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Autore: voiceOFsoul    10/02/2017    1 recensioni
Ram aveva ormai raggiunto un equilibrio ma adesso si ritrova senza lavoro, convive con Diego in una situazione imbarazzante e non vede Alex e Vale da troppo tempo. Da qui deve ricominciare da capo. Il suo percorso la porterà a incrociare nuove vite, tra cui quella di Tommaso che ha appena imparato a sue spese che la perfezione a cui tanto Ram aspirava non esiste.
Si può essere felici anche se si è imperfetti?
[Seguito di "Volevo fossi tu" e "Ancora Tu", viene integrata e proseguita l'opera incompleta "Open your wings and fly"].
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Le mani di Giorgio tremano come se fosse un ottantenne e il telefono gli sguiscia come se fosse una piccola anguilla appena catturata.

«Eccola!» dopo un bel po’, finalmente, la trova.

«Sbrigati, cosa dice?»

«Ragazzi.» inizia a leggere velocemente, con tono monotono «Purtroppo c’è un cambio di programma, spero non la prendiate male. Dobbiamo spostare il nostro appuntamento… ma non credo che vi dispiacerà più di tanto una volta letto il resto.» Si ferma, scuote la testa, incredulo delle parole successive che lui già ha intravisto e interpretato. «Uno dei miei soci - tra l’altro, è mio fratello - ha un’idea della musica opposta alla mia e, credetemi, so quanto vi possa sembrare strano. Ma questi sono altri affari. Insomma, lui preferisce testare i musicisti nel loro ambiente naturale: davanti a un pubblico. Invece di sentire i vostri pezzi in studio, quindi, vogliono sentirvi live. Domani sera ci sarà una serata di beneficenza a cui parteciperanno diverse band. Vi...» Si ferma di nuovo, sorride.

«Va avanti, Giorgio.» lo incito, fremente.

«Vi abbiamo inserito per quattro brani a vostra scelta. Vi metteremo a disposizione gli stessi strumenti che avete utilizzato in sala. So che non è uguale suonare senza i vostri strumenti, ma se avete preferenze non esitate a dirmelo e vedrò di accontentarvi fin dove possibile. Scegliete accuratamente e fatemi fare bella figura. C’è un foglio di carta su cui mi piacerebbe poter vedere la vostra firma. De Blasi.»

Il silenzio cala nella stanza.

«Siamo sicuri di aver capito bene?» chiede Alfredo che è fino ad ora rimasto impassibile.

«Cazzo.» l’unica esclamazione che riesce a uscire dalla bocca di Giorgio. Da quando lo conosco, le volte che l’ho visto così sconvolto da essere senza parole sono davvero poche e quasi tutte nell’ultimo paio di mesi.

«Io credo che...» Cosa volevo dire? L’ho già dimenticato.

Credevo che ormai fosse finita, che questa mail fosse un modo come un altro per rispedirci a casa nel modo più infiocchettato possibile. Invece De Blasi ci sta facendo salire di livello.

Ricordo cosa volevo dire!

«Credo che dovremmo iniziare a scegliere i pezzi. Che gente frequenta questo tipo di eventi? Cosa può piacergli? Pensate dovremmo cambiare genere, qualcosa di un po’ più commerciale magari? Oppure no, ci distingueremo dagli altri suonando rock duro di fronte a pinguini in smoking? O magari è una serata più informale, in fondo le serate di beneficenza le fanno anche i comuni mortali, no?»

Parlo a ruota libera, senza realmente comprendere il fiume di parole che sta straripando dalla mia bocca. Respiro a stento, senza fare pause. Alfredo si avvicina e mi blocca la testa tra le mani. Con il palmo destro, poi, mi chiude la bocca, coprendo anche il naso.

«Respira Tom! Ti sta andando in pappa il cervello!» mi intima.

Gli scosto la mano dal viso. «Senza la tua grossa mano da bassista a ostruirmi le vie respiratorie sarebbe meglio!»

«Dovevo farlo, stavi iperventilando.»

«Hai visto tre puntate di Dottor House e ti senti un medico. Stavo solo...»

«...avendo un attacco di panico.» mi interrompe «Devo ricordarti da quanto tempo ti conosco? Sei già entrato nel pallone. Come quest’altro qui.» indica Giorgio, fermo ancora a fissare lo schermo del telefono. «Quando sta per più di quaranta secondi in quello stato significa che il suo cervello è già partito per la tangente. Fiù, volato via, non lo becchi più.»

«Secondo me qui l’unico strano sei tu che riesci a stare calmo.» dice Giorgio uscendo dal suo stranissimo silenzio. «Sembra che tu non abbia capito cosa è successo.»

«Non sono per niente calmo e ho capito benissimo cosa succede. Ho capito anche che, se ci ha proposto per una cosa del genere, De Blasi crede davvero in noi perciò l’ultima cosa di cui abbiamo bisogno è farci prendere dal panico e combinare qualche cagata stratosferica. Ne vale anche della sua parola ormai, perciò ci ucciderebbe.» Fa un respiro profondo. «Quindi, a costo di essere ripetitivo, cerchiamo di non cedere al panico e non combinare cagate.»

«Credo che su questo siamo tutti d’accordo.»

«Meglio così. Ecco cosa faremo adesso. Chiamerai la segretaria di De Blasi e sentiremo cosa ha da dirci di più. Le chiederemo anche se in mattinata possiamo usare la sala per le prove, credo che anche su questo saremo d’accordo. Poi ci sederemo tutti attorno a un tavolo e sceglieremo i quattro pezzi da fare in base a criteri che decideremo insieme, se puntare sui classici, su pezzi che ci piace fare o semplicemente su quelli con cui spacchiamo i culi a tutti. Piccolo inciso, io sono per quest’ultima. Domattina andremo a provare e la sera… beh, vedremo cosa succederà, ma faremo sicuramente del nostro meglio. Per prima cosa adesso, però, dobbiamo informare gli altri.»

«Già. Dove si sono cacciati quei due?» chiede Giorgio.

Cerco di nascondere il sorrisetto che mi è nato sulle labbra voltandomi.

«Vado a controllare se ci sono birre in frigo.» mi defilo verso la cucina.

Giorgio, abbandonata la sua rarissima parte taciturna, mi segue a ruota.

«Hai evitato la domanda. Che succede? Dove sono quei due?»

«Non ho evitato la domanda. Sto solo cercando delle birre.»

Apro il frigo. Non mi stupisce trovarlo deserto, solo un paio di bottiglie d’acqua naturale e sul primo ripiano una confezione da sei di birre ancora intatta. Le estraggo, sorridente.

«Visto? Le ho trovate!»

«Non me la racconti giusta. Sai qualcosa su quei due e non vuoi dirmelo. Siamo una famiglia Tom, non possono esserci segreti tra di noi.»

«Di che segreti parlate?» Giacomo compare dal corridoio.

Ha addosso i jeans ma è a torso nudo, è sudato fino ai capelli e ha il viso rosso come dopo un’ora di corsa. Va verso il frigo, prende una bottiglia d’acqua e beve attaccandosi. Sulla schiena dei lievi ma inconfondibili segni di unghie. Sorride, e quel sorriso che potrei riconoscere ad occhi chiusi è solo un’ulteriore conferma.

«Della tua sparizione con una certa signorina.» esclama sornione Giorgio.

«Sparizione? Io ero in camera a dormire. Non so di cosa tu stia parlando.» posa nuovamente la bottiglia e chiude il frigo.

«Certo, dormivi come un angioletto e quei graffi te li sei fatti litigando con il cuscino oppure ti è venuto a trovare Freddy Krueger?»

«Continuo a non sapere di cosa tu stia parlando.» ride e scompare di nuovo nel corridoio.

«Da quando giocano al dottore quei due?» mi chiede appena Giacomo è andato via.

«Giorgio, siamo una famiglia, ma puoi pensare ai fatti tuoi ogni tanto.» lo rimprovero bonariamente. «Adesso pensiamo alle cose serie. Chiamo la segretaria di De Blasi.»

«Io chiamo Steve, credo che glielo dobbiamo.»


L’appuntamento è con uno degli organizzatori della serata di domani. Scherini è uno di quelli che alla SoftWaiting non avremmo mai preso in considerazione, ma per la LambdaDev il suo contributo è fondamentale. La buona riuscita di questa collaborazione per l’evento, ha come scopo finale quello di acquisire in via definitiva una partnership con la sua azienda. La sua è una di quelle che alla SoftWaiting Marco si divertiva a chiamare gallinelle: sosteneva che una espansione troppo rapida inizialmente porta a un declino altrettanto repentino, così le loro chiappe piumate dalle uova d’oro - e giuro che usava proprio questo colorito termine - sarebbero presto state buone solo per il brodo. Non aveva tutti i torti, dopo tutto se inizi a strappare i frutti dall’albero quando è ancora troppo presto rischierai di non avere un buon raccolto, ma l’idea che a mente fredda mi sono fatta è che  Marco applicasse questa filosofia un po’ a caso, più spinto dall’invidia che da una vera e propria analisi delle potenzialità. Giulio, invece, ha una visione positiva della Vel di Scherini. La LambdaDev sta spiccando il volo ma non è ancora ad alta quota, perciò essere partner di una delle agenzie più chiacchierate del momento porterebbe a un salto di qualità nel target che sarebbe possibile raggiungere. Persone come quelle che domani saranno alla serata di beneficenza e che, probabilmente, Venerdì saranno all’evento sull’e-learning che Rebecca sta magistralmente organizzando.

Grazie a due corse di Metro A che abbiamo dovuto saltare perché i vagoni strabordavano già di persone, arriviamo all’appuntamento con circa venti minuti di ritardo. Di Scherini non c’è traccia.

«Credi che non sia ancora arrivato?» chiedo.

«Oppure ci ha dato buca, o è arrivato ed è già andato via.» Rebecca sembra essere già entrata nel panico.

«Se è andato via significa che non è mai uscito con una donna.» cerco di stemperare la tensione. «Non sa che la nostra natura stessa ci impone di farci desiderare?»

Rebecca non sembra neanche ascoltarmi, continua a vagare con lo sguardo tra la folla in questa piccola piazza, sperando disperatamente di vedere il volto di Scherini materializzarsi.

«Giulio mi ammazzerà.»

«Rebecca abbiamo solo venti minuti di ritardo.» aggiungo seria, sperando di farla ragionare «Non è andato da nessuna parte e non ci ha dato buca, è solo più in ritardo di noi.» Non arrivo quasi a terminare la frase che lo vedo avvicinarsi a noi. «Eccolo, vedi? Tutto andrà bene. Ora respira e ricuciti addosso le palle che hai avuto fino a stamattina.» le faccio l’occhiolino.

«Signore, ve stavamo a aspettà!» ci saluta Scherini con il suo fare cordiale, in un romanesco che riesce sempre a mettere allegria. «Abbiamo preso er tavolo, seguiteme. Questa è a migliore trattoria de tutta Roma. Noi nun parlamo de sordi a tavola de solito, ma lei m’ha detto che pe voi ‘na cena è ‘n contratto cor dio de la panza e se è vero, questo è er posto giusto pe noi. Movemose, daje.»

Al tavolo sono già accomodati altri due uomini. Non oso immaginare cosa passa per la teste degli altri clienti mentre vedono due ragazze giovani agghindante più del dovuto rispetto all’ambiente fin troppo rustico del locale andare ad aggiungersi ad un trio di sessantenni.

«Questi sò Antonio e Andrea, i miei soci.» ci presenta i due commensali. «Sò fratelli, anche se non s’assomigliano pe niente.» ride.

Io e Rebecca ci scambiamo uno sguardo dubbioso e rispondiamo con un cenno del capo. Ci accomodiamo sulle piccole sedie di legno.

Il cameriere, riconoscibile per la polo blu con il nome della trattoria stampato sul lato del petto, si precipita da noi richiamato dallo stesso Scherini che, senza domandare, ordina per tutti.

«Spero che non v’offennete, ma me sò permesso de ordinà pure pe voi, pe favve conosce la tavola nostra.»

«Dante, per favore, basta con queste cerimonie.» lo interrompe quello che sembra il più giovane dei due. «Scusatelo, si agita quando è a cena con degli ospiti, specialmente se sono belle donne come voi due.»

«Specialmente se si parla di affari, aggiungerei.» si intromette l’altro.

«Sì, scusate, a proposito di questo...» Rebecca si schiarisce la voce per riuscire a superare il brusio che deriva dal locale pieno di gente. «Signor Scherini mi sembrava di aver capito che lei fosse socio unico della Vel.»

«Vi turba la presenza di altre persone?» il più anziano lo dice fissando Rebecca come se tentasse di leggerle dentro.

«Assolutamente no.» intervengo per aiutarla. «Stavamo chiedendo un chiarimento, per verificare che le nostre informazioni siano concrete prima di procedere con la vera proposta. Ci piace semplicemente avere chiaro il quadro prima di pensare a lucidare la cornice.»

Adesso fissa me. Reggo il suo sguardo in silenzio, fin quando non sembra soddisfatto e si rilassa sulla sedia sorridendo.

«Dante, queste due - scusate il francesismo signore - hanno le palle. Qualsiasi cosa ti debbano proporre, credo valga la pena di valutare.»

«Signore ve spiego subito a situazione.» si schiarisce la voce e ritorna l’uomo d’affari che abbiamo incontrato nel pomeriggio. «Antonio e Andrea sono miei soci, o per meglio dire io sono loro socio, presso un’altra azienda che non ha quasi nulla a che vedere con la Vel se non qualche ovvia collaborazione quando le circostanze lo permettono. Nonostante non siano soci della Vel, sono qui in veste di… consiglieri? Forse non è il termine corretto ma è l’unico che mi viene in mente. Inoltre sono coinvolti nell’evento di domani di cui credo dobbiamo discutere. Come ciliegina sulla torta, siete al cospetto di uno dei più famosi cani da tartufo per gli affari: avrete sentito parlare di De Blasi. Bene, siate fiere di avere passato il suo test. E adesso...» si sbraca sulla sedia e torna il romanaccio che ci ha accolto «...pensamo a magnà e parlamo de cose serie.»


Durante la cena arriva un messaggio, è Diego, chiede come va. Non ci sentiamo dalla notte prima della partenza. Sono uscita di casa in silenzio, mentre lui ancora dormiva accoccolato nel mio letto. Mentre l’aereo decollava mi sono sentita in colpa, lo immaginavo svegliarsi nella casa vuota e maledirmi con tutta la rabbia che riusciva a trovare. Se ha aspettato due giorni prima di scrivermi, non mi sono sbagliata. Gli rispondo che va tutto bene e che sono fuori con un cliente, sperando mi creda.

Al ritorno da questo viaggio dovrò iniziare a cercare sul serio un appartamento dove trasferirmi quanto prima. Gli voglio bene e non so cosa avrei mai fatto senza di lui, è tutto quello che di buono resta del mio passato, ma non possiamo più andare avanti così.

   
 
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