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Autore: yllel    04/02/2017    5 recensioni
Raccolta one shot Sherlolly.
Ovvero: idee che proprio non se ne vogliono andare. Spoiler su TAB
Genere: Commedia, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Molly Hooper, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Tornata!
Attenzione: il nuovo sassolino è post stagione 4. Penso l’abbiamo vista in tanti, forse però non tutti, quindi... spoiler.
Io di questa quarta serie mi porterò nel cuore due cose:
l’ombrello di Mycroft.
La cucina di Molly Hooper.
Per il resto, sto ancora ponderando.
Non potevo però far finta di nulla, per cui ecco il mio piccolo contributo (altre note in fondo alla storia).
Come sempre, nulla mi appartiene... proporrei però un pensiero di riguardo al povero Victor Trevor, che tante volte è stato indicato come colui che ha iniziato Sherlock Holmes alla tossicodipendenza, e che invece giaceva in fondo a un pozzo. Ricordato come un cane, letteralmente.
 
***
 
“E cosi… tua sorella”
Lui stringe inconsciamente le mani in grembo, mantiene gli occhi puntati a terra e annuisce piano.
“Si. Mi... dispiace, Molly” la voce gli si spezza in gola, ma vuole assolutamente continuare quella conversazione “Mi dispiace molto, lei non è... non sta bene. Ha voluto-“
“Mycroft mi ha spiegato” lei lo interrompe  con garbo e decisione “mi ha detto tutto. Mi ha raccontato di quello che lei vi ha costretto a fare”
Sherlock Holmes rilascia un sospiro che non era nemmeno consapevole di star trattenendo e, finalmente, alza lo sguardo. Non è mai stato tanto grato a suo fratello come in questo momento, perchè non è assolutamente sicuro che sarebbe stato in grado di spiegare tutto alla donna che ha di fronte senza andare nel panico, senza peggiorare le cose o senza farle ancora più del male.
Il suo tono pacato lo inducono a sperare che ci sia spazio per essere capito e perdonato.
Molly però ha il viso rivolto altrove, i suoi occhi sono nascosti e lui non riesce a decifrarne l’espressione.
“Va tutto bene” continua lei con voce sottile “capisco perchè  hai dovuto farlo. È  stato orribile, ma ora è passato, no?”
Qualcosa, in questa risposta, così ragionata e pacata, lo disturba profondamente: no, vorrebbe risponderle lui, niente è passato e tutto è appena iniziato, perchè  ora nulla sarà  più come prima e Euros c’è, sarà  presente nelle loro vite per sempre e lui non sa come gestirà  le conseguenze di ciò che è successo.
Quello di cui è assolutamente convinto, è che non vuole che sua sorella, e quello che ha fatto, rimanga  di mezzo tra lui e questa donna che ha di fronte  come un fantasma. Ha bisogno della presenza di Molly nella sua vita, della sua forza e del suo appoggio, di poter contare su di lei,  di averla al suo fianco per
“Mi dispiace molto per la vostra famiglia... e per quel povero bambino, il tuo amico”
Questa  considerazione blocca ogni pensiero di Sherlock, che guarda stupito Molly.
“Deve essere difficile, per te e Mycroft... e non oso pensare ai tuoi genitori. Saranno devastati. Spero che riuscirete a risolvere al meglio. Grazie di essere venuto, ma ora devo prepararmi, il mio turno inizia tra un’ora”
Sherlock scuote piano la testa, meravigliato ancora una volta dalla bontà d’animo di Molly, che riesce a pensare al dolore degli altri prima che alla sua rabbia.
Tuttavia sente che qualcosa stona. La osserva alzarsi e dirigersi verso la sua camera,  e realizza che il loro colloquio è finito, ma che lui si sente... incompleto.
“Molly?”
La ferma proprio mentre sta per entrare nella stanza.
“Si?”
Di nuovo, vorrebbe che lei lo guardasse, ma Molly non si volta.
Deglutisce in modo nervoso e avverte i palmi delle mani che iniziano a sudare.
“Noi... siamo ok, vero?”
Geme internamente per quella domanda posta così  male, ma gli è uscita di getto battendo sul tempo ogni altro discorso che si era preparato in vista di quell’incontro.
Le spalle della donna si raddrizzano, e la coda di cavallo ondeggia leggermente.
“Certo, Sherlock. Siamo ok”
Più avanti, Sherlock Holmes capirà che cosa è stata quello strana sensazione che ha provato alla risposta di Molly Hooper.
Incredulo, realizzerà che, per la prima volta da quando si conoscono,  lei gli ha mentito.

 
SASSOLINO # 9
 
 
I momenti passati con Euros sono sempre una prova dura e impegnativa da affrontare, e tuttavia rappresentano anche uno stimolo.
Lei non parla, spesso non sostiene neanche lo sguardo per più di qualche secondo,  eppure a Sherlock sembra davvero di comunicare con lei, soprattutto quando suonano insieme, come se il violino facesse da intermediario in un linguaggio tutto speciale, che solo loro due possono capire e che, contemporanemente, unisce tutta la famiglia.
Sherlock attende con ansia e trepidazione i giorni in cui sale su quell’elicottero e arriva a Sherrinford, ma oggi è distratto da alcuni pensieri ed Euros lo avverte: il loro dialogo sonoro è fatto di piccole, infinitesimali note sbagliate da parte del fratello che vengono riprese e corrette dalla sorella, più con fastidio che con rabbia, quasi lo stesse amorevolemente rimproverando per essere poco attento.
A un certo punto, però, Euros rinuncia e smette di suonare; Sherlock accarezza ancora per qualche momento le corde del suo strumento, e poi la imita: è consapevole di non essere al meglio, ma i pensieri si accavallono nella sua testa e non riesce a liberarsene.
Sono passate tre settimane dal suo colloquio con Molly, e niente è ok.
Loro due, non sono ok.
Lei gli aveva assicurato di si, e per i primi tempi è sembrato che tutto stesse faticosamente tornando alla normalità, per quanto possibile.
Sherlock è stato assorto dalla sistemazione dell’appartamento, da nuovi casi, dai progressi quotidiani e francamente stupefacenti di Rosie, fino a quando non si è accorto di piccole cose.
Ogni volta che va all’obitorio, Molly fa in modo di non guardarlo e di stare nella stessa stanza con lui il meno possibile. Non è maleducata e risponde a tutte le domande e le richieste che le vengono poste, ma ha un fare distaccato.
Fa in modo di non incrociarlo mai quando fa da baby sitter alla piccola Watson.
Quello che Sherlock nota, non è solo la sua distanza emotiva, ma anche quella fisica.
Molly Hooper non gli si avvicina più.
Dopo quella telefonata, ha fatto in modo di tenere chiusi in una stanza del suo palazzo mentale tutti i pensieri e le emozioni che le parole pronunciate, pronunciate da entrambi, gli hanno scatenato. Ne ha paura, li teme e allo stesso tempo li desidera; quando ha parlato con Molly, una parte di lui sperava che lei l’avrebbe costretto a scoprirsi, ma non è stato così.
Lei era tranquilla, molto ragionevole e lui le è andato dietro, sollevato dal fatto di poter rinviare la discussione che un giorno, prima o poi, sarebbe potuta avvenire.
Ma ora sembra che questa discussione non potrà aver mai luogo, perchè Molly è lontana e lui non sa come avvicinarsi. In un certo senso, quello che ha adesso con la patologa è più complicato del suo rapporto con Euros.
Con un sospiro rimette il violino nella sua custodia.
“Lei era già triste”
La voce di sua sorella arriva così inaspettata e di sorpresa da fargli avere un sussulto, e alzare la testa di scatto.
Dopo settimane di silenzio, lei sta parlando ed ora è vicina al vetro, gli occhi chiari puntati su di lui.
Sherlock avanza di un passo verso il vetro in preda al timore e alla contentezza, ma lei lo blocca alzando la mano.
“Lei era già triste” ripete.
Lui scuote piano la testa.
“Non capisco. Di chi stai parlando?”
“Hai visto anche tu, le telecamere la stavano riprendendo. Nella sua cucina”
Sherlock sente una sensazione di gelo addosso: Euros sta parlando di Molly, e per quanto sia felice di sentire la voce della sorella, non le permetterà di pensare di fare del male ancora alla patologa.
“Lasciala in pace, per favore, ha già sofferto abbastanza” supplicherà, se necessario, ma non vuole che l’attenzione di Euros si punti di nuovo su Molly.
Lei  ha un moto di impazienza che si traduce in uno spasmo del corpo.
“NO!” gli dice, alzando la voce “tu hai guardato, ma non hai osservato!”
Sherlock assume un’aria confusa.
“Che cosa? Che cosa dovevo osservare?” chiede.
“Lei era già triste” ripete Euros per la terza volta “era già triste prima della tua telefonata”
Con queste parole la sorella si volta e arriva in fondo alla sua cella, dandogli le spalle. Si siede sul pavimento ed è chiaro che ritiene conclusa la loro conversazione.
 
***
 
La stanza è in penombra quando John Watson entra nell’appartamento.
Si assicura sempre di vedere Sherlock dopo che lui è stato a Sherrinford, per valutare quale impatto abbia avuto la visita e per vedere se il suo amico sta bene, per quanto si possa stare bene dopo aver incontrato la propria sorella psicopatica.
Vede Sherlock seduto nella sua poltrona, le mani portate al mento e  gli occhi socchiusi.
Si rassegna a un periodo di silenzio più o meno lungo, per cui si avvicina alla nuova cucina per farsi una tazza di tè ma la voce di Sherlock lo blocca.
“Dovresti aiutarmi con una deduzione”
John non è nuovo a queste accoglienze che non contemplano neanche un benvenuto e vanno subito al punto, tuttavia gli sembra di cogliere nella voce dell’amico un tono teso.
Abbandona l’idea del tè e torna in soggiorno, andando a sedersi sulla sua poltrona.
“Mi stai chiedendo aiuto? Wow... questa devo segnarmela” tenta di alleggerire un clima che sembra sempre più teso, ora che Sherlock ha aperto gli occhi e ha puntato il suo sguardo di ghiaccio verso di lui, ma la battuta che resta sospesa tra loro due non fa che aumentare il suo disagio.
Qualcosa non va.
“In verità ho più bisogno di una conferma, su una cosa che Euros mi ha detto oggi” risponde pacato Sherlock, e se non fosse per la linea sottile in cui stringe le sue labbra e per le parole che ha appena pronunciato, tutto sembrerebbe normale.
John assume un’espressione sorpresa.
“Euros ha parlato? Ma è fantastico! O forse no... Sherlock, che ti ha detto?” ora capisce la tensione dell’amico, spera solo che la sorella non abbia ricominciato con qualcuno dei suoi giochetti psicologici.
“Mi ha fatto notare una cosa. Una cosa che mi era sfuggita... una cosa che riguarda Molly Hooper”
Sul volto di John appare una leggera smorfia, impercettibile e invisibile a chiunque, ma non a Sherlock Holmes.
“Vuoi sapere cosa mi ha fatto notare Euros?” chiede il consulente investigativo senza spostare di un millimetro il suo sguardo.
Non dà modo al Dottore di rispondere, e prosegue imperterrito.
“Lei non rispondeva al telefono, ricordi? Ha visto il mio nome ma non ha risposto subito, tanto che Euros ha dovuto richiamarla. Io mi chiesi il perchè, Molly ha sempre risposto a ogni mia chiamata, non c’era motivo perchè non lo facesse anche in quel momento”
John si appoggia meglio allo schienale della poltrona e fa vagare lo sguardo.
“Forse era ancora arrabbiata con te per quella faccenda con Culverton Smith, non credi?” risponde infine lentamente “L’hai costretta a venire con un ambulanza e a farti un esame medico completo, solo  per attestare che stavi per suicidarti con tutta quella droga in circolo”
“Oh la tua mente semplice, John... che invidia” il Dottore sussulta al tono di scherno di Sherlock, che accompagna quello che suona a tutti gli effetti come un insulto “Molly e io eravamo d’accordo, è stata tutta una messa in scena a tuo favore, anche se ammetto che lei era molto preoccupata, e non molto concorde con il mio piano”
Le mani di John artigliano i braccioli della poltrona.
“Quindi lei sapeva tutto?” chiede a denti stretti.
Sherlock non smette di fissarlo, e poi risponde
“Ovviamente”
In quella parola si riassume tutto quello che un tempo era il rapporto tra Sherlock Holmes e Molly Hooper: una cieca, infinita fiducia l’uno nell’altra. La consapevolezza di poter contare sempre, sempre, nel fatto che nel momento del bisogno, per quanto difficile e pericoloso sarebbe stato, ci sarebbe stato  un porto sicuro a cui far riferimento.
John sente però solo emergere la rabbia per quell’ennesima dimostrazione di inganno da parte dell’amico, ma lui non gli permette di esternare il suo disappunto.
“Questo ci porta all’osservazione di Euros” continua Sherlock, e il suo tono si fa più incalzante e più arrabbiato “Molly era già triste prima che arrivasse la telefonata, qualcosa l’aveva già indisposta nei miei confronti, tanto da farle pensare di non rispondere al telefono. Cosa poteva essere?” improvvisamente si alza in piedi e comincia a passeggiare per la stanza “Dopo il mio compleanno lei è rimasta con me, qui. Abbiamo passato la serata insieme ed è stato... bello. Abbiamo parlato, mangiato altra torta e siamo stati bene. Finalmente le cose con te sembravano cominciare a risolversi, Smith non era più una minaccia e lei era ancora scossa, ma stava bene. Io stavo bene, come non succedeva da tempo” Sherlock si avvicina alla finestra per guardare fuori mentre pronuncia le parole seguenti “ Io non l’ho più vista fino a dopo Sherrinford, ma tu si. Ha fatto da baby sitter a Rosie qualche giorno dopo, prima che scoprissimo dell’esistenza di Euros... tu le hai parlato per ultimo”
Il consulente investigativo si volta lentamente e fissa di nuovo i suoi occhi chiari sull’amico.
“Che cosa le hai detto? Che cosa hai detto a Molly, John?”
Il Dottore chiude gli occhi e inspira forte.
“Mi spiace” sussurra.
Sherlock gli si avvicina, le mani strette lungo i fianchi.
“Non so che mi è preso, quel giorno” continua John in tono affranto.
“Che cosa le hai detto?” la domanda viene ripetuta quasi con disperazione.
“Irene” confessa infine John “le ho detto che Irene Adler è viva, che ti aveva scritto e che voi continuate a vedervi. Le ho detto che mi auguravo che tu prendessi la decisione di stare insieme a lei, che ti avevo consigliato di farlo”
Gli occhi di Sherlock vagano verso un punto lontano della stanza.
“Perchè?” chiede, incapace di comprendere il motivo di quella cattiveria.
John fa un mezzo sorriso amaro.
“Non lo so” risponde sinceramente “posso solo dire che era una giornata storta. Rosie non aveva dormito granchè e io... avevo appena trovato un messaggio vecchio di non so quanto di Mary, in cui mi chiedeva di passare in lavanderia. Era finito in fondo a un cassetto e sono rimasto a fissarlo per un’infinità di tempo senza riuscire a far altro che provare rabbia, e poi Molly è arrivata e... ed era felice. Ha cominciato a dire quanto fosse contenta che le cose tra noi si stessero appianando e che era sicura che tu ti saresti ripreso in fretta, che era stata una bella festa di compleanno e che forse l’anno prossimo avremmo potuto convincerti a festeggiare davvero e io... io sono sbottato. Ho detto qualcosa a proposito del fatto che c’era sicuramente un modo in cui tu avresti gradito festeggiare, ma che ne io ne lei avremmo potuto essere d’aiuto, e quando Molly mi ha guardato confusa le ho raccontato di Irene. Non so perchè, non riuscivo a sopportare il fatto che sembrasse cosi felice e innamorata  di te. Vorrei poter dire in tutta onestà che l’ho fatto per lei, per non alimentare le sue speranze, ma credo volessi solo ferirla. Che il cielo mi aiuti, volevo che stesse male quanto stavo male io in quel momento... le cose ora vanno un po’ meglio, ma certi giorni... certi giorni, semplicemente, Mary mi manca da morire” John si passa una mano sugli occhi con un gesto stanco e di sconfitta, capendo bene che il suo dolore non è una scusa valida per quello che ha fatto.
Passano alcuni momenti di silenzio, poi Sherlock parla.
“Non ho risposto al messaggio di Irene quel giorno” l’affermazione dell’amico gli fa alzare lo sguardo “non ce n’era motivo. Avevo già tutto quello che mi serviva qui, accanto a me... io e Molly abbiamo parlato veramente per la prima volta da mesi.  Senza più fidanzati idoti o finte fidanzate, droghe e pericoli mortali.... solo noi due”
John comincia ad intuire che ciò che ha detto a Molly può avere avuto un impatto più grande di quello che credeva, e ripensa con orrore al suo volto mentre le dice di Irene, alla sua espressione ferita e incredula... ma prima che possa aggiungere altro, Sherlock parla di nuovo.
“Quella sera io l’ho baciata”
Il Dottor Watson chiude gli occhi di nuovo e fa un profondo sospiro, realizzando infine l’enorme danno che le sue parole hanno provocato.
“L’ho baciata prima che lei se ne andasse” la voce di Sherlock ora è un sussurro, mentre ricorda quel momento “piano, per un breve attimo... e poi ci siamo sorrisi” la mano del consulente investigativo sale lentamente alla sua guancia sinistra, dove Molly lo ha accarezzato dolcemente, prima di prendere una decisione per entrambi  “Poi lei si è voltata e se ne è andata, voleva darmi spazio per riflettere su quello che era appena successo e aveva ragione, ovviamente, ero stupito e... confuso, ma non riesco a pensare a come si sia sentita lei dopo le tue parole. E dopo la nostra telefonata”
John potrebbe ipotizzarlo, se solo se la sentisse: potrebbe dire quanto le speranze di Molly si siano infrante su parole dette con cattiveria e malignità in un momento di rabbia, come le sue insicurezze e paure siano tornate prepotentemente alla ribalta, al pensiero di Sherlock con una donna come Irene al suo fianco, e che addirittura il suo migliore amico gli ha consigliato di non farsela scappare, perchè è la persona giusta per lui.
Potrebbe riflettere su come Molly possa essersi sentita, quel giorno nella sua cucina, quando Sherlock Holmes le ha chiesto di rivelare per telefono i suoi sentimenti più profondi, quasi come se fosse un gioco, un esperimento.
Potrebbe  pensare a Molly che scopre che le parole dette in quella telefonata non sono altro che il frutto di una forzatura violenta e malata... a Molly che si convince che quelle parole non hanno nessuna importanza e che, quindi, non ha importanza neanche un lieve bacio avvenuto quasi per caso, mentre in un cellulare il messaggio di un’altra donna aspetta una risposta a una proposta che è continuata nel tempo.
John Watson potrebbe, ma non lo fa.
Tutto quello che potrebbe pensare e dire, è già riflesso negli occhi pieni di rimpianto di Sherlock Holmes.
E ora lo sa: le parole dette in quella telefonata invece sono state importanti.
Non tanto perchè sono state pronunciate per salvare una vita.
Ma perchè erano vere, per entrambe le parti.
 
***
 
È il momento di curare alcune ferite, quelle che per lo meno possono essere curate.
Il Dottor Watson ha una missione, e per questo con un inganno fa ritrovare Sherlock e Molly nella stessa stanza fingendo (senza neanche una punta di vergogna, e sapendo bene che Mary avrebbe approvato) un’emergenza medica di Rosie per farli arrivare di corsa, le loro paure, i loro dubbi e le loro ritrosie accantonati a favore della loro figlioccia.
Quando entrambi capiscono che la bambina sta bene e che si è trattato di un trucco, è ormai troppo tardi e, per la prima volta dopo settimane, Sherlock Holmes e Molly Hooper sono l’uno accanto all’altra  e prima che possano dire qualcosa, John parla.
“Mi dispiace” esordisce con un lieve sorriso “Sono un pessimo amico. Certi giorni non so se sono più arrabbiato o triste, e questo mi confonde, mi fa stare male. Ho una boccaccia enorme che non riesco a tenere chiusa, e Sherlock direbbe che ho mancato di cogliere un’infinità di indizi che avrebbero dovuto farmi capire tante cose, ma questo non giustifica quello che ho fatto”
“John...” tenta di interromperlo Sherlock, ma senza successo.
“Euros ha solo finito qualcosa che io avevo iniziato” continua l’amico deciso “anche se penso possiamo essere tutti d’accordo che lei ha fatto peggio di me. Molto peggio, per la verità” con un sospiro profondo, John arriva al punto del suo discorso “quello che voglio dire... è che mi spiace. Davvero. Non voglio che quello che ho detto, o quello che è successo a Sherrinford, vi tolgano la possibilità di essere felici. Io voglio che siate felici, quindi adesso resterete in questa stanza fino a che non avrete risolto tutto”
Il Dottor Watson osserva i due amici e gli sembra che per lo meno stiano riflettendo sulle sue parole, ma poi  Molly si allontana da Sherlock e gli si avvicina. Lui è l’unico ostacolo fra lei e  la porta.
Accidenti, avrebbe dovuto seguire il consiglio di Greg e rinchiuderli a chiave da qualche parte.
La patologa si ferma davanti a lui e poi, lentamente, fa un passo in avanti e lo abbraccia.
“Tu, John Watson” gli sussurra con voce commossa “sei un uomo buono”
Lui accetta con piacere il contatto fisico, felice che Molly sembri averlo perdonato. Ora dovrà solo convincerla ad ascoltare Sherlock e, forse, questa volta il suo migliore amico potrà farcela.
Con qualche giusto consiglio e qualche dritta, ovviamente.
“Ma, come tu stesso hai ammesso poco fa, sei anche poco attento”
La voce del consulente investigativo risuona divertita nella stanza, e Molly ride sommessamente mentre si scioglie dall’abbraccio.
“Sherlock...” lo riprende dolcemente e lui le sorride, un sorriso grande e sincero, che gli illumina il volto.
“Ma tesoro, l’ha detto lui!”
John spalanca la bocca, e posa alternativamente lo sguardo sui due amici.
“L’hai chiamata tesoro...” sbotta incredulo, mentre Molly torna verso Sherlock e gli prende la mano, rivolgendogli uno sguardo di biasimo misto ad adorazione.
‘’Hai promesso che glielo avresti detto in modo gentile” gli dice, guadagnandosi un altro sorriso.
“Vero” annuisce lui, prima di posarle un breve bacio sulle labbra e girarsi di nuovo verso l’amico.
“John, devi sapere che...” inizia, ma il Dottor Watson non gli lascia il tempo di continuare.
Scoppia in una sonora risata e si precipita ad abbracciarli.
A quanto pare, nonstante le scuse fossero d’obbligo, per il resto si è preoccupato inutilmente.
Sherlock Holmes e Molly Hooper hanno, infine,  trovato il loro modo per arrivare alla felicità.
 
 
Ok... sono già state scritte tante bellissime fanfic sul possibile chiarimento romantico tra Sherlock e Molly dopo la telefonata, cosi io non ho voluto aggiungere nulla; sono partita da un’ottica diversa e mi piacerebbe riprenderla in parte, se riuscirò a scrivere la prossima storia che ho in mente. Per ora grazie e un grande saluto!
yllel
 
 
 
 
  
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