Scoperta
Un ragazzino.
Chi l’avrebbe detto. Un ragazzino che avrebbe potuto
avere al massimo diciotto anni e che l’aveva contattata. Probabilmente era una
grande fregatura. Doveva averlo pensato anche Jim, perché appena aveva visto il
ragazzino aveva sghignazzato, scettico.
“Lene pensa che bello, farai da baby sitter a un
moccioso, non era proprio quello che ti aspettavi, eh?” le avrebbe detto lui,
se non ci fosse stato il ragazzo ad ascoltarli.
Lene rimase a guardarlo: si era seduto sul divano. Alla
fine era venuto lui da lei, per qualche motivo, e se ne stava là seduto in
silenzio, con la frangetta scura sugli occhi.
“Mi scusi” disse all’improvviso.
Lene sobbalzò appena. Jim dietro di lei non disse nulla,
immaginava che lui si fosse voltato incuriosito.
“Credo che ora dovremmo parlare, non crede anche lei?”
Lene deglutì, si alzò dalla sedia e si mise vicino al divano.
“Devo chiamarla Elle?” le chiese.
“No. Chiamami Lene. Sono Lene Mivan” mentì.
Per qualche motivo il ragazzo sorrise per un secondo.
“Kuraji Maro” si presentò.
Lene si spostò davanti a lui: “Bene. Dimmi quello che
sai, Kuraji Maro”
Kuraji alzò lo sguardo verso di lei, poi prese lo zaino
che si era portato, lo aprì e prese un quaderno nero.
“Lei non ci crederà, probabilmente, Mivan” disse e guardò
Lene negli occhi.
”Se si scrive il nome di una persona di cui si conosce il
volto su questo quaderno, questa persona morirà”
Ok, quello stupido la stava prendendo in giro, ora lo
cacciava a calci quel piccolo idiota.
“Ascoltami bene io non sto giocando ragazzino. Non sono
il personaggio di un videogame, chiaro? Se sei venuto fin qui solo per
rifilarmi le tue stupide fantasie penso che dovrai risarcire i soldi della
benzina alla mamma e filare prima che mi arrabbi sul serio” Lene chiuse i pugni
infuriata, sentì Jim ridacchiare.
Kuraji la paralizzò con lo sguardo.
“Le sto dicendo una cosa importante Mivan, forse avrei
ragione di non fidarmi di lei, dato che non so se fa sul serio. Mi ringrazi per
la mia pazienza” sibilò irritato.
“Questo quaderno mi è stato consegnato da uno Shinigami,
tuttavia sono contrario al suo utilizzo, pertanto non l’ho usato. Anni fa Kira
ne ha ottenuto uno uguale. Di qui il suo potere” disse.
Lene sospirò. Doveva essere paziente: se il ragazzo aveva
problemi non doveva gridargli contro. Lei avrebbe dovuto saperlo, no?
“Tocchi il quaderno” disse lui con tono spazientito.
“Non mi crederà finché non toccherà lei stessa il
quaderno”
A Lene venne da ridere: cosa si aspettava che succedesse
quel Kuraji? Che lei percepisse il potere, che ne avvertisse l’essenza maligna
e che gli rivelasse di avere super poteri e un robot enorme come nei fumetti?
Lene sospirò, allungò la mano e toccò il quaderno.
Guardò negli occhi Kuraji. Solo dopo qualche secondo si
accorse di qualcosa dietro di lui: alzò lo sguardo e gridò.
***
Hiver, Rodie, Shoudor.
L’ultimo di loro era stato costretto a scrivere a sua
volta i pochi nomi di Shinigami che conosceva, prima di morire.
Ora gli Dei della morte che erano stati così sciocchi da
rivelare i loro veri nomi erano morti, la cosa che mi infastidiva era non
sapere quanti erano.
E Sayu stava riportando i nomi dei criminali sul
quaderno. Dieci pagine.
Da quando aveva fatto sesso con Matsuda sembrava diversa:
più silenziosa, meno emotiva.
Finalmente andava come volevo. Finalmente Sayu si era
decisa ad obbedire.
Pensandoci bene, se quel sesso era stato uno sfogo,
un’esplosione liberatoria andava solo a mio vantaggio, certamente.
“Così può bastare” dissi a mia sorella.
Lei lasciò la penna, spense il computer, io mi avvicinai
e le misi una mano sulla spalla.
“Tutto bene?” chiesi.
Lei annuì, si alzò in piedi aprì le tende, era buio, ma
lei non accendeva la luce.
“Tra un po’ mi troverò un lavoro: non posso vivere solo
dei soldi lasciati dai nostri genitori. Credo anche che proverò a vendere la
casa in campagna” disse.
“Lavoro?”
La guardai: mi dava le spalle, vedevo solo i suoi capelli
nella luce grigia.
“E come farai a continuare col nostro piano?”
Lei rimase ferma e aspettò qualche secondo prima di
parlare.
“È ovvio che dividerò la giornata tra le due cose, che
altro potrei fare?”
Potresti non lavorare almeno finché non risolviamo la faccenda del
quaderno, maledetta idiota! Ma a questo non ci pensi eh? Sei solo un’egoista.
“Non puoi lavorare quando tutto questo sarà finito?”
sospirai.
“E perché? Hai tutta questa paura di morire che non vedi
l’ora che il pericolo termini? Come se fosse il tempo a minacciarti. Sono gli
Shinigami invece e ne abbiamo già uccisi un po’. Cosa può cambiare il tempo? La
tua fretta è inutile e mi farà impazzire se non la pianti” disse calma.
Stupida! Il tempo conta! Potrebbero arrivare a te! A me! Come può non
contare?Alla minima distrazione…
“Ti capisco. Come vuoi”
Lasciai che la rabbia si inarcasse come impazzita solo
dentro di me.
Volevo ucciderla. Ecco la verità: la volevo morta. Morta
perché era un maledetto ostacolo.
Qualcuno suonò alla porta ed entrambi sobbalzammo.
Sayu si girò e si avvicinò alla porta, aprì: era Matsuda.
“Ehi” disse lei sorpresa.
“Ciao” sorrise lui.
Si grattò la testa imbarazzato.
“Ti sembrerò un vero stupido ma avevo voglia di vederti,
di farti un po’ di compagnia” il sorriso si allargò.
“Caspita, sei molto gentile” rispose lei. Sembrava
sinceramente sorpresa.
“Bastardo” imprecai furioso.
Sayu si voltò verso di me per un attimo. Doveva essersi
ricordata di quello che le avevo detto.
“Comunque ora ho un po’ da fare” disse lei tornando a un
tono freddo.
“Sayu, scusa la mia maleducazione” disse lui, facendosi
serio, la prese per le spalle e la costrinse a indietreggiare, entrando in
casa.
“Ma che fai?”
Io sgranai gli occhi.
“Sayu il quaderno! È sul tavolo!”
Lei si irrigidì.
“Devi scusarmi Sayu, ma non ho nessuna voglia di
lasciarti da sola. So di non averne il diritto, ma se non avrò altra scelta
sono pronto a rimanere qui con te anche contro la tua volontà” disse.
“Ascolta, nonostante quello che è successo e il fatto che
sono d’accordo sul frequentarci, non vuol dire che debba appartenerti in
automatico e che tu possa essere così prepotente” protestò lei, cercando di
fermarlo.
“Io questo lo capisco, ma se tu rimani qui da sola sono
sicuro che ti farà male” disse lui chiudendo la porta dietro di se.
“Quindi non posso lasciare che tu impazzisca qui dentro”
concluse.
Continuò a camminare fino al soggiorno.
“Matsuda!” lo chiamò lei esasperata.
“Matsuda!” lo seguì.
Lui era fermo a pochi centimetri da me.
“Sayu devi ucciderlo” dissi.
“NO!” gridò lei.
Matsuda si girò a guardarla.
“Matsuda tu hai sparato a mio fratello” improvvisò lei.
Lui sobbalzò, io strinsi i pugni.
“Stupida, che stai facendo?” le gridai.
“Ma tu come…?” Matsuda si girò, il suo sguardo mi
attraversò e vide sul tavolino il quaderno nero.
“No”
“Sayu, devi ucciderlo! Ora!” gridai.
“Dimmi che non l’hai usato” disse lui senza muoversi.
Sayu non rispose: le mani sulla faccia, immobile.
Lui si girò afferrò il quaderno, mi vide.
“AAAAAAAAAAAH!”
Matsuda cadde per lo spavento, si trascinò indietro.
“Che c’è?” sibilai sprezzante.
“Ora hai paura?”
Mi chinai su di lui e gli sferrai un pugno sulla
mandibola.
“Light!”
Rabbia, fuoco, rosso, come elettricità nelle vene: lungo
il braccio. Un pugno.
“Light fermati, ti prego!”
“Crepa bastardo”
“LIGHT!”
Sayu cercava di trattenermi con tutte le sue forze. Mi
fermai, tremante.
Matsuda era fermo a terra con gli occhi chiusi.
“Maledizione!” esclamò lei, mi spinse via e si chinò su
Matsuda.
Io arretrai cercando di restare in equilibrio.
“Svegliati, ti supplico svegliati” gli accarezzò il viso,
una macchia di sangue si distese sulla guancia.
Gli prese il polso, aspettò.
Un sospiro.
“È vivo. Grazie al cielo” si passò la mano sul viso.
“Dobbiamo ucciderlo” dissi.
“Piuttosto ammazzo te” ringhiò lei.
Gli accarezzò i capelli, nervosa.
Soppressi l’istinto di aggredirla.
“Lo terremo prigioniero in camera mia. Non possiamo
permetterci di lasciarlo in libertà adesso che sa” decisi.
Sayu non disse niente, si alzò, andò in cucina e tornò
con un fazzoletto bagnato, tamponò le ferite di Matsuda. Una goccia d’acqua dal
panno zuppo indugiò vicino agli occhi, poi scivolò lungo la guancia finendogli
nell’orecchio.
“Sayu dobbiamo legarlo con qualcosa prima che si svegli”
dissi spazientito.
Lei non fece nulla, così io salii in camera mia, mi
guardai intorno, poi presi il cavo del televisore, quello del videoregistratore
e scesi.
“Aiutami a portarlo su” le ordinai afferrando Matsuda per
il colletto.
“Dovremmo portarlo all’ospedale” ribatté lei.
Lasciai il colletto di Matsuda, mi avvicinai a mia
sorella e le afferrai i capelli facendole chinare la testa all’indietro.
“Dì ancora un’altra parola e anche se ciò significherà
condannare me stesso io giuro che ti uccido” sibilai, poi la lasciai andare.
“Prendilo per le caviglie” dissi, mi arrotolai i cavi
attorno al braccio, poi sollevai Matsuda e lo portai in camera mia. Sayu era
rimasta in silenzio.
Avevo legato i suoi polsi alla sponda del letto e Sayu
l’aveva coperto con le lenzuola.
Io le presi il viso costringendola a sollevarlo, le
spostai i capelli e la guardai.
Il suo sguardo era deciso, senza paure, l’espressione
contratta, ma non avrei saputo indovinarla. Rabbia? Risentimento? Gli occhi
erano cerchiati appena di rosso, come se non avesse dormito.
“Scendi, mangia qualcosa, prova a calmarti. Non mi servi
a niente se ti viene un esaurimento nervoso”
Lei sbuffò, allontanò la testa da me e non si mosse da
lì.
***
C’era voluto molto più tempo a calmare l’uomo che era con
quella Lene, quando aveva visto lo Shinigami, che la donna stessa.
La donna che aveva mentito.
Lene Mivan aveva detto? Ma lui con gli occhi dello
Shinigami aveva subito visto il suo vero nome: Lene O’Brian. Ora doveva solo
accertarsi che la sua decisione di collaborare con Elle fosse davvero utile,
altrimenti avrebbe ucciso entrambi: Lene O’Brian e James Berry.
Per il momento la sua scelta si stava rivelando buona:
Lene aveva molti indizi utili. Tanto per cominciare un suo stretto parente
aveva lavorato nell’SPK l’associazione contro Kira. Lei in realtà non sapeva
nulla di quelle indagini, se non che questo Kira che a suo tempo terrorizzò il
mondo era ricercato anche da un piccolo gruppo di agenti giapponesi, che era
morto per “cause non imputabili agli agenti presenti” dopo lo smascheramento e
una fuga disastrosa. Il capo del quartier generale giapponese era morto in
quella circostanza.
Secondo lei, poi, Kira era tornato e non solo dal momento
in cui erano cominciati a morire criminali, ma da molto tempo prima, quando quel
suo parente era morto per malattia. Questa tesi era confermata dalla regola del
quaderno secondo cui si possono specificare le condizioni della morte. Come due
anni prima questo Kira, sempre secondo Elle, si trovava in Giappone.
“Gli agenti sopravvissuti” aveva detto Kuraji.
“Bisognerebbe interrogarli: questi dati non sono
sufficienti”
“Naturalmente non ne faranno parola con noi, inoltre non
sappiamo neanche chi siano” aveva risposto Lene.
“Non conosciamo neanche i parenti stretti del capo?
Almeno lui dovrebbe essere stato reso noto. Forse loro possono dirci il nome di
almeno uno degli agenti giapponesi” suggerì.
“In questo caso” rifletté Lene.
“Trovato almeno uno di quei collaboratori potremmo
mostrargli il quaderno. È probabile che ne fossero venuti a conoscenza se hanno
davvero fermato Kira per breve tempo. E poi dovremmo convincerlo che questo
oggetto è la prova che il potere di Kira è nuovamente nelle mani di qualcuno. In
tal caso non potrà rifiutarci informazioni” concluse Lene.
“Be’ e se invece lo facesse? Potrebbe accettare il
quaderno come prova e buttarci fuori dalle indagini” considerò Kuraji.
“Non credo: ho denunciato il ritorno di Kira da parecchio
tempo, ho avuto più intuito di loro e per quanto riguarda te vorranno sapere
nel dettaglio il modo in cui ti è stato affidato il quaderno. Almeno come
testimoni non ci allontaneranno così in fretta”
Kuraji intrecciò le dita davanti al volto e rimase in
silenzio.
Certo questa era un’idea, ma collaborare col gruppo di
giapponesi sarebbe stato poco utile, anche col quaderno come prova. Tanto per
cominciare avrebbero sospettato pesantemente di lui, poi probabilmente
avrebbero mantenuto segreti così come avevano fatto fino ad allora circa il
caso Kira.
Come erano andate veramente le cose?
Kira venne fermato con la morte di uno solo degli agenti
giapponesi: il modo in cui era stato smascherato gli avrà sicuramente impedito
di accedere al quaderno se non nel momento dell’omicidio del poliziotto. Non a
caso a morire era stato il capo del gruppo d’indagini giapponese. Però perché,
invece, Kira non aveva ucciso il membro a capo dell’SPK? Sarebbe stato più
logico temere quel genere di associazione.
Ok, in un simile momento di smarrimento non avrà pensato
a questo. Dopo la sua morte per un anno circa non si erano più verificate morti
imputabili all’operato di Kira, salvo il decesso del capo dell’SPK. Stando a
quello che Ryuk gli aveva detto Kira era già diventato uno Shinigami e in
qualche modo aveva continuato a uccidere, questa volta nessun criminale però.
Trascorso l’anno ecco che i criminali cominciano a morire nuovamente, anche se
i telegiornali negano con fermezza il ritorno del serial killer dei criminali.
Ovviamente il vecchio Kira si sarà rivolto come Shinigami
a un essere umano: Sayu Yagami. Morta lei, morto anche Kira e lui avrebbe
vissuto lontano dalle minacce di Ryuk e con la possibilità di usare il quaderno
senza costrizioni.
Dove era finito il corpo di Kira? Perché Kira era stato
un uomo, questo era chiaro.
“Mivan” disse Kuraji.
“Ascolti: la morte dell’agente e la cessazione del lavoro
di Kira sono molto sospetti. Lei non crede che ci sia la possibilità che quell’uomo
sia proprio Kira?”
Lene rimase immobile, lo guardò.
“Questa è una sciocchezza!” esclamò lui, l’uomo che si
trovava con Elle: Jim Berry.
“Secondo me il fatto che un agente sia morto nel
tentativo di fermare un assassino con un simile potere è più che plausibile. Perché
sospettare di quel poliziotto solo perché nessuno ha lasciato trapelare nulla della
morte e del corpo di Kira?” disse.
“Questo è vero” rispose Lene.
“Però non mi sento di bocciare la tesi di Maro,
indagheremo tenendo conto di entrambe le piste, per quanto improbabili” decise.
“Mivan conosce il nome del giapponese morto?” chiese
Kuraji con fin troppa ansia, alzandosi in piedi.
Lene lo guardò per un secondo.
“Sì: il suo nome è Soichiro Yagami, sono sicura che fosse
lui il capo”
Yagami!
Ryuk ridacchiò senza trattenersi.
Kuraji si sedette sperando di riuscire a non far
trapelare la sua soddisfazione.
Ormai ne era certo: quell’uomo era Kira e ora era solo
questione di tempo.
Mia cara Sayu, ora è davvero finita.
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È faticoso reggere il confronto con la genialità dei
personaggi di Death Note, tuttavia mi sto impegnando per costruire una vicenda
che sappia di partita a scacchi, non ho nessuna voglia di andare fuori tema.
Sto maltrattando Matsuda e Jim, me ne rendo conto, perdonate la mia
insensibilità ^^ Passo ai ringraziamenti.
Reus: con te basta pronunciare la parola “sogno” che riesci a
capire quello di cui si parla, so che è una parola che fa scattare qualcosa in
te. Le tue recensioni non sono inutili, sono sinceramente soddisfatto delle
recensioni che ho ricevuto fino ad ora: so che sono state sempre acute e
costruttive e le tue nella loro semplicità mi dicono comunque ciò che mi serve
sapere: se e cosa ti è piaciuto, cosa non ti convince. Sei molto utile ^^ Per
quanto riguarda Kuraji: ma quello è cretino, neanche l’ha fatto apposta!
Bleus De Methylene: dal primo momento in cui ho
conosciuto Death Note ho condiviso e compreso la rabbia di Light ecco perché mi
è facile l’approfondimento di questo personaggio e mi piace in effetti cercare
di dare una spiegazione psicologica a quello che è successo nel manga. Mi piace
essere capito quando scrivo, mi sembra di avertelo già detto, con te penso
proprio che ciò che scrivo arrivi esattamente come desidero al destinatario.
Per quanto riguarda la mia presunzione… è una questione puramente artistica:
quando scrivi e lasci che tutto ciò che inserisci e su cui lavori ti esalti ed
esalti anche il lettore, sei pervaso da una sensazione di potere, di euforia, di
grandezza tale che la presunzione è inevitabile ;-)
Francy91: Sono contento che ti sia piaciuto il capitolo e che tu
abbia notato determinati dettagli. Hai visto giusto su tutto: i contrasti di
Light, la sua voglia di vivere contro la sua immobilità e tutto il resto. È sempre
difficile scriverti una risposta. Certo è che sei una lettrice così attenta che
mi lasci a bocca aperta ;-P