Film > Dragon trainer
Segui la storia  |       
Autore: DeadlyNadder 92    31/01/2017    1 recensioni
Sono passati mesi, ormai Astrid e Bruta sono al corrispettivo del nono e ottavo mese di gravidanza.
Le cose a Berk vanno meravigliosamente, eccetto qualche piccola litigarella tra Moccicoso e Bruta che andava a finire nei migliori dei modi.
Straordinario è l'avvenimento che anche se la ragazza era incinta riuscivano sempre a trovare modi particolari per fare l'amore.
Diciamocela tutta, anche Hiccup e Astrid non si risparmiavano ma tutto quanto in certi parametri. Era quasi arrivata al termine della gestazione e Hiccup voleva evitare qual si voglia danno fisico sia hai figli che alla donna amata.
Cinque anni dopo,Tufo e Hel si frequentano ancora. Sembrano essersi aiutati a vicenda nel migliorarsi.
Pensate che ora Tufo si dimostra per quello che è senza alcun timore!
Gambedipesce e Vör pensano ancora in un futuro insieme. Le loro insicurezze sono molte, ma si aiuteranno a superarle e fortificarsi.
Stoick e Valka? Beh, loro sono ancora a Berk e ci rimarranno per tanto altro tempo.
Skaracchio invece? Forse avrà trovato l'amore, chi lo sa.
Una cosa è certa....Alcuni di loro non si conosceranno mai abbastanza.
Allert: Sporadici spoiler su Dragons: Race to the Edge.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
"Forza, andiamo!
Sono curiosissima di esplorare da cima a fondo quest'isola e di scoprire i litigi di mamma e papà!"

"Mamma e Papà?"

"Si!
Mamma si chiamava Thora Gefjun Skaði mentre mio padre Skjöldr Njörðr. Ma non so di preciso quale siano i cognomi di entrambi, non sapendolo così decisi di assumere il cognome di Dragonsdóttir; Figlia dei Draghi."

"Thora...
Mio padre mi raccontò della sua prima fidanzata, si chiama così e veniva da...."

"No, dai, dimmi che scherzi!
Non sarà di certo L'Isola delle Dèe, eh?"

Ma Dagur non parlò, si limitò unicamente ad annuire lentamente lasciando che la giovane Vör sgranasse gli occhi per l'incredulità.
La vichinga tossì, distolse gli occhi e si diresse verso la passerella dove sarebbero scesi sulla terra ferma.
'Non ci pensiamo!' aveva esclamato con finta aria disinteressata, eppure il Berserker lo sapeva, quella cosa la aveva scossa tanto quanto lui. Dovette solamente ringraziare la madre che riuscì a conquistarlo, non avrebbe mai pensato che se non succedeva lui sarebbe stato suo fratello. Al solo pensiero, il rosso, venne scosso da un brivido che lo accompagnò lungo la passerella da cui scese tranquillamente. 
Alle sue spalle, però, un uomo gli porse una scatola. Bianca come il latte, con un rudimentale fiocco color verde prato primaverile.
Non rivolse alcuna parola di cortesia, aveva solamente detto in maniera abbastanza secca di dire agli altri di rimanere a bordo e di tenersi sempre allertati perché il pericolo, si sa, arriva nei momenti meno opportuni. 
Lui aveva eseguito, risalendo lungo il lastrone di legno e successivamente ritirarlo all'interno della imbarcazione per poi riscendere di fretta e furia con il chiaro intento di seguire il suo Capo.
'Non ci pensare.' si imponeva Dagur, ma fu totalmente impossibile non continuare a rivolgere il pensiero a quella scena che gli veniva imposta dalla mente. 
Ed eccoli.
Una visione di tre fanciulli. 
Una visione che rappresentava un lui a dieci anni, Heather a cinque e Vör a nove anni, seduti sul bordo di un promontorio mentre mangiavano di gusto della carne. 
Nessun padre, nessuna madre. Uno era scomparso e l'altra era morta.
Lui era l'uomo di casa, lui provvedeva alla gioia delle due bambine e, caso voleva, che anche in quella situazione Vör incarnasse la 'moglie', la donna di casa mentre Heather loro figlia.
Si immaginò anche i genitori insieme, una vista che lo fece rabbrividire ancora di più. 
Ma non tanto per la scena di loro due, no, ma tanto la consapevolezza che la donna che Oswald definiva "Un fiocco di neve temprato nel fulmine tuonante" era la madre della donna che lui ora amava; la madre di Vör.
Portò lo sguardo smeraldino sulla ragazza davanti a lei, con gli occhi azzurri persi nel bianco accecante dell'Isola.
Con le braccia strette al petto, con Occhidifalco al suo fianco che la guardava attentamente, senza mai perdersi un singolo movimento.
Con Patatona che lo spingeva verso di lei, con il rimprovero negli occhi che diceva esplicitamente un severo "Allora? Devi fare l'uomo? Farlo! Oltre che nostra è anche tua la responsabilità di sorvegliarla!".
E ora la vichinga voltarsi, la punta del naso rosso e la labbra estese in un contagiosamente allegro sorriso. Gli occhi lucidi, le guance spolverate di cremisi e i piedi che saltellavano sul posto in preda all'euforia di una nuova scoperta.
Li allora Dagur la guardava con calore, con un sorriso intenerito sul volto nel vedere come il suo comportamento rimembrasse quello di una bambina innocente pronta a mangiare un dolcetto 
Si accorse dello sguardo vispo, curioso, attivo e impossibile da sfuggirvi. Di come l'azzurro guizzava frenetico da una parte all'altra, di come la neve accoglieva le impronte lasciate dai suoi stivali e di come anche i suoi gridolini eccitazione sembrassero essere ben amalgamati con i suoni dell'Isola stessa.
Eppure si fermò, improvvisamente.
Lo sguardo fermarsi nel vuoto, i passi tacere e la sua voce morire. 
Lo spavento tornò a farsi vivo, il soffocato rumore di una corsa e un tonfo affievoliti dal manto di neve; le sue braccia stringersi intorno le spalle della Dèa che rimase interdetta.
Ma non si mosse, non disse nulla.
Sorrise solamente e, probabilmente, l'unici a vedere quel lampo di spuma marina furono solamente i suoi draghi. 
'Va tutto bene, tranquilla. Ci sono io con te, non ti abbandono.' aveva detto Dagur che la strinse maggiormente. La fasciò nelle sue braccia, i suoi muscoli fargli da coperta e, forse, le guance di Vör accendersi per l'imbarazzo e non per la temperatura.
'Hai sentito quelle voci?' disse di punto in bianco mentre l'imbarazzato Dagur fece un balzo all'indietro ridacchiando nervoso. Non era successo nulla, si era solamente fermata ad ascoltare... per fortuna!
'Quali?' aveva risposto lui mentre, a disagio, mentre recuperava il dono lasciato cadere a terra dalla paura. 
'Una maschile e una femminile, ridevano divertiti.' rispose lei che si voltò verso il Capo Berserker domandandosi silenziosamente cosa stesse facendo in quel momento. Ma fu una domanda che venne scacciata via in un men che non si dica, non contava molto. 

"Andiamo!
Voglio vedere se ci sono draghi qui!"

"Ci sono solamente animali non dragonici, piccola."

"Ma...
Allora voglio vedere i lupi!
Andiamo dai!"

"Vör, ti vieto severamente di andare in perlustrazione per incontrare dei lupi!"

"E chi sei tu?
Mio padre per caso?"

"No, non sono tuo padre; ma sono il tuo... amico."

"Se mi guardi così, mio 'amico', rinuncio a cercare i draghi.
Però almeno portami in una grotta, dai!
Voglio esplorare, correre, giocare, ridere, scherzare, toccare, stringere, impugnare, scovare....voglio fare qualcosa con te...!"

La giovane si era avvicinata di corsa, si bloccò davanti a lui mentre un furbetto sorriso di espanse sulle sue labbra.
Ecco, ora più che tentato dal baciarla.
Come poteva resistere ancora a quello spettacolo di ragazza? 
A quelle labbra rosse, morbide, carnose, invitanti e sensuali?
A quelle labbra dolci, amare, aspre, sincere, spregiudicate e sprezzanti?
Deglutì a forza, si sporse verso di lui e la baciò. La guancia della ragazza venne baciata dalla tenerezza del vichingo che, ora, scostandosi di poco andò a sussurrargli un lento 'Andiamo a caccia? Quello che catturiamo lo cuciniamo e lo mangiamo. Nel mentre raccogliamo anche delle rocce e del pesce, mh' che, a dirsi dal piccolo urlo lanciato dalla bionda suonò tanto come un vistoso si.
Sarebbe stata una buona cosa, la caccia e la pesca poteva essere un passatempo da non escludere!

"Forza, non rallentare!
Andiamo, su!"

Esclamò entusiasmata la biondina mentre sguainava la spada dal suo fodero.
Una nuova luce sprizzò dai suoi occhi, era divertita, sadica e estremamente eccitante. 
Se Dagur pensava che la caccia si rivelasse un buon metodo per non correre in pericolosi errori, beh, ora sbagliava di grosso dato che si ritrovava a nascondere ben altro che il regalo.
Tossì, tossì più volte mentre si voltava di spalle e lasciava il dono tra le mani dei guerriero minacciandolo che semmai gli fosse successo qualcosa lui poteva dire bellamente addio alla vita. 
Con lo sguardo distratto dalla mano che stringeva l'elsa e l'estraeva, si avvicinò alla vichinga che rimase ad attenderlo.
Questa volta, però, a rimanere fermo sul suo posto senza dare alcun cenno di volersi muovere fu proprio lui che, insieme alla fanciulla dai dorati capelli si voltarono a guardarsi.

"Ti amo, ma fai tacere quei maledetti lupi? Sono un tormento e non riesco a fare nulla con il loro fastidioso ululare al niente!"

"Ti amo anch'io, ma questa è casa mia e ti abitui dato che io sopporto quei  tuoi fastidiosi gabbiani stridere al nulla."

I due rimasero a guardarsi per qualche minuto, una risata squarciò il silenzio che accompagnò quella di  Skaði e Njörðr che echeggiava da innumerevoli anni in quel posto, pronto a farsi udire solamente da chi voleva realmente ascoltarli.

"La tua risata ricorda quella di tua madre, lo sai Vör?"

"Come fai a dirlo?"

"Questa è la sua Isola, quella che abbiamo sentito era la sua risata...."

"Quella che ho sentito.... era.... la risata dei miei..... miei genitori.....?"

Se una risata si faceva sentire da loro due, ora erano le due Divinità ad ascoltare il rumore delle lacrime provenienti dalla figlia.
Come poteva una cosa così semplice riuscire a sconvolgerla così tanto da farla piangere?
Come potevano, invece, delle risata appartenute ad anni fa, continuare ad essere vivide e vive come se fossero state fatte proprio in quel momento?
Ma Dagur non ci pensava, no, lui aveva rifoderato l'arma e aveva di nuovo abbracciato la ragazza che andò a porre quelle domande proprio a lui; come se lui conoscesse realmente la risposta.
Ma una risposta precisa non arrivò, accorse in soccorso solamente una stretta calorosa e le sole rassicurazioni che riuscisse a fare in quel momento.
Se stringeva lo sguardo, sopra il fiordo innevato poteva solamente scorgere una sfocata figura femminile; alta e possente, con i lunghi capelli che venivano raccolti dal vento stesso. Vento che saliva dal basso, come se fosse stata una tromba marina.
L'aria profumava di salsedine, come se in quel momento il padre della ragazza gli stesse vicino.
Chiuse gli occhi, li riaprì e li ristrinse per vedere se ancora vi era quella sagoma. Nulla, più strizzava lo sguardo e più si rendeva conto che quello era stato solamente uno scherzo di qualche albero che, effettivamente, c'era.
La giovane alzò il cielo racchiuso nelle iridi, si mise in punta di piedi e accostò le labbra sulla sua guancia lasciandovi un bacio. 

"Non voglio più cacciare.
Questa è l'Isola consacrata a mia madre, uccidere le creature che la abitano sarebbe una grave mancanza di rispetto. 
Non voglio donare alle creature che la abitano la stessa sorte che lei ha riservato ai Draghi.
Mettiamoci seduti sulla neve, giochiamo, parliamo, raccontiamoci e poi andiamo a visitare ancora un'altra Isola.
Mi piace stare con te."

"E' una donna fortunata ad averti come figlia. 
Dalla prima alba abbiamo trascorso quattro ore per ogni Isola per un totale di quindici ore insieme..."

"Contando i tre viaggi, quelli di partenza e per recarci alle corrispettive Isola due ore ciascuna per un totale di tre ore che sommati insieme sono diciotto ore..."

"Mancano solamente cinque ore e dovrò riportarti a casa..."

"Aspetta un attimo.... Da qui all'Isola delle Dèe ci vogliono almeno sei ore di viaggio, quindi avremo un'ora in più per stare insieme.
Ehehe, l'avevo anche scritto a Hiccup!"

"Come...?"

"Calcoli nautici.
Siamo ottimi navigatori, noi vichinghi!"

Il guerriero rise divertito, questa volta la sola risata che si udì fu solamente la sua.
Vör si aggiunse alla risata, anche questa volta le loro furono le uniche ad essere ascoltate solamente da loro stessi.

L'Isola che lasciarono fu una delle migliori.
Dagur, sotto pressione di Vör, si decise anche di portarla ad esplorarla e vi trovarono così tante nuove erbe medicinali che la bionda non appena ne trovava una chiedeva il permesso alla madre di raccoglierla per portarla a casa.
Strano a dirsi, ma ogni volta che chiedeva il permesso una folata di vento freddo la investiva sino a ricoprirgli la frangetta di un sottile strato di brina. Era come se la madre le desse il permesso e, di questo, in parte rifletteva la gioia di Vör che riponeva con estrema cura le erbette all'interno a dei sacchetti bianchi dove vi scrisse i nomi. 
Lui, invece, trovò una pietra al dir poco ottima per affilare velocemente la lama delle sue armi. Inutile dire che ne fece una scorta bella abbondante che, lungo il percorso per ritornare alla nave, si ridusse in una cifra pur sempre considerevole. 
Vör scoprì che dava da mangiare di nasconsto a Patatona e, il drago, non diceva mai di no. La biondina lo capì, gli mancava Shattermaster e anche se non lo ammetteva, quel rosso di nome Dagur era un gran sentimentale.
Non per dimenticare che alla fine la Dèa scartò di nuovo il suo regalo e quel che vide la entusiasmò non poco. Stessa reazione, seppur contenuta, dei precedenti.
Era un abito semplice, senza pretese.
Proprio come piacevano a lei, privi di malizie e di buon gusto.
Era composto di stoffa rossa con le maniche bianche. Attorno al collo, alla vita e sul bordo della gonna vi era una banda argentata su cui erano applicati pietre e decori fatti a mano. Lo stesso valeva per il mantello. Una lunga distesa di latte appena munto con i bordi decorati.
Ma non era finita qui, come poteva mai Dagur risparmiarsi a questo per la sua amata Vör?
Difatti, come per i precedenti, ad accompagnare l'abito ci fu un intrigato lavoro di spessi fili rossi scarlatto che si legavano alla caviglia; vi era raffigurati dei fiori e dei fiocchi di neve, vi era anche un piccolo cappietto per inserire l'indice e renderla una calzatura scalza perfetta per una a cui piaceva camminare a piedi nudi.
A terminare il lavoro, invece, una tiara con dei cristalli del medesimo colore; fiori cremisi che circondavano un cristallo nero che facevano da 'cuore' al fiore raffigurato.
Vör, però, questa volta ripose tutto nella medesima maniera in cui lo trovò andando, successivamente, ad abbracciare il vichingo che rosso in volto andò a ricambiare. La bionda rimase così per qualche minuto, godendosi un abbraccio che stava facendo del bene al rosso. 
Passarono due, tre, quattro ore e i due risero, scherzarono, parlarono di se stessi e delle loro (dis)avventure. 
Non si accorsero neppure che il cielo si tinse di tramonto, il sole morire per lasciare il posto alla romantica luna.
Non si accorsero di nulla se non quando la nave oscillò bruscamente e la bionda corse fuori allarmata. 
Fortunatamente, però, non era successo nulla e quello che scaturì l'oscillazione dell'imbarcazione fu il passaggio piuttosto irruento di uno Scalderone che nuotava sin troppo a pelo d'acqua. 
Quando i due alzarono gli occhi verso l'orizzonte, davanti a loro il cielo rosso andò ad essere ingerito dal mare blu. 
Entrambi avevano visto quell'avvenimento mille volte nella loro vita, eppure quella volta fu diversa.
Dagur la prese per mano, la fece sedere sul capo opposto della barca e lui vicino a lei tennero lo sguardo alto pronti a catturare le prime stelle negli occhi.

"Devo darti una cosa.
E' l'ultima, lo prometto."

Vör spostò gli occhi verso di lui ancora una volta.
Le stelle scintillavano nei suoi occhi, la luce delle lanterne accese illuminavano la chioma e la barba rossa sino a renderla brillante come una pietra preziosa.
Ne fu ammaliata, non poté negare di nuovo che lui fosse brutto, anzi. Continuava a confermare che nonostante tutto lui fosse più che bello.
Non bello quando Gambedipesce, lui era assolutamente insuperabile!
Abbassò gli occhi verso il pavimento, ora il suo scudo e la sua spada erano poggiati al suo fianco pronti a non essere usati. Avevano stretto un valido accordo che Dagur avrebbe mantenuto, se un Capo dava la sua parola, quella era.
Si era alzato, mancò da lei per pochi minuti per poi ritornare con una nuova scatola; questa invece, a differenza delle altre era interamente bianca.
'Ancora? Ribadisco, così mi vizi!' confermò in una risata la giovane a cui venne riposto tra le mani il pacco.
'Aprilo!' aveva risposto con nuova tenerezza il vichingo che tornò a sedersi vicino a lei.
Vör sospirò, per quanto gli avesse chiesto di non farle più regali lui non ascoltava minimamente riempiendola di attenzioni, amore, comprensione e dolcezza.
Alzò le spalle, ella, che andò a scartare con ritrovato entusiasmo il dono.
Spostò la pelliccia marrone, la posò nel coperchio e lentamente alzò l'abito che la lasciò nuovamente senza parole.
Argento, avorio, bianco.
Erano questi i tre colori che ne facevano da capitano in quella meraviglia di veste che, di certo, era solamente l'inizio di altre due sorprese.
Aveva gli occhi che scoppiettavano e non era dovuto alle stelle sopra di lei, era dovuto solamente allo stupore nel vedere con quale maestria erano stati cuciti.
Vi era un cappuccio di seta avorio, i suoi bordi erano di una folta pelliccia bianca. La parte superiore era cucita con stoffa avorio e argentata che adornava il seno con uno scollo quadrato, in vita era stretta una fascia argentata in cui al suo interno erano cucite alcune rune; la gonna scendeva morbida all'interno della scatola mentre le maniche della stessa lavorazione della parte superiore erano contornate da una calda pelliccia del medesimo bianco. E cosa aveva dato per certo, prima?
Da sotto una pelliccia marroncina spuntava timidamente un sacchetto bianco; al suo interno, dopo che Vör ripose momentaneamente l'abito ben piegato e sistema sullo scudo; vi erano delle cavigliere composte di tante piccole perle bianche che formavano attentamente e minuziosamente una foglia che si chiudeva con un piccolo cappio per l'indice. 
La bionda abbassò lo sguardo, incominciò a sentirsi inadeguata davanti a tutta quella bellezza.
Talmente assorta dai suoi pensieri che non accorse minimamente che Dagur, con tanta delicatezza estrasse da fuori la scatola un ritaglio di pelliccia nera da dove, al suo interno, una volta che lo aprì comparì una piccola coroncina bianca composta da roselline e cristalli preziosi.
Gli occhi della fanciulla si spostarono sul tesoro, le labbra tremarono mentre le lacrime gli pervasero gli occhi sgorgando calde sulle guance dove andarono a lasciare alcune strisciate di trucco nero.
'L-Le mani. Voglio vederle.' aveva singhiozzato la biondina che per non farsi vedere di nuovo fragile si affrettò a riporre tutto quanto all'interno della confezione che richiuse con estrema cura.
'Immediatamente.' aggiunse poco dopo mentre lo sguardo vago intorno a lei per poi posarsi, finalmente, sulle mani dell'uomo che gliele mostrò senza ribattere.
Lei le prese delicatamente tra le sue, le strinse e scosse lentamente il capo dicendogli che era un matto e che non doveva assolutamente fare queste pazzie per lei.
Lui scoppiò a ridere, la corresse sul fatto che lui non era matto ma squilibrato e che quella pazzia era tanto giusta quanto sincera.

"Siamo arrivati, Dagur."

Eccole le parole che non voleva ascoltare Dagur, quelle che anche Vör, infondo, non desiderava udire ma che al tempo stesso lo desiderava.
L'uomo lanciò un urlo così forte che riuscì a svegliare anche Patatona che, come esemplare unico nel suo genere, a rispetto degli altri aveva un sonno abbastanza pesante.
Il Capo Berserker aveva ordinato a quella stessa persona che rimproverò di tornare sulla loro Isola e di liberare Nanna lasciandola libera di andare ovunque lei volesse andare... fuori dall'Isola dei Berserker.
La giovane ridacchiò a disagio mentre si rialzava, la mano afferrare lo scudo e portarlo dietro la schiena mentre la spada venne velocemente presa dal vichingo e porta.
La Dèa arrossì vistosamente e ringraziò la notte che non lo diede a vedere. Lentamente posò la mano sulla lama, la prese con grazia e l'ando ad allacciare sul fianco.
'Vuoi che ti accompagni?' domandò il rosso. La risposta che ricevette lo sorprese non poco.
'Preferirei che tu dormissi, ma non posso rinunciare all'averti vicino. Credo proprio che mi servirà un prode vichingo in questa assurda Isola.'
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > Dragon trainer / Vai alla pagina dell'autore: DeadlyNadder 92