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Autore: Sky_Anubis    12/02/2017    0 recensioni
Gli dèi, gli antichi dèi della regione di Athena sono furiosi con gli uomini. Un'antica società segreta cerca di evitare la tragedia insieme ad un ragazzo e i suoi amici, che scopriranno di essere molto più importanti di quanto credessero.
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altri, Camilla, Ruby
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Manga
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Dopo aver corso per una decina di minuti, i tre ragazzi arrivarono davanti ad un grande edificio in stile classico e si fermarono nel boschetto lì vicino, stando bene attenti ad appartarsi.
Kai si buttò sul prato: «Finalmente siamo liberi!»
«Cavolo, abbiamo avuto una fortuna incredibile.» fece Minerva.
«Insomma, volete dirmi che cavolo è successo?» chiese Percy.
Minerva si mise a raccontargli tutto, mentre Riolu si metteva ad esplorare quel piccolo boschetto, tutto felice. Quando la ragazza arrivò alla parte del terremoto, Percy ebbe un sussulto. «Come hai detto? Gli occhi di Kai brillavano?»
«Sì, brillavano di un verde intenso.»
«Potrebbe essere… Kai, cosa sentivi durante il terremoto?» chiese poi, rivolto al ragazzo dagli occhi verdi.
«Io… non lo so, ma… credo di averlo provocato io, ero così arrabbiato per quello che aveva detto la Chateau… ho sentito questo grande potere nel petto e non riuscivo proprio a trattenere la mia rabbia...» rispose, tenendo basso lo sguardo.
«Kai, andiamo, è impossibile che sia stata colpa tua.» fece la ragazza.
«No, Minerva» rispose il biondo «Non ne sarei così sicuro.»
«Che intendi?» chiese quella.
«Venite con me, in Università c’è qualcuno che può spiegarvi tutto.»
Mentre parlavano, Riolu si era seduto su un rametto e si godeva la brezza fresca di ottobre, ascoltando il rumore del vento tra le foglie, in completa beatitudine, fin quando Kai lo chiamò. Il piccolo Pokémon scese con un balzo e atterrò leggero sulla spalla del suo amico.
Usciti dal boschetto, i tre entrarono nel grande edificio classico che era l’Università di Aeteria, la capitale della regione di Athena. Una volta salita la grande scalinata, videro una donna che stava pulendo. Percy la salutò mettendosi una mano davanti al petto, come quando ci si mette in preghiera, ma con una sola delle due mani.
«Eklaie, Matilde. C’è Deucalion, per caso?»
«Eklepte, Perseus.» rispose, con lo stesso gesto del ragazzo. «Sì, lo trovi nell’aula magna della facoltà di archeologia.»
«Grazie.» rispose, sorridendole. Matilde ritornò alle sue mansioni di inserviente mentre i ragazzi entravano dentro l’Università, il biondo con passo spedito, Kai e Minerva invece un po’ incerti. Entrambi pensavano allo strano gesto con cui Percy aveva salutato quella donna, come se facessero tutti e due parte di chissà quale setta segreta.
«Eklaie?» chiese Kai, curioso.
«È un antico saluto che si usava qui ad Athena, molto tempo fa. Deucalion vi spiegherà tutto.»
Mentre parlavano di questo, erano già arrivati a destinazione. Da dietro una porta rossa si sentiva qualcuno che spiegava qualcosa riguardo vasi antichi e vino. Percy aprì la porta. Dentro c’erano un sacco di ragazzi, di non più di 23 anni, che ascoltavano un uomo che ne aveva circa 27.
«Deucalion, scusa se ti disturbo, ma ci serve il tuo aiuto.» proruppe il biondo, deciso.
«Un attimo solo, per favore.» rispose quello. «E quindi, come vi stavo dicendo, nel 1891...»
Il ragazzo lo interruppe di nuovo: «Deucalion, non c’è tempo, ne abbiamo uno.» fece. L’uomo si fermò di colpo e si girò verso i ragazzi, guardandoli in un primo momento tutti e tre, e soffermando in seguito la sua attenzione su Kai, come se il ragazzo fosse una calamita. «Signori, la lezione è finita per oggi.» annunciò, rivolto a tutte le persone lì sedute che prendevano appunti come forsennati. «Venite nel mio studio.» disse ai tre, dopo che gli si era avvicinato.

Mentre camminavano, Minerva si era portata a fianco di Deucalion, e ogni tanto gli lanciava un’occhiata furtiva. Era un bell’uomo, ancora nel fiore degli anni, moro, con degli straordinari occhi color ambra con sfumature rosse. Addosso aveva soltanto un maglioncino rosso con lo scollo a V abbastanza attillato, che faceva vedere il rigonfiamento dei bicipiti e dei pettorali. Il viso era armonioso, con una barba curata, abbastanza corta. Insomma, un figo, e ci mancava poco che a Minerva venissero gli occhi a cuoricino. Mentre lo guardava, Deucalion si girò verso di lei. «Qualcosa non va?» le chiese. La ragazza avvampò. «Ehm… no, no, niente!» e si mise a fissare il vuoto davanti a lei, ancora rossa. Kai si stava mettendo a ridere insieme a Percy, dietro, ma entrambi riuscirono a trattenersi.
Camminarono un po’ nei corridoi dell’Università di Aeteria, che scoprirono essere davvero enorme, finché non arrivarono in un’ala del palazzo con i muri a bassorilievo, su cui erano mostrate scene di mitologia classica. Kai si perse un attimo a guardarli mentre ancora camminava e non vide lo studente che veniva verso di lui, tutto trafelato, mentre controllava l’orario sul cellulare. Proprio in quel momento in cui entrambi avevano distolto lo sguardo, il ragazzo andò praticamente addosso a Kai, e tutti e due caddero a terra, mentre dei fogli svolazzavano di qua e di là.
«Oddio, scusa, non ti ho visto!» esclamò quello.
«Tranquillo, tranq...» e arrossì, guardandolo in volto. «Sto be… bene, n-non mi hai fatto nulla!» fece, scattando in piedi come una molla, mentre anche l’altro si alzava.
«Mi dispiace di esserti venuto addosso. Mi chiamo Orione.»
«Kai!» rispose. Poi aggiunse: «Ti aiuto a raccogliere le tue cose!» e scattò di nuovo, quasi buttandosi a terra.
«Ah, grazie.» rispose quello, sorridendo. Orione era un ragazzo di 19 anni, al primo anno di archeologia, con i capelli neri e gli occhi di una varietà di azzurro che sembrava racchiudere tutto il cielo nelle iridi. Aveva addosso una semplice maglietta verde a mezze maniche, pur essendo ottobre inoltrato, e una felpa abbastanza leggera sottobraccio. La maglietta faceva intravedere i muscoli, che spostarono la fantasia di Kai in dimensioni sconosciute, mentre ancora raccoglieva fogli da terra.
«Grazie per avermi aiutato, davvero, non c’era bisogno.» gli disse sorridendogli.
«Figurati!» rispose, e voleva aggiungere anche “Per un figo come te questo e altro”, ma non gli pareva il caso. Orione si sistemò, mettendo in tasca il cellulare che Kai gli aveva raccolto.
«Grazie ancora. Ciao!» fece, andandosene.
«Ciao!»
Il ragazzo dagli occhi verdi stava in piedi a guardare Orione che si allontanava, mentre le iridi gli brillavano leggermente. Minerva gli si avvicinò, dicendogli: «Kai, dai, dobbiamo andare.»
«Eh? Dove?» chiese, come se non avesse proprio sentito, come se il mondo, per quei momenti, fosse totalmente scomparso.
«Dai, Casanova, alla caccia ci pensi dopo.» gli fece Percy. Deucalion in tutto questo ridacchiava, mentre apriva la porta del suo studio.
«Ah, sì!» esclamò il ragazzo, tornando con i piedi per terra.

Lo studio di Deucalion era grande, elegantemente arredato, e si divideva in due sezioni: la parte in cui l’uomo studiava le civiltà antiche, estremamente ordinato, con le pareti tappezzate di libri, e il laboratorio, in cui lui e i suoi assistenti catalogavano i reperti.
Deucalion si sedette alla scrivania, facendo accomodare i ragazzi su due divanetti bianchi. Aprì un cassetto e prese un ciondolo a forma di cerchio diviso da una sbarra verticale, che sconfinava oltre la circonferenza. Lo poggiò e si mise a chiedere a Percy di raccontargli tutto.
Mentre il ragazzo parlava, quello lo guardava con le mani unite, mentre Kai li sbirciava entrambi, con lo sguardo preoccupato. Finito il racconto, Deucalion chiuse gli occhi per riflettere un attimo, poi prese il ciondolo in mano.
«Kai, mettilo al collo, è giusto per confermare la mia teoria.» fece, porgendoglielo. Il ragazzo lo rimirò un po’, poi lo indossò. Passarono diversi secondi senza che succedesse niente, in cui la tensione si tagliava con il coltello, finché Minerva non ruppe il silenzio: «Ehm… siamo sicuri che stia funzionando?»
«Pazienza, Minerva.» le rispose Percy. Kai intanto si sentiva tesissimo, finché un capogiro non lo distrasse. «Kai, che hai?» gli chiese la bionda.
«Mi… gira la testa...» e sbiancò tutto d’un tratto. Il ragazzo si sentiva debolissimo, stava per svenire addosso all’amica.
«Deucalion, questo non è normale.» fece Percy.
«No, infatti, fatelo sdraiare!» esclamò Deucalion.
Kai era in preda ad un fortissimo mal di testa, gli sembrava gli stessero strizzando il cranio con una pressa, e prese ad urlare, mentre se lo toccava come a dire “Esci! Esci dalla mia testa!”.
«Percy, togligli il ciondolo! Sbrigati!» gli urlò il professore. Percy fece per strappare al ragazzo la collana di dosso, ma si ustionò la mano.
Kai smise di gridare e all’improvviso aprì gli occhi, che iniziarono a brillare vivacemente di verde, mentre un terremoto scuoteva l’Università, e gli alberi nel cortile si agitavano come se stessero ballando, in completa assenza di vento. Intanto il ciondolo, da oro di cui era fatto, era diventato di smeraldo, con la barra al centro nera, come fosse fatta di lava solidificata. Il lampadario oscillava violentemente, e buona parte dei libri nella stanza era a terra. Riolu era terrorizzato dalle vibrazioni e si aggrappava a Minerva, stringendosi al suo collo.
«Mettetevi sotto la scrivania, presto!» gridò Deucalion ai ragazzi, mentre cercava di strappare di dosso il ciondolo a Kai. Dopo aver fatto molta forza ci riuscì, anche se si ustionò le mani fin quasi ad avere il sangue. Il terremoto cessò immediatamente, così come la luminescenza negli occhi del sedicenne. Deucalion gettò la collana in un angolo della stanza, mentre Kai si mise in piedi come se si fosse appena svegliato da un incubo.
«Che è successo? Che ho fatto?» chiese. Tutti lo guardarono stupefatti, tranne Riolu, che si mise a correre verso di lui e lo abbracciò, guaendo. Il ragazzo si mise a piangere con il Pokémon in braccio, perché si era accorto di aver terrorizzato il suo amico, pur senza avere il controllo delle sue azioni. Minerva gli si avvicinò, poggiandoli una mano sulla spalla: «Non è colpa tua, non fare così» disse per consolarlo.
«Io… sono un mostro, non sono umano...»
«No, in effetti.» rispose Deucalion. Kai smise di piangere e alzò lo sguardo verso di lui, ancora con gli occhi arrossati, insieme a Minerva. Percy invece continuava a guardare il ragazzo. «Hai ragione, non sei umano. Non completamente, almeno.» continuò l’uomo.
«Io… cosa sono?»
«Per dirtelo devi prima conoscere i tuoi genitori.»
Kai sentì un colpo al cuore. I suoi genitori. Per 16 anni era cresciuto all’Ilitia, fantasticando di avere una famiglia. Quando vedeva tutti quei bambini che passavano davanti all’orfanotrofio tenendo per mano la mamma, oppure sulle spalle del papà, sentiva una grande tristezza e un bruciore in mezzo al petto che gli rimanevano per ore e ore, finché Minerva non arrivava lì a consolarlo, ogni volta. E anche se non se n’era mai accorto, anche la natura intorno a lui diventava meno ridente, più grigia, più spoglia.
Deucalion si rese conto di non aver detto una cosa troppo delicata e cercò di scusarsi: «Non intendevo ferirti, ma io posso rivelarti chi sono i tuoi genitori. O almeno, uno dei due.» fece, cercando con lo sguardo il ciondolo. Lo individuò sopra un libro, con lo smeraldo che risplendeva. «Kai, nelle tue vene non scorre soltanto sangue umano.» disse, mentre il ragazzo lo fissava con occhi interrogativi insieme a Minerva. «I tuoi genitori ti hanno abbandonato all’Ilitia perché non hanno avuto altra scelta. Hanno dovuto celarti tra gli umani perché non corressi rischi.»
Il ragazzo, che fino ad allora aveva ascoltato senza reagire, iniziò a sentire un vago senso di fastidio causato da quelle parole, come una vampa che cresceva pian piano dentro di lui.
«I miei genitori mi hanno abbandonato. In quell’inferno. Non meritano nemmeno di essere chiamati genitori.»
«Non dovresti dire così, Kai.»
«Non farmi la predica, non sei nella posizione. Potrai anche conoscere i miei genitori, ma non sai nulla di me.» disse, e i suoi occhi si illuminarono di nuovo, mentre una leggera vibrazione scuoteva l’edificio per l’ennesima volta. Deucalion avvertì il pericolo di un possibile crollo della struttura, già messa a dura prova dal precedente sisma.
«Ti prego, calmati, ma questo discorso è di importanza fondamentale per il futuro di tutti noi.»
Minerva abbracciò il ragazzo cercando di tranquillizzarlo. Il barlume nelle sue iridi si spense, mentre anche la stanza smetteva di vibrare.
«Parla, dunque, Deucalion» disse «Chi sono i miei genitori? Cosa sono io?»
«Come ti stavo dicendo, Kai, tu non sei completamente umano. In un tempo remoto, poteva succedere che gli dèi si innamorassero dei mortali, e che generassero dei figli con loro.»
Quelle poche parole erano bastate per sconvolgere Kai. «Che?» esclamò, con gli occhi sgranati.
«Tu, ragazzo, sei figlio di una delle divinità ancestrali di Athena. Tu sei un semidio figlio della Madre Terra.» continuò.
Questa era la verità. Kai non era un semplice umano, e nelle vene gli scorreva anche l’aureo icore degli dèi.
   
 
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