entrambi.

«Hai apprezzato anche la doccia imprevista?» ridacchiò allegra.

Chissà perché, Cullen arrossì. A salvare il comandante da quel bizzarro momento di gioia e imbarazzo fu qualcuno che, da fuori, richiese la presenza dell'Inquisitore per conto dell'ambasciatrice Montilyet.

La dalish sospirò esageratamente. «Non posso far aspettare Josie, sarebbe capace di venire a prendermi per un orecchio.» Ritrasse piano la mano da quella di Cullen e andò verso la porta.

«Thyra» la richiamò lui.

Si bloccò con la mano sulla maniglia e si girò a guardarlo.

«Grazie, davvero» le disse Cullen, con un sorriso talmente pieno di sentimento che per un attimo le fece scordare perfino di respirare.

«Inquisitore!» La voce da fuori la riscosse.

Sorridendogli a sua volta e strizzandogli l'occhio, Thyra gli rispose: «È stato un piacere, Cullen.»


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Dopo una vita che non scrivo, sono tornata a buttar giù qualcosa. Spero che almeno sia di vostro gradimento. :)
Domando scusa se dovessi aver sbagliato qualcosa nei personaggi, ma ho giocato una volta sola ad Inquisition e ho cercato di ricostruire gli atteggiamenti di alcuni personaggi in base ai ricordi e ai playthrough che mi sto guardando. Soprattutto spero di aver reso decentemente il discorso di Cole; poche parole che mi hanno fatta penare XD
P.S. Non sono sicura del soprannome di Iron Bull da parte di Varric. In originale è Tiny, ma non ho idea di come l'abbiano tradotto. Se l'ho sbagliato ditemelo, così correggo. :)

  
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