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Autore: Lady Aquaria    03/02/2017    1 recensioni
Estratto dal capitolo 1:
Certo che voleva Camus, dentro di sé non aveva mai smesso di provare per lui qualcosa di più del semplice affetto; anche se a sé stessa lo negava, per Camus provava ancora amore.
"Io e papà ci siamo amati, un tempo."iniziò, cercando le parole più adatte."Amare, Lixue, capisci? È qualcosa di molto più forte del volersi bene."
"Quanto forte?"
Forte abbastanza da indurre una ragazza nemmeno ventenne a rivolgere fredde parole cariche d'odio all'altro. Un sentimento così intenso da indurla a restare a letto per giorni dopo il suo abbandono, tanto potente da spingerla a prendere a pugni il fratello che le aveva proposto di abortire.
EDIT: Storia completamente revisionata! Vale
Genere: Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aquarius Camus, Dragon Shiryu, Nuovo Personaggio, Shunrei / Fiore di Luna
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Le vie del Destino'
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Capitolo 34
34.
Hell is living without you.
[Soltanto un giocatore disperato tenta il tutto per tutto.]
Friedrich Schiller
Si svegliò in un bagno di sudore, la pelle d'oca su tutto il corpo e un'orrenda sensazione di pericolo imminente addosso: qualcosa che non provava dai tempi della scalata al Santuario di otto anni prima.
Ancora immersi nel buio, gli occhi impiegarono qualche secondo per riuscire a mettere a fuoco l'ambiente circostante e per vederla, china su di lui.
"Mei?!" la chiamò, allungando a tentoni una mano in direzione dell'abat-jour del comodino senza tuttavia riuscire a raggiungerla.
Brillavano di una luce sinistra i suoi occhi, nella penombra della stanza. Gli parve di scorgere anche una strana espressione sul suo volto, ma in quel momento tutto era scivolato in secondo piano: la cosa più importante e di vitale importanza in quel momento era la lama del tantō che Mei, ancora fortunatamente immobile, aveva appoggiato sulla sua gola.
"Mei." ripeté, rauco, cercando alla svelta un modo per toglierle di mano quella maledettissima lama senza farle del male: sarebbe bastato un minimo movimento per rimanere seriamente ferito –sgozzato, si corresse-. "Tesoro, che cosa succede?!"
"Non sono una spia!"
"…cosa?!" sgranò gli occhi, comprendendo in quel momento che Mei non era in sé. Come a Kobotec, capì che stava rivivendo quel maledetto incubo e che, questa volta, era peggiore. Come accidenti aveva potuto non accorgersi di quello che stava succedendo?
Allungò cauto una mano, posandola sul pancione.
"Ascolta, qualunque cosa stia succedendo, lascia che ti aiuti."
"Non toccarmi!!"
"D'accordo, d'accordo! Non ti tocco, va bene."
Ci fu un momento di stallo nel quale il tempo sembrò congelarsi."Mei, lascia che ti aiuti." continuò, con un tono di voce il più calmo possibile, prendendole delicatamente il polso.  
"Non ho più niente da perdere."
Mei calcò la mano e lui, d'istinto, espanse il Cosmo.
"MEI!" gridò, riuscendo a fatica a bloccarle entrambe le braccia: il bruciore lancinante sul fianco era segno che in qualche modo era riuscita a colpirlo, anche se, si augurava, di striscio. "Non di nuovo, ti prego! HYOGA!" gridò infine, non riuscendo ad avere la meglio. Questa volta era diverso da quella notte all'isba: stava lottando a viva forza contro qualcosa, lanciando delle urla atroci che gli stavano trapassando i timpani e che, naturalmente, avevano svegliato l'intera undicesima casa.
"Bozhe moj." [Dio mio]
Si sentì sollevato non appena udì la voce di Hyoga appena fuori dalla loro stanza.  
"Aiutami, non so più che fare."
"Mamma!!!"
Hyoga fermò Lixue prima che potesse entrare nella stanza dei genitori: era molto spaventata, ma in quel momento era l'ultimo dei problemi.
"No, no. No, è meglio che tu non veda nulla. Mamma starà bene, vai a cercare aiuto con Freya."
"Oh mio Dio."
"Portala via, subito!"
"Vieni con me, tesoro." sussurrò Freya.
Lixue era ancora ferma davanti alla porta della camera dei genitori, lo sguardo spaurito mentre stringeva tra le braccia Mushu, il suo peluche.
"Che cosa succede alla mamma?"
La principessa la prese in braccio, allontanandosi rapidamente dalla camera.
"Non lo so." ammise. "Ma il tuo papà e Hyoga faranno di tutto per farla stare bene."
"Mai sentite urla di questo genere, sembra la stiano scuoiando viva." commentò Hyoga, aumentando il Cosmo e unendolo a quello di Camus.
"L'ultima volta si è svegliata dopo le urla, però. Ho aspettato troppo, avrei dovuto fare qualcosa già allora. Non osare farmi una cosa del genere Mei, te lo proibisco!" aumentò la stretta, portando il Cosmo a livelli di guardia. "Mi senti? Te lo proibisco!"
"Vuoi farti venire un infarto?" Hyoga guardò il maestro "Per l'amore di Athena, calmati!!"
Allertato dai Cosmi di Hyoga e Camus, Dohko entrò di gran corsa all'undicesima casa.
"Vai a chiamare Shion, digli da parte mia che è necessaria una riunione urgente." ordinò a Freya, prima di entrare nella camera da letto.
La principessa e Lixue corsero di gran lena fuori dalla casa dell'Acquario, una diretta al tredicesimo tempio, l'altra verso l'ottavo.
 
**
 
L'intervento di Dohko in qualche modo riuscì a riportare in piedi la situazione, aiutando Camus e Hyoga a far ritornare Mei in sé.
"Lascia la presa." ordinò a Camus. "Dovrebbe riprendersi tra poco."
"Cos'avete fatto?" domandò Hyoga, esterrefatto.
Dohko si allontanò qualche passo mentre Camus faceva lo stesso, scendendo dal letto.
"Ho agito su uno dei meridiani principali del capo." rispose. "Quello che, come mi ha ricordato Shaka, corrisponde a grandi linee al sesto chakra."
Aphrodite, ancora mezzo assonnato, si svegliò definitivamente quando vide i calzoni del pigiama di Camus macchiati di sangue.
"...quel sangue è di Mei?" gli domandò, avvicinandosi.
L'altro scosse la testa.
"No, per fortuna. È mio, mi ha colpito di striscio con il tantō." rispose soprapensiero, rimuginando sulle parole di Dohko: meridiani, punti di energia, flussi vitali... aveva letto qualcosa a proposito, su un opuscolo informativo sul Qi Gong che aveva letto al dojo, una volta, mentre aspettava che Mei uscisse da lavoro.
"Ecco perché non amo le armi, ci vuole un nanosecondo a ferirsi seriamente." commentò Aphrodite, raccogliendo il pugnale e posandolo sul davanzale. "Vado a prendere la mia borsa e torno subito. Non ti spiace se ci do' un'occhiata, dico bene?"
Camus scosse la testa e si chiuse nel suo solito contegno algido, mentre dentro sentiva il sangue ribollire, preoccupato come non mai.
Avrei dovuto fare qualcosa già allora, si ripeté, incapace di darsi pace, quando eravamo all'isba.
Perché non aveva chiesto aiuto? Avrebbe dovuto parlarne con Dohko e Shion quando Mei era ancora nel pieno delle forze, quando non era così vulnerabile. E invece, stupidamente, aveva abbassato la guardia proprio nel momento meno opportuno.
Athena, non ho mai chiesto niente per me stesso, ma ti prego, fa' che non sia troppo tardi, ti supplico.
Insieme ad Aphrodite arrivò anche Mu; quest'ultimo si affiancò a Dohko, che stava esaminando Mei già da un po'.
"Come sta? E i bambini?"
"Sono agitati, ma Aphrodite dice che è un bene, sono reattivi."
"Camus, in cucina per favore."
"Preferisco restare qui."
"E io preferisco lavorare con la luce. Ci metterò pochi minuti, stai tranquillo."
Controvoglia, Camus si alzò e lo seguì. In cucina, Aphrodite aveva dispiegato un lenzuolo usa e getta da ospedale e sistemato i ferri del mestiere sul piano cucina.
"Sul tavolo, avanti. Sembra che ti piaccia farmi da cavia." commentò Aphrodite, scostando con delicatezza il tessuto dalla ferita, corrugando la fronte subito dopo. "Non è ampia, ma è profonda: ci vorrà più di qualche punto."
"...visto? Ora hai anche la tua ferita lacero-contusa, dovresti ringraziarmi."
"Ne vedo fin troppe. È una ferita da taglio, e tu sei sotto choc."
"Non è vero."
"Hey, chi è il medico tra noi due?"
"A proposito di medici, al posto tuo andrei in pronto soccorso per un controllo, sei pallido e-..." interloquì Aiolia, entrando in cucina.
"Sono sempre così."
"Così... color mozzarella?"
"Ah. Ah. Ah. Divertente. Che battuta originale da fare a un rosso." sbottò Camus.
"Va bene, cercavo di sdrammatizzare." si arrese Aiolia. Gli sfiorò un piede e rabbrividì. "Però insisto sul pronto soccorso, senti? Hai le estremità ghiacciate, come fai a dire che va tutto bene?"
"...sono sempre così." puntualizzò Camus.
"Dovresti sentirgli le mani, sembrano iceberg." commentò quindi Aphrodite. "Ma del resto, con una temperatura corporea naturalmente stazionaria intorno ai 36°C, è normale che abbia le estremità un po' fredde."
Aiolia sgranò gli occhi, stupito.
"36°C? Chissà Mei quanto sarà contenta quando la tocchi."
Già, Mei.
"In certi frangenti non si è mai lamentata di quanto son fredde le mie mani." rispose Camus.
"A proposito. Che cos'è successo là dentro?"
"Non lo so con certezza. So solo che mi sono svegliato di colpo con la lama sulla gola e che ho provato a fermarla per evitare che si facesse male. Non so neanche come abbia fatto a colpirmi, la tenevo stretta e pensavo di averla sotto controllo." spiegò Camus.
"In casi come questi purtroppo niente è prevedibile." interloquì Mu, sulla porta della cucina.
"Stanno tutti bene?"
"I bambini sì, a Mei ci stanno pensando Dohko e Shaka, a quanto pare torna ad agitarsi non appena sente la mia voce. È in buone mani, fidati."
Aphrodite fu più veloce di quanto si aspettasse: anni prima, quando aveva fracassato il vetro dello studio con un pugno e si era ferito l'avambraccio, aveva impiegato molto più tempo a ricucire la ferita.
"Se dovessero riaprirsi i punti sai dove trovarmi, ma ho fatto un lavoro eccellente... non rovinare tutto facendo il John Rambo della situazione, intesi?" si raccomandò Aphrodite. "Niente cuciture di fortuna e fatte a casaccio. Ah, e togli quel maledetto coltello da sotto il cuscino, adesso ti è andata bene, la prossima volta potrebbe sgozzarti."
"Non era sotto il cuscino, quella di Mei era una battuta. Lo tiene nel cassetto del comodino."
Aphrodite sospirò.
"Sai, nel cassetto del comodino di solito tengo i caricabatterie, i preservativi, il collirio... ma niente armi letali. Se quella roba la prendesse tua figlia, sai come potrebbe finire? Sei adulto e vaccinato, non devo dirtele io queste cose." lo riprese. "Ascolta, prendi queste per almeno due giorni, per scongiurare un'infezione."
"Lo farò, grazie."
Tornò in camera mentre Aphrodite sgomberava la cucina.
Shaka si avvicinò a Mei, alzando con delicatezza una palpebra e guardando l'occhio.
"Vedo la pupilla: qualunque cosa tu e Mu abbiate fatto, ha funzionato per il rotto della cuffia. Ma non avremo lo stesso successo la prossima volta."
"Lo so." rispose l'interpellato, pensieroso. "Anche perché non ci sarà una prossima volta."
Athena, ti supplico.
"Come sta?"
"Sta per riprendersi, ma..." rispose Dohko. "Ho avvertito Shion dell'accaduto, dobbiamo in qualche modo porre rimedio a questa situazione prima che ci sfugga totalmente dalle mani."
Annuì senza replicare, lo sguardo fisso su Mei, ancora inerme e distesa sul letto; preso un pigiama pulito, si cambiò rapidamente in bagno e d'un tratto la vide muovere le mani, agitata. Riaprì gli occhi un istante dopo, con uno strano lamento.
"Bentornata tra noi, cara." sorrise Dohko, seduto sul bordo del letto.
Dopo un attimo di smarrimento, Mei riuscì a metterlo a fuoco, sobbalzando subito dopo.
"I bambini!! Dove sono i miei bambini?"
"Va tutto bene!" le disse Dohko, prendendo la sua mano e posandola sul pancione. Sotto, i piccoli scalciavano, sicuramente contagiati dall'agitazione della madre. "Eccoli, li senti? Sono ancora qui, dove devono essere: va tutto bene, rilassati."
Si levò a sedere con fatica.
"No. Non va tutto bene… io... non c'erano più!" gli spiegò, singhiozzando. Si guardò intorno, accorgendosi solo in quel momento di Aiolia, Shaka e Mu in fondo alla stanza. "Che cosa è successo? Oh no. Oddèi, no."
Camus tornò a sedersi accanto a Mei, strofinandole la schiena.
"So che sei davvero agitata adesso però... dovresti calmarti." le disse.
"Camus ha ragione. Prova a rilassarti un poco, non fa bene né a te, né ai bambini. Intanto cercheremo di capire che cosa ti turba così tanto."
Rilassarsi era un eufemismo in quel momento.
"Non capisci... non hai visto quel che ho visto io."
Mu le porse del lassi che Shaka aveva appena portato.
"Intanto bevi questo, ti farà bene."
"Aiuta a distendere i nervi." spiegò Shaka.
"Rimettiti in forze e calmati, ti aspettiamo al tredicesimo Tempio per parlare di questo problema, d'accordo?" concluse Dohko.
"...miei Dèi, subito?" si lamentò Camus.
"Prima si risolverà la questione, meglio sarà."
Mei annuì appena, decidendo di prendere qualche sorsata di lassi.
"Credo sia meglio lasciarle un po' di tempo per sistemarsi." suggerì Mu. "Tutti quanti, usciamo e lasciamola respirare."
"Io resto qui." rispose Camus. Non appena i compagni furono usciti, si accovacciò davanti a Mei. "Va meglio?!"
Lei scosse la testa, ancora troppo agitata per parlare.
"Ascoltami, non sei obbligata ad andare adesso alla tredicesima casa. Rimandiamo a domattina."
"No." rispose Mei in un sussurro rauco. "Se mi addormento lei ritorna ancora."
"D'accordo. Prenditi tutto il tempo che vuoi, non c'è fretta. Di cosa hai bisogno in questo momento?"
Con un braccio circondò il pancione, con una smorfia che lo preoccupò, e con l'altro lo tirò a sé.
"Sono qui, non me ne vado."
Per un lunghissimo lasso di tempo invece, l'aveva perduto di nuovo; si era sentita come anni prima, quando, tornata a casa dopo i funerali dei Saints caduti, la sua corazza si era incrinata e rotta in mille pezzi lasciandola totalmente esposta al dolore.
Ricominciò a piangere senza quasi accorgersene, rendendosi conto che era stata a un soffio dal perdere tutto ciò che amava.
"Devi credermi, non c'erano più."  
"Ti credo, lo vedo da quanto sei spaventata." le rispose, allungando una mano al suo viso.
Serrò gli occhi, posando una mano su quella di Camus e trattenendola:
"...povero te, che male hai fatto nelle tue precedenti vite per meritarmi in questa?"
"In questa e nelle prossime." la corresse, sorridendo.
Ridacchiò appena, nervosamente, ma il lassi che aveva bevuto non le aveva fatto per niente bene: appena avvertì l'acido farsi strada in gola, si alzò in tutta fretta e corse in bagno.
"...stavo per chiederle come stava, ma a quanto vedo, non bene."
Camus si voltò verso Milo.
"Per niente. L'abbiamo riportata di qua per un soffio." gli rispose, seguendo Mei in bagno. "Che sia dannata quella stramaledettissima bastarda che sta dall'altra parte."
Sorpreso per le parole dell'amico, Milo si mosse nella loro stessa direzione.
"Non parlare così." gli disse.
L'altro aiutò la compagna, sorreggendole la fronte con una mano e scostandole i capelli con l'altra.
"Che cosa maledizione crede di poter ottenere, una volta qui? Il mio incondizionato, smisurato amore? Non otterrebbe niente, forse un biglietto di sola andata per l'inferno." sbottò Camus. "Ha sofferto, non lo metto in dubbio. Ha amato e sperato che tutto andasse per il meglio e non è accaduto, e posso capire anche questo. Ma non posso e non voglio capire ciò che da anni sta facendo: non può vivere una vita che non le appartiene, non può essere così egoista da mettere a repentaglio la vita di una donna e dei suoi bambini per un miraggio. Da me non otterrebbe che odio, non è lei il mio destino."
I conati si fermarono dopo diversi minuti; Mei allungò una mano e tirò lo sciacquone, sedendosi, infine, per terra. Accettò la salvietta bagnata che Camus le stava porgendo e si rese presentabile.
"Ora come va?"
"Ho male dappertutto. Mi fa malissimo questa spalla, credo di averci dormito su." rispose lei, massaggiandosi la spalla e il braccio sul quale Camus aveva praticato la leva. "E questa posizione è scomoda... aiutami ad alzarmi."
"...e qui viene il bello." commentò Camus, cercando di alleggerire la situazione. "Come faccio a tirarti su? Pesi più di me."
Lei ridacchiò sommessamente, le mani sul pancione.
"Ti prego non farmi ridere o va a finire che faccio pipì qui per terra." sorrise, esausta. "Milo! Tu sì che sei un vero amico: non scappi a gambe levate nemmeno dopo avermi vista nel peggior modo possibile."
"Sciocca." sorrise Milo a sua volta, aiutando Camus a tirarla su dal pavimento.
"...Lixue, dov'è?"
"Shaina l'ha portata alla settima casa, da tua cognata, non appena Shion ha richiamato tutti al tredicesimo tempio."
"Perché non è nella sua stanza?!"
Seguirono diversi secondi di silenzio a quella domanda.
"Uno di voi due sarebbe così gentile da rispondermi?"
"Ha sentito cose che non avrebbe dovuto ascoltare." spiegò Camus.
"...ad esempio?"
Preferì omettere i dettagli, decidendo di raccontarle il minimo indispensabile: aveva iniziato a urlare e agitarsi e la figlia, dopo averla sentita, aveva provato a entrare in camera, preoccupata. Tutto lì.
"Coraggio, siamo attesi al tredicesimo tempio." la spronò, prima che potesse chiedere altro.
Ancora un po' debole, Mei si recò in camera, per cambiarsi il pigiama sporco.
"Non avresti dovuto mentirle." Milo lo seguì in corridoio, diretti alla sala principale dell'undicesimo tempio dove l'armatura dell'Acquario faceva bella mostra di sé.
"Lo so. Ma hai visto anche tu com'è agitata."
"Se ne accorgerà comunque e sarà peggio."

"E che cosa avrei dovuto dirle? Niente di che, dai. Durante l'incubo per poco non mi hai sgozzato e sventrato con il tuo tantō ma beh, a chi non capita? Ma che cosa ti passa per la testa, mh?"
"Per me non è una buona idea."
Nascondeva le sue paure sotto l'autocontrollo e la solita corazza di ghiaccio, ma era spaventato quanto sua moglie in quel momento: temeva per i bambini, temeva per Mei, temeva per le loro esistenze. La loro bella famiglia, per la quale si era anche letteralmente sacrificato, poteva dissolversi tutto nel giro di poche ore ed era terrorizzato.
Un minimo di comprensione sarebbe stata più che gradita.
"Grazie mille Milo, mai e dico mai una parola di conforto nei miei riguardi eh."
"Stai fraintendendo le mie intenzioni: non ti sto rimproverando, ti sto dicendo di essere chiaro con lei: può scoprirti in qualunque momento. Facendo la doccia, o quando siete a letto. A meno che tu non intenda condurre vita monacale comportandoti da verginello impaurito anche dopo che quel taglio sarà guarito: insomma, rimarrà una bella cicatrice, e se dovesse vederla, ti chiederebbe spiegazioni. Perché la sottovaluti? È più forte di quel che pensi!" rispose Milo, ripensando ai tragici giorni successivi alla scalata del Santuario. "Dopo otto anni insieme e quasi quattro creature, ci sono cose di lei che ancora non conosci."
Stava per rispondergli, quando sentì un fruscio dall'interno.
"...chiedo scusa, ma ho visto che ero in uno stato molto più pietoso del previsto." li interruppe Mei, uscendo dalle stanze private. Si era rassettata un poco, giusto per andare da Shion e porre fine alla svelta a quel dannato problema. "Che cosa succede ancora?"
Camus le sorrise incoraggiante, circondandole la vita con un braccio e chinandosi appena per tirarla su.
"Non azzardarti a prendermi in braccio, ti faresti male." lo minacciò, invano. "Cam! Maledizione, mi ascolti quando parlo?"
"Non quando dici sciocchezze." replicò lui, avviandosi fuori dall'undicesima casa con passo svelto, come se stesse portando in braccio una piuma anziché una donna incinta.
"Oddèi, ho la brutta impressione che stanotte saremo in cinque a finire in ospedale." sospirò Mei. "Odio sentirmi una povera fanciulla indifesa che ha bisogno dell'aiuto del bellimbusto di turno."
Milo ridacchiò.
"Meglio così, dolcezza, altrimenti al tredicesimo tempio arriveremmo il prossimo secolo." le disse, scoccandole un occhiolino. "Io vado avanti ad avvisare gli altri del nostro arrivo."
"Già che ci sei, avverti il traumatologico del prossimo arrivo di un paziente con una bella serie di ernie nelle zone L1-L5."
"La prolungata esposizione a Grey's Anatomy da' i suoi frutti, a quanto pare."
"Non prendermi in giro, non sono un medico ma per lavoro ho dovuto studiare anche io certe cose."
Superata la dodicesima casa, Camus rallentò il passo.
"...a-ha, sapevo che avresti ceduto prima o poi: vedessi come ti si è gonfiata la carotide! Neanche il delta dello Yangtze ha tutti questi rami!"
Sospirò, stanco; non per il peso che stava portando, ma per tutta la situazione.
"Mei. Non sono stanco. Ho paura."
Serrò la stretta intorno alle sue spalle, affondando il volto nell'incavo del suo collo.
"Scusami." sussurrò. A volte dimenticava che in certe situazioni lui tendeva a chiudersi a riccio, a differenza sua che invece sfoderava sarcasmo e ironia. "Mi dispiace."
Dalla sommità dell'ultima rampa di scale, Milo li squadrò, le mani sui fianchi.
"Dai, che forse facciamo in tempo a preparare i fuochi d'artificio per capodanno!"
Cretino.
"Dai, mettimi giù adesso." non voleva farsi vedere in braccio al suo compagno, dopotutto non era una di quelle sciocche donnette da romanzi rosa: Camus si chinò, posandola a terra con delicatezza, quindi tentò di raddrizzarsi.
"Ehm... avviatevi al tredicesimo tempio, io arrivo subito. Forse. Spero."
"Aveva ragione Mei, bisognerà avvisare il traumatologico." scherzò Milo.
"Odio dovertelo dire, ma... te l'avevo detto." sospirò Mei, cercando di aiutarlo: gli circondò la vita con un braccio, decisa a sorreggerlo fino al tredicesimo tempio.
"Non so se ridere o piangere." ridacchiò Camus, con una smorfia.
"Ho preso venticinque abbondanti chili e ho superato il tuo peso, come potevi riuscire a portarmi su? Che rottame testardo mi son presa per marito!"
"Ah, sono anche un rottame, adesso? Tra i tuoi doveri di moglie c'è quello di curarmi quando sono malato!"
"Aspetta, aspetta... ricordo di aver detto prometto di amarti e sostenerti fedelmente ogni giorno, nella buona e nella cattiva sorte durante tutta la nostra vita, non ricordo altro!"
"No no, c'era anche in salute e in malattia."
Milo vide l'amica stringersi il compagno al petto prima di baciarne la testa; stavano ridendo entrambi e Camus, dopo un paio di secondi, riuscì a raddrizzarsi a fatica.
"Alla buon'ora, stavamo diventando vecchi." sorrise loro, quando l'ebbero raggiunto. "Coraggio, vi stiamo aspettando."
E, esattamente come svariati anni prima quando era stata convocata al cospetto del Sacerdote impostore, si sentì a disagio all'idea di tornare al centro dell'attenzione, come una formica sul vetrino di un entomologo; cercò la mano di Camus e trovò quanto cercava: una stretta forte, capace di infonderle il coraggio che le serviva.
"Dans le bonheur et dans les èpreuves." [nella buona e nella cattiva sorte]
"Shi de." [sì]
 
**
 
"Questo posto mi ha sempre messo i brividi. A maggior ragione se sei al centro della scena e sono le sette del mattino." sussurrò Mei, attraversando il tredicesimo tempio accanto a Camus. "No, non darmi il mantello, va bene così."
Giunti agli scranni riservati ai Gold Saint, già tutti occupati, Camus insisté per farla sedere al posto suo, restando in piedi dietro di lei.
"Mi rendo conto che avresti preferito riposare, dopotutto sta albeggiando e sarai esausta." le spiegò Shion. "Ma Dohko mi ha spiegato a grandi linee la situazione e credo sia il caso di porre fine a tutto ciò con una certa urgenza. Riesci a spiegarci cos'hai visto questa volta?"
Ancora troppo sconvolta per parlare in greco, in un cinese fin troppo rapido -per praticamente tutti i presenti a ovvia eccezione di Shion, Dohko e Mu-, Mei spiegò che dopo il solito incubo, si era trovata a vagare in un Santuario che non riconosceva, in un corpo che non era il suo e in una realtà che non le apparteneva: Hades non si era ancora risvegliato, i soli Saint vivi erano i sopravvissuti della scalata al Santuario e lei viveva all'ottava casa, Milo la trattava come una pazzoide fuori di testa e soprattutto non era incinta: il suo destino e quello del suo alter ego avevano preso strade completamente diverse a partire dalla fine di Ares.
"...Mu stesso mi trattava come se fossi stata una squilibrata pronta a fare gesti inconsulti da un momento all'altro. Da quel poco che ho capito credo addirittura che sia tenuta costantemente d'occhio, che le sia quasi impedito di uscire di casa. L'ultima cosa che ricordo è che mi stavo difendendo: non ho più niente da perdere... sì, credo di aver detto qualcosa del genere."
"Ed ecco spiegato perché la mia voce ti agitava tanto."
Dohko tradusse a beneficio degli altri Saint, mentre Mei cercava di calmarsi.
"È stato in quel momento che sono intervenuto." annuì Camus, quando la traduzione terminò.
"Non è stato il solito incubo, sei stata lei per qualche istante: è stata abbastanza forte da farti vedere come vive senza però riuscire a prendere il tuo posto." ragionò Mu.
Qualche istante... Camus inarcò un sopracciglio. Per lui quei minuti erano stati lunghi come ore.
"Non è stato un suo errore, credo piuttosto che l'alter ego si sia volutamente limitata: ha testato le resistenze di Mei e ora che ha capito come usarla per raggiungere i suoi scopi, farà di tutto per avere successo."
"Oddio, quando finirà quest'incubo? Perché le sta facendo questo? La sta torturando da anni!"
"Proprio non lo capisci Camus? Mei ha tutto: ha te, ha i tuoi figli, trascorrerà la sua intera esistenza con te. L'altra non ha niente. Vive con un uomo che non ama e che la considera pazza."
"É solo disperata, non pazza." sussurrò Mei.
"Non la giustificare."
"Ma non la sto giustificando! Io la compatisco, è diverso. Ho provato sulla mia pelle la stessa disperazione." disse Mei. "Sentire l'uomo che ami mentre si spegne, vedere il suo corpo su un tavolo, sapere che non lo rivedrai mai più... solo chi l'ha provata può capire fino a che punto può arrivare la disperazione. Sei inerme e del tutto in balìa del dolore e in quei momenti orribili sei disposta a fare qualunque cosa per non sentirlo più."
Camus le strinse la spalla, comprensivo.
"L'altro me ti considera pazza? Sicuramente é un imbecille." interloquì Milo, facendola sorridere.
"Giunti a questo punto temo non ci sia altra soluzione." commentò Shion, guardando Dohko. "Anche perché non abbiamo altro tempo per pensare a un'alternativa."
Dohko annuì, con aria grave.
"Temo proprio di sì.
"Che cos'avete in mente di fare?" interloquì Camus.
"Bloccare l'altra anima."
Camus inarcò un sopracciglio.
"Ah, tutto qui. Bloccare l'anima..."
"Senti un po', ragazzino, non mi piace la punta nemmeno troppo velata di sarcasmo che hai appena usato: io non derido le tue capacità, tu non deridere le mie."
"E se dovesse far resistenza?" intervenne Shiryu.
"La mia intenzione primaria è bloccarla e impedirle ogni accesso futuro. Ma se si renderanno necessarie le maniere forti, allora la elimineremo."
"Potrebbe aver ripercussioni negative sui bambini?"
Dohko le sorrise, con fare paterno.
"No, non preoccuparti."
"E su Mei?" interloquì Camus.
"Scusate se disturbo le signorie vostre, ma giacché sono stato costretto ad alzarmi dal letto per venire qua, vorrei almeno capirci qualcosa." esclamò DeathMask.
"Nessuno ti obbliga a rimanere." intervenne Shiryu.
"Non ho parlato con te."
"Dunque, prima dell'intervento di questi due fanciulli, stavamo dicendo che qualunque cosa decideremo di fare, non danneggerà in alcun modo i bambini né Mei, in quanto le anime e le dimensioni cui appartengono sono del tutto scollegate tra loro." Dohko pose fine alla questione, lanciando un'eloquente occhiata a entrambi.
"E intervenendo, in qualche modo riusciremo a sistemare la faccenda una volta per tutte? Questa volta c'è mancato davvero poco, non riuscivo a svegliarla."
"Come sarebbe a dire?"
Come quell'ultima volta all'isba, aveva iniziato a scuoterla usando il Cosmo per svegliarla, ma senza successo; senza l'intervento di Hyoga e del suo Cosmo probabilmente Mei non si sarebbe più ripresa.
"Non è merito mio, ho sentito la presenza di altre persone nella stanza." si schermì Hyoga, avvertendo subito dopo l'occhiata di Camus. "Una di loro era sicuramente mia madre."
"Magari mi sbaglio ma... credo d'aver percepito un terzo Cosmo, che si è affievolito quando Mei si è ripresa." spiegò Milo. "Lo stesso che ho avvertito qualche mese fa mentre voi due eravate a Kobotec."
Mei rabbrividì: dunque mesi prima non si era sbagliata, quella sensazione, provata durante l'aggressione di Oleg, non era dovuta all'adrenalina.
"Potrebbe trattarsi di Degél?" domandò Camus. "So che è stato molto vicino a Mei negli anni passati."
"Non ha mai smesso di starmi vicino." puntualizzò lei.
"Lo avverto anche io, ma sfortunatamente gli spiriti non possiedono Cosmo." disse Dohko. "Quindi, per quanto ciò sia poetico e in qualche modo mi conferma ciò che già sapevo sul conto del mio compianto compagno d'armi, Degél non ha potuto né potrà in futuro aiutarti in questo senso."
"Eppure l'ho avvertito anche io." interloquì Shiryu. "Un Cosmo mai sentito prima ma familiare."
"Io credevo fossi tu."
Milo guardò Hyoga.
"Io? Quando sono arrivato Mei si era già ripresa, tu e Camus avevate già sistemato tutto."
"Eppure quel Cosmo assomigliava molto al tuo e l'ho sentito proprio in casa, molto vicino." insisté Hyoga. "Per questo ho pensato fossi intervenuto tu."
"Beh, io non c'ero o avrei assestato un bel calcio nel sedere a quei dannati bastardi."
Mu si schiarì la voce, riflettendo su quello scambio d'informazioni: i soli spiriti, per quanto potenti, non erano del tutto in grado di intervenire efficacemente contro minacce di quel genere. Dohko aveva ragione. Degél, per quanto capace di interagire con i vivi, non possedeva certe capacità. Doveva esserci altro sotto: a quel punto il Cosmo sconosciuto non era solo dentro la stanza.
"Mei, a quale segno zodiacale appartengono i feti?" esordì, di punto in bianco, interrompendo Milo.
"Drago."
"Ma no. Parlo dello zodiaco occidentale."
"In teoria il cesareo é previsto per la prima metà di maggio, quindi nasceranno sotto il segno del Toro." rispose Camus.
Shiryu corrugò la fronte.
"Il Cosmo che ho sentito prima però non aveva nulla in comune con quello di Aldebaran." disse.
"E tu, Mei?"
"...Scorpione." rispose dopo qualche attimo, quasi all'unisono con Camus.
Mu tacque qualche minuto.
"A cosa stai pensando?" gli domandò Shaka.
"Nulla di che, sarebbe una teoria troppo azzardata e priva di precedenti." rispose, scuotendo la testa come per scacciare quei pensieri.
"Spiegati, magari non è così assurda come credi." insisté Shaka.
"D'accordo. Dunque sappiamo che, a differenza di tuo fratello, non hai sviluppato il Cosmo e quindi questo è rimasto latente e nascosto da qualche parte dentro di te come succede alla stragrande maggioranza degli esseri umani." spiegò Mu. "Le cose però sono cambiate: da quando i tuoi incubi hanno iniziato a farsi più pressanti, il Cosmo è uscito allo scoperto e si è manifestato, attivando dei meccanismi di difesa."
Camus corrugò la fronte.
"Non ho mai sentito niente."
"Questo perché non è attivo direttamente su di lei, ma dentro di lei."
"...no." sussurrò Mei, serrando gli occhi.
"Forse uno dei feti ha avvertito il pericolo e ha in qualche modo assorbito il Cosmo per difendere la madre. Come se l'avesse ereditato."
L'intera sala divenne sinistramente silenziosa dopo quelle parole.
Poteva mai essere? Certe cose potevano davvero essere ereditate come il colore degli occhi o dei capelli?
"Beh, a dire il vero tua figlia ha ereditato qualcosa. Resiste piuttosto bene al freddo, ma il suo Cosmo è un discorso a parte, è acerbo e rimarrà tale, temo." rispose Dohko. Pensò ai suoi antichi compagni d'arme e a chi li aveva preceduti: quanti di loro avevano vissuto abbastanza a lungo da poter mettere su famiglia? Pochissimi, si potevano contare sulle dita di una mano. "Pochi Gold Saint finora hanno vissuto a lungo, quel tanto che basta, cioè, a mettere al mondo dei figli."
"A parte te e Ilias." interloquì Shion, in cinese.
"A parte Ilias." lo corresse Dohko, sbrigativo. "Ilias e basta, Shion, non ne parlo da più di cent'anni e non voglio parlarne ora. Esiste la remota possibilità che la teoria di Mu sia esatta, in qual caso potrebbe non solo possedere caratteristiche affini a Milo, che governa il segno di Mei, ma anche affini a te."

Milo proruppe in un largo sorriso. 
"Ci pensi, Mei? Potresti dar vita a un Saint in grado di paralizzare il sistema nervoso e congelare l'avversario nello stesso momento!"
"Non è il momento più adatto per parlarne." lo interruppe Camus, notando lo sguardo di fuoco della compagna.
"Come Hagen ad Asgard potrebbe quindi manipolare più poteri?"
"Molto probabile, Hyoga. Ma finché non saranno al mondo, non lo sapremo con certezza anche se spiegherebbe l'autodifesa operata dal bambino o dai bambini, a questo punto tutto è possibile."
"Oppure, se mi è concesso parlare, azzarderei l'ipotesi che sia stato Kardia, in qualche modo, a intervenire. La stessa sensazione l'ho vissuta anni fa, durante il periodo della guerra contro Hades, e all'epoca avevo già ampiamente partorito." spiegò Mei. "È successo a me, so che cosa ho provato."
"Ipotesi più ragionevole, la tua." interloquì finalmente Shion. "Ricorda che cosa ti ho detto nel vecchio osservatorio."
"Scusa Shion, ma come Degél, Kardia è uno spirito e non può..."
"...perdonatemi se vi interrompo, Maestro, ma Degél non ha alcun potere su di me per il semplice motivo che non appartengo al suo segno. Al contrario, Kardia può influenzarmi. Siete stato voi a dirmelo, ricordate?"
"Kardia o no, Mei, resta comunque una difesa debole, inadatta a reggere la situazione. Spero che la soluzione proposta da Shion sia semplice come dice... bisogna creare un collegamento con la tua mente, entrare nel tuo inconscio e raggiungere il tuo alter ego." spiegò Dohko.
"Quanti tentativi abbiamo?" domandò Shaka.
"Uno solo."
Shaka scosse la testa.
"Lascio volentieri a qualcun altro il compito di aiutarti, non sono sicuro di poterlo fare."
"Death potrebbe." intervenne Aphrodite.
Camus si schiarì la voce, ignorando DeathMask e guardando poi Saga.
"Tu potresti riuscirci."
L'altro annuì, osservando Mei voltarsi di scatto, inviperita, verso il compagno.
"Una volta che io e Shion raggiungiamo l'alter ego attraverso l'inconscio di tua moglie, potrei usare un colpo psichico e rimuovere i suoi ricordi, obbligandola a dimenticarsi di lei. Se opporrà resistenza, la obbligherò a uccidersi." spiegò Saga, annuendo. "Sì, non sarà così difficile. Credo di potercela fare."
"Che mostruosità." interloquì Shiryu.
"Sono contrario alla violenza, eppure non c'è molta scelta: l'altra Mei ha intravisto in tua sorella una possibilità di vivere la vita che lei sta vivendo e sfuggire a una situazione insostenibile. Se dovesse succedere, la cosa migliore che potrebbe capitarle è finire al posto suo: ne ha avuto un assaggio durante l'ultimo incubo, perderebbe ogni cosa."
"Contrario alla violenza? Tu, contrario alla violenza?! Siamo in questa situazione perché sicuramente le tue manie di dominio hanno contagiato le tue anime anche nelle altre dimensioni scatenando catene di episodi violenti e tu saresti contrario alla violenza? In tredici anni ne hai combinate più tu che Gengis Khan in tutta la sua vita e hai ancora il coraggio di sparare certe affermazioni? Tua madre non avrebbe mai dovuto partorirti, né in questa dimensione né in nessun'altra!!" sbottò Mei, furibonda.
Dohko indicò Mei a Shion: l'aura che la circondava era la stessa che, ai loro tempi, aveva circondato Kardia.
"Avevi ragione." mormorò.
"Come sempre." sorrise Shion.
"Mei-Yin." intervenne Aiolos, a bassa voce.
"Dopo quello che vi ha fatto insistete a difenderlo?"
"Erano altri tempi e altre situazioni, tu non puoi capire."
"No, e nemmeno voglio provare a farlo. Non ho l'Alzheimer, mi ricordo benissimo quel pomeriggio, in questo stesso tempio, quando questo sant'uomo del vostro amico mi chiese di tradire Dohko e la mia famiglia per diventare una spia al suo servizio. Voi volete dimenticare? Fatelo, le vostre coscienze non sono affare mio. Ma non venite a parlarmi, nessuno di voi, che erano altri tempi e altre situazioni come se ciò potesse giustificarlo." replicò Mei. "Mi ricordi i psicopatici che sterminano la famiglia o intere classi di studenti e se la cavano con la scusa dell'incapacità di intendere e di volere facendola franca a dispetto di tutti."
"Il passato va lasciato dov'è, credimi, è meglio così." riprese Aiolos.
Dopo qualche istante, Camus si schiarì la voce.
"Vogliamo tornare, per favore, al perché di questa riunione? Mei, è mattina e abbiamo dormito poco, che ne diresti di procedere?"
"Certo. Tanto qui è come cozzare contro un muro di gomma, non si va da nessuna parte." sospirò quindi Mei.
"Merci beaucoup."
"Dunque è deciso?" intervenne Dohko, rapido.
"DeathMask." rispose Mei.
"Saga." disse Camus, nello stesso momento.
"Hey, cosa? Saga?" sbottò Mei, scattando in piedi, gli occhi ridotti a due fessure. "Tu as perdu la tête ou quoi? Non! Pas question! " [No, neanche per sogno.]
Anche Camus, a sua volta, assottigliò lo sguardo.
"Ceci n'est pas le moment meilleur pour blaguer, Mei." [Non è il momento migliore per scherzare, Mei.]
"Est-ce que j'ai la face de quelqu'un qui blague?" [Ho la faccia di una che scherza?]
"J'ai pas l'intention de considérer l'alternative!" [Non ho alcuna intenzione di prendere in considerazione l'alternativa!]
Anche perché l'alternativa era DeathMask, e a parte il rispetto dovuto come parigrado, non nutriva alcuna fiducia nel Saint della quarta casa: affidare Mei nelle sue mani? Neanche per idea.
Mei guardò per un attimo DeathMask prima di tornare a posare lo sguardo, fermo, su Shion, indicando con un ampio gesto del braccio i Saint presenti.
"Mi è concesso decidere o han deciso già lorsignori?"
Shion sorrise benevolo.
"Nessuno ti costringe a compiere qualcosa che va contro la tua volontà." rispose, ricevendo in risposta l'occhiata tagliente di Camus.
"Grazie." rispose Mei, ironica. Puntò l'indice contro DeathMask. "Se devo per forza fidarmi di uno di voi due, allora preferisco dovermi fidare di te."
DeathMask, vuoi per lo stupore o per l'improvvisa tensione che aleggiava nell'aria, non profferì parola, limitandosi ad annuire brevemente.
"Non te lo permetto!" sibilò Camus, a voce così bassa che poté udirlo solo lei e, sicuramente, anche Shiryu, poco distante.
"Parafrasando una certa frase, Cam… la mente è mia e la gestisco io." replicò. "Quando sei pronto, DeathMask."
La presa sul suo braccio si fece più forte.
"Gradirei parlarti in privato." sibilò, senza lasciarla andare. "Domando scusa, signori. Ci assentiamo qualche minuto."
La scortò fuori dal tredicesimo Tempio, seguito da Shiryu, fermandosi davanti all'altare di Athena.
"Mi stai facendo male." mormorò Mei, inducendo Camus a lasciarle il braccio. "Che ti succede?"
"Cosa succede a te, piuttosto! Non hai idea dell'entità del guaio nel quale stai per cacciarti."
"Forse no, ma non voglio l'aiuto di Saga."
"E vorresti quello di DeathMask? Questo vuol dire proprio andare a cercarsi le disgrazie!" interloquì Shiryu.
"Appunto. Tu non lo conosci come lo conosciamo noi."
Mei fulminò entrambi con lo sguardo.
"Ma guardatevi, fino a mezz'ora fa vi sareste scannati a vicenda alla prima occasione disponibile e ora fate comunella." sbottò Mei. "È proprio vero che le persone non sempre sono come ci appaiono."
Camus si premette due dita alla radice del naso, come tutte le volte che avvertiva l'arrivo dell'emicrania.
"Ascolta. Il fatto che siete conterranei e che hai parlato e passeggiato con lui un paio di volte condividendo del cibo non significa né che lo conosci, né che puoi fidarti."
"E dunque dovrei fidarmi di Saga?" rispose Mei. "Dammi un valido motivo!"
"Saga non tappezzava i muri di casa sua con i volti delle sue vittime per trarne gloria e piacere. Non si vantava di trarre forza dal loro odio, nutrendosi del dolore che si lasciava alle spalle. Non si divertiva a schiacciare con crudeltà i suoi macabri trofei vantandosi delle torture inflitte a quei poveri disgraziati, ecco perché." disse Shiryu, stavolta incapace di trattenere il tono di voce. "Io ho visto che cosa c'era alla quarta casa: non ha ucciso solo uomini, ha massacrato anche donne e bambini. Anime innocenti dell'età di Lixue o dell'età di mia figlia, o peggio... tra le sue vittime c'è stata anche una donna incinta! E non lo so per sentito dire, ma perché ho visto lo spirito di quella donna e del suo bambino tra le tante anime martoriate. Una donna come te, santi numi, svegliati!!"  
"Aspetta un attimo, perciò a starvi a sentire, io dovrei evitare la quarta casa ma recarmi con fiducia da uno psicopatico che soffre di disturbi dell'identità e che durante la sua egemonia organizzava e partecipava a vere e proprie orge in luoghi sacri. Ah beh, il vostro discorso non fa una piega."
"A dire il vero le cose non stavano proprio così..."
"Ah no? Ma se Cora stessa ti era stata offerta in dono dall'allora Ares. Non fare quella faccia, sono meno stupida di quanto pensi."
"Non ho mai pensato che tu sia stupida anche se in questo momento nutro dei seri dubbi sulle tua facoltà mentali: io non capisco, hai già avuto modo di vedere come si comporta con il prossimo, hai visto cosa stava facendo a tuo fratello non appena l'ha avuto tra le mani e sai che Shiryu ne è uscito per puro miracolo, dunque perché ti getti volontariamente tra le sue grinfie? Ha provato a uccidere Shunrei, l'hai scordato?"
"Io ricordo benissimo. Non pensarci nemmeno, Mei."
"Tu fatti da parte. L'unico ShuFang che poteva comandarmi rispondeva al nome di Wei-He." rispose Mei. "Nessuno di voi due ha il potere di darmi ordini."
"Oh no, sbagli, razza di scellerata. Ho tutto il diritto di fermarti se stai per commettere una stronzata che potrebbe costare la tua vita e quella dei nostri figli." sbottò Camus. "Non ti permetterò di farlo."
Quello era davvero il colmo.
"Ho battuto la testa e ho perso la facoltà d'intendere e di volere? Non sta a te decidere: sei mio marito, non il mio tutore legale. Non ho alcuna intenzione di affidarmi a uno come Saga."
"E allora preferisci affidarti nelle mani di un assassino?" gridò Shiryu.
"Odio dirlo, ma tuo fratello ha effettivamente ragione."
"Smettila, accidenti a te! Quanto mi dai fastidio quando fai il voltagabbana in questo modo!! DeathMask è un assassino? E perché, Saga che cos'è?" sbottò Mei. "Un meschino e volgare cialtrone che vi ha tenuti sotto i piedi per tredici anni, usurpando un trono che non era e non sarebbe mai stato suo, un vigliacco che ha eliminato il suo avversario diretto dichiarandolo traditore! Uno psicopatico che ha quasi ucciso la vostra Dea e ha mandato a morte te, DeathMask, Shura e Aphrodite in un gioco al massacro facendo i propri interessi e lasciando i rimanenti Saint con nient'altro che un pugno di macerie e osate ancora dirmi che preferireste sapermi nelle mani di un verme del genere anziché in quelle di DeathMask? ...sì, so che cos'ha fatto, so come ha agito e so che cosa stava per portarmi via, ma ha sempre avuto la decenza di mostrarsi per quello che è, senza recitare la parte del sant'uomo buono, caritatevole e amato dalle genti! È un essere umano, ha sbagliato e ha già ampiamente fatto ammenda dei suoi errori pagando con la propria vita, più volte oltretutto."
"Anche Saga." precisò quindi Camus.
All'interno del tredicesimo Tempio, dove le parole dei tre si sentivano fin troppo chiaramente tra l'ansia e l'imbarazzo generale, Hyoga si alzò dirigendosi verso l'esterno.
"Hyoga, Mei deve già difendersi da due persone, non ti ci mettere anche tu." disse Milo.
"A dire il vero esco proprio per darle una mano."
"Per fare una citazione Disneyana...che situazione imbarazzante."
Aiolos si voltò verso Saga.
"Sì, mi pare proprio il momento di fare lo spiritoso."
"Ma guardatevi, due uomini grandi e grossi contro una gentil-... contro una donna. Dentro hanno sentito tutto." esordì Hyoga, raggiungendoli.
"Benone, almeno non dovrò ripetere."
"Cosa sei venuto a fare?" fece Camus.
"...a darti manforte, e cosa altrimenti?"
Hyoga si accostò a Mei.
"Rinfodera la lingua biforcuta, tu. Mei è in svantaggio numerico, quindi sono qui per darle sostegno."
Lo guardò sorpresa, squadrandolo da capo a piedi.
"...grazie!"
"Fantastico." commentò Camus.
"Il punto è, Camus, che Mei preferisce riporre la sua fiducia in DeathMask e imporle la tua decisione non è giusto."
"Credo proprio che questi non siano affari tuoi." fece Shiryu, cercando di rimettere Hyoga al suo posto.
"Beh, nemmeno tuoi." ribatté Mei. "Tra i presenti tu sei l'ultimo a poter ficcare il naso nei miei affari, figuriamoci prendere decisioni al posto mio."
"Stiamo cercando di farti ragionare!"
Hyoga si schiarì la voce e incrociò le braccia sul petto.
"No, le state imponendo di fare una scelta che non vuole fare." disse. "Da te mi aspettavo qualcosa di meglio."
"Se al posto suo ci fosse Freya, cosa faresti?" domandò quindi Camus.
"Che cosa mi hai sempre detto? Rispetta il prossimo, Hyoga. Rispetta le opinioni di chi la pensa diversamente da te anche se non le condividi. Non limitare mai la libertà di chi ti circonda, sii rispettoso verso il prossimo e sarai rispettato. Parole tue, le stesse che mi hai insegnato e che stai trasmettendo a tua figlia: dovresti quantomeno dare il buon esempio e rispettare per primo chi non la pensa come te, non puoi darle delle regole se poi tu per primo le infrangi. A questo punto però mi sa che le tue regole valgono solo per gli altri e non per te."
"Te lo chiederò di nuovo. Se al posto suo ci fosse Freya, cosa faresti? Se ci fosse la tua donna, fisicamente e mentalmente vulnerabile e per di più incinta dei tuoi figli, al suo posto, che cosa faresti?"
Mei sbuffò, mentre Shiryu guardava a turno i due.
"Che si cali il sipario, signori e signore, la commedia è finita. Camus ha iniziato a sproloquiare in russo."
"...ma che razza di lingua è? Per fortuna che siamo noi cinesi quelli che parlano in maniera incomprensibile..."
"La lascerei libera di prendere la decisione che preferisce." rispose Hyoga, senza esitare.
Camus assottigliò lo sguardo, furioso, la voce tagliente e fredda.
"Oh, quant'è facile parlare quando non si é direttamente coinvolti in una faccenda."
"Bene, quando poi ha sbollito la rabbia e tornerà a parlare una maledettissima lingua che posso capire, avvertimi." Mei interruppe Hyoga.
"Ferma lì." le ordinò Camus, tagliente.
"Non azzardarti a usare ancora questo tono con me." sibilò lei in risposta. "Con chi credi di parlare, con la tua attendente?"
"É adulta e capace di decidere per il meglio. Sei preoccupato per i bambini e davvero, ti capisco, però..."
"Sarei contrario a questa decisione anche se non fosse incinta!"
Hyoga sospirò, fermandolo.
"D'accordo, d'accordo. Mettiamola in questo modo allora: immagina di avere un certo grave problema che non ti fa stare bene. Immagina che la tua unica soluzione sia Shiryu che, lo sappiamo tutti, sopporti come riesci a sopportare il caldo estivo, e immagina qualcuno che ti costringe ad affidarti a lui per risolverlo. Accetteresti la decisione o faresti di tutto per cercare una soluzione alternativa?" domandò Hyoga.
"Sì."
"cosa?" ripeté Mei.
"Sì, mi farei aiutare."
Mei alzò le mani.
"Ragazzi, scusate, ma la mia intelligenza non tollera stupidaggini di questa portata. Per oggi ne ho sentite troppe, basta." disse, prima di tornare nel Tempio. "DeathMask, quando sei pronto."
L'interessato si alzò e annuì.
"Arrivo. Da te o da me?" le domandò.
"… ti piacerebbe." ghignò Kanon.
"Voglio dire, preferisci la quarta casa o l'undicesima?"
"L'undicesima a breve diventerà una ghiacciaia." gli rispose. "Credo che la quarta casa sia più indicata."
Shiryu, Camus e Hyoga rientrarono subito dopo.
"Fermi un attimo, qui nessuno va da nessuna parte."
"Figliolo, non ti intromettere. Non è affar tuo." interloquì Dohko.
"Perciò la mia opinione non conta niente per te?" protestò Camus. "Il fatto che sia assolutamente contrario a questa… follia non ha alcuna importanza?"
"Ho ascoltato la tua opinione e la rispetto, so che sei incredibilmente preoccupato per me, ma… non sei tu quello che si deve sottoporre a questa cosa. Si tratta della mia mente, io decido che cosa fare."
"Miei Dèi." mormorò Camus. "Ti prego rifletti e per una volta metti da parte il tuo orgoglio... se non per me, almeno per i nostri figli! Non sei più una ragazzina, sei una donna adulta con delle precise responsabilità, non puoi più pensare solo a te stessa, hai una figlia alla quale pensare, sei incinta, pensa anche a loro! Lascia che sia Saga ad aiutarti, ha più esperienza!"
Ah, quello sicuramente, dati i precedenti.
"Non usare questi ricatti morali con me. Ho già detto che non ho intenzione di permettere a quella persona di avere libero accesso alla mia mente."
"Quella persona è già meglio di verme." commentò Saga.
"In effetti il verme è un animale fin troppo decoroso."
"Senti… ho sempre appoggiato ogni tua decisione, sempre, perché mi fido di te e perché non posso e non voglio importi di fare qualcosa che non vuoi." disse Camus in un ultimo tentativo di farle cambiare idea. "Ma questa volta non posso lasciartelo fare."
"Quello che faccio non lo decidi tu."
"Dunque a me non pensi. Conto così poco per te?"
"Ma che cosa stai dicendo?!"
"Non tieni conto di quanto questo mi faccia male? Di quanto sono preoccupato? La mia opinione non conta niente?"
Mei trasse un gran sospiro.
"Molto bene, vorrà dire che imparerò a convivere con quei dannati incubi. Signori, mi dispiace aver causato tanto trambusto: vogliate scusarmi e tornare nelle vostre case, come se nulla fosse successo."
Dohko si alzò, per tentare di calmare entrambi.
"Il problema è, Mei, che la gravidanza ti ha resa più vulnerabile e la tua mente non è più in grado di reagire tempestivamente a quella minaccia. La prossima volta il tuo alter ego potrebbe riuscire a possedere il tuo corpo scalzandoti del tutto e tu smetteresti di essere Mei." spiegò Dohko. "Se dovesse succedere, non ci sarebbe modo di tornare indietro: la tua anima potrebbe morire definitivamente o vagare come spirito."
Kanon ridacchiò.
"Diventeresti uno spirito maligno." disse, squadrandola da capo a piedi: con i capelli sciolti, il suo kimono rosso sangue e il suo sguardo profondo –seppur segnato da due paurosi cerchi neri dovuti alla stanchezza- aveva un qualcosa di… inquietante. "The Crimson Demoness."
"Ah no!" lo corresse Milo. "The Scarlet Demoness. Mei appartiene al mio segno."
"Che disdetta, fratello. Quelle belle e pericolose sono sempre occupate."
"Non sarei comunque alla tua portata." replicò Mei, con arroganza.
Dohko si schiarì la voce.
"Smettetela. Torniamo a cose più serie."
"Appunto. DeathMask, io sono pronta."
Quest'ultimo annuì, sempre in silenzio, e si avviò a passo svelto alla quarta casa, a prepararsi.
"Con permesso."
"Ah no, un accidenti."
Sotto lo sguardo attonito di Dohko e degli altri, Camus afferrò Mei e la riportò all'undicesima casa.

***

Lady Aquaria's corner
Questo è uno dei capitoli più lunghi che abbia mai scritto, ed era pronto già da diverso tempo, peccato per l'empasse dei due capitoli precedenti che mi hanno bloccata per un po'.
Comunque... se siete giunti fino a queste note, avrete notato che, ahilui, ci sono un paio di cattiverie sul Saint della Terza Casa: per quanto possa sforzarmi personalmente di apprezzarlo, la mia Oc non riuscirebbe a fare altrettanto nemmeno in seimila vite. Ma se può consolarvi, apprezza Kanon.... :D
-Qi-Gong e Chakra: il primo è collegato in parte alla medicina tradizionale cinese e a diversi aspetti delle arti marziali, il secondo e in particolare il sesto che Dohko, su suggerimento di Shaka, "aziona" per aiutare Mei, è presente (tra le altre cose) nella medicina ayurvedica. Dohko utilizza questi due elementi per far sì che la Mei che fa parte del suo mondo possa riprendere la coscienza di sé e contrastare l'altra sé stessa.
-Lassi: fa parte della cucina indiana ed è una bevanda tradizionale a base di yogurt. Con l'aggiunta di spezie varie (ad esempio la curcuma) è utilizzato come rimedio per diversi problemi.
-Yangtze: il fiume più lungo dell'Asia.
-La canzone che da' il titolo al capitolo è di Alice Cooper ed è riferito a ciò che prova la Mei dell'altra dimensione (e che prova a far capire alla sua alter ego fortunata)
Spero di non aver saltato altre note, alla prossima.

Lady Aquaria

   
 
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