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Autore: Helena Hufflepuff    01/02/2017    1 recensioni
Pochi anni dopo l'apertura di Hogwarts, Godric Gryffindor si reca in cucina, dove incontra Helga Hufflepuff. Qui si parlano a cuore aperto di ciò che accade loro intorno, dei loro amici, dei loro sogni e del loro futuro.
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Godric, I, fondatori, Tassorosso, Tosca, Tassorosso
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
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Il miglior sbaglio della mia vita


Godric era inquieto. Si girava e rigirava nel suo letto nella torre Grifondoro, ma non gli riusciva di prendere sonno.

Era stata una giornata intensa: metà era passata litigando con Salazar e le sue idee bislacche, e l’altra disquisendo con Rowena se convenisse trovare un compromesso con Slytherin o adottare una linea intransigente.

Dov’è Helga quando ho bisogno di lei?

La domanda gli nacque in testa come per caso.

Helga non aveva un carattere spiccato come lui, il coraggioso Gryffindor; né la tendenza al perfezionismo di Salazar, né la mente acuta e vivace di Rowena. Ma Godric era certo di una cosa: senza di lei che calmava gli animi, rassicurava gli spiriti e li conciliava davanti a un buon piatto fumante il famoso gruppo dei Fondatori  - ormai li chiamavano così in tutte le ballate – avrebbe smesso di esistere al primo litigio.

Ma quel giorno, stranamente, non s’era presentata in Sala Consiliare[1], e questa cosa innervosiva Godric. Pensò di parlarle l’indomani mattina, ma per il momento aveva solo bisogno di bere qualcosa prima di coricarsi – e magari mettere qualcosa sotto i denti; litigare gli metteva sempre un certo appetito.

Appena entrato in cucina, però, s’accorse che non era solo: una donna gli dava le spalle, spadellando davanti ai fornelli. Godric era certo di non averla mai vista prima, e per non disturbarla decise di prendere qualcosa in silenzio e consumare il suo spuntino nel suo appartamento privato.

“Godric, se vuoi qualcosa basta chiedere!” disse la donna lanciandogli un’occhiata divertita. Era Helga.

“Helga, ma come…?”

“Godric, sei una persona meravigliosa e hai mille qualità, ma devi lavorare ancora un po’ sul passo felpato” rispose lei con un occhiolino. “Prego, mettiti pure comodo, ci metto un attimo. Facciamo, birra tiepida, un po’ di pane, prosciutto salato, e una zuppa di fagioli e maggiorana per rilassarti un po’. Ehi, ti va un po’ di dolce? Se ti va è avanzata un po’ di torta con crema di nocciole, ed è un miracolo, considerando che i ragazzi a cena ne hanno prese almeno due o tre fette a testa!”

Benché in pubblico i quattro Fondatori si attenessero rigidamente alle forme di cortesia, in privato si lasciavano andare a un linguaggio molto meno studiato – idea di Helga, ovviamente.

Godric bevve un sorso dal boccale che Helga gli aveva riempito fino all’orlo, e si bloccò.

“Helga, che hai fatto a questa birra? Non è la solita sciacquatura di piatti che mi rifilano gli elfi…”

“Prima di tutto” lo interruppe lei, “gli elfi non ti danno una sciacquatura di piatti, ma la birra migliore di Scozia. E comunque, è diversa perché ho aggiunto un po’ di spezie e – chiamiamolo così – un tocco particolare. Ti piace?”

“Oh sì, assolutamente” disse lui annuendo vigorosamente. La birra l’aveva rinvigorito; non aveva mai capito come facesse, ma Helga riusciva sempre a trasformare ogni piatto in un vero toccasana. Non per niente era l’esperta in incantesimi culinari…

“Pensavo di chiamarla Burrobirra” disse lei sorridendo mentre con un guizzo di bacchetta terminava di imbandire la tavola per lui. “Dà la sensazione di un abbraccio, e non se ne ricevono mai abbastanza”.

Mentre la giovane riempiva un altro boccale per sé, Godric la studiò attentamente. Non capitava spesso un caso del genere: Helga si muoveva quasi sempre in compagnia di Rowena, ed era inutile dire che accanto a lei scompariva. La bellezza della Ravenclaw era nota in tutta la Britannia e anche oltre: capelli corvini, occhi neri e pelle perfetta la rendevano una delle donne più corteggiate d’Europa, con pretendenti che arrivavano dal Mediterraneo e dalla fredda Scandinavia. Accanto a lei ogni ragazza sarebbe apparsa invisibile. Eppure, senza Helga, si sentiva che mancava qualcosa. E questo fece tornare in mente a Godric una domanda.

“Perché oggi non sei passata in Sala Consiliare, Helga? Tra me, Salazar e Rowena è successo il finimondo…”

“E mentre voi litigavate, fuori c’era una scuola da dirigere, Godric. Siamo caratteri diversi, e ci mancherebbe altro; ma adesso che il nostro sogno è realtà, ora che c’è la scuola, le nostre divergenze devono essere messe in secondo piano, perché la nostra priorità sono i ragazzi”.

“Ma Salazar…”

“Godric, Salazar ha sempre avuto un carattere che cozza col tuo, e lo sapevi dal momento in cui tu hai proposto di coinvolgerlo nell’impresa per via delle sue conoscenze. E tanto per dirla tutta, sappiamo anche che non saresti capace di tenere la bocca chiusa neanche con un coltello puntato alla gola” concluse lei, mentre con un fluido movimento riempiva i due bicchieri di altro liquido ambrato.  “Ha idee strane, ma finché si limita a chiacchierare e non mette in pericolo gli studenti lascia un po’ correre, santo cielo!”

“Ma Helga, le sue idee peggiorano di giorno in giorno, non lo posso sopportare!”

“Godric, non mi piace la situazione, e alcune sue idee sulla ‘purezza del sangue’ mi fanno orrore, ma abbiamo deciso di fondare questa scuola in uno spirito di concordia, e dobbiamo cercare di trasmettere questo spirito ai nostri ragazzi e alle nostre ragazze, per quanto possibile”. Non urlò, non alzò la voce, ma il suo tono aveva un tono così definitivo che Godric non se la sentì di ribattere.

“Rowena ha lanciato una proposta per ancorare Salazar ad Hogwarts…” cominciò lui.

“Quale? No, aspetta, lasciami indovinare: un matrimonio combinato con una delle nostre parenti più giovani. È da qualche tempo che spera di imparentare tutte le nostre casate per rafforzare l’unione tra di noi”

“Già. Cerco di dissuaderla in ogni modo, ma sembra che per lei il matrimonio sia l’unica soluzione. Oggi ha tirato in ballo una sua cugina che si trova alla corte del re. M’ha anche chiesto se non avessi parenti femmine in età da marito, ma le ho detto di no”.

“Ma Godric, è una bugia! Ho conosciuto io stessa almeno una mezza dozzina delle tue numerose cugine ancora nubili!”

“Sì, ma lei e Salazar non lo sanno” concluse lui sorridendo, mentre attaccava la zuppa di fagioli.

Helga scoppiò a ridere. Era una risata fragorosa, senza alcun elemento studiato. Helga era diametralmente opposta a Rowena, e si notava più che mai in quel momento: i capelli, che di giorno erano raccolti in una reticella, ora scivolavano ribelli in onde biondo-rossicce fino al bacino; se la bella dama del glen ricordava a tutti la bellezza inarrivabile di una Venere, di quelle che Godric aveva ammirato nel suo viaggio nelle terre papali, la giovane richiamava alla memoria immagini di un passato lontano, i balli antichi in onore della Madre Terra, e lei era quella madre, che accoglieva tutti, che amava tutti senza barriere e senza cerimonie, senza badare al fatto che era scalza e senza alcun orpello, con addosso solo una vestaglia di morbida lana nera.

“Godric, mi hai sentito?” Il cavaliere fu richiamato all’ordine proprio dalla sua compagna di spuntino.

“Ero un po’ pensieroso, scusami”

“Figurati. Dicevo che, per quella questione del matrimonio, Rowena sta cercando di accasare tutti perché pare che si stia finalmente decidendo. Comincia a dire che una ragazza, una donna della nostra età, specie se di stirpe magica, deve sposarsi e dare vita ad una nuova generazione di maghi e streghe. Tu che ne pensi?”

A Godric quasi andò di traverso il dolce: “Fi-… figli? Io?” Si ricompose e riprese: “Insomma, devo trovare ancora quella dama che mi faccia desiderare di vivere accanto a lei per anni e anni, con quel certo non so che…”

Helga ridacchiò e gli si sedette accanto, guardandolo fisso negli occhi coi suoi, di un disarmante color nontiscordardimé. “E cosa sarebbe questo non so che?”

“Non lo so spiegare, ma penso…”

E fu il cedimento di un attimo. Non sapeva se era lui o la birra ad agire, ma Godric si ritrovò a sfiorare le labbra di lei con una delicatezza di cui non si riteneva capace – lui, da sempre dipinto come un re delle arti amorose, che amava con la potenza del fuoco -, con quella ragazza che gli stava accanto, che gli accarezzava il viso coi polpastrelli, che infilava le sue dita nella la sua chioma di fiamma, aveva paura di spezzare l’incantesimo.

“Non possiamo”

Fu solo un sussurro, ma spezzò quella bolla che li aveva avvolti per un tempo indefinito. Helga posò le dita della mano sinistra sulle labbra di Godric, mentre scostava il viso paonazzo.

Godric era senza parole, così si limitò ad una sola parola: “Perché?”

Lei prese alcuni respiri profondi prima di rispondere: “Godric, in un certo senso io sono già sposata. Questa scuola è la mia vita, questi ragazzi sono i miei figli. Non mi fraintendere, sei forse la persona che più amo al mondo, ma adesso è la scuola la mia priorità; quei ragazzi là fuori sono scappati da situazioni in cui erano perseguitati e odiati, sono soli e impauriti in un posto che non conoscono: ora hanno bisogno d’amore più di chiunque altro. Godric, sono certa che c’è una ragazza in questo mondo che sa amarti e che saprà darti tutto quello di cui hai bisogno, ma temo di non essere io, non per quel tipo di amore almeno”.

Helga prese le mani di Godric tra le sue, che sembravano così piccole, picchiettate di piccole lentiggini come il naso. “Noi siamo già uniti in un qualcosa di molto più grande, qualcosa che va ben al di là di unione fisica e bambini in cui ricercare le origini del naso o il colore dei capelli: Hogwarts ha la nostra forma, perché noi l’abbiamo creata a nostra immagine e somiglianza; ogni ragazzo che passerà di qui, tra dieci, cento o mille anni, avrà in sé un po’ di ognuno di noi. È una discendenza che nessuna unione carnale potrà mai eguagliare, non trovi?” E detto ciò, gli sfiorò l’angolo della bocca con le labbra, veloce e delicata come il battito d’ali di una farfalla.

“Io… io devo andare. Troppa birra, temo. Grazie della cena, Helga” disse Godric senza guardarla, e si fiondò fuori dalla cucina, lasciando Helga sola coi suoi pensieri.

* * *

“Messer Gryffindor”

“Madamigella Hufflepuff”

Il giorno dopo, quando si incontrarono per i corridoi, furono cortesi e cordiali come sempre, ma non appena si trovarono soli in Sala consiliare lei gli domandò: “Tutto bene?”

“Oh, certo, carissima. Solo che dopo la prima pinta di birra che m’hai dato ieri sera non mi ricordo niente… certo che doveva essere bella forte!”

“Non ricordi proprio… niente-niente?” le domandò lei, apprensiva.

“Il nulla cosmico” assicurò lui. Lei lo guardò intensamente per qualche secondo, ma non insistette. Dopodiché arrivarono Rowena e Salazar, e cominciarono una nuova giornata di lavoro.

* * *

Quella sera, quando si trovò solo nei suoi appartamenti nella torre, Godric ritornò ai momenti della sera prima, rivivendoli più e più volte, come un balsamo contro le stilettate di Salazar e le insistenze di Rowena.

Non li aveva dimenticati; del resto, come poteva? E se la parte più focosa di lui gli diceva di fregarsene di tutta la sua pappardella e tornare da lei, e cambiarle le idee a forza di baci - poteva farcela, doveva farcela -, la parte più saggia diceva che poteva andare bene anche così, che forse aveva ragione lei, che “quella giusta” sarebbe arrivata… e nel frattempo, avrebbe continuato ad addormentarsi nel sogno di capelli biondo-ramati e occhi celesti, il miglior sbaglio della sua vita.

* * *

Helga, dopo aver mandato gli elfi a dormire, si ritirò in camera sua, mentre davanti ai suoi occhi passavano di continuo i momenti della serata precedente. Godric, le sue labbra, il suo viso, i suoi capelli di fiamma...

Nessuno l’aveva mai fatta sentire così, prima. Era amore? Chi poteva dirlo! Ma sapeva che le era sembrato tutto così naturale, così giusto. Forse aveva sbagliato a dire di no, ad allontanare Godric; d’altra parte conosceva la sua cocciutaggine e il suo codice d’onore, e se l’avesse vincolato a sé in un qualsiasi modo lui avrebbe potuto perdere l’occasione di essere davvero felice.

“Signorina Helga, si sente bene?” chiese la sua elfa preferita, una piccola di nome Twinkle.

“Sì, Twinkle… sto ripensando al miglior sbaglio della mia vita”.



[1] Oggi, Sala Professori

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NdA: Sapendo poco dei personaggi, ho fuso l'immagine che va per la maggiore per i Fondatori con le mie personali convinzioni, e li ho immaginati attorno ai 25-30 anni, dopo pochi anni dall'apertura della scuola. Ho utilizzato i nomi nella versione originale inglese per una questione di uniformità.
   
 
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