Furibondo, il governatore Tarkin camminava su e giù per il ponte principale della Morte Nera. I suoi subalterni lo fissavano di sottecchi in silenzio mentre continuavano a sbrigare le loro faccende. Quando il governatore era così arrabbiato diventava imperativo evitare a tutti i costi di attirare la sua attenzione. L’ultimo comandante della guarnigione di Kessel era stato scelto proprio con questo criterio: l’aveva disturbato in un momento critico.
L’unico che assisteva alla scena con calma olimpica era Darth Vader. Il respiro calmo e regolare faceva capire che non era minimamente turbato dall’ira del suo collega.
Tarkin, intanto, come sempre quando era fuori di sé dalla rabbia, esprimeva i suoi pensieri a voce alta.
“È inaudito, è inconcepibile!” diceva, passeggiando nervosamente come un nexu in gabbia, “Quel debosciato! Quel delinquente! Questa volta ha veramente passato ogni limite, sfacciato!”
“L’hai detto anche l’ultima volta. E la penultima. E anche quella prima,” intervenne Vader.
“Ma questa volta è andato oltre ogni possibile tolleranza! Gli avevo ordinato di mandare dei rapporti!”
“Mi risulta che l’abbia fatto.”
“Mi ha mandato… questa!” gridò Tarkin con voce strozzata dall’ira. Buttò sul tavolo una cartolina. Vader la osservò: rappresentava una sullustiana nuda e procace su uno sfondo composto dalle immagini dei principali monumenti di Sullust. Una scritta in sullustiano e in galattico base recitava: Non sai cosa ti sei perso non venendo su Sullust.
Dietro c’era scritto: Stiamo bene, qui, stiamo tutti bene. Voi come state?
“Quel Veers mi farà venire l’esaurimento nervoso!”, sospirò Tarkin.
“Già, certo. Ora devo andare. Hai per caso visto la mia carta di credito Imperial Platinum da qualche parte? Non riesco a trovarla.”
Tarkin scosse la testa. Aveva già abbastanza problemi per conto suo senza quella dannata carta di credito. Diede un’ultima occhiata alla cartolina, dalla quale la sullustiana ammiccava lasciva, e si fece portare un bicchiere d’acqua. Prese la solita compressa per la pressione. La compressa di Veers, la chiamava.