Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Ellery    31/01/2017    0 recensioni
Da alcuni mesi, il comandante della Legione Esplorativa svanisce ogni notte di luna piena. Riappare al mattino, stanco e carico di segreti che non vuole condividere. C'è chi dice che abbia una amante e chi sospetta sia un Lupo Mannaro.
Dal testo:
"Un lupo mannaro? Levi aggrottò la fronte, perplesso: non aveva idea di cosa fosse. Non ne aveva mai sentito parlare, anche se come termine suonava alquanto spaventoso. Sicuramente, non era una buona cosa, ma Erwin gli sembrava tutto tranne che un lupo: non aveva la coda, né le orecchie a punta e men che meno sgozzava greggi di nascosto.
Batté le palpebre incerto, in attesa di delucidazioni; Hanji, tuttavia, sembrava troppo compiaciuta della propria intuizione per lanciarsi in qualche altra filippica: lo stava fissando con aria orgogliosa, tipica di chi sa d'aver fatto una grande scoperta.
“Che cazzo sarebbe?” domandò infine con uno sbuffo seccato."
Genere: Comico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Erwin Smith, Hanji Zoe, Levi Ackerman, Mike Zakarius, Nanaba
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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2. Il cucchiaio d'argento

 

Levi attese che la pendola suonasse le due del pomeriggio per apparecchiare.

Erwin non si era ancora alzato: dopo aver sbrigato alcune formalità, si era dichiarato troppo stanco per continuare e si era rifugiato in camera. Aveva quindi perso l'orario di apertura della mensa. Non che fosse un problema: il comandante pranzava frequentemente nel suo ufficio. Questa sua abitudine era risaputa, tanto che il cuoco teneva sempre da parte una porzione abbondante del piatto del giorno.

“Come se potessimo scegliere tra chissà quale variegato menù” sbuffò il capitano, poggiando sulla scrivania una scodella di minestra alle verdure e del formaggio. Sistemò, sopra il tovagliolo piegato, un cucchiaio d'argento.

Era davvero particolare quella posata: la lucentezza del metallo risplendeva perfetta, senza graffi o sbecchi. Il manico era finemente lavorato e riportava delle precise incisioni geometriche. Era un peccato che il servizio fosse stato quasi interamente venduto: Erwin ripeteva spesso che occorrevano più fondi per le spedizioni e per gli esperimenti di Hanji; ma quando non riusciva a trovare dei finanziatori, il comandante aveva preso la pessima abitudine di impegnare oggetti di valore, propri o della Legione. Aveva persino ceduto delle tazzine di porcellana finissima, provenienti dai ricordi della famiglia Smith; gli era pesato separarsene, ma non aveva potuto evitarlo.

Una cosa che, invece, Erwin non era ancora riuscito a smerciare era l'atroce bomboniera ricavata dalle nozze di Nile: un unicorno rampante in vetro verde. Era così oscena che neppure gli strozzini l'avevano voluta. Il cavallino giaceva abbandonato in una credenza, completamente inutilizzato.

Levi si avvicinò ad una porta in legno scuro, bussando delicatamente all'uscio che metteva in comunicazione la camera da letto con lo studio.

“Erwin! Sei sveglio? Il pranzo è servito”

Una testa bionda sbucò nell'istante successivo: il viso presentava ancora tracce di sonno, con le occhiaie a circondare lo sguardo azzurro, ma lucido. Una leggera barba chiara era comparsa lungo la mandibola squadrata e sulle guance, mentre i capelli si mostravano arruffati ed in completo disordine.

Lo osservò attentamente, alla ricerca di qualche indizio: sul volto non apparivano graffi o ferite; le larghe spalle erano avvolte da una camicia bianca e dalle cinghie che correvano anche lungo i pantaloni, sino agli stivali. Profumava di pulito, di acqua calda e sapone.

Un dettaglio, tuttavia, non gli sfuggì: le grandi mani erano coperte da un paio di guanti di cotone chiaro. Aggrottò la fronte, incerto: possibile che l'altro avesse subodorato la trappola e si fosse premurato di proteggersi?

“Come mai i guanti?” chiese, indicandoli con un cenno del capo.

“Lunga storia” la voce del comandante era impastata ed esausta.

“Non vorresti raccontarmela?”

“Magari più avanti... adesso ho solo voglia di mangiare e non pensarci”

Lo osservò accomodarsi alla scrivania ed indugiare davanti alla posata. Colse le dita robuste indugiare sul manico del cucchiaio, senza neppure sfiorarlo. Maledizione! Allora Hanji aveva ragione: quello era un chiaro segno d'avversione all'argento.

“Qualcosa non va?” chiese, accostandosi a propria volta.

“Ero convinto d'averle vendute tutte”

“Oh... No, ce n'è ancora qualcuna”

“Bene. Rimettila con le altre; potrebbero servirci, in caso di emergenza”

“Non vuoi usarla?”

“No, affatto. Non desidero che si rovini. Riponila, per favore.”

Afferrò il cucchiaio, tornando verso un basso mobiletto. Rovistò qualche attimo nelle antine, trovando infine la scatola da cui lo aveva preso.

“Con cosa pensi di mangiare la zuppa?” chiese, infine.

“Con le posate d'ottone, come sempre” ovviamente. Finse di rovistare ancora tra i ripiani “Non sono lì. Sono al solito posto.”

“Ah, già...” richiuse frettolosamente l'armadietto, aprendo un cassetto incastonato nella credenza “Sicuro di non voler utilizzare le altre?”

“Sì” la voce perentoria spazzò ogni dubbio “Ti senti bene, Levi? Mi sembri un po' strano”

Ah, ora sono io quello strano! Non lui che sparisce di notte per ululare alla luna e che mangia con i guanti. Nascose frettolosamente quei pensieri dietro un pallido accenno di sorriso:

“Sto benissimo” sussurrò, tornando prontamente all'attacco “Dove eri finito ieri sera? Ti ho cercato in lungo e in largo!”

“Ho avuto da fare” risposta sbrigativa.

“Dove sei stato?”

“Queste non sono cose che ti riguardano”

Stava cercando di deviare il discorso? Aggrottò la fronte, scontento di quell'ennesima replica affrettata.

“Perché no?”

“Perché sono il tuo comandante, non sono un adolescente e so badare a me stesso.”

“Mi nascondi qualcosa?”

Ogni parola confermava i sospetti di Hanji: Erwin non desiderava chiacchierare della sera prima, anzi! Tendeva ad insabbiarla, come se la verità fosse troppo scomoda da affrontare. La storia del lupo mannaro era ridicola, ma trovava dei solidi riscontri: i guanti, l'aver scansato il cucchiaio d'argento, il celare ogni cosa riguardasse la sera precedente. Tutto combaciava, come in un sinistro romanzo d'avventura.

“Niente affatto!”

“Allora perché non mi vuoi dire dove eri ieri notte?”

“Perché non è affar tuo, in primo luogo. Secondariamente, non mi crederesti se te lo dicessi e probabilmente mi prenderesti in giro”

“Cazzate”

“In ogni caso, non voglio dirtelo” si vide rifilare un mesto sorriso “La zuppa fa meno schifo del solito. Dovrò fare i complimenti al cuoco.”

 

***

 

Levi scese le scale a due a due, precipitandosi nel laboratorio. Spalancò la porta, senza neppure bussare:

“Non ha voluto toccare l'argenteria!” esclamò, sbattendo l'uscio alle proprie spalle.

Colse Hanji risollevare il capo, spazientita: quell'improvvisa apparizione la stava distraendo dall'amputazione dell'ennesimo e sciagurato lombrico:

“I nostri sospetti sono fondati, allora. Tuttavia, dobbiamo indagare più a fondo. Non possiamo accusare il comandante di essere un licantropo senza prove fondate”

“Cosa suggerisci?” forse dare ascolto ai piani di quella pazza non era una ottima idea, ma non aveva altra scelta. La pulce nell'orecchio continuava a gracchiare fastidiosamente: era un lupo mannaro? O, semplicemente, possedeva un'amante segreta? Non sapeva quale delle due opzioni lo spaventasse maggiormente. Forse, una bestia cannibale era preferibile all'olezzo vezzoso di una sgualdrina aristocratica...

Doveva venirne a capo: il dubbio si era radicato nella sua mente, senza lasciarlo in pace. Ci aveva riflettuto ancora, dopo aver sparecchiato la scrivania ed abbandonato Erwin alla stesura dei rapporti. Perché non si era voluto confidare? Perché lo aveva liquidato tanto in malo modo? Eppure, non aveva mai avuto motivo di nascondergli niente – o quasi.

“Aconito e fuoco!” la donna gli tese un sacchettino di stoffa. Lo afferrò, cogliendo al tatto la secchezza delle foglie sbriciolate “Accendi il camino e buttale dentro. Se è un lupo mannaro, sarà infastidito sia dalle fiamme che dall'odore”

“Dove te lo sei procurata?” soppesò l'aconito, avvicinando il naso al tessuto color verde marcio “Puzza tantissimo!”

“Ho i miei contatti” l'ennesima risposta evasiva “è normale che puzzi, insomma... deve spaventare un licantropo!”

“Questa cosa farebbe venire la nausea a chiunque”

“Lo so, lo so. Incredibile, vero?” Hanji gli rifilò una pacca sulla spalla e, incurante della seguente occhiataccia, lo accompagnò fino all'ingresso “Ora sparisci che devo lavorare. Ho ancora qualche lombrico da tagliuzzare”

“Ma...” Levi non riuscì a completare la frase. Si vide sbattere l'uscio in faccia ed a nulla valsero i tentativi di riaprirlo. Attese qualche minuto, chiedendosi se fosse il caso di scardinare la porta a calci o rinunciare; tuttavia, quando dal laboratorio iniziarono a provenire le note stonate di una canzone, decise di dileguarsi alla svelta.

  
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