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Autore: Huilen4victory    05/02/2017    1 recensioni
Il sistema mondiale sta lentamente cambiando e come tutte le fasi di cambiamento vi è paura, rabbia e dolore. In tutto questo c'è però il circolo ricreativo, e naturalmente Hakyeon, che non sembra affatto stanco di dare il benvenuto a nuove persone, amarle e cercare di sistemare i loro sogni infranti.
(N/Leo main, Hongbin/Ravi, Hyuk/Ken)
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Hongbin, Hyuk, Leo, N
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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00.1


 

Sveglio. Taekwoon era decisamente sveglio. C’era sempre quel senso di delusione e dovere che gli dava il benvenuto la mattina quando la nebbia di alcol e dolore si diradava e lui era lucido. Ancora un giorno. Era riuscito a sopravvivere un altro giorno.

“Pensi mai ai numeri zero?” lei gli aveva chiesto. Era un clima strano quello in cui vivevano e Taekwoon sentiva di essere inadeguato a capire la sfida del loro tempo. Taekwoon era un numero due ed era felice e sebbene sapesse che c’era gente che non lo era, era difficile capire quello stato d’animo.

“Onestamente, no.”

Lei lo aveva guardato di traverso. Lui e lei venivano da situazioni famigliari molto diverse. Taekwoon aveva avuto una famiglia felice, i suoi genitori erano stati una perfetta coppia di numeri due e i loro genitori prima di loro, pure. Le sue sorelle erano tutte sposate con i loro numeri uno, da anni. Naturalmente non era cieco, sapeva che il loro mondo non era perfetto ma capire davvero quel dolore? Taekwoon non aveva la presunzione di pensare di poter neppure afferrare vagamente il concetto.

“Chiamami egoista, ma sono sempre così felice che nella mia testa non c’è spazio per altro,” Taekwoon aveva confessato, facendola sorridere.

“Anche io sono felice. Ma stanno succedendo molte cose e sono preoccupata. Nostra figlia crescerà in un mondo che non sa fare pace con se stesso Taekwoon.” Lei aveva detto accarezzandosi la pancia. Taekwoon gli aveva stretto la mano. Avevano dei buoni geni loro, la famiglia di Taekwoon erano numeri due da generazioni e anche se sua moglie non poteva vantare lo stesso, le probabilità che la bambina nascesse numero zero erano minime. Ma non nulle, gli aveva ricordato una voce nella sua testa.

“Qualunque cosa capiti la affronteremo insieme. Io te e nostra figlia. E questo è sufficiente a darmi coraggio.” Taekwoon aveva risposto sereno e il sorriso di lei si era fatto più largo.

Se chiudeva gli occhi abbastanza forte poteva ancora vedere l’ombra di quel sorriso. Poteva ancora.

Taekwoon aprì gli occhi di colpo ma dovette chiuderli di nuovo perché la luce del sole lo ferì violentemente. Grugnì infastidito perché dopotutto quel che aveva bevuto, trovarsi il sole in faccia era l’ultima cosa che voleva. Sfregò la guancia sul cuscino cercando di tornare a dormire ma nel farlo si rese conto che era più ruvido di quel che pensava come la stoffa che corposa ricopre i divani. Poi pensò che era strano che la luce del sole lo colpisse in faccia dal momento che lui non apriva mai le finestre al mattino perché non sopportava più di vedere con chiarezza i contorni di una casa che sembrava troppo vuota.

Si sollevò di colpo lanciando un gemito ferito perché aveva appena finito col peggiorare il suo mal di testa e al contempo aveva innescato un terribile senso di nausea. Si liberò con violenza della coperta che avvolgeva il suo corpo e quasi cadde dal divano nel farlo.

“Fermo lì. Non fare un altro movimento,” disse una voce giovane da qualche parte di fronte a lui. Taekwoon si immobilizzò. Si, quella decisamente non era casa sua a meno che una delle sue allucinazioni non avesse imparato a parlare. Aprì pigramente un occhio.

C’era un ragazzo seduto sulla poltrona di fronte a lui, dall’aspetto forse nemmeno ventenne, che lo guardava con sospetto. Stringeva in mano una lampada e con l’altra una tazza fumante di caffè. Il profumo per un attimo lo distrasse, poi si ricordò che non sapeva cosa stesse succedendo e quindi si decise a parlare.

“Dove mi trovo?” sussurrò sentendo la gola orribilmente secca.

Il ragazzo sospirò, come se non gli piacesse cosa stava per dire.

“Questa è casa mia. Beh tecnicamente è casa di Hakyeon ma è anche casa mia, mia di Sanghyuk e Hakyeon. Hakyeon hyung è, nel caso te lo stessi chiedendo, quello che ti ha portato qui ieri notte. Eri così ubriaco che non mi sorprenderebbe se tu avessi scordato tutto. E sempre Hakyeon hyung è quello che ti ha tenuto la testa sul water e colui che ti ha probabilmente impedito di fare una brutta fine.” Il ragazzo commentò con tono sarcastico. Taekwoon lo trovò un po’ impertinente ma non disse nulla. Non poteva importargliene di meno di mocciosi maleducati, aveva altri fatti urgenti da chiarire se voleva andarsene via di lì il prima possibile.

“Chi è Hakyeon?” chiese sedendosi sul divano e massaggiandosi le tempie nel tentativo di alleviare il dolore. Quando sollevò lo sguardo vide che il ragazzo lo stava guardando sbigottito, i suoi già grandi occhi spalancati per la sorpresa.

Lo udì bofonchiare qualcosa che suonava come “questa sindrome di raccattare i randagi ha superato ogni limite” prima di urlare un “Sanghyuk!”

Taekwoon sussultò dal dispiacere. Era proprio necessario urlare così?

“Che c’è!” venne un altro urlo da qualche parte da sopra la casa.

“Vieni giù, adesso!!” il ragazzo disse, lasciando la tazza sul tavolino di fianco e alzandosi minaccioso con la lampada in mano a mo’ di arma. Taekwoon lo guardò perplesso quasi non riuscendo a credere che la sua fine sarebbe stata per mano di un’abatjour rosa. Sollevò un sopracciglio ma il ragazzo sembrava fare sul serio. Sentì un rumore di passi e poi un altro ragazzo ancora più alto del primo venne giù dalle scale. Nonostante la stazza sembrava addirittura più giovane.

Splendido, era l’ostaggio di due mocciosi.

“Sanghyuk ha detto che non sa chi è Hakyeon!” Il ragazzo più grande disse come se fosse qualcosa di gravissimo. L’ultimo arrivato corrugo la fronte.

“Come non sa chi è Hakyeon? Insomma credevo fosse un suo amico, voglio dire gli ha tenuto la testa sul water,” il ragazzo, Sanghyuk, disse gesticolando.

“A quanto pare non è così!” il ragazzo più grande esclamò esasperato indicandolo con la lampada. “Questa cosa deve finire! Voglio dire sono cosciente che se non fosse stato per il suo istinto materno io e te non saremmo qui, ma un estraneo? E un ubriacone per giunta?” Taekwoon si disse che avrebbe dovuto sentirsi offeso ma onestamente nulla di quanto detto dal ragazzo era una bugia. Era persino d’accordo sull’indignazione che questi sembrava avere per questo Hakyeon. Chi era oggigiorno che rapiva estranei ubriachi e li portava casa propria per accudirli?

“Hakyeon sarà qui tra poco, non dovrebbe metterci molto a tornare dal supermercato e allora gli faremo alcune domande,” Sanghyuk cercò di ragionare. “Nel frattempo non saltiamo subito alle conclusioni. Anche se fosse, dubito che rappresenti una minaccia nello stato in cui è. Guardalo, neanche riesce a reggersi in piedi,” il ragazzo più giovane disse indicando lo stato patetico di Taekwoon con un gesto. Taekwoon cercò di fulminarlo con lo sguardo ma era sicuro che il suo stato di post sbornia non aiutasse la sua causa. Il moccioso poi aveva ragione.

“E comunque Hakyeon non lo avrebbe mai fatto entrare in casa se avesse rappresentato un pericolo e Jaehwan non gli avrebbe permesso di caricarlo in macchina,” Il ragazzo concluse facendo spallucce.

“Non che Jaehwan hyung sia la persona più ragionevole di questo mondo,” commentò il primo ragazzo scettico.

“Adesso non esagerare Binnie,” lo rimproverò il ragazzino scoccandogli un’occhiataccia. Il primo ragazzo, Binnie, sospirò sollevando le braccia in segno di resa.

Ora, di tutte le cose strampalate che i due mocciosi avevano detto, quella era la prima che avesse avuto senso.

“Jaehwan? Lee Jaehwan?” Taekwoon chiese, voce che usciva in un sussurro rasposo. Dio, avrebbe dato qualunque cosa per un bicchiere d’acqua.

“Conosci Jaehwan hyung?” chiese il ragazzo di nome Sanghyuk guardandolo con espressione indecifrabile. Taekwoon annuì. I due ragazzi si scambiarono uno sguardo.

In quel momento però il suono della porta d’ingresso che si apriva sorprese tutti i presenti. Un uomo dai capelli neri e lo sguardo vivace attraversò la porta con una borsa della spesa in mano. Quando li vide tutti riuniti in salotto, sorrise. Taekwoon dovette distogliere lo sguardo da tanta genuina positività

“Siete tutti svegli! Ottimo!” Disse in tono allegro.

“Hakyeon hyung!” Dissero in coro in due ragazzi.

“Che c’è? Da quando siete così contenti di vedermi?” Poi come notando la tensione nell’aria si guardò intorno e notò che Hongbin stringeva la lampada nella mano destra.

“Hongbin cosa ci fai con l’abatjour in mano?”

Ci fu un susseguirsi di battute in cui i due ragazzi chiesero all’uomo appena entrato, cosa stesse succedendo e perché avesse portato Taekwoon, un estraneo, in casa loro.

“Non è un estraneo, io lo conosco. Beh più o meno,” si corresse Hakyeon il che gli fece guadagnare un’occhiataccia dal ragazzo di nome Hongbin.

“Non è il momento di chiacchere comunque! Abbiamo un ospite e non abbiamo ancora fatto colazione.” Quindi Hakyeon senza tante cerimonie passò la borsa della spesa a Sanghyuk e poi si avvicinò con un sorriso radioso verso Taekwoon. Questi lo squadrò, gli occhi ridotti a fessure, mentre cercava di sistemare quest’uomo, la persona che lo aveva trascinato in quel posto spacciandolo per salvataggio, da qualche parte nei ricordi annebbiati della sua testa.

“Taekwoon scommetto che sotto quel mal di testa sei affamato. Spero che ti piacciano i pancake e il caffè?” chiese questi gentilmente fermandosi a due metri da lui. Una distanza che doveva aver capito fosse il massimo che lui riuscisse a tollerare.

Taekwoon confuso e interdetto non sapeva bene cosa rispondere e si limitò a fissarlo. Qualcosa sembrò passare sul viso di Hakyeon. “Oh scusami tanto deve sembrarti tutto così strano, probabilmente non ti ricordi bene cosa è successo ieri notte,” disse Hakyeon sedendosi con lentezza all’estremità opposta dove era seduto lui. “Ieri notte ti ho trovato svenuto nel vicolo accanto al mio circolo ricreativo. Ho provato a svegliarti ma questa volta non ci sono riuscito e non potevo lasciarti lì e neppure mi sembrava il caso di chiamare le autorità. Perciò con l’aiuto di un amico, ti ho portato qui,” concluse con semplicità.

Tuttavia dal momento che nessuna delle sue parole aveva suscitato una reazione in Taekwoon, Hakyeon lo guardò preoccupato. Un'altra ombra passo sul viso dell‘uomo. “Aspetta ti ricordi di me vero? Sono Cha Hakyeon, ti ho svegliato la prima volta e poi ci siamo presentati al supermercato. No?” per la prima volta il sorriso dell’uomo parve vacillare. Taekwoon non seppe cosa fosse successo allora, forse fu il fatto di essersi reso conto di essere quello dalla parte del torto e che stava approfittando della gentilezza di estranei anche se lui non l’aveva mai chiesta. O forse fu il fatto che questo Hakyeon sembrava riuscire così facilmente a parlare con lui anche quando lui non parlava, come se fosse facile leggergli nella mente quando nessuno eccetto la sua anima gemella c’era mai riuscito. O infine il fatto che quest’uomo che probabilmente aveva la sua età sembrasse genuinamente dispiaciuto della sua indifferenza il che era bizzarro in dieci milioni di modi diversi, perché chi era lui, uomo morto che cammina, per questa persona che sembrava fatta invece di una soluzione di buon umore imbottigliato? Era ovvio che loro due non avevano nulla da spartire. Fatto sta che per una volta si sforzò di ricordare, di provare a capire dove poteva aver visto quel viso, dove aveva già provato questa irritante sensazione di inadeguatezza, come l’ombra che si sente minacciata dal sole, e fu allora che si ricordò di aver già provato questa sensazione.

“Tu sei l’uomo del caffè,” disse in tono serio.

“Esatto!” Esclamò trionfante Hakyeon battendo le mani. “Visto?” l’uomo poi disse rivolto verso il primo ragazzo che era rimasto lì in salotto al contrario dell’altro ragazzo che era andato in cucina a sistemare la spesa, a sorvegliare che lui, l’estraneo pazzo, non tentasse qualcosa di buffo contro l’altro uomo. Taekwoon sbuffò internamente. Lui non rappresentava un pericolo per nessuno se non per sé stesso anche se doveva concordare mentalmente con il ragazzo sul fatto che si, molto sicuramente corrispondeva alla perfezione alla definizione di pazzo estraneo.

Taekwoon si rese conto di quanto lui stonasse all’interno di quel quadretto. Si alzò di scatto e fu una pessima idea perché fu assalito da un altro moto di nausea.

Hakyeon si alzò a sua volta preoccupato ma non si avvicinò. “Puoi andare via quando vuoi. Ma ti prego mangia qualcosa prima. Mi sentirei meglio a saperti ben nutrito.” Taekwoon avrebbe voluto dire di no, perché chi si credeva di essere quest’uomo per poter dire a lui cosa fare, si disse, ben sapendo che in realtà tutta la sua irritazione nasceva da tutta quella insopportabile gentilezza. Qualcosa che non riceveva da così tanto tempo che era un dolore fisico, insopportabile. Tuttavia si rese conto che in quelle condizioni non avrebbe fatto molti passi verso casa e in più non sapeva dove si trovava. Aveva bisogno di lavarsi la faccia e snebbiarsi la mente e solo allora avrebbe potuto cercare di capire come andarsene via il più velocemente possibile.

“il bagno è da quella parte,” disse Hakyeon leggendogli ancora una volta nel pensiero e Taekwoon si costrinse a non farsi dominare da ennesimo moto di irritazione.

Taekwoon comunque decise di non commentare e senza proferire una parola si diresse in bagno. C’erano degli asciugamani puliti impilati sulla lavatrice e lui si chiese se gli avevano preparati per lui ma cercò di non pensarci. Non doveva loro niente, non doveva a Hakyeon niente non era colpa sua se questo tizio aveva una compulsione a non farsi gli affari suoi. Intimamente comunque gliene fu grato. Si sciacquò la faccia con acqua gelida e sapone stando bene attento a non scontrarsi accidentalmente con il riflesso sullo specchio. Doveva avere sicuramente un aspetto penoso ma non poteva importargliene di meno, perché era così che si sentiva, era un dato di fatto.

Si guardò i vestiti. Lì, non poteva fare niente erano tutti sgualciti e c’era un’inconfondibile macchia di alcol su suoi pantaloni ma non aveva cambi e non voleva assolutamente chiedere nulla di prestato a questo Hakyeon, perchè era sicuro che lo avrebbe ottenuto. Perciò dopo essere risciacquato la bocca più volte, si decise ad andare in cucina.

Si fermò incerto sulla soglia. Il primo ragazzo Hongbin stava apparecchiando la tavola, il più giovane stava togliendo il caffè dalla macchina mentre Hakyeon riscaldava i pancake in una padella. Taekwoon fu tentato di prendere e scappare a gambe levate. Troppa gente in un solo ambiente troppa luce, troppo tutto. Ma Hakyeon come sentendo la sua presenza sollevò lo sguardo dalla padella e sorrise.

“Ah Taekwoon siediti pure, abbiamo quasi fatto.” Taekwoon rimase immobile ma poi come quella volta che aveva seguito Hakyeon al supermercato, si vide seguire il suo suggerimento e sedersi, si disse che era stato il profumo di caffè ad essere decisivo.

Una volta che si furono seduti tutti a tavola, nessuno parlò più e tutti sembrarono interessati di più al loro cibo. Hongbin ogni tanto gli lanciava delle occhiate circospette ma sembrava piuttosto indaffarato col cellulare per fulminarlo troppo spesso, mentre invece Sanghyuk gli lanciava occhiate curiose tra un boccone enorme di cibo e l’altro. Cercò di non guardare Hakyeon mentre si versava un litro di caffè e mangiucchiava un pancake senza nessun tipo di guarnizione.

Piano piano nacque della conversazione qua e là ma Taekwoon fortunatamente fu lasciato in pace. Senza reale interesse ma non potendolo evitare sentì Hakyeon chiedere a Sanghyuk della scuola e Hongbin blaterare del suo lavoro nella biblioteca dell’università e lui cercò con tutto sé stesso di ignorare il chiacchiericcio ma era difficile filtrare del tutto la voce melodica di Hakyeon, che commentava, rideva chiedeva. I due ragazzi e Hakyeon non sembravano avere nulla in comune eccetto il tetto sopra le loro teste, conducevano vite diverse, avevano età diverse e non si assomigliavano affatto, pertanto non erano fratelli. Eppure agivano come una famiglia.

La forchetta tintinnò rumorosamente sul piatto. Taekwoon doveva andarsene da li.

“Tutto bene?” chiese Hakyeon ma Taekwoon non lo stette a sentire, si alzò di scatto e senza aggiungere altro, senza neanche chiedere scusa o dire grazie di fronte a tanta disinteressata gentilezza, scattò verso la porta d’ingresso.

Non importava se non sapeva dove si trovava. Avrebbe camminato fino a che non avesse riconosciuto una parte famigliare della città.

“Aspetta!” Venne la voce di Hakyeon riuscendo a fermarlo prima che aprisse la porta, mano già sulla maniglia.

“Siamo a un paio di chilometri dal circolo ricreativo, nella parte est della città. Se vai a sinistra troverai una fermata dell’autobus. Ti avrei riaccompagnato io… ma,” la voce di Hakyeon si spense. Taekwoon cercò di non voltarsi ma sebbene non gli importasse più nulla di sé stesso ne di qualcuno che non fosse sua figlia Sunmi, si disse che per una volta voleva provare ad essere di nuovo qualcuno di decente. Una volta non era così, una volta non si sarebbe mai comportato così, ma quel Taekwoon non esisteva più, era morto con lei quel giorno e quindi non gli riuscì altro che dire,”grazie.” Anche se sapeva che non era abbastanza.

Aprì la porta di scatto e se ne andò.

Se si fosse voltato di nuovo avrebbe visto Hakyeon sorridere.


 


 


 

Jaehwan sentiva che i ruoli si erano ribaltati. Neanche un paio di giorni prima aveva preso in giro Hakyeon per il suo essere distratto ma ora che sapeva chi era a distrarlo, Jaehwan si era ritrovato a sua volta preda della stessa distrazione. Jaehwan non pensava mai al suo passato, gli piaceva che rimanesse li dov’era, dietro alle sue spalle. Non pensava avrebbe mai rivisto Taekwoon e certamente non in quelle circostanze. Taekwoon era stato il suo compagno di banco e migliore amico delle superiori. Erano stati una strana coppia di amici, Jaehwan vivace e chiacchierone mentre invece Taekwoon era taciturno e silenzioso. Amavano la stessa musica però ed avevano erano sintonizzati sullo stesso grado di malizia, erano infatti il tipo di persone che si divertivano a fare gli scherzi agli altri. Taekwoon era stato spesso la mente dei piani che poi Jaehwan si premurava di mettere in atto.

A Jaehwan era dispiaciuto perderlo di vista dopo le superiori, gli era dispiaciuto un sacco. Ma gli sarebbe dispiaciuto ancora di più dovergli dire la verità, come la sua vita stesse diventando ben diversa da quella felice che Taekwoon si apprestava a vivere con la sua anima gemella.

Cosa avrebbe detto Taekwoon se avesse saputo che Jaehwan aveva accettato un matrimonio combinato tra zero, quando entrambi per anni avevano commentato con orrore quel destino?

Jaehwan non poteva. Non aveva saputo dire la verità e quando le loro strade si erano divise per via delle diverse scelte di carriera Jaehwan ne aveva approfittato per mettere quanta più distanza possibile tra se e Taekwoon, tra se e tutto quello che gli ricordava una vita felice che non sarebbe tornata.

Sarebbe stato un nuovo Jaehwan, un nuovo inizio e avrebbe dovuto farselo andar bene. Aveva conosciuto Hakyeon al college ma la sua amicizia con il suo attuale collega e migliore amico non si era rinsaldata se non dopo i fatti dell’attentato che avevano cambiato la vita di tutti, quella di Jaehwan soprattutto. E così invece di intraprendere una carriera artistica, Jaehwan aveva accettato di insegnare nel circolo, di trasmettere quanto imparato ad altri e cercare per la seconda volta di seppellire il passato che come un macigno pesava sul suo petto. Aveva seppellito due volte se stesso e si meravigliava che lui fosse ancora lì in piedi.

“Hyung?” Jaehwan si riscosse dai suoi pensieri e nel farlo vide che Sanghyuk aveva distolto l’attenzione dai suoi compiti e stava guardando Jaehwan intensamente. Questi si schiarì la gola.

“Tutto bene Hyuk? c’è qualcosa che non capisci?” Chiese nel suo tono più allegro. Sanghyuk lo squadrò e Jaehwan si sentì stranamente nervoso.

Sanghyuk era cresciuto così tanto e non lo aveva forse visto allungarsi e diventare un giovane uomo sotto i suoi occhi? E come lo guardava Sanghyuk, lo guardava ancora con lo la stessa adorazione di quando aveva tredici anni ma Sanghyuk non era più un bambino e sotto il suo sguardò Jaehwan non sapeva più quale reazione sarebbe stata meglio avere.

“Sei pensieroso? Sei sicuro di star bene? Non ti stai ammalando vero?” Erano seduti l’uno accanto all’altro nella aula studio del circolo. Sanghyuk veniva spesso da Jaehwan a chiedere una mano con i suoi compiti e quel sabato pomeriggio non faceva eccezione. All’inizio l’aiuto era stato necessario ma Jaehwan sospettava che ultimamente non lo fosse affatto. Ma era il tutor di Sanghyuk da anni, da quando Hakyeon aveva varcato la soglia del circolo assieme a un bambino perso e solo al mondo. Era innocente e non si meritava tutto quello e il cuore di Jaehwan si era stretto al pensiero che qualcuno di così giovane dovesse sperimentare un dolore più forte del lutto che provava lui. Jaehwan aveva dovuto fare qualcosa, aveva dovuto vedere di nuovo quel bambino sorridere. E perciò aveva accettato di fargli da tutor ancor prima che Hakyeon glielo chiedesse e pure il babysitter quando Hakyeon lavorava troppo e taxi quando più tardi sia Sanghyuk che Hongbin avevano avuto bisogno di un passaggio perché avevano perso l’autobus. Jaehwan lo aveva preso sotto la sua ala finché con soddisfazione non aveva visto Sanghyuk diventare il bambino vivace che si era augurato che fosse. Ma ora si chiedeva se non ci fosse stato qualcosa di sbagliato, qualcosa di imperdonabile nel suo modo di educare Sanghyuk. Aveva voluto vederlo sorridere e si era impegnato affinché accadesse ma nel farlo aveva messo troppo di se stesso in Sanghyuk e aveva finito col fuorviarlo.

Perciò quando Sanghyuk si sporse in avanti, il suo viso di proposito vicinissimo al suo, Jaehwan si irrigidì. D’istinto piantò la sua mano sulla sua faccia impedendogli di andare oltre.

“Sto benissimo. Sono solo stanco Hyuk,” disse Jaehwan cercando di rimanere composto.

“Se lo dici tu. Non è da te essere così silenzioso hyung e mi preoccupo.”

“Non è compito dei bambini preoccuparsi degli adulti. Sto bene,” Jaehwan disse sventolando la mano cercando di minimizzare.

“Ho smesso da un pezzo di essere un bambino hyung, sei solo tu che non vuoi ammetterlo,” il sangue gli si gelò nelle vene ma il maggiore cercò di giocarsela come se nulla fosse successo, come se quello che il suo pupillo gli aveva appena detto non gli facesse effetto.

“anche se fosse, avere diciassette anni o diciotto non fa di te un adulto Sanghyuk. E ora smettila di cercare scuse per distrarti o non ti lascio andare a lezione di danza oggi.”

Sanghyuk scosse la testa e sembrava voler rispondere ma si accorse che una sua risposta sarebbe suonata come il capriccio di un bambino. Perciò si limitò a scuotere la testa e a dire, “la vedremo,” prima di riportare la sua attenzione sui suoi compiti. Jaehwan sospirò. Fino a quando, fino a quando, sarebbe stato in grado di mantenere il controllo della situazione prima di dover coinvolgere Hakyeon? Non voleva ferire Sanghuyk ne tanto meno metterlo in imbarazzo ma lui doveva capire che quello che lui credeva di volere non poteva essere reale. Ma finchè Sanghyuk gli avesse ancora dato retta Jaehwan avrebbe cercato di non coinvolgere l’altro. Eppure sapeva anche che il diciottesimo compleanno di Sanghyuk si stava avvicinando e presto Jaehwan sarebbe stato a corto di scuse. Sanghyuk sarebbe stato a tuti gli effetti un adulto e il maggiore temeva che allora sarebbe venuto a reclamare ciò che gli aveva promesso. Jaehwan pregava che non sarebbe mai successo. Eppure il tempo non l’aveva forse smentito? Jaehwan aveva amato questo bambino come se fosse stato il suo stesso fratello minore e aveva sperato di essere per lui un fratello. E invece ora viveva con l’eco delle parole di amore che Sanghyuk non aveva fatto che rinnovare a ogni suo compleanno sin da quella prima volta.

“Ti amo.” Jaehwan stava controllando che le aule fosse in ordine prima di chiuderle e andarsene.

“Oh Sanghyukkie, ho quasi finito qui, aspettami pure in atrio e ti do un passaggio a casa.” Sanghyuk lo aveva guardato con i suoi grandi occhi smarriti da quattordicenne.

“Non hai sentito hyung che ho detto che ti amo?” Jaehwan senza pensare niente di grave rispose, “ti voglio anche io un sacco di bene Sanghyuk, tantissimo.” E si era avvicinato a Sanghyuk per arruffargli i capelli.

“No, io intendo amore. Quello che si vede nei film romantici, quello dei numeri due, quello che avevano mia madre e mio padre. Quell’amore hyung.” Sanghyuk disse frustato sbattendo i piedi a terra. Jaehwan allora interdetto fece un passo indietro perché il ragazzo sembrava fare sul serio. Che cosa stava succedendo, era finito in un mondo alternativo in cui tutto girava alla rovescia?

“Sanghyuk. Lo sai che ti voglio bene, ma tu credi di amarmi e va bene, anche così mi sento lusingato. Ma ho la stessa età di Hakyeon e tu sei molto, molto giovane.” Cercò di ragionare.

“Lo so che sono giovane. So che sono ancora un bambino,” disse Sanghyuk e Jaehwan vide che delle grosse lacrime si formavano agli angoli dei suoi occhi e avrebbe voluto darsi un calcio da solo. Era appena riuscito nell’unica cosa che aveva sempre voluto evitare si da quando lo aveva conosciuto. Farlo soffrire.

“Ma un giorno non lo sarò più. Un giorno non lo sarò più, quindi preparati Lee Jaehwan!”

Jaehwan sorrideva ancora alla memoria di quella dichiarazione così violenta, così pura e innocente. Quella volta aveva abbracciato Sanghyuk come un fratello maggiore fa con il suo fratello minore.

“Allora mi preparerò. Ma cambiano tante cose col tempo e non è detto che tu proverai lo stesso fra qualche anno, ma nel caso così non fosse allora ne riparleremo. Ma sino ad allora tu rimarrai il mio allievo anche se il mio preferito e io il tuo tutor.” Jaehwan aveva pensato di essere gentile, aveva pensato che una bugia innocente avrebbe evitato un dolore al Sanghyuk di allora e col tempo il bambino se ne sarebbe naturalmente dimenticato. Tutti, dopotutto, avevano avuto una cotta per il loro insegnante almeno una volta, ma nessuno era lì a raccontarla anni dopo. Perciò fu con leggerezza che fece quella promessa credendo di non doverla mantenere.

Ma Sanghyuk aveva diciassette anni ora e negli ultimi tre anni a ogni suo compleanno aveva rinnovato le sue parole d’amore ancora e ancora.

Jaehwan amava quel bambino come se fosse uno della famiglia, ma Sanghyuk aveva ancora molto da imparare, da godere della vita ed era troppo giovane per capire che lui Jaehwan era la peggiore delle scelte. Sarebbe stato compito suo farglielo capire anche se significava spezzare non solo il suo cuore ma il suo stesso.


 


 


 


 



NdA: e l'ultima coppia è stata introdotta, scrivere di questo Sanghyuk mi riscalda il cuore! Comunque ora le cose inizieranno a muoversi!
   
 
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