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Autore: La_Birba    10/02/2017    3 recensioni
Una guerra continua, cinquecento anni di sofferenza, fame e miseria. Sovrani e regine si sono susseguiti da ambedue le parti senza mai cercare di portare la pace. Da una parte vi è Rowgard, città industrializzata e dotata di armi potentissime, dall'alta Grigherwar città ancora medievale costruita sopra la fonte della magia. Solo una profezia era diventata la speranza per tutti, essa narrava l'arrivo di un eroe, costui sarebbe stato forte ed agile, sarebbe stato l'unico in grado di padroneggiare la misteriosa Spada di Luce. Quest'arma leggendaria non era mai stata vista da nessun uomo o mago, molti dicevano fosse una diceria, non credevano nella sua esistenza, per altri invece era divenuta una fonte di speranza. La spada sarebbe apparsa solo all'eroe, costui sarebbe stato riconoscibile al mondo intero per una peculiarità; il colore degli occhi. Ma la profezia era ambigua, il destino poteva cambiare e l'eroe poteva divenire il distruttore del mondo intero.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L'eroe della profezia

 

 

 

 

...Solo un eroe potrà fermare questa guerra,

cielo, terra, sole, notte gli doneranno i loro colori

la spada di luce si mostrerà, ma il destino è oscuro...

Sarà un eroe o il distruttore?

 


 

Una guerra continua, cinquecento anni di sofferenza, fame e miseria. Cinquecento anni di morte e sangue. La sete di potere mai è stata placata e mai si placherà. Sovrani e regine si sono susseguiti da ambedue le parti senza mai cercare di portare la pace. Da una parte vi è Rowgard, città industrializzata e dotata di armi potentissime, dall'alta Grigherwar città ancora medievale costruita sopra la fonte della magia. Solo una profezia era diventata la speranza per tutti, essa narrava l'arrivo di un eroe, costui sarebbe stato forte ed agile, sarebbe stato l'unico in grado di padroneggiare la misteriosa Spada di Luce. Quest'arma leggendaria avrebbe portato la pace, ma non era mai stata vista da nessun uomo o mago, molti dicevano fosse una diceria, non credevano nella sua esistenza, per altri invece era divenuta una fonte di speranza e fiducia nel futuro. La spada sarebbe apparsa solo all'eroe, costui sarebbe stato riconoscibile al mondo intero per una peculiarità; il colore degli occhi. Essi non sarebbero stati di un unico colore ma di svariate sfaccettature. Ma la profezia era ambigua, il destino poteva cambiare e l'eroe poteva divenire il distruttore del mondo intero.

 

Questa è l'inizio di un'assurda storia, di una piccola bambina nata in un piccolo boschetto accanto ad un misero villaggio. Senza un padre e senza un madre. Nessuno sapeva della sua esistenza e tanto meno nessuno si sarebbe mai aspettato che una bambina sarebbe riuscita a cavarsela per due anni da sola in un bosco dimenticato dagli dei. Infatti lei era stata cresciuta dagli alberi di quel magico luogo. Aveva il potere di capirli e poteva comunicare con loro, riusciva a far nascere fiori e arbusti dove più le piaceva. Le radici e le liane le avevano fatto da culla, le avevano insegnato a camminare e a rialzarsi ogni volta che cadeva. Sentiva le loro voci sussurrare nel vento, le avevano insegnato le prime parole. La sua famiglia era strana ma amorevole. Era una bambina allegra e vivace, correva a per di fiato con un vestito fatto di fiori che si era creato grazie alla sua magia. Aveva capelli neri corvini corti e disordinati e gli occhi non avevano un unico colore, ma tante sfaccettature. Era sempre sorridente e non stava mai ferma. Il bosco era in grado di non farle mancare nulla, ma non era in grado di educarla, ogni volta che era l'ora del bagno lei scappava, ma nonna salice con uno di quei suoi lunghi rami riusciva sempre a catturarla e lavarla. Era una selvaggia.

Un giorno di primavera accadde qualcosa di strano. Gli alberi le avevano sussurrato che c'era qualcuno nel bosco, due uomini. La bambina non aveva mai visto nessun altro oltre alla natura. Saltò da un albero all'altro fino ad arrivare dal nonno pioppo. Sotto vi erano due intrusi. Uno era grande e grosso, barba e capelli folti e scuri, poteva sembrare un gigante agli occhi della bambina. Idwal era un consigliere del re di Grigherwar, era in viaggio per portare notizie del fronte a sua maestà. Il suo compagno, Enya, era un giovane combattente, in guerra aveva perso la gamba destra poi prontamente ricreata con la magia, non era una persona molto loquace, era un tipo tranquillo. Era l'esatto opposto del compare, magro e biondo. Anche se non sembrava era uno dei maghi più forti della corte. La piccola incuriosita voleva vederli più da vicino, le foglie in cui si era nascosta non le permettevano un'ottima visuale. Scese dall'albero cercando di fare attenzione ma scivolò e cadde a terra.

I due compagni sentendo un rumore sospetto si alzarono dal loro momento di riposo e armati di una palla infuocata andarono a vedere dietro al grosso albero. Si stupirono nel trovare una bambina piagnucolare e singhiozzare.

L'uomo più grande e grosso arrivò dinanzi a lei. Non era mai stato bravo con i bambini, anzi era piuttosto goffo. Vedendola così fragile e piccola si sedette a terra per cercare di non spaventarla troppo, cercò di calmarla. Quando lei alzò il viso e lo guardò negli occhi, lui vide il colore delle sue iridi. Non era un unico colore preciso, vi era il colore della notte, della terra, del cielo..Pensò alla profezia, all'eroe, guardò l'amico entrambi avevano pensato alla stessa cosa. Dovevano portarla al castello, l'eroe era dinanzi a loro. Sicuramente si sarebbe aspettato un eroe diverso eppure quegli occhi...non poteva non essere lei. Sospirò, ora doveva solo convincerla ad andare con loro, avrebbe potuto prenderla di peso e portarla ma non era saggio. Idwal cercò di trovare le parole giuste per farsi seguire, iniziò così uno sproloquio senza senzo, non era mai stato bravo con i discorsi, complice anche il fatto che era un po' agitato ed imbarazzato. La piccola era rimasta confusa, lo fissò ancora intimorita, non aveva capito praticamente nulla di quello che aveva detto. Poco dopo un lieve vento si alzò, lei udì le parole di mamma quercia: “Fidati di lui, era nel tuo destino incontrarlo!”. Rimase silenzio, inclinò la testa continuando a fissare l'uomo dinanzi a lei, lui sospirò fece per darle un buffetto sulla testa ma lei si scansò facendo un balzo indietro: “Ho capito piccola ti lascerò ai tuoi pensieri! Ma se vorrai venire sarai la benvenuta”.

Così dicendo si alzò, andò nuovamente a sedersi sotto al vecchio pioppo. Pensando ad un piano per farsi seguire, Enya estrasse dalla tasca una scatola di biscotti e gliela lanciò.

“Ehi, ma che fai?” poi i suoi occhi si illuminarono, guardò complice il compagno. L'avrebbero trattata come un animale da addomesticare, o potevano provarci almeno. Lanciò qualche dolcetto alla sua sinistra, la bambina si avvicinò ad essi e come un animale selvatico li annusò un po', se li rigirò tra le mani e poi provò a mangiarli. Se li sgranocchiò tutti in breve tempo, poi guardò il gigante buono e aspettò seduta come un cagnolino per averne altri. Idwal sorrise, gliene lanciò altri poi si alzò e insieme al suo amico mingherlino e ripartirono. La stanchezza del lungo viaggio era passata. La bambina convinta dalla mamma quercia e anche dal buon gusto di quel strano cibo li seguì. Mai aveva mangiato qualcosa di così buono. Idwal ogni dieci passi lasciava un biscotto. Era davvero felice, una speranza si era creata nel suo cuore, una speranza di pace. Da quando era venuto al mondo, non aveva fatto altro che sentire l'odore di sangue e morte, ogni cosa era intrisa di quella puzza. Quanti compagni e quanti amici aveva perso in battaglia? Troppi per ricordarseli tutti. Sperava che grazie a lei le nuove generazioni avrebbero potuto avere un vero futuro, un futuro senza guerra. Ogni tanto si voltava per essere certo di essere ancora seguito. Il cammino durò per diversi giorni. Dopo giorni di viaggio, su lunghe distese di terra incolta e desolata giunsero ad un'enorme porta di legno. Idwal creò una magia per passare la barriera che era intorno alla città, solo quel tipo di incantesimo potevano far aprire la porta, la sfera azzurrina andò a infrangersi sulla porta che si aprì. Il tipo più magro entrò, l'uomo barbuto si voltò tutto sorridente, si accucciò e fece con la mano un gesto per incitare la bambina ad avvicinarsi. Avevano finito i biscotti e tutto ciò che era commestibile, era giunta l'ora che si fidasse di loro. Lei all'inizio non si mosse, nascondendosi meglio dietro al cespuglio che aveva creato per ripararsi. Era indecisa, aveva capito che non era pericoloso, ma non sapeva cosa fare. Un lieve vento arrivò alle sue orecchie: “Vai mia piccola, vai”.

Prese un bel respiro, e mettendo un piede davanti all'altro lo raggiunse. Si fermò però a un paio di passi da lui. Le sorrise e le disse “Andiamo?”. Il suo sorriso la tranquillizzò così annuì, lui si avvicinò e le carezzò la testa. Stavolta lei non si mosse. Le sue mani erano grandi e ruvide eppure era un tocco gentile e piacevole. Anche gli alberi erano sempre stati dolci e gentili con lei, eppure le loro carezze non erano minimamente paragonabili a quella. La bambina si aggrappò ai suoi vestiti. Era una strana città, spesso nonna salice le aveva descritto i villaggi che aveva visto e le persone, ma mai aveva immaginato nulla di simile. Era un posto grigio, le persone andavano continuamente di fretta, non vi era serenità ne gioia. Era gente ormai stanca e sciupata dalla guerra, vi erano solo donne e pochi ragazzi. Idwal camminava serio, non sembrava neppure infastidito da un piccolo peso sulla gamba destra. Si bloccò di colpo vedendo una persona che non vedeva da troppi giorni, la bambina non aspettandosi nulla sbatté la testa contro la sua gamba e cadde a terra. Lui si inchinò davanti la nuova arrivata.

“Siete tornato, ne sono contenta! Dai, Idwal quante volte vi ho detto di non essere così formale con me!”

“Il giorno in cui voi non lo sarete con me, io smetterò di esserlo con voi!” tornò a essere dritto. La persona in questione era Serane, la figlia del comandante dell'esercito. Per quanto entrambi si parlassero come se non ci fosse un rapporto stretto tra loro, in realtà si amavano da anni in silenzio. Non vi era mai stato nulla se non qualche fugace carezza o un bacio in fronte che lei aveva dato a lui. Loro si continuavano ad amare, ogni volta che l'uomo partiva lei rimaneva ad aspettarlo per poi andarlo a trovare appena varcava la soglia del cancello. Lui si era ripromesso che appena la guerra fosse terminata si sarebbe dichiarato. Era una delle donne più belle di Grigherwar, aveva lunghi capelli neri e occhi altrettanto scuri. Le sue labbra erano rosse naturali e il suo sorriso era bianco e splendente. Lui sapeva che lei era davvero troppo per lui, eppure quel sentimento era sbocciato comunque. Molti l'avevano chiesta in sposa, ma erano stati tutti rifiutati. Lei aspettava una proposta che non era ancora arrivata. La bambina che si era rialzata, incuriosita si era sporta da un lato per vedere la sconosciuta, ne era rimasta incantata. Fu in quel momento che quella ragazza la notò, la guardò con sguardo incuriosito e lei si nascose nuovamente. Alzò poi lo sguardo sull'uomo davanti a lei con aria stupita, non ci fu bisogno di dire nulla i suoi occhi parlarono per lei, lui annuì con un lieve sorriso. Gli occhi di Serane si riempirono di speranza, si accucciò all'altezza della piccola.

“Sei davvero una bella bambina! Come ti chiami?” Volle provare ad essere amichevole.

“Non penso che riceverete risposta alcuna. L'ho trovata nel bosco di Monfrer e da la, fino a qui non l'ho sentita parlare neppure una volta!”

“E' davvero molto carina! La porterete da sua maestà?”

Lui annuì. Si congedò con un occhiolino e si diresse verso il castello. La bimba incantata dalla donna rimase indietro, quando i loro sguardi si incontrarono nuovamente, arrossì e corse via aggrappandosi nuovamente all'uomo. Il castello era enorme, ma piuttosto vuoto. Qualche guardia e pochi nobili niente di più. Arrivarono al cospetto del re e lui si inginocchiò. Lei rimase dietro alla sua enorme schiena.

“Idwal siete tornato almeno voi! Me ne compiaccio, spero che avrete buone notizie dal fronte nemico!”

“Maestà, ve ne parlerò in separata sede, ma ho una grande novità!”.

Si alzò senza aspettare una risposta dal re e si spostò lasciando che vedesse la bambina. Lei si bloccò terrorizzata.

“L'eroe della profezia?!” Sentendo quella voce flebile guardò meglio il ragazzo difronte a sé. Kohde era solo ragazzino, gracile con capelli biondi spettinati, era divenuto re pochi mesi prima all'età di undici anni. Era l'ultimo di sette figli, uccisi uno dietro l'altro, in battaglia o avvelenati da qualche traditore. Suo padre era stato catturato e il suo corpo poi era stato inviato dentro ad un baule, era stato fatto in tanti pezzi, la madre era morta di malattia l'anno prima. Non sapeva cosa volesse dire regnare eppure doveva farlo per il bene del popolo. Non tutti avrebbero avuto tale coraggio. Si prese tutte quelle responsabilità per non far creare malcontento all'interno della città, erano già in guerra con Rowgard, non potevano permettersi una guerra interna per il trono. Kohde, posò quella corona troppo grande per lui sul trono, scese i cinque scalini abbracciò quella bambina che stava portando una speranza per loro.

“Tu..tu ci salverai..vero? Salverai tutti noi!” la sua voce si spezzò, per la prima volta da quando era divenuto re, pianse. Lasciò andare tutte le lacrime che aveva trattenuto fino ad allora. La piccola era immobilizzata, non capiva cosa stava succedendo. Quel contatto fisico era molto diverso da quello con il gigante, era umido e un po' troppo soffocante per lei, ma molto dolce. Quando il re si calmò si scostò da lei con ancora gli occhi arrossati e lucidi, “Hai un nome, nostro eroe?”

Non aveva un nome, solo un semplice soprannome, gli alberi, gli arbusti e i fiori la chiamavano così, era un suono dolce, spesso ci cantavano canzoni sopra. Lei era ancora scossa, non riusciva a capire molto eppure quel ragazzo davanti a lei le ispirava fiducia. Aveva un buon odore, migliore di quello di Idwal, il suo istinto le diceva che poteva fidarsi. Fu così che decise di parlare e di presentarsi;

“Rosaleen”.






****ho modificato in alcune parti perchè non mi piaceva molto XD 

  
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