All through the night
Dieci anni prima
Il
rombo dei tuoni entrano nella stanza, attraverso le finestre semi chiuse da cui
filtra l’aria del temporale estivo in corso fuori.
Il
rumore sveglia di colpo Elena che scatta seduta in preda a un respiro sommesso.
Sbatte gli occhi per abituarsi al buio della camera e attiva l’udito percependo
lo scroscio forte della pioggia battente e il respiro regolare di suo marito,
disteso al suo fianco.
Prova
a rimettersi sdraiata seguendo la luce fredda dei fulmini che ogni tanto
illuminano il cielo riflettendosi nella stanza, ma ormai è sveglia e il nervoso
per la mancanza di sonno la fa alzare dal letto definitivamente.
Tasta
con i piedi in cerca delle ciabatte e si avvicina alla finestra per chiudere i
suoni della natura e l’umidità fuori; sa che morirà di caldo ma non li tollera
molto.
Sono
le quattro di notte in casa Withmore e lei, Aaron e il piccolo di Alec stanno
trascorrendo qualche giorno estivo dalla famiglia di lui che Elena non
digerisce molto, ma a cui si adegua da brava moglie. Dormono nella vecchia
camera di Aaron, adibita a camera degli ospiti dai genitori di lui, mentre al
piano inferiore, sul divano, c’è Maxwell anche lui ospite di quella casa.
E’
tornato da due giorni, si è lasciato con la tipa con cui si frequentava, si è
licenziato, ha litigato con i genitori e così ha chiesto a suo fratello – il
padre di Aaron nonché suocero di Elena- di ospitarlo fin quando le acque non si
sarebbero calmate.
Gli
è stato offerto il divano per il tempo in cui Elena e Aaron saranno da loro.
Lei sfiora con lo sguardo Alec che dorme sul letto a brandina montato ai piedi
del letto matrimoniale e controlla, prima di uscire, che non sia sudato.
Scende in cucina a prendere da bere facendo piano
per non svegliare nessuno, nel silenzio in cui è immersa la casa; scorge
nell’oscurità Maxwell addormentato con la bottiglia di vino sul tavolino da
caffè e un braccio che penzola fuori dal divano. Ha provato a far presente ad
Aaron che suo zio beve un po’ troppo ultimamente, ma lui trova mille
giustificazioni derivanti dalla situazione delicata in cui si trova; era
qualche tempo che non lo vedevano e a lei non dispiaceva. Si trova bene con Max ma quando beve tende ad essere un po’ molesto nei suoi
confronti, nulla di che, battute, sguardi strani e lei non si sente per niente
a suo agio. Sospira quando i tuoni fuori rompono l’aria e non trova conforto
neanche nella sua stessa stretta, avvolta nella misera camicia da notte di
cotone che le si appiccica alla pelle per l’umido.
Accende
la luce e cerca un bicchiere quando un rumore attira la sua attenzione e
voltandosi per poco non sbatte contro un assonnato Maxwell.
Il
cuore le galoppa rapido per lo spavento e si porta istintivamente una mano sul
petto ravviandosi i capelli.
-Cielo,
mi hai spaventata-
-Oh
…scusa-
L’alito
altamente alcolico le arriva alle narici disgustandola, ma prova a trattenere
il disagio salitole a gola.
-Scusa
tu…non volevo svegliarti-
-Oh,
tanto volevo bere un po’ d’acqua-
Indica
mollemente la bottiglia in vetro da cui si stava servendo Elena che, di contro,
annuisce lasciandogli lo spazio per prendere da bere. Lo osserva circospetta,
con un istintivo bisogno di andarsene prima possibile e desiderando
urgentemente una vestaglia a coprire il suo giovane corpo esposto alla vista
annebbiata dell’uomo. Prova a togliersi di dosso quella sensazione fastidiosa
mentre sorseggia il suo bicchiere in fretta, per poi posarlo nel lavandino e prepararsi
a salutarlo.
-Sai
Elena….io …io non sono un fallito…nel senso….le cose non sono andate come
volevo ma…-
Lei
rimane immobile con la porta della cucina alle sue spalle, forte della sua via
di fuga che sembra comunque non tanto sicura ora che lui ciondola instabile
verso lei biascicando cose sulla propria vita che ad Elena non importano
assolutamente.
-Insomma
tutti possiamo fare scelte sbagliate non trovi?-
-Certo-
Prova
a sfuggire da quello sguardo troppo vibrante per i suoi gusti e fa un
impercettibile passo indietro sperando che lui smetta di mangiare le distanze. Si
da della stupida per avere certi pensieri negativi, ma è l’istinto prima ancora
del cervello ad ordinare di mantenere una misura di sicurezza da lui e da
quegli occhi chiari che la percorrono affaticati dall’alcool.
Ed
è stata una frazione di secondo quella in cui da una sua idea folle si è concretizzata
in realtà, con il corpo di lui avventatosi su di lei, schiacciandola contro l’isola
della cucina e portando le sue labbra viscide sul collo. Elena è rimasta
paralizzata nel terrore e incredulità, provando a connettere il pensiero alle
labbra, far uscire la voce. Ma la paura l’aveva zittita, con le mani inchiodate
dalla sua stretta, il corpo forte a comprimerle i reni contro il bancone della
cucina, l’alito pesante a sporcarle la
pelle; le mani ruvide si erano posate su una spalla alla ricerca dalla spallina
della camicia da notte, mentre inutilmente Elena provava a supplicarlo di
smettere e le lacrime incontrollate avevano preso a rigarle il volto
spaventato.
****
I respiri
profondi e rilassati di Julie e Violet risuonano
nell’aria tiepida della camera dove Nadia dorme con le altre due. In realtà in
questo preciso momento dormire è l’ultima cosa che riesce a fare, per quanto
vorrebbe.
E’ distesa di
schiena, occhi neri puntati verso un immaginario soffitto inghiottito dalla
notte, coperta tirata fino al petto e mani conserte in grembo, in una classica
postura da bara che, più o meno, è la sensazione che la affligge in quel
preciso istante.
Per quanto il
suo corpo chieda di riposare, il suo cervello ed il suo cuore stanno viaggiando
a mille all’ora sul treno dei pensieri e tormenti assillanti che non le
permettono di mollare la presa, continuando a proiettare verso il soffitto la
scena di qualche ora prima.
In modi
diversi, da diversi punti di vista, ma finisce sempre nello stesso modo.
Alec che la
ferma e le dice che la ama, lei che resta di sale. I botti, la confusione
generale, i loro familiari che li tirano nei festeggiamenti.
La pressione
che aumenta e il sangue che la paralizza.
Quelle iridi chiare che le piacciono tanto, calde, affettuose, che si
contraggono in una frazione di secondo - ferite, amareggiate, confuse.
Non sa come
gestire la tempesta in cui sta navigando, è la prima volta che la affronta e
alla sua età non ha gli strumenti, le emozioni investono e soffocano, ci sta
affogando dentro.
Sospira
appesantita dalla sua stessa incapacità di amare, ma il suo cervello non è
pronto per analizzare quanto accaduto con il giusto distacco e maturità. Così
sbuffa, sposta le coperte e si alza lentamente provando a non svegliare le
altre due che dormono beate, ignare di quello che le attenderà sulla soglia
dell’adolescenza.
Ciabatte, golf
pesante e si immerge nel corridoio di tenebra dove l’aria è più fredda e
sveglia i sensi mai sopiti. A passi leggeri si dirige verso le scale, come alla
ricerca di chissà quale risposta, tentativo di chiarezza.
Perché è così
sconvolta? Perché le sembra di essere l’unica mentre il resto del mondo si mette
insieme e si grida ti amo ad ogni angolo? Oppure è solo una minuscola parte che
è abituata a vedere nei film e nella realtà è ben diversa?
Perché le
tremano le vene e i polsi al solo pensiero di replicare? Come si fa a capire se
si tratta solo di un blocco?
Le gira la
testa per la confusione e decide che una camomilla potrebbe aiutarla a
calmarsi.
***
Alec si è
rigirato nel letto una serie di volte, addormentandosi, poi risvegliandosi; un
attimo prima aveva freddo, quello dopo caldo. L’inquietudine adolescenziale lo
ha tormentato diverso tempo finché non si è svegliato del tutto e, dopo lunghi
momenti di angoscia interiore, ha allungato la mano verso il comodino per
afferrare il cellulare e premere il tasto home per vedere se ci fossero delle
notifiche.
E qualcosa c’è,
ma non di quello che vorrebbe. Che poi, perché dovrebbe scrivergli se dorme due
camere dopo la sua? Scorre rapido nella chat coi suoi amici leggendo le varie
scemenze, auguri per l’anno nuovo, foto, battute varie.
Torna indietro
e fruga fra le chat aperte per vedere se ci sia ancora qualcuno sveglio, gli
altri festeggiavano a casa di Colin saranno ancora a fare casino; se li
immagina con i gemelli Parker a proporre di vedere film porno e le ragazze
sdegnarsi. Trova la chat con Kayla e la apre incerto.
Ultimo accesso
nemmeno dieci minuti fa.
Conosce Kayla
dalle elementari, hanno fatto tutte le scuole insieme, suo padre è un collega
di sua madre, conoscono tutto l’uno dell’altra e si sono visti nelle situazioni
più disagianti; come al campo estivo delle medie quando il suo corpo subì il
primo grande cambiamento e lui totalmente incapace di capire cosa stesse
succedendo restò comunque al suo fianco per tutto il pomeriggio. Si vergognava
delle amiche, ma di lui si fidava ciecamente.
Sospira e
lascia che la luce fredda dello schermo ferisca i suoi occhi mentre digita
svelto la loro richiesta di soccorso.
“SOS”
Aspetta un po'
tornando ad immergersi nei suoi pensieri fin quando il telefono non vibra e
trova la pronta risposta di lei.
“A quest’ora,
in questa particolare sera dell’anno...CODICE NERO”
“Sempre
intuitiva...buon anno”
“Ci siamo già
fatti gli auguri…spara”
“Eddai dammi un momento”
“Lei dov’è?”
“Perché pensi
che riguardi lei?”
Anche suo
fratello ci sarebbe arrivato, ma ha bisogno di tempo per tirare fuori la
vergogna dalle viscere. Kayla inoltra il primo suo stesso messaggio per
ribadire il concetto.
“Non farmi
perdere tempo con domande stupide”
“Le ho detto
che la amo”
La butta lì, con
le mani che scottano sulla tastiera del cellulare.
“E?”
“E….botti,
mezzanotte, festeggiamenti...silenzio”
Osserva quel sta scrivendo con ansia, necessita di
aver il suo punto di vista che sfati le sue paure.
“Ok...totale?”
“Totale...una
fugace e imbarazzata buonanotte e basta”
“Dunque sei
nella fase terrori notturni”
“Per questo mi
occorre il mio Luke della situazione”
Il fatto che
colga i rifermenti a Gilmore Girls
ha smesso di allarmarlo quando ha accettato il suo destino di amico del cuore e
da piccoli recitavano le battute di quello storico telefilm al punto che le ha
scolpite nella mente. E non solo di quello.
“Ok...beh tu
sei stato bravo! Un uomo! Sono fiera di te!”
“Si bene….e su
di lei?”
“Beh non lo so…nel
senso si vede che Nadia è una chiusa e che insomma si imbarazza facile...forse
per lei è stato un colpo”
“Mmm quindi dici che dovrei chiederglielo??”
“Meredith
perché vuoi mettere le mani sulla bomba?”
“Dai smettila
con questi dannati riferimenti”
“Alec non si va
da una che ti ha dato il due di picche a chiederle perché lo ha fatto….il mio
consiglio è darle tempo di elaborare la cosa”
“E se non
elaborasse?”
“La
rinchiudiamo nel mondo prigione”
Gli scappa un
sorriso che lei non può vedere, colmo di gratitudine perché comunque vada Kayla
sarà sempre lì per lui.
“Lo sai vero
che questa conversazione devi cancellarla”
“Lo so più maschio”
“Lasciami
un’apparenza di virilità”
“Sei più
tranquillo?”
“Sulla buona
strada…grazie K”
“A te”
Si salutano e
sente già il proprio corpo rilassarsi contro il materasso adesso che ha parlato
con Kayla.
Si domanda come
faccia Kayla a stare con Colin, è il suo migliore amico lui lo adora, ma è un
bambino rispetto a lei che è avanti a tutti, anni luce. All’inizio gli faceva
strano che si frequentassero, temeva che il loro circolo dell’amicizia si
potesse spezzare, ma ancora una volta lei si era dimostrata cento volte più
matura ed aveva mantenuto il giusto equilibrio. Non che Colin abbia spesso voce
in capitolo nelle varie situazioni, lei sembra sempre avere la soluzione più
sensata; sarebbero persi senza di lei.
E consolato dal
pensiero della sua migliore amica lascia che finalmente il sonno lo colga.
***
Dieci
anni prima
Quando
le dita salde di Max stanno per abbassare la spallina
di una immobile Elena, una voce irrompe timida dal fondo delle scale.
-Mamma?-
Alec.
Quel
suono si infrange nell’aria pesante della cucina, facendo rinsavire di colpo Max e riprendere Elena che, grazie a quell’istinto
protettivo materno, recupera coraggio e spinge bruscamente via da se quell’uomo
orribile che si salva da uno schiaffo solo perché il piccolo la chiama
nuovamente affacciandosi alla cucina.
Lo
sguardo terrorizzato di lei si sposta rapido sul bambino, rabbonendo subito i
lineamenti in una gestualità primitiva e si sistema la camicia da notte
scomposta nascondendo dietro agli occhi feriti il terrore di quanto appena
subito. A passi svelti raggiunge Alec di appena tre anni e lo solleva in
fretta, premurosa.
-Ehi
amore che succede?-
-C’è
la pioggia forte….-
Lo
stringe a se più in un gesto di gratitudine che lui non può capire, che altro.
Il suo piccolo uomo l’ha salvata senza saperlo e trattiene le lacrime di
adrenalina che le infiammano le iridi scure; senza nemmeno voltarsi indietro,
senza cercarlo, si avvia subito per le scale con Alec in braccio,
bisbigliandogli parole dolci all’orecchio e ogni scalino è una scarica di
adrenalina che scioglie i nervi tesi.
Ha
giurato a se stessa di non dire niente, ingoiare quel rospo ad occluderle lo stomaco
portando nel segreto di quel ricordo, il disprezzo vivo di quell’uomo.
****
Da allora Elena non è più rimasta nella
stessa stanza con Max da sola; quando lui è andato a
trovarli un anno dopo a casa loro, preda della pazzia più totale ha raccontato
tutto a Bonnie e Caroline che per poco non avevano imbracciato forconi e torce
per andare a farlo fuori. E dopo un pianto liberatorio aveva fatto solennemente
promettere loro di non dirlo ad Aaron.
E il disgusto si era esteso anche alle
due al punto che era diventata una sorta di crociata silenziosa, una implicita
campagna volta a boicottare ogni tentativo di Aaron di invitare lo zio a casa
loro.
Per questo adesso è totalmente bloccata
nel suo incubo personale, imprigionata nel recinto sicuro che il suo cervello
ha istintivamente creato per non sentire la stretta dolorosa sugli avambracci,
il senso di nausea più lui le si strofina addosso borbottando oscenità che non
sente. Una sorta di proiezione del suo cervello per non cadere in pezzi, mentre
si lascia essere preda di quella violenza che lui probabilmente cova come
desiderio da anni.
Ma stavolta il salvataggio non arriva da
suo figlio.
Sono le iridi scure terrorizzate di
Nadia che la fissano attraverso l’aria pesante della cucina, sfondando il muro
di indolenza che la circonda e, in un gesto secco, allontana Max premendo con tutta la forza che ha in corpo le mani sul
suo petto per spingerlo via.
La voce irrompe finalmente nelle corde
vocali sussurrando quel nome che basta a far recuperare un briciolo di lucidità
all’uomo, incapace tuttavia di vivere fino infondo l’imbarazzo e la vergogna
per le proprie azioni.
Dopo attimi di gelo in cui Elena si tira
stretta la vestaglia e ravvia i capelli, Max abbassa
lo sguardo confuso e lentamente supera entrambe uscendo dalla cucina, notando
come Nadia scatti sul posto spaventata e si sposti il più possibile da lui per
farlo passare.
Deglutisce confusa, non sicura di quanto
abbia appena visto; è stato tutto talmente frenetico. Ha visto le luci accese
così è scesa cauta non sapendo bene chi avrebbe trovato e non sentendo rumori
si è affacciata silenziosa quanto bastava per vedere chiaramente la situazione.
Nella prima frazione di secondo ha errato
la valutazione, ma quando gli occhi marroni vacui, stretti in una morsa di supplica
incapace hanno trovato i suoi ha capito. E non è stata capace di proferire
parola, investita da una situazione troppo potente da reggere, per lei che già
un attimo prima era un treno merci carico di sentimenti incasinati.
Elena avanza di un passo rischiando di
cadere a causa delle gambe tremanti, così posa una mano sull’isola e cerca con
tutte le sue forze di mettere su una faccia a cui nessuna delle due può
credere. Ma è l’adulta, deve trovare ordine in testa per tranquillizzare la fin
troppo silenziosa ragazzina che la fissa come si fa con un morto o una vittima
di una violenza.
Perché di questo si tratta, ma Elena ancora
non è capace di associare quelle parole e riferirle a se stessa. Perché lei ce
la fa da sola, o così si è sempre detta. Eppure si sente molto più nuda, più
debole, più sporca ora davanti a Nadia che davanti a suo figlio anni prima.
Perché Nadia ha capito, sfuggono
entrambe dal contatto visivo diretto, ma ha capito.
-Ehi….avevi…volevi qualcosa?-
La voce trema più di quanto voglia; si è
concentrata molto per modularla con l’inflessione il più controllata possibile,
senza riuscirci.
-Io…una camomilla-
-Bene…te la faccio-
Nadia contrae la fronte perplessa, non
capendo questa sua frenesia dopo una cosa del genere. Si è creato un non detto
raggelante e lei, dai suoi solo sedici anni, non ha certo le palle per poterle
chiedere nulla; così si avvicina all’isola della cucina e la osserva in
silenzio darsi da fare per preparare due camomille.
Non parlano, la sente frusciarle intorno
trascinandosi dietro un’aurea afflitta che desidera urlare la verità a gran
voce, non potendolo davvero fare.
E vorrebbe tanto suo padre Nadia, perché
prenderebbe a cazzotti lo zio di Alec e saprebbe calmare una esagitata Elena.
Quando posiziona le tazze colme del liquido bollente e con l’infuso in
immersione, si trova finalmente davanti a lei, entrambe poggiate con gli
avambracci sul ripiano.
-Quello….quello che è successo prima….ecco
lui….sai quando beve esagera ma…lui…-
Questa dannata voce che trema troppo, le
lacrime nascoste dietro un velo di autocontrollo, le mani che stringono la
tazza bollente senza sentirne davvero il calore. Nadia la vede in tutta la sua
comprensibile fragilità e si chiede come faccia a stare in piedi dopo una cosa
del genere; più ci pensa, più realizza, più razionalizza, più vorrebbe correre
a chiamare suo padre.
-Non deve spiegarmi niente, davvero….io..-
-Non dire niente, ti prego-
Lo sguardo supplichevole le stringe il
cuore al punto che vorrebbe piangere per lei.
-Io….no no certo…non lo dirò-
-Grazie Nadia….Dio non volevo tu ti
spaventassi…davvero non sai come mi dispiace-
Non ha mai parlato con la mamma di Alec,
c’è sempre stato un sano distacco viste le circostanze per cui si frequentano
più del normale ed ha sempre apprezzato che lei non fosse invadente, nonostante
questa strana cosa con suo padre. Ma anche adesso, dopo quello che ha visto e
che avrebbe detto impossibile fino a cinque minuti prima, le fa capire che sa
davvero poco delle persone, di quello che vivono, sentono.
Dov’è Alec? Ha così bisogno di lui, di
farsi stringere. Di piangere, ma poi dovrebbe spiegargli e non può farlo.
Chissà se era la prima volta, pensa
questo mentre gli occhi scorrono lungo la figura di Elena, scorgendo il polso lesionato
che sbuca da sotto la vestaglia, con il segno arrossato del braccialetto che
indossa e che le ha ferito la pelle, a causa probabilmente della stretta di
quell’uomo da cui adesso è terrorizzata e non sa come farà nei prossimi giorni.
E’ troppo da gestire tutto quel turbine
di emozioni in una sola notte.
-Alec mi ha detto che mi ama…stasera…e
io non ho detto niente-
Le iridi di entrambe si allargano, per
uno stupore diverso.
Capisce Elena che non volesse certo
raccontarlo a lei, ma è come una pentola con troppa pressione, il vapore deve
uscire a un certo punto e quella era l’unica cosa in alternativa a quella
appena successa, che potesse dire.
Si sente liberata da un peso enorme e
beve svelta la camomilla sentendo i propri nervi distendersi di colpo; poi
torna titubante negli occhi ora più morbidi e comprensivi di Elena, alla quale
sfugge un insolito sorriso carico di tenerezza.
-Beh, i ragazzi sono impulsivi…noi siamo
più riflessive, e qualcuna di più…-
-Già…-
Intuisce le sue paure, lo vede benissimo
sul volto giovane. Per lei era stato diverso; con un come Damon hai paura di tutto, ma allo stesso
tempo ti spinge oltre il tuo limite e lo aveva superato senza nemmeno
accorgersene. Ma suo figlio è un ragazzino alle prime armi e Nadia ha un camion
di disagi emotivi anche familiari che possono bloccarla molto di più.
-Amare qualcuno….a poco a che fare con
quello che si dice….datti tempo e quando dovrà venire fuori, per chi dovrà…verrà…meglio
dirlo una volta di meno, che dire una bugia….ricordatelo sempre-
Nadia sembra scordarsi per un istante di
tutto, della scena di poco fa, del terrore, il disorientamento, come anche l’ansia
e il disagio con Alec. Le sorride sospirando, finiscono entrambe di bere e
salgono insieme. Non ha intenzione di lasciare sola Elena di nuovo, non che potrebbe
far nulla, ma almeno sono in due.
Nadia entra in camera sua dopo uno
sguardo complice di gratitudine con Elena che, di contro, sparisce in bagno
dove, dopo qualche istante, si lascia andare sul pavimento ad un pianto
silenzioso tentando di sopprimere i singhiozzi pronti a graffiarle la gola.
Non ha avuto nemmeno il tempo, lo
spazio, di elaborare e farsi entrare sotto pelle le parole di Damon che è
arrivato Max ha strapparle di dosso l’amore.
E sì, in questo momento, nonostante si
senta sporca, marchiata, squallida, lo vorrebbe lì al suo fianco ad amarla in
quel suo modo così nuovo, da scoprire, ma anche conosciuto.
Ha bisogno di Damon, dell’uomo che ama
così disperatamente. E al quale tuttavia non può dirlo.
E lascia che quel dolore fluisca fuori
da lei zuppandole il volto, adesso nascosto tra le ginocchia rannicchiate
contro il petto ferito.
Tutto attraverso una sola notte.
Sono da arresto!!!!! Peggio della Plec che fa fuori a caso gente, o la Shonda
che prende decisioni da “chiamo la polizia”
Eccomi qua col mio solito ritardo
cronico, scusate sta diventando sempre più impossibile scrivere e non capite
quanto sia stato difficile partorire questo capitolo.
La decisione su “chi” avrebbe dovuto
piombare in cucina e salvare Elena non è stato facile, nel capitolo precedente
inoltre avevo gettato tanta carne al fuoco e dovevo decidere da quale parte
cominciare a mangiare. Così ho deciso di dare spazio ai Nalec
(vi amo anche solo per aver inventato questo shipping
name) in modo da esplorare un po’ i loro giovani
cuori e poi introdurre anche la situazione sospesa di Elena, risolta con l’arrivo
di Nadia.
Ovviamente non si sa se Nadia riuscirà
davvero a tenersi per sé questa cosa che l’ha scossa, ma considerate che deve
davvero ancora metabilizzare la cosa, è sotto shock,
un vero trauma.
Quindi ora come sistema di salvezza per
la salute del suo giovane cervello, sta come lasciando sospesa la cosa.
E dovrà anche arrivare a un punto con
Alec. Mentre Elena lo ha decisamente più chiaro, ma è ben lontana dal poterlo
condividere col diretto interessato.
Le citazioni sono:
-Dalle Gilmore
rispetto ai terrori notturni sono quelli di cui soffre Kirk e chiede aiuto a
Luke per controllare che non faccia cose pazze nella prima notte che passa
insieme a Lulù; così come “più maschio” è una battuta di Lorelai;
-Il mondo prigione non sto neanche a
dirvelo XDXD
-Da Grey’s l’episodio
in cui c’è il Codice Nero è quando arriva il tizio con una bomba nel corpo e Mer ci mette la mano sopra da vera kamikaze qual era.
-il titolo è preso dalla canzone di
Cindy Lauper, la cui cover degli Sleeping at Last è stata colonna sonora della 6x02, quando Elena
ricorda Damon e il momento in cui ha capito di amarlo.
Spero che, nonostante la solita tragica
attesa, il mio capitolo possa piacervi.
Baci
Eli