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Autore: Brit    11/02/2017    5 recensioni
Katie McGrath è un’attrice a tempo pieno che viene colta da una sfortuna dietro l’altra. Ha appena perso il fratello e la cognata in un terribile incidente e deve farsi carico di Nathan e Maddie, i suoi due nipoti. Incapace di prendersi cura di loro da sola cerca un’aiutante, però i due si rivelano dei combina guai capaci di far scappare tutte le tate. Ma la sua fortuna da irlandese non l’abbandona del tutto, per fortuna c’è Melissa Benoist.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash, Crack Pairing | Personaggi: Kara Danvers, Lena Luthor
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
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KATHERINE MCGRATH POV

 
Forse per il dolore lancinante al mio piede, forse per ogni singolo sentimento schiacciato a regola d’arte in fondo al mio stomaco, esplosi. Guardai la sua mano, non molto convinta. Che diamine stava succedendo in casa mia? Quella ragazza, da dove diamine era uscita? La nuova tata? E chi l’aveva scelta? Io no di certo. Incenerii con lo sguardo Nathan e Maddie. Quest’ultima si nascose colpevole dietro i pantaloni del fratello. Non solo avevano portato in casa una sconosciuta, ma l’avevano anche illusa, facendole credere di poter avere un lavoro. Tutta la situazione mi sembrava assurda: dei bambini che scelgono la loro tata. Con quale criterio, con quale giudizio? Sono solo bambini!
Tutto ciò non mi metteva in una situazione decisamente spiacevole. La ragazza di fronte a me abbassò finalmente la mano, capendo che non mi andava molto a genio.
Presi un profondo respiro e con sguardo severo la guardai, senza dire una parola. L’oceano colore dei suoi occhi penetrò nei miei, e per un attimo mi sentii vulnerabile.
Ma non demorsi dalla mia posizione di supremazia.
Volevo spiegazioni e mantenni lo sguardo solenne nonostante la stanchezza. Si sistemò gli spessi occhiali neri che indossava, le tremava la mano. Ora era decisamente agitata.
“Ecco...” - la giovane biondina si schiarì la voce - “...sempre che per lei non sia un problema
Signorina McGrath”.
“Deve esserci stato un errore.” Pronunciai piatta. Volsi il mio sguardo verso Nathan; se c’era qualcuno che doveva darmi spiegazioni era decisamente quel ragazzino.
Glielo leggevo in faccia; una cosa che avevo imparato in quei mesi con lui era che quando combinava qualche guaio poi, puntualmente, si presentava con le mani in tasca ciondolando con i piedi e sfoggiando gli occhi più dolci ed innocenti del mondo.
“Nathan, devi dirmi qualcosa?”, chiesi con un tono che non ammetteva giri di parole. “Zia Katie. Ecco, io...” esitò nel rispondere, sapeva di averla combinata grossa.
Lo incoraggiai con lo sguardo e confessò “Oggi io e Maddie siamo andati al centro commerciale”. Avvampai dalla rabbia, ma lo lasciai continuare.
“Volevamo andare a visitare quel nuovo negozio di animali che ha aperto, Maddie ci teneva così tanto, e -” la piccola controbatté “Bugiardo! Sei te che hai insistito”, Nathan arrossì e concluse “ -e poi ci siamo accorti di esserci persi. Meno male che Melissa ci ha trovati e riportati a casa.”
Ero talmente spaventata. Sarebbero potuti capitare nelle mani di qualche mal intenzionato.
“Le abbiamo chiesto di diventare la nostra tata!” Si intromise Maddie.
“Signorina… Benoist? È pregata di andarsene. È stato tutto un grosso malinteso, mi dispiace.”
“Zia Katie, no!” si lamentò Maddie.
“La ringrazio per quello che ha fatto.” La guardai fugace. Osservai la misteriosa ragazza annuire e rivolgere un saluto dolce ai bambini ringraziandoli della serata.
Ma chi diamine era?
Quando sentii la porta chiudersi, mi lasciai andare sul divano con un tonfo. Sospirai, cercando di capire come avessero potuto portare con così tanta facilità una sconosciuta in casa.
“Non capisci niente.” Mi disse Nathan, portando con sé la piccola. “Da quando loro non ci sono più non hai fatto altro che chiuderti. Non capisci niente.”
Se ne andò verso la zona notte, lasciandomi sul divano con le lacrime agli occhi e un profondo senso di vuoto. Mi guardai attorno: solo in quel momento notai come la cucina e il salotto erano in un ordine che in casa McGrath non si vedeva da un po’.
 
 
“Vuoi dirmi che sei arrivata a casa e c’era questa ragazza che giocava con loro? A Just Dance?” Colin[1] scoppiò a ridere.
Impugnai la spada, facendola roteare tra la mano.
“Non c’è nulla da ridere. Hanno portato un’estranea in casa. Come se nulla fosse.” Sbottai.
“Andiamo Katie, Maddie è una bambina ma Nathan è un ragazzo, può capire se una persona è malintenzionata o no. E poi non hai neppure sentito le loro ragioni.” Continuò comprensivo il mio collega.
Appoggiai la spada e mi sistemai meglio lo stretto vestito di Morgana: “Sì, ma era come se l’avessero già testata ed assunta, senza dirmi di nulla. E sono usciti di casa, pure, senza avvisarmi!”
“Sai cosa credo?” mi guardò negli occhi. “Credo che tu non stia permettendo a nessuno di avvicinarti. Lo fai di tua volontà, come protezione, per non subire altre perdite. E pretendi di farlo anche con Nathan e Maddie. Ti stai comportando un po’ da riccio.” Mi appoggiò una mano sulla spalla. “E credo che per questo tu abbia rifiutato quella ragazza, perché non vuoi lasciarla entrare nella tua famiglia, perché hai paura che quando tu e i ragazzi vi ci affezionerete, lei se ne andrà.”
Avevo le lacrime agli occhi, colpita nel profondo.
Non ebbi tempo di rispondere perché il produttore ci chiamò. Dovevamo girare delle scene sul set.
 
Quando tornai a casa, Nathan non mi degnò di uno sguardo. Mi recai in camera di Maddie che stava giocando con una delle sue macchinine preferite. Mi sedetti per terra, accanto a lei e presi un’altra macchinina. “A me piace Melissa.”
Sollevai un sopracciglio. “Come?”
“Melissa. È gentile e ha un cane.” Lo sottolineò come se l’avere un cane fosse la cosa più importante del mondo.
“Ti piace perché ha un cane?”
 Annuì con la testa. “Ci ha preparato la pasta, e abbiamo sistemato il salotto dai giochi e poi ha voluto ballare con noi.” Continuò mentre faceva ruotare nell’aria la sua macchinina.
Rimasi in silenzio a pensare. Pensai a cosa mi avevano detto Nathan e Colin.
“Nathan ha pure lavato i piatti!” sghignazzò a voce bassa, coprendosi la bocca con la manina.
Spalancai gli occhi. Non ci potevo credere.
La piccola mi sfilò con una velocità incredibile il cellulare dalla tasca: “Guarda, questo è il suo cane.”
Osservai un piccolo batuffolo orrendo di cane. A Maddie piacevano questi tipi di cani?
‘Millie’.
Spalancai gli occhi. Mi resi conto che Maddie aveva trovato il suo profilo Instagram! Cavoli, dev’essergli piaciuto molto quel cane per ricordarsi il nome utente della ragazza.
Mi ripresi il cellulare, squagliandomela via.
Quella sera nel letto non feci altro che guardare le foto di Melissa, in cui ogni tre per due compariva Millie, il cane. Non feci altro che pensare a quanto quella ragazza rese felici i miei due bambini.
Sentivo dentro di me un grande vuoto.
Da quando mio fratello Sean era morto avevo fatto di tutto per rendere migliore la vita di Nat e Mad, ma non ci ero riuscita. Ogni volta che trovavo un modo per distrarli, puntualmente mi si rivoltavano contro, oppure semplicemente parevano indifferenti.
Lo ammetto, ero gelosa di Melissa.
Come poteva una perfetta sconosciuta essere in grado di riempire i cuori di due bambini neo-orfani in così poco tempo?
Decisi di mettermi a dormire: il giorno dopo avrei dovuto girare una scena portante della serie tv.
Morgana Pendragon avrebbe utilizzato per la prima volta la magia bianca per salvare la vita di suo fratello Artù. I produttori mi avevano messo molta pressione sulla buona riuscita della puntata, e dovevo eccellere.
Misi da parte il caos ronzante nella mia testa e chiusi gli occhi.
Melissa, perché non faccio altro che pensarti?
 
[1] Colin Morgan: attore protagonista nella serie tv Merlin che interpreta il mago Merlino.
 
 
MELISSA BENOIST POV
 
“Perché hai detto di aver baciato la terra su cui ero passata?
Bisogna uccidermi invece.
Sono così estenuata! Poter riposare…riposare!” Cercai di rendere la mia voce ancora più grave.
 
“Io sono un gabbiano…
Che c’entra. Sono un’attrice. Ma certo…
C’è anche lui… Ma certo… Non fa’ niente…” Mi strinsi nelle spalle mentre mi feci avvolgere dalle sensazioni del brano.
“Si… Lui non credeva nel teatro, rideva sempre delle mie fantasie e, a poco a poco anch’io smisi di credervi e mi perdetti d’animo…
E poi, le sollecitudini dell’amore, la gelosia, la continua paura per il piccolo… Divenni meschina, mediocre, recitavo sconnessamente… Non sapevo cosa fare delle mani, non sapevo stare sul palcoscenico, non dominavo la voce. Non puoi capire la condizione di chi sente di recitare in maniera orribile.”
 
Feci una pausa e, di colpo, alcuni ricordi della sera precedente mi balenarono nella mente. Mi sentii nuovamente delusa, derisa in un certo senso e terribilmente mortificata per ciò che era successo con quella donna.
 
“Io sono un gabbiano.
Che c’entra.
Ricordi? Uccidesti un gabbiano. Giunse un uomo per caso, lo vide e per passare il tempo, lo rovinò… Un soggetto per un breve racconto.
Che c’entra….
Di che stavo parlando? Ah della scena.
Adesso sono diversa… Oramai sono una vera attrice, recito con piacere, con entusiasmo, mi inebrio sul palcoscenico e mi sento bellissima. Ora poi, da quando sono qui, cammino a lungo, cammino e penso, penso e sento crescere di giorno in giorno le mie forze spirituali…”
Adesso io so, io capisco Kostja, che nel nostro lavoro – poco importa se recitiamo o scriviamo – l’essenziale non è la gloria, non è il lustro, non è ciò che sognavo, ma la capacità di soffrire.
Sappi portar la tua croce e abbi fede.
Io ho fede, e questo mi allevia il dolore, e, quando penso alla mia vocazione, non ho paura della vita.[1]
 
Scandii le ultime parole con calma e decisione. Avevo lavorato tanto su questo monologo; volevo più di ogni cosa rendere fieri i miei insegnanti.
Probabilmente ci riuscii, poiché un’onda di applausi partì nella grande aula, insegnanti e compagni di corso rimasero a bocca aperta. 
La prima a non credere a tale reazione fui io.
Finalmente sorrisi.
Mi dissero di fare una pausa, poiché a breve avrei dovuto ripetere altre parti. Mi diressi verso il mio zaino e sorseggiai velocemente dell’acqua, mentre sfilavo dalla tasca del giubbotto il cellulare per controllare che ore fossero. Notai una chiamata persa da un numero sconosciuto. Lì per lì non ci feci troppo caso.
‘Se è importante, richiameranno. ’ Mi dissi, eppure la curiosità man mano si faceva grande in me.
 
‘E se fosse qualcuno a cui ho lasciato il mio curriculum? Se stessi perdendo l’opportunità di trovare finalmente un lavoro? Devo chiamare quel numero, devo assolutamente chiamare. ’
Questi furono i pensieri che mi attanagliarono la mente per tutta la durata delle mie prove. Non vedevo l’ora che finissero, a quel punto. Nonostante tutto, cercai di concentrarmi e dare il meglio di me in quella che era la mia più grande passione.
Quando recitavo, un po’ come avevo già espresso nel brano, veniva fuori tutta me stessa. Non avevo più nessun velo. La recitazione aveva il potere di guarirmi da qualsiasi ferita, seppur per poco; aveva il potere di immergermi in un altro mondo, nel mio mondo.
Un’ora dopo, a lezione finita, mi piombai verso l’uscita e composi il numero in men che non si dica. L’agitazione, la speranza e la curiosità mi stavano divorando. Cercai di pensare positivo.
Dopo qualche secondo, dall’altra parte, una voce profonda e seria mi rispose.
“Signorina Benoist?”
Feci fatica a capire chi fosse, nonostante la voce mi suonava così familiare, tanto da indispormi e mettermi a disagio.
“S-si. Sono io. Chi parla, scusi?”
“Sono Katie McGrath. Quella Katie… Nathan e Maddie. Ricorda?” continuò, fredda.
‘Cavolo! ’ pensai di getto ‘Vorrà ancora farmi un’ulteriore ramanzina per ieri sera? Giusto per sentirmi ancor di più mortificata…’
Sentii un groppo alla gola ma cercai di nasconderlo e risultare normale. Strinsi i denti. 
“Oh, salve! Certo che ricordo, come si fa a dimenticare quelle due dolci pesti!” mi scappò una risatina nervosa.
Me ne pentii il secondo dopo.
Probabilmente era stato meglio non essersela fatta scappare.
 
Ciò che seguì mi lasciò senza parole. Non riuscivo a credere alle mie orecchie.
“Va benissimo!” quasi urlai dall’emozione e dalla gioia. “Non vedo l’ora!”
 
 
Qualche ora dopo, a casa, cercai quella donna su internet, trascinata dal mio istinto. Il suo cognome lo ricordavo appena (per fortuna mi aiutò Google). Non so cosa mi spinse a farlo, ma l’avevo già vista da qualche parte e dovevo capire chi fosse.
Rabbrividii quando lessi il suo nome e conobbi -letteralmente- il suo volto sulla locandina, pochi secondi dopo.
Katie McGrath era l’attrice protagonista di un bellissimo film che avevo visto anni prima: Leading Lady.
Mi sentii avvampare. Ora tutto era più chiaro.
 
[1] Monologo del teatro contemporaneo, tratto da ‘Il gabbiano’ (1896) - Anton Checov.




NOTE:
Prima di tutto, vorremmo ringraziare le persone che hanno aggiunto la storia nelle seguite/preferite, tutte le persone che hanno recensito e anche quelle silenziose. Per noi, è davvero importante il vostro feedback *^*
Fateci sapere cosa ne pensate di questo capitolo! 
Ps: cinque recensioni e avrete il prossimo! 
BOOYAH! :D
 
  
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