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Autore: eli_s    11/02/2017    2 recensioni
Cosa succede quando un amore sopravvive silenzioso nel tempo? Possono vent'anni dividere per sempre due persone?
Genere: Angst | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alaric Saltzman, Damon Salvatore, Elena Gilbert, Nadia Petrova | Coppie: Damon/Elena
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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All through the night

 

Dieci anni prima

Il rombo dei tuoni entrano nella stanza, attraverso le finestre semi chiuse da cui filtra l’aria del temporale estivo in corso fuori.

Il rumore sveglia di colpo Elena che scatta seduta in preda a un respiro sommesso. Sbatte gli occhi per abituarsi al buio della camera e attiva l’udito percependo lo scroscio forte della pioggia battente e il respiro regolare di suo marito, disteso al suo fianco.

Prova a rimettersi sdraiata seguendo la luce fredda dei fulmini che ogni tanto illuminano il cielo riflettendosi nella stanza, ma ormai è sveglia e il nervoso per la mancanza di sonno la fa alzare dal letto definitivamente.

Tasta con i piedi in cerca delle ciabatte e si avvicina alla finestra per chiudere i suoni della natura e l’umidità fuori; sa che morirà di caldo ma non li tollera molto.

 

Sono le quattro di notte in casa Withmore e lei, Aaron e il piccolo di Alec stanno trascorrendo qualche giorno estivo dalla famiglia di lui che Elena non digerisce molto, ma a cui si adegua da brava moglie. Dormono nella vecchia camera di Aaron, adibita a camera degli ospiti dai genitori di lui, mentre al piano inferiore, sul divano, c’è Maxwell anche lui ospite di quella casa.

E’ tornato da due giorni, si è lasciato con la tipa con cui si frequentava, si è licenziato, ha litigato con i genitori e così ha chiesto a suo fratello – il padre di Aaron nonché suocero di Elena- di ospitarlo fin quando le acque non si sarebbero calmate.

Gli è stato offerto il divano per il tempo in cui Elena e Aaron saranno da loro. Lei sfiora con lo sguardo Alec che dorme sul letto a brandina montato ai piedi del letto matrimoniale e controlla, prima di uscire, che non sia sudato.

 

Scende  in cucina a prendere da bere facendo piano per non svegliare nessuno, nel silenzio in cui è immersa la casa; scorge nell’oscurità Maxwell addormentato con la bottiglia di vino sul tavolino da caffè e un braccio che penzola fuori dal divano. Ha provato a far presente ad Aaron che suo zio beve un po’ troppo ultimamente, ma lui trova mille giustificazioni derivanti dalla situazione delicata in cui si trova; era qualche tempo che non lo vedevano e a lei non dispiaceva. Si trova bene con Max ma quando beve tende ad essere un po’ molesto nei suoi confronti, nulla di che, battute, sguardi strani e lei non si sente per niente a suo agio. Sospira quando i tuoni fuori rompono l’aria e non trova conforto neanche nella sua stessa stretta, avvolta nella misera camicia da notte di cotone che le si appiccica alla pelle per l’umido.

 

Accende la luce e cerca un bicchiere quando un rumore attira la sua attenzione e voltandosi per poco non sbatte contro un assonnato Maxwell.

Il cuore le galoppa rapido per lo spavento e si porta istintivamente una mano sul petto ravviandosi i capelli.

 

-Cielo, mi hai spaventata-

-Oh …scusa-

 

L’alito altamente alcolico le arriva alle narici disgustandola, ma prova a trattenere il disagio salitole a gola.

 

-Scusa tu…non volevo svegliarti-

-Oh, tanto volevo bere un po’ d’acqua-

 

Indica mollemente la bottiglia in vetro da cui si stava servendo Elena che, di contro, annuisce lasciandogli lo spazio per prendere da bere. Lo osserva circospetta, con un istintivo bisogno di andarsene prima possibile e desiderando urgentemente una vestaglia a coprire il suo giovane corpo esposto alla vista annebbiata dell’uomo. Prova a togliersi di dosso quella sensazione fastidiosa mentre sorseggia il suo bicchiere in fretta, per poi posarlo nel lavandino e prepararsi a salutarlo.

 

-Sai Elena….io …io non sono un fallito…nel senso….le cose non sono andate come volevo ma…-

 

Lei rimane immobile con la porta della cucina alle sue spalle, forte della sua via di fuga che sembra comunque non tanto sicura ora che lui ciondola instabile verso lei biascicando cose sulla propria vita che ad Elena non importano assolutamente.

 

-Insomma tutti possiamo fare scelte sbagliate non trovi?-

-Certo-

 

Prova a sfuggire da quello sguardo troppo vibrante per i suoi gusti e fa un impercettibile passo indietro sperando che lui smetta di mangiare le distanze. Si da della stupida per avere certi pensieri negativi, ma è l’istinto prima ancora del cervello ad ordinare di mantenere una misura di sicurezza da lui e da quegli occhi chiari che la percorrono affaticati dall’alcool.

 

Ed è stata una frazione di secondo quella in cui da una sua idea folle si è concretizzata in realtà, con il corpo di lui avventatosi su di lei, schiacciandola contro l’isola della cucina e portando le sue labbra viscide sul collo. Elena è rimasta paralizzata nel terrore e incredulità, provando a connettere il pensiero alle labbra, far uscire la voce. Ma la paura l’aveva zittita, con le mani inchiodate dalla sua stretta, il corpo forte a comprimerle i reni contro il bancone della cucina, l’alito pesante a  sporcarle la pelle; le mani ruvide si erano posate su una spalla alla ricerca dalla spallina della camicia da notte, mentre inutilmente Elena provava a supplicarlo di smettere e le lacrime incontrollate avevano preso a rigarle il volto spaventato.

 

 

****

 

 

I respiri profondi e rilassati di Julie e Violet risuonano nell’aria tiepida della camera dove Nadia dorme con le altre due. In realtà in questo preciso momento dormire è l’ultima cosa che riesce a fare, per quanto vorrebbe.

E’ distesa di schiena, occhi neri puntati verso un immaginario soffitto inghiottito dalla notte, coperta tirata fino al petto e mani conserte in grembo, in una classica postura da bara che, più o meno, è la sensazione che la affligge in quel preciso istante.

Per quanto il suo corpo chieda di riposare, il suo cervello ed il suo cuore stanno viaggiando a mille all’ora sul treno dei pensieri e tormenti assillanti che non le permettono di mollare la presa, continuando a proiettare verso il soffitto la scena di qualche ora prima.

In modi diversi, da diversi punti di vista, ma finisce sempre nello stesso modo.

 

Alec che la ferma e le dice che la ama, lei che resta di sale. I botti, la confusione generale, i loro familiari che li tirano nei festeggiamenti.

La pressione che aumenta e il sangue che la paralizza.

Quelle iridi chiare che le piacciono tanto, calde, affettuose, che si contraggono in una frazione di secondo - ferite, amareggiate, confuse.

Non sa come gestire la tempesta in cui sta navigando, è la prima volta che la affronta e alla sua età non ha gli strumenti, le emozioni investono e soffocano, ci sta affogando dentro.

Sospira appesantita dalla sua stessa incapacità di amare, ma il suo cervello non è pronto per analizzare quanto accaduto con il giusto distacco e maturità. Così sbuffa, sposta le coperte e si alza lentamente provando a non svegliare le altre due che dormono beate, ignare di quello che le attenderà sulla soglia dell’adolescenza.

 

Ciabatte, golf pesante e si immerge nel corridoio di tenebra dove l’aria è più fredda e sveglia i sensi mai sopiti. A passi leggeri si dirige verso le scale, come alla ricerca di chissà quale risposta, tentativo di chiarezza.

Perché è così sconvolta? Perché le sembra di essere l’unica mentre il resto del mondo si mette insieme e si grida ti amo ad ogni angolo? Oppure è solo una minuscola parte che è abituata a vedere nei film e nella realtà è ben diversa?

Perché le tremano le vene e i polsi al solo pensiero di replicare? Come si fa a capire se si tratta solo di un blocco?

Le gira la testa per la confusione e decide che una camomilla potrebbe aiutarla a calmarsi.

 

 

***

 

Alec si è rigirato nel letto una serie di volte, addormentandosi, poi risvegliandosi; un attimo prima aveva freddo, quello dopo caldo. L’inquietudine adolescenziale lo ha tormentato diverso tempo finché non si è svegliato del tutto e, dopo lunghi momenti di angoscia interiore, ha allungato la mano verso il comodino per afferrare il cellulare e premere il tasto home per vedere se ci fossero delle notifiche.

E qualcosa c’è, ma non di quello che vorrebbe. Che poi, perché dovrebbe scrivergli se dorme due camere dopo la sua? Scorre rapido nella chat coi suoi amici leggendo le varie scemenze, auguri per l’anno nuovo, foto, battute varie.

 

Torna indietro e fruga fra le chat aperte per vedere se ci sia ancora qualcuno sveglio, gli altri festeggiavano a casa di Colin saranno ancora a fare casino; se li immagina con i gemelli Parker a proporre di vedere film porno e le ragazze sdegnarsi. Trova la chat con Kayla e la apre incerto.

Ultimo accesso nemmeno dieci minuti fa.

 

Conosce Kayla dalle elementari, hanno fatto tutte le scuole insieme, suo padre è un collega di sua madre, conoscono tutto l’uno dell’altra e si sono visti nelle situazioni più disagianti; come al campo estivo delle medie quando il suo corpo subì il primo grande cambiamento e lui totalmente incapace di capire cosa stesse succedendo restò comunque al suo fianco per tutto il pomeriggio. Si vergognava delle amiche, ma di lui si fidava ciecamente.

 

Sospira e lascia che la luce fredda dello schermo ferisca i suoi occhi mentre digita svelto la loro richiesta di soccorso.

 

“SOS”

 

Aspetta un po' tornando ad immergersi nei suoi pensieri fin quando il telefono non vibra e trova la pronta risposta di lei.

 

“A quest’ora, in questa particolare sera dell’anno...CODICE NERO”

“Sempre intuitiva...buon anno”

“Ci siamo già fatti gli auguri…spara”

Eddai dammi un momento”

“Lei dov’è?”

“Perché pensi che riguardi lei?”

 

Anche suo fratello ci sarebbe arrivato, ma ha bisogno di tempo per tirare fuori la vergogna dalle viscere. Kayla inoltra il primo suo stesso messaggio per ribadire il concetto.

 

“Non farmi perdere tempo con domande stupide”

“Le ho detto che la amo”

 

La butta lì, con le mani che scottano sulla tastiera del cellulare.

 

“E?”

“E….botti, mezzanotte, festeggiamenti...silenzio”

 

Osserva quel sta scrivendo con ansia, necessita di aver il suo punto di vista che sfati le sue paure.

 

“Ok...totale?”

“Totale...una fugace e imbarazzata buonanotte e basta”

“Dunque sei nella fase terrori notturni

“Per questo mi occorre il mio Luke della situazione”

 

Il fatto che colga i rifermenti a Gilmore Girls ha smesso di allarmarlo quando ha accettato il suo destino di amico del cuore e da piccoli recitavano le battute di quello storico telefilm al punto che le ha scolpite nella mente. E non solo di quello.

 

“Ok...beh tu sei stato bravo! Un uomo! Sono fiera di te!”

“Si bene….e su di lei?”

“Beh non lo so…nel senso si vede che Nadia è una chiusa e che insomma si imbarazza facile...forse per lei è stato un colpo”

Mmm quindi dici che dovrei chiederglielo??”

“Meredith perché vuoi mettere le mani sulla bomba?”

“Dai smettila con questi dannati riferimenti”

“Alec non si va da una che ti ha dato il due di picche a chiederle perché lo ha fatto….il mio consiglio è darle tempo di elaborare la cosa”

“E se non elaborasse?”

“La rinchiudiamo nel mondo prigione”

 

Gli scappa un sorriso che lei non può vedere, colmo di gratitudine perché comunque vada Kayla sarà sempre lì per lui.

 

“Lo sai vero che questa conversazione devi cancellarla”

“Lo so più maschio

“Lasciami un’apparenza di virilità”

“Sei più tranquillo?”

“Sulla buona strada…grazie K”

“A te”

 

Si salutano e sente già il proprio corpo rilassarsi contro il materasso adesso che ha parlato con Kayla.

Si domanda come faccia Kayla a stare con Colin, è il suo migliore amico lui lo adora, ma è un bambino rispetto a lei che è avanti a tutti, anni luce. All’inizio gli faceva strano che si frequentassero, temeva che il loro circolo dell’amicizia si potesse spezzare, ma ancora una volta lei si era dimostrata cento volte più matura ed aveva mantenuto il giusto equilibrio. Non che Colin abbia spesso voce in capitolo nelle varie situazioni, lei sembra sempre avere la soluzione più sensata; sarebbero persi senza di lei.

 

E consolato dal pensiero della sua migliore amica lascia che finalmente il sonno lo colga.

 

 

***

 

Dieci anni prima

 

Quando le dita salde di Max stanno per abbassare la spallina di una immobile Elena, una voce irrompe timida dal fondo delle scale.

 

-Mamma?-

 

Alec.

Quel suono si infrange nell’aria pesante della cucina, facendo rinsavire di colpo Max e riprendere Elena che, grazie a quell’istinto protettivo materno, recupera coraggio e spinge bruscamente via da se quell’uomo orribile che si salva da uno schiaffo solo perché il piccolo la chiama nuovamente affacciandosi alla cucina.

Lo sguardo terrorizzato di lei si sposta rapido sul bambino, rabbonendo subito i lineamenti in una gestualità primitiva e si sistema la camicia da notte scomposta nascondendo dietro agli occhi feriti il terrore di quanto appena subito. A passi svelti raggiunge Alec di appena tre anni e lo solleva in fretta, premurosa.

 

-Ehi amore che succede?-

-C’è la pioggia forte….-

 

Lo stringe a se più in un gesto di gratitudine che lui non può capire, che altro. Il suo piccolo uomo l’ha salvata senza saperlo e trattiene le lacrime di adrenalina che le infiammano le iridi scure; senza nemmeno voltarsi indietro, senza cercarlo, si avvia subito per le scale con Alec in braccio, bisbigliandogli parole dolci all’orecchio e ogni scalino è una scarica di adrenalina che scioglie i nervi tesi.

Ha giurato a se stessa di non dire niente, ingoiare quel rospo ad occluderle lo stomaco portando nel segreto di quel ricordo, il disprezzo vivo di quell’uomo.

 

 

****

 

Da allora Elena non è più rimasta nella stessa stanza con Max da sola; quando lui è andato a trovarli un anno dopo a casa loro, preda della pazzia più totale ha raccontato tutto a Bonnie e Caroline che per poco non avevano imbracciato forconi e torce per andare a farlo fuori. E dopo un pianto liberatorio aveva fatto solennemente promettere loro di non dirlo ad Aaron.

E il disgusto si era esteso anche alle due al punto che era diventata una sorta di crociata silenziosa, una implicita campagna volta a boicottare ogni tentativo di Aaron di invitare lo zio a casa loro.

 

Per questo adesso è totalmente bloccata nel suo incubo personale, imprigionata nel recinto sicuro che il suo cervello ha istintivamente creato per non sentire la stretta dolorosa sugli avambracci, il senso di nausea più lui le si strofina addosso borbottando oscenità che non sente. Una sorta di proiezione del suo cervello per non cadere in pezzi, mentre si lascia essere preda di quella violenza che lui probabilmente cova come desiderio da anni.

 

Ma stavolta il salvataggio non arriva da suo figlio.

Sono le iridi scure terrorizzate di Nadia che la fissano attraverso l’aria pesante della cucina, sfondando il muro di indolenza che la circonda e, in un gesto secco, allontana Max premendo con tutta la forza che ha in corpo le mani sul suo petto per spingerlo via.

La voce irrompe finalmente nelle corde vocali sussurrando quel nome che basta a far recuperare un briciolo di lucidità all’uomo, incapace tuttavia di vivere fino infondo l’imbarazzo e la vergogna per le proprie azioni.

Dopo attimi di gelo in cui Elena si tira stretta la vestaglia e ravvia i capelli, Max abbassa lo sguardo confuso e lentamente supera entrambe uscendo dalla cucina, notando come Nadia scatti sul posto spaventata e si sposti il più possibile da lui per farlo passare.

 

Deglutisce confusa, non sicura di quanto abbia appena visto; è stato tutto talmente frenetico. Ha visto le luci accese così è scesa cauta non sapendo bene chi avrebbe trovato e non sentendo rumori si è affacciata silenziosa quanto bastava per vedere chiaramente la situazione.

Nella prima frazione di secondo ha errato la valutazione, ma quando gli occhi marroni vacui, stretti in una morsa di supplica incapace hanno trovato i suoi ha capito. E non è stata capace di proferire parola, investita da una situazione troppo potente da reggere, per lei che già un attimo prima era un treno merci carico di sentimenti incasinati.

 

Elena avanza di un passo rischiando di cadere a causa delle gambe tremanti, così posa una mano sull’isola e cerca con tutte le sue forze di mettere su una faccia a cui nessuna delle due può credere. Ma è l’adulta, deve trovare ordine in testa per tranquillizzare la fin troppo silenziosa ragazzina che la fissa come si fa con un morto o una vittima di una violenza.

Perché di questo si tratta, ma Elena ancora non è capace di associare quelle parole e riferirle a se stessa. Perché lei ce la fa da sola, o così si è sempre detta. Eppure si sente molto più nuda, più debole, più sporca ora davanti a Nadia che davanti a suo figlio anni prima.

Perché Nadia ha capito, sfuggono entrambe dal contatto visivo diretto, ma ha capito.

 

-Ehi….avevi…volevi qualcosa?-

 

La voce trema più di quanto voglia; si è concentrata molto per modularla con l’inflessione il più controllata possibile, senza riuscirci.

 

-Io…una camomilla-

-Bene…te la faccio-

 

Nadia contrae la fronte perplessa, non capendo questa sua frenesia dopo una cosa del genere. Si è creato un non detto raggelante e lei, dai suoi solo sedici anni, non ha certo le palle per poterle chiedere nulla; così si avvicina all’isola della cucina e la osserva in silenzio darsi da fare per preparare due camomille.

Non parlano, la sente frusciarle intorno trascinandosi dietro un’aurea afflitta che desidera urlare la verità a gran voce, non potendolo davvero fare.

E vorrebbe tanto suo padre Nadia, perché prenderebbe a cazzotti lo zio di Alec e saprebbe calmare una esagitata Elena. Quando posiziona le tazze colme del liquido bollente e con l’infuso in immersione, si trova finalmente davanti a lei, entrambe poggiate con gli avambracci sul ripiano.

 

-Quello….quello che è successo prima….ecco lui….sai quando beve esagera ma…lui…-

 

Questa dannata voce che trema troppo, le lacrime nascoste dietro un velo di autocontrollo, le mani che stringono la tazza bollente senza sentirne davvero il calore. Nadia la vede in tutta la sua comprensibile fragilità e si chiede come faccia a stare in piedi dopo una cosa del genere; più ci pensa, più realizza, più razionalizza, più vorrebbe correre a chiamare suo padre.

 

-Non deve spiegarmi niente, davvero….io..-

-Non dire niente, ti prego-

 

Lo sguardo supplichevole le stringe il cuore al punto che vorrebbe piangere per lei.

 

-Io….no no certo…non lo dirò-

-Grazie Nadia….Dio non volevo tu ti spaventassi…davvero non sai come mi dispiace-

 

Non ha mai parlato con la mamma di Alec, c’è sempre stato un sano distacco viste le circostanze per cui si frequentano più del normale ed ha sempre apprezzato che lei non fosse invadente, nonostante questa strana cosa con suo padre. Ma anche adesso, dopo quello che ha visto e che avrebbe detto impossibile fino a cinque minuti prima, le fa capire che sa davvero poco delle persone, di quello che vivono, sentono.

Dov’è Alec? Ha così bisogno di lui, di farsi stringere. Di piangere, ma poi dovrebbe spiegargli e non può farlo.

 

Chissà se era la prima volta, pensa questo mentre gli occhi scorrono lungo la figura di Elena, scorgendo il polso lesionato che sbuca da sotto la vestaglia, con il segno arrossato del braccialetto che indossa e che le ha ferito la pelle, a causa probabilmente della stretta di quell’uomo da cui adesso è terrorizzata e non sa come farà nei prossimi giorni.

E’ troppo da gestire tutto quel turbine di emozioni in una sola notte.

 

-Alec mi ha detto che mi ama…stasera…e io non ho detto niente-

 

Le iridi di entrambe si allargano, per uno stupore diverso.

Capisce Elena che non volesse certo raccontarlo a lei, ma è come una pentola con troppa pressione, il vapore deve uscire a un certo punto e quella era l’unica cosa in alternativa a quella appena successa, che potesse dire.

Si sente liberata da un peso enorme e beve svelta la camomilla sentendo i propri nervi distendersi di colpo; poi torna titubante negli occhi ora più morbidi e comprensivi di Elena, alla quale sfugge un insolito sorriso carico di tenerezza.

 

-Beh, i ragazzi sono impulsivi…noi siamo più riflessive, e qualcuna di più…-

-Già…-

 

Intuisce le sue paure, lo vede benissimo sul volto giovane. Per lei era stato diverso; con un  come Damon hai paura di tutto, ma allo stesso tempo ti spinge oltre il tuo limite e lo aveva superato senza nemmeno accorgersene. Ma suo figlio è un ragazzino alle prime armi e Nadia ha un camion di disagi emotivi anche familiari che possono bloccarla molto di più.

 

-Amare qualcuno….a poco a che fare con quello che si dice….datti tempo e quando dovrà venire fuori, per chi dovrà…verrà…meglio dirlo una volta di meno, che dire una bugia….ricordatelo sempre-

 

Nadia sembra scordarsi per un istante di tutto, della scena di poco fa, del terrore, il disorientamento, come anche l’ansia e il disagio con Alec. Le sorride sospirando, finiscono entrambe di bere e salgono insieme. Non ha intenzione di lasciare sola Elena di nuovo, non che potrebbe far nulla, ma almeno sono in due.

Nadia entra in camera sua dopo uno sguardo complice di gratitudine con Elena che, di contro, sparisce in bagno dove, dopo qualche istante, si lascia andare sul pavimento ad un pianto silenzioso tentando di sopprimere i singhiozzi pronti a graffiarle la gola.

 

Non ha avuto nemmeno il tempo, lo spazio, di elaborare e farsi entrare sotto pelle le parole di Damon che è arrivato Max ha strapparle di dosso l’amore.

E sì, in questo momento, nonostante si senta sporca, marchiata, squallida, lo vorrebbe lì al suo fianco ad amarla in quel suo modo così nuovo, da scoprire, ma anche conosciuto.

Ha bisogno di Damon, dell’uomo che ama così disperatamente. E al quale tuttavia non può dirlo.

E lascia che quel dolore fluisca fuori da lei zuppandole il volto, adesso nascosto tra le ginocchia rannicchiate contro il petto ferito.

 

Tutto attraverso una sola notte.

 

 

 

 

Sono da arresto!!!!! Peggio della Plec che fa fuori a caso gente, o la Shonda che prende decisioni da “chiamo la polizia”

Eccomi qua col mio solito ritardo cronico, scusate sta diventando sempre più impossibile scrivere e non capite quanto sia stato difficile partorire questo capitolo.

La decisione su “chi” avrebbe dovuto piombare in cucina e salvare Elena non è stato facile, nel capitolo precedente inoltre avevo gettato tanta carne al fuoco e dovevo decidere da quale parte cominciare a mangiare. Così ho deciso di dare spazio ai Nalec (vi amo anche solo per aver inventato questo shipping name) in modo da esplorare un po’ i loro giovani cuori e poi introdurre anche la situazione sospesa di Elena, risolta con l’arrivo di Nadia.

 

Ovviamente non si sa se Nadia riuscirà davvero a tenersi per sé questa cosa che l’ha scossa, ma considerate che deve davvero ancora metabilizzare la cosa, è sotto shock, un vero trauma.

Quindi ora come sistema di salvezza per la salute del suo giovane cervello, sta come lasciando sospesa la cosa.

 

E dovrà anche arrivare a un punto con Alec. Mentre Elena lo ha decisamente più chiaro, ma è ben lontana dal poterlo condividere col diretto interessato.

Le citazioni sono:

-Dalle Gilmore rispetto ai terrori notturni sono quelli di cui soffre Kirk e chiede aiuto a Luke per controllare che non faccia cose pazze nella prima notte che passa insieme a Lulù; così come “più maschio” è una battuta di Lorelai;

-Il mondo prigione non sto neanche a dirvelo XDXD

-Da Grey’s l’episodio in cui c’è il Codice Nero è quando arriva il tizio con una bomba nel corpo e Mer ci mette la mano sopra da vera kamikaze qual era.

-il titolo è preso dalla canzone di Cindy Lauper, la cui cover degli Sleeping at Last è stata colonna sonora della 6x02, quando Elena ricorda Damon e il momento in cui ha capito di amarlo.

Spero che, nonostante la solita tragica attesa, il mio capitolo possa piacervi.

 

Baci

Eli

   
 
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