Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: barbaramente    01/02/2017    3 recensioni
Sansa e Sandor hanno vissuto nella loro vita orrori che avrebbero voluto dimenticare ma che invece hanno distrutto la loro anima e li hanno spinti a rinnegare la loro natura. Il Mastino per anni si è alimentato con l'odio nei confronti di suo fratello, ma ad un passo dalla morte qualcosa lo cambia profondamente. Per Sansa invece il dolore è troppo vivido per permetterle di voltare pagina, tuttavia le permetterà di riscoprire una forza e una maturità che non pensava di avere e di riconquistare la propria libertà. Entrambi disillusi e abbandonati da tutti si sono rifiutati di cadere e di arrendersi e hanno continuato a vivere nutrendosi di odio e solitudine, ma forse scopriranno che ognuno può offrire qualcosa all'altra.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Sandor Clegane, Sansa Stark
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Grande Inverno

«Dannazione!» uno stormo di uccelli si alzò in volo al ringhio ferale del Mastino, il rumore del battito d’ali ovattato dalla neve che oramai copriva tutto ciò che i suoi occhi potevano scorgere in lontananza. Erano due giorni che aveva lasciato la locanda e la notte stava per calare su di lui senza che avesse avuto la possibilità di trovare una nuovo posto per dormire. I suoi ringhi colmi di rabbia si disperdevano nelle fronde degli alberi spaventando gli animali mentre Brusco lo guardava con la testa leggermente inclinata, era ben consapevole di essere una visione alquanto ridicola, a gattoni nella neve cercando di afferrare una lepre, ma questo non lo rendeva certo meno rabbioso. «Che hai da ridere stupido cavallo.» disse alzandosi da terra, «Potrei sempre decidere di mangiare te al posto della lepre.» aggiunse con un ghigno e Brusco, quasi capendo la minaccia, tornò a brucare l’erba gelata. “Come se quel maledetto cavallo potesse capirmi” pensò mentre con lo sguardo cercava ancora una volta la sua preda. Con la coda dell’occhio notò un movimento alla sua destra, espirando lentamente si preparò al nuovo tentativo di cattura. Con un grugnito si lanciò sulla lepre, mancandola, di nuovo.  Cacciare piccoli animali non era mai stato il suo forte, ma senza un arco non poteva certo aspirare a qualcosa di più sostanzioso. «Dannazione.» ripeté a denti stretti mente si alzava da terra, con la tunica bagnata per via della neve e le ginocchia coperte di fango aveva un aspetto ben poco minaccioso. Con uno sguardo feroce cercò di intimorire il suo cavallo, ma riuscì solo a guadagnarne un nitrito divertito, se fosse stato un uomo avrebbe avuto già il cranio spaccato a metà. Cercando di non pensare alla sua misera battuta di caccia montò in sella e continuò sulla sua strada. «Dovrebbero mancare solo due giorni a Grande Inverno, sperando di non incontrare una bufera.» annunciò a Brusco, “E sperando che non sia troppo tardi.” l’ultimo pensiero lo tenne per sé, come se dirlo ad alta voce potesse far avverare quella che oramai era una delle sue più grandi paure.
Le giornate iniziavano a diventare sempre più corte, e le poche ore di sole non bastavano per dimenticare il gelo della notte. Di nuovo si dovette accontentare di una radura e cercando di ignorare la sua fame e la sua rabbia iniziò ad accendere il fuoco, missione non semplice a causa del terreno gelato.
Un leggero fruscio di foglie lo fece scattare in piedi e agguantare velocemente la spada, ma prima di estrarre la lama riconobbe il cane che a quanto pare non aveva smesso di seguirlo. Si avvicinò lentamente e con la coda tra le gambe, memore del calcio ricevuto pochi giorni prima, depositò la lepre ai suoi piedi per poi scappare di nuovo tra gli alberi. Il Mastino guardò la lepre e poi gli alberi nel punto in cui il cane era scomparso e scuotendo la testa posò la spada e raccolse la sua cena. In pochi minuti la lepre era scuoiata, eviscerata e sul fuoco a cuocere, le interiora ancora calde appoggiate su una pietra. La carne tuttavia non ebbe il tempo di cuocere bene, la fame era troppa e il profumo non acquietò di certo il suo stomaco. Strappando una coscia dell’animale che rosolava sul fuoco il profumo di carne si diffuse ancora di più nella radura e un flebile guaito giunse dagli alberi, la mano che teneva il succulento pasto si fermò a pochi centimetri dal suo volto e dopo qualche Sandor secondo emise un fischio. La cagna grigia si avvicinò lentamente a lui, la coda ancora tra le zampe e la testa in alto per annusare l’aria, per poi fiondarsi sulle interiora ancora calde della sua preda. «Se continui ad essere utile potrei decidere anche di portarti con me.» disse prima di fiondarsi a sua volta sul proprio cibo.
Le notti nel Nord erano gelide ma per fortuna prive di eventi, e grazie al fuoco e a qualche coperta sopravvivere non era certo l’impresa più ardua. La vera difficoltà per Sandor era il resistere dal correre a Grande Inverno senza un piano, entrare a spada sguainata e uccidere tutti quelli che si ponevano tra lui e il suo dovere. Più i giorni passavano più resistere diventava difficile, anche se i suoi sogni non erano tormentati dalla morte del suo uccellino mantenere sotto controllo la sua furia omicida richiedeva sempre più impegno. Da quando era partito sentiva le differenze tra Sandor e il Mastino sempre più marcate, la gioia di uccidere era sempre presente mentre il desiderio di diventare un uomo migliore germogliava dentro di lui. Eppure non bastava certo un semplice desiderio per smettere di essere il Mastino e probabilmente era proprio il guerriero senza scrupoli ad essere l’unica speranza per l’uccellino.
 Forse gli Dei erano favorevoli al suo cambiamento perché tutto il giorno successivo non incontrò nessuno che potesse risvegliare la sua furia omicida e le lunghe ore a cavallo o a piedi furono dedicate ad un piano di salvataggio. Per quanto il Mastino fosse una delle spade più pericolose in tutto il Continente, come stratega non era certo il migliore, e sperare di poter entrare in una fortezza inosservato era alquanto ridicolo. Il Mastino era un animale da mischia, la sua spada seminava morte in ogni battaglia e per quanto non avesse mai accettato il nome vuoto di “cavaliere” era ben consapevole che avere la sua fedeltà era stata una grande comodità per i Lannister, ma per Sandor rendersi invisibile era impossibile e aveva bisogno di un buon piano. I suoi pensieri vennero interrotti dall’insegna di una locanda sulla strada, l’ultima fermata prima di Grande Inverno.
Nonostante la fortuna di aver trovato un letto caldo dove dormire, quella notte Sandor non poté chiudere occhio. Tutte le sue paure e insicurezze si ripresentarono aggressive nella sua mente, la rabbia e la sete di sangue del Mastino erano ciò che l’avevano reso uno dei più temuti guerrieri del Continente Occidentale, ora però gli era stata data un’altra possibilità, l’occasione di diventare il contrario di ciò che era stato in passato, l’occasione di dimenticare il guerriero assetato di sangue e di morte e diventare un nuovo Sandor Clegane, con un’armatura nuova e una spada giusta. Ma sarebbe bastato questo? Qualche pezzo di acciaio appena forgiato possono far dimenticare una vita intera passata a seminare morte? I suoi pensieri si fermarono su tutte le sue vittime che non avevano avuto una seconda possibilità, che fosse stata alzare lo scudo un secondo prima o correre più veloce, nessuno di loro era stato graziato come lui. Eppure nel buio della sua camera non poteva fare a meno di pensare che quella da lui ricevuta non fosse una grazia ma una condanna. “Il Mastino riuscirebbe a salvare l’uccellino, ma io?”  
Dopo una notte insonne i primi raggi del sole si rivelarono un balsamo per Sandor. Forse non sarebbe riuscito a salvarla, forse era davvero troppo tardi, ma non si sarebbe fermato finché il cuore gli batteva nel petto. Coprì bene l’armatura con il mantello facendo attenzione che nascondesse anche l’elsa della spada e si avviò fuori, lo stalliere aveva già sellato Brusco che sbatteva gli zoccoli a terra impaziente. Quando il ragazzo si avvicinò e poté notare che aveva una manica strappata e la faccia talmente bianca da sembrare un lenzuolo «Il tuo maledetto cavallo ha cercato di strapparmi un braccio…ser» aggiunse dopo averlo visto in volto.
«Se avesse voluto l’avrebbe fatto davvero ragazzo. Hai caricato anche delle provviste?»
«Tutte quelle che sono riuscito a far entrare nella sacca della sella.»
«Bravo ragazzo» disse lanciandogli una moneta di rame. Senza aggiungere altro montò in sella e si avviò verso la sua meta.
Morta, Grande Inverno era una fortezza ormai morta. Sparita la vita brulicante che aveva visto con gli Stark, sparita la vivacità di un posto che nonostante la neve aveva la capacita di accogliere tutti con calore. I macabri stendardi Bolton non miglioravano certo l’atmosfera tetra che avvolgeva le mura esterne della fortezza.
Il Mastino nella sua vita aveva assistito a molti spettacoli raccapriccianti, i campi di battaglia non erano fatti per uomini dallo stomaco debole e ancor meno lo erano gli interrogatori-torture dei prigionieri, tuttavia Sandor, nonostante il suo passato, non poté sopprimere il brivido che gli corse lungo la schiena alla vista di ciò che le mura esterne nascondevano. Ovunque il suo sguardo si posasse vedeva corpi ormai privi di vita, e di pelle, inchiodati a delle croci di legno, banchetto succulento per mosche e corvi. Ne contò otto nel cortile interno, tirando un sospiro di sollievo quando si rese conto che nessuno di essi era il corpo di una donna.
«Chi sei, cavaliere?» Sandor si voltò a guardare l’uomo che aveva parlato, era avvolto in una pesante pelliccia e non portava addosso nessuno stemma, tuttavia qualcosa nel suo sguardo gli suggeriva che non c’era da fidarsi dell’uomo, e il suo istinto non sbagliava mai.
«Sto cercando Lady Sansa. Mi aveva promesso ospitalità.»
«E perché mai Lady Bolton ti avrebbe promesso ospitalità nella sua casa?»
«Dopo averla salvata da uno stupro ad Approdo del Re era quello o continuare il lavoro già iniziato da altri.» Il ghigno che si formò sulle labbra del suo interlocutore non piacque neanche un po’ a Sandor. “Sadico bastardo, se tu sei solo uno dei suoi uomini non immagino come sia il tuo padrone.”
«Dove posso trovare Lady Sansa?» guardando gli occhi senza emozioni dell’uomo davanti a lui e la carneficina che lo circondava la paura si risvegliò aggressiva dentro Sandor. Questa non poteva essere la normalità a Grande Inverno, qualcosa era successo, e molto probabilmente non era qualcosa di buono.
«E chi chiede la sua ospitalità?» il ghigno era sparito dal suo volto e aveva iniziato ad osservare Brusco forse per farsi qualche idea sul suo cavaliere.
«Il Mastino» alla sua risposta la testa dell’uomo scattò come una frusta e piantò gli occhi sul suo volto ancora coperto dal cappuccio. Sandor abbassò lentamente il mantello per farsi riconoscere. “Questa è una pazzia.” pensò amaramente. Entrare in pieno giorno nella fortezza e farsi subito riconoscere non sembrava più un grande piano, tuttavia Sandor sapeva bene di non avere molte alternative, non poteva passare inosservato più di quanto non potesse entrare, ed eventualmente uscire, con la forza. La sua unica speranza era che il passato del Mastino gli facesse da lasciapassare per entrare nelle grazie di Lord Bolton.
«Benvenuto in casa mia, Mastino» disse l’uomo con un inchino ironico e un sorriso, pronto a beffarsi del suo stupore, ma l’istinto di Sandor non l’aveva tradito e senza scomporsi rispose con un impercettibile cenno del capo «Lord Bolton». Smontò da cavallo senza togliergli gli occhi di dosso e affidò le redini di Brusco ad uno ragazzo che si era fatto avanti dopo essere stato chiamato dal suo lord.
«Per quale motivo siete così a nord?»
«Sto viaggiando verso la Barriera per prendere il nero»
«Il terribile Mastino, famoso in tutto il Continente Occidentale per la sua ferocia e crudeltà, vuole diventare un corvo? Strano.» l’occhiolino che gli fece Lord Bolton gli fece ribollire il sangue, tuttavia riuscì a rispondere con calma.
«Un anno da disertore, e con una taglia sopra la testa, non è stato facile da superare. Le Città Libere non fanno per me, l’unica soluzione è prendere il nero.»
«E se ti offrissi un’altra soluzione, Mastino?»
I peli gli si rizzarono sul collo per l’espressione che assunse Bolton mentre gli porgeva la domanda.
«Rompi il digiuno con me e ti farò la mia proposta.» concluse.
Sandor lo seguì verso quella che si ricordava fosse la Sala Grande, istintivamente posò la mano sull’elsa della spada quando passò davanti ai cadaveri inchiodati sulle croci di legno. Senza volerlo aveva rallentato il passo e lord Bolton, accorgendosene, si voltò per parlargli.
«Peccato che siate arrivato solo oggi, ieri avreste potuto unirvi allo spettacolo.»
«Che hanno fatto per finire così?»
«Sono tornati dalla caccia a mani vuote.»
Sandor entrò nella Sala Grande seguendo il suo ospite, più tempo passava e più si faceva forte la sensazione che qualcosa fosse fuori posto. Lo seguì fino al solarium che un tempo era stato di Ned Stark sedendosi dove gli venne indicato mentre Bolton chiamava per far servire il cibo.
«Immagino tu abbia saputo che lady Stark è mia moglie.»
«Aye.»
«Tuttavia non saprai che è fuggita con uno dei miei servi.» continuò appoggiandosi allo schienale della sedia. Sandor dovette chiamare a sé tutta la sua forza di volontà per non scattare in piedi e correre fuori dalle mura.
«Non avete degli uomini molto fedeli, milord» disse mascherando il suo sorriso con un ghigno. Lord Bolton lo guardò per alcuni istanti prima di rispondere.
«Questo era un servo un po’ particolare.»
«Un servo, per quanto particolare, è pur sempre un servo. Mi risulta difficile pensare che lady Sansa abbia lasciato volontariamente la sua casa natale. Mi chiedo quale possa essere stato il suo motivo.»
«I motivi di mia moglie non sono un tuo interesse.» rispose alzando la voce, ricomponendosi subito dopo e assumendo la sua aria di finto disinteresse. «Penso sia giunto il momento di farti la mia proposta.» Sandor si limitò ad annuire per farlo proseguire, «Trovala, riportala da me, e non dovrai andare a gelarti le palle alla barriera fino al giorno della tua morte.»
Sandor finse di valutare la sua proposta. Nel frattempo vari piatti con cibo fumante erano stati posti sul tavolo e il solo odore gli fece voltare lo stomaco. Bolton aspettava paziente una sua risposta e Sandor, solo per irritarlo, mise delle uova e della carne nel proprio piatto e iniziò a mangiare.
«Mi sembra un po’ misera come proposta.» rispose dopo qualche boccone.
«Catturare una donna in fuga non può certo essere definita una missione ardua, la ricompensa mi sembra più che ragionevole.» il sorriso piantato sulla faccia di Bolton rischiava di fargli vomitare tutto quello che a fatica aveva ingurgitato.
«Immagino che la caccia da cui erano tornati a mani vuote era quella di lady Sansa» disse indicando nella direzione del cortile e degli uomini scuoiati vivi.
«Tu non sei uno dei miei uomini, se è quello che temi. Se non la troverai andrai semplicemente al Castello Nero e nessuno ti darà fastidio.»
«Da quanti giorni è scappata?» il viso di Bolton si illuminò con un sorriso sadico.
«Due giorni fa, non può essere andata molto lontano e dubito che troverà molte persone disposte ad aiutarla.»
«Dubito che qualcuno voglia rischiare una simile punizione.» Ramsay gli sorrise ancora di più. «Comunque non vedo perché dovrei avere più fortuna dei tuoi uomini in questa caccia.»
«Forse gli Dei ti hanno fatto arrivare oggi per farti riportare mia moglie al suo posto.»
“O forse mi hanno fatto arrivare oggi per staccarti la testa dal corpo e darla in pasto ai cani.” Pensò Sandor, notando che c’era qualcosa che ancora non gli aveva detto. «O forse c’è qualcuno che uccide i tuoi uomini.» disse guardandolo negli occhi.
«E’ probabile che abbia un protettore, o più di uno. Alcuni di quelli tornati ancora vivi parlavano di una donna alta e forte come un uomo.»
Il cuore di Sandor ebbe un sussulto a quelle parole, se Brienne di Tarth l’aveva trovata allora doveva sbrigarsi prima che riuscisse a riportarla nelle mani dei Lannister.
«Dove è stata vista l’ultima volta?»
«Era diretta a nord.»
«E se arriva al Castello Nero allora non la rivedrai più.» lo interruppe, il suo tono impassibile e il volto inespressivo mentre nel petto il cuore gli batteva impazzito. Se davvero Brienne era con Sansa ed erano dirette a nord allora forse Brienne non mentiva quando disse di essere sotto giuramento di Catelyn Stark. Un barlume di speranza prese vita in Sandor al pensiero che forse l’uccellino aveva una speranza di arrivare sana e salva da suo fratello alla Barriera.
«Se accetterai ti darò degli uomini e cavalli freschi.»
«Tre uomini a cavallo basteranno, a patto che siano pronti ad una marcia forzata. Il mio cavallo invece va benissimo, gli basteranno poche ore di riposo.»
«Allora faccio preparare gli uomini, partirete questo pomeriggio.»
«Aye.»
Rimasto solo Sandor non poté fare a meno di pensare a Sansa e a quella che, a quanto pare, era la sua spada giurata. Se da un lato sentiva gioia nel sapere che l’uccellino aveva qualcuno pronto a difenderla, dall’altro sentiva di essersi dimostrato inutile ancora una volta. Chiudendo gli occhi rivisse tutte le volte in cui uno degli stronzi di turno delle Cappe Bianche la picchiava. Quei bastardi di Boros e Meryn erano meno degni del mantello bianco di quanto non lo fosse mai stato il Mastino. Ogni volta che era costretto a rimanere immobile e guardare in silenzio l’umiliazione di Sansa finiva con il perdere la sensibilità alla mano per quanto forte stringesse l’elsa della sua spada.
Impotente.
Impotente era l’aggettivo che si era apposto da solo in più di un’occasione, e ora sentiva che lo stesso aggettivo gli calzava nuovamente a pennello. Nella Fortezza Rossa non passava giorno senza che qualcuno gli ricordasse che, per quanto fosse uno dei guerrieri più forti e temuti di tutto il Continente, il vero potere non risiedeva mai nelle sue mani. Ogni volta che riaccompagnava l’uccellino nelle sue camere, con meno vestiti e più lividi, non faceva altro che pensare ai modi in cui avrebbe potuto uccidere tutti quelli che le avevano fatto del male. “Che poi avrebbe voluto dire sterminare tutta la corte e le guardie di Joffrey” pensò sbuffando nel boccale di birra, “E per lei l’avrei fatto.” Per Sansa avrebbe fatto qualsiasi cosa, solo che all’epoca ancora non lo sapeva, le sue cortesie e belle parole lo indispettivano anche se sapeva che erano la sua unica difesa.
Seduto nel solarium di Ned Stark, mai l’avrebbe definito di Ramsay Bolton, cercò di capire quando la ragazzina figlia dell’estate e venuta dal Nord avesse fatto breccia nel suo cuore. In quel momento sperò nella presenza di maestro Tolen, per quanto le sue domande e i suoi sorrisi lo irritassero non poteva non ammettere che grazie al lui la sua vita aveva raggiunto una sorta di equilibrio. Certo Sandor sapeva che la strada era ancora lunga, e anche se in fondo dubitava che il Mastino fosse davvero morto, sperava di riuscire ad essere, anche se solo in parte, un uomo migliore. «Per Sansa.» il suo nome gli scivolò sulla lingua come un balsamo e gli ricordò la sua missione. Trovare l’uccellino era la sua priorità, ma ora che era così vicino al suo obbiettivo si rese conto che non aveva alcun piano per ciò che avrebbe fatto dopo.
Sandor fissò a lungo la sua birra nella speranza che potesse dargli qualche risposta, ma, per quanto fosse una buona birra, rimase comunque in silenzio. Si passò una mano sul volto cercando di alleviare il senso di inadeguatezza che provava per non aver pensato all’eventualità del dopo-salvataggio. “Nel Continente non ci sono posti sicuri per lei, nemmeno Tarth o l’Isola dell’Orso diventerebbero delle tombe se i Lannister o Bolton venissero a sapere della sua presenza lì.” La Barriera era altrettanto una pessima idea per quanto Jon, il fratellastro, fosse lì. Nelle Città Libere avrebbero potuto avere una speranza, essere un mercenario e un assassino pagava bene e avrebbe potuto comprarle una casa dove vivere in comodità. “Patetico, vecchio, brutto cane.” pensò amaramente “Pensi davvero che Lady Stark, erede di Grande Inverno, si abbasserebbe a vivere con te in una delle città libere solo perché sfoggi uno sguardo da cucciolo innamorato?! Patetico!” Sandor odiò sé stesso in quel momento, ma non era certo il momento adatto all’autocommiserazione, in territorio nemico e con l’uccellino chissà dove sulla strada verso la Barriera. Decise allora che l’avrebbe portata a Braavos o in un’altra delle Città Libere e poi avrebbero deciso il da farsi, “Non ne vale la pena di gelarsi le palle sulla Barriera solo per prendere una stupida decisione.” Questo non bastò per mettere a tacere il senso di inadeguatezza che da mesi oramai lo accompagnava, tuttavia non permise alla sua ritrovata determinazione di vacillare, l’uccellino aveva bisogno di lui, anche se mai avrebbe ammesso che lui aveva bisogno di Sansa.
«Il suo cavallo è pronto, ser» il ragazzo della stalla lo destò dai suoi pensieri.
«Non sono ser» rispose automaticamente prima di svuotare in una sola lunga sorsata il suo boccale e seguire il ragazzo fuori. Brusco si agitava al centro del cortile, l’odore del sangue lo faceva fremere come se si stesse preparando alla battaglia.
«Questi sono gli uomini che mi avevi chiesto.»
«Chi di voi sa seguire le tracce?» si rivolse direttamente agli uomini che Bolton gli aveva assegnato.
«Io, ser» quello che probabilmente era il più anziano fece un passo avanti, Sandor fece un cenno di assenso nella sua direzione e si voltò di nuovo verso Brusco iniziando ad accarezzargli il collo per farlo calmare.
«Cavalcheremo fino a un’ora dopo il tramonto e riprenderemo prima dell’alba. Di notte si procede troppo lentamente e avremo bisogno di mantenere una marcia veloce e forzata per tutte le ore di luce. Se pensate di non farcela è meglio che non oltrepassiate quelle mura.» disse girandosi a guardare i tre con uno degli sguardi più minacciosi nel repertorio del Mastino. Quando nessuno dei tre si mosse montò in sella e girò il cavallo verso le porte della fortezza.
«Confido che tornerai con mia moglie, Mastino»
«Tornerò Bolton, questo è certo.» disse in tono minaccioso e, appena vide Ramsay Bolton esitare per sue parole, spronò Brusco fuori dalle mura con i tre uomini appena dietro di lui.



nota:
Finalmente ce l'ho fatta a concludere questo capitolo.
Probabilmente la storia continuerà solo con il POV di Sandor, scelta puramente egoistica (adoro stare nella sua testa), e spero di caricare il prossimo capitolo senza far passare troppo tempo.
Spero che il capitolo vi piaccia e chiedo ancora scusa per la vergognosa attesa. 
Al prossimo aggiornamento,
B.
   
 
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