Fanfic su artisti musicali > My Chemical Romance
Segui la storia  |       
Autore: Longview    13/02/2017    2 recensioni
[Gerard/Frank; Gerard/Bert] [High School AU!]
[...]
"nonostante la sua sorprendente positività, non poteva negare di sentirsi dilaniato nel profondo. Ogni momento passato da solo –e, ultimamente, quei momenti costituivano la quasi totalità delle sue giornate- gli ricordava quanto fosse vuota e insensata la sua esistenza."
.
Not the same old story.
Genere: Dark, Fantasy, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Bob Bryar, Frank Iero, Gerard Way, Mikey Way | Coppie: Frank/Gerard
Note: Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
HTML Editor - Full Version

Ciao! Non ho molto da dire quindi andrò subito al dunque: ringrazio tutti coloro che hanno letto, recensito e messo la storia tra le seguite. Mi sono resa conto che da introduzione e primo capitolo non si capisce per niente dove vorrei andare a parare con questa storia, ma, in ogni caso, ci tengo a precisare che non è un semplice racconto di adolescenza tra i banchi di scuola; non ho messo a caso, tra i generi, Dark e Fantasy. Anyway, per ora vi lascio al capitolo. Ci vediamo alle recensioni c: (se ce ne saranno).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

There's comfort in pain 

 

-Ho voglia di andare in un parco. Secondo te ce ne sono qui in zona?- Gerard punzecchiò con un piede il fratello, il quale sbuffò scocciato.
-Certo che sì, e lo sapresti se solo uscissi ogni tanto da questa stanza. Piuttosto, è un’ora che ti fisso mentre scarabocchi su quel coso, si può sapere cosa stai facendo?- Mikey si allungò, sdraiandosi sul letto affianco all’altro. Si sorprese vedendo sul foglio un abbozzo di quello che pareva il suo viso: si sentì lusingato. A Gerard piaceva ritrarre qualsiasi cosa vedesse. Non era neanche la prima volta che lo disegnava, ma ogni volta la cosa lo metteva in imbarazzo: si trovava al centro dell’attenzione di una delle persone che più stimava e prendeva ad esempio, e ciò era un grande privilegio per lui. Inoltre, non ricordava l’ultima volta che aveva passato del tempo con suo fratello, e la cosa lo rendeva felice. Sapeva che d’ora in poi avrebbe trascorso gran parte delle sue giornate con lui, dal momento che si ritrovava solo come un cane.
A dire il vero era molto dispiaciuto per Gerard. Era trascorsa una settimana da quando gli aveva raccontato tutto, e ancora si domandava come facesse a fingere di star bene.

 

Gerard voleva assolutamente parlare con Mikey. Voleva liberarsi da quel peso, e l’unico modo era sfogarsi con qualcuno; non era certo che sarebbe riuscito a voltare pagina, ma almeno avrebbe fatto un passo avanti.
-Mh, sì, insomma… Bert mi ha lasciato- quelle semplici parole pronunciate ad alta voce lo fecero rabbrividire. Il più piccolo quasi si strozzò con l’acqua che stava avidamente trangugiando.
-Stai scherzando, spero- Bert era stato il suo amore platonico per molto tempo, e in seguito il suo ragazzo a tutti gli effetti per un lungo periodo, a quanto pareva, fino a pochi giorni prima. Gli sembrava impossibile che, dopo tutti i buoni propositi dei due riguardanti il futuro, la loro storia fosse finita così insensatamente. Gerard gli raccontò tutto, finché non cedette alle emozioni e si lasciò andare a un pianto sommesso.
-Non posso vivere senza di lui-

 

Gerard non rispose, ma proseguì a tracciare segni con la matita; dopo qualche minuto scarabocchiò quella che pareva una firma ai piedi del foglio e lo cacciò tra le mani di Mikey. Farfugliò qualcosa come un “te lo regalo”, e scattò sull’attenti. Non ne conosceva il motivo, ma aveva realmente voglia di andare al parco. Uno di quelli grandi, con stradine alberate, animali, persone che fanno jogging e magari un laghetto al centro. Ne doveva per forza esistere uno che rispondeva alle sue esigenze momentanee, in quella città. Senza parlare, infilò un blocco da disegno, un astuccio e una bottiglietta d’acqua (che con grosse probabilità era abbandonata sulla sua scrivania da tempi immemori) dentro la sua tracolla, e uscì dalla stanza.
-Gee, aspettami!-
Al parco fu poco il tempo che trascorsero seduti. Gerard fece camminare a lungo il fratello prima di trovare un posto adatto, appartato, silenzioso e con una bella vista. Fecero una piccola sosta sulla riva del laghetto, protetta da una staccionata: alcuni pesci e delle piccole tartarughe marine nuotavano placide, mentre una coppia di cigni si spostava lentamente sul pelo dell’acqua, muovendo ritmicamente le zampe che erano visibili sotto l’incredibilmente limpida superficie del lago. Alla fine si sistemarono a qualche metro da lì, sul prato, e Gerard riprese a disegnare, mentre Mikey sonnecchiava sdraiato a terra.
La sera i due tornarono a casa giusto in tempo per la cena, che consumarono in silenzio. Erano ormai diverse ore che Gerard era perso nel suo mondo, chiuso nel suo palazzo mentale. Mikey lo aveva soprannominato in questo modo; o, per meglio dire, lui lo chiamava “il palazzo dei trip mentali di Gerard Way”, ma il maggiore, con la sua licenza creativa, si era appropriato di e aveva modificato quella definizione.
Gerard pensava alla settimana appena trascorsa. Il giorno dopo era lunedì, una nuova giornata di scuola, e non era tanto angosciato come suo solito. Sotto sotto, doveva ammettere che quel posto, in quella nuova città, non era così male. Gli studenti, almeno fino a quel momento, non si erano granché accorti della sua presenza, ma comunque non gli negavano mai il saluto nei corridoi o all’ingresso in aula. Non aveva ancora avuto occasione di socializzare realmente con qualcuno, anche se era un obiettivo che si era proposto per i giorni a venire, ma nonostante ciò si sentiva ben accetto. Certo, quella scuola non era esente dalle classiche divisioni di caste: alcuni “prescelti” –giocatori di football, cheerleaders e ricconi- non si mischiavano mai con loro, con la plebaglia, e stavano ben distanti, senza dubbio, da tipi come lui. Un paio di loro avevano esplicitamente manifestato il loro disgusto invertendo il senso di marcia non appena avevano incrociato lo sguardo del ragazzo nel cortile, o durante la lezione di educazione fisica. Il lato positivo di ciò era che, molto probabilmente, nessuno avrebbe mai tentato di mettergli le mani addosso dal momento che tutti quei grossi scimmioni decerebrati avevano paura di sporcarsi, o di prendere qualche malattia. Magari, entrando in contatto con lui, sarebbero potuti diventare poveri tutto d’un colpo. Era certo meglio non rischiare.
Ma, nonostante la sua sorprendente positività, non poteva negare di sentirsi dilaniato nel profondo. Ogni momento passato da solo –e, ultimamente, quei momenti costituivano la quasi totalità delle sue giornate- gli ricordava quanto fosse vuota e insensata la sua esistenza. Aveva superato diverse delusioni durante il suo percorso di crescita, ma l’ultima era stata la peggiore. Con il trasferimento a Los Angeles, il suo malumore aveva raggiunto vette mai viste prima. Un fuoco gli bruciava le budella, e l’ansia lo pervadeva ogni volta che pensava a quanto Bert conoscesse a fondo ogni particolare della sua vita. Tra tutte le cose che lo potevano preoccupare riguardo la loro separazione, quella lo faceva assai impensierire. Non credeva ci fosse dell’astio tra loro due, ma non poteva comunque essere certo che l’altro non sarebbe andato a sbandierare i suoi fatti personali ai quattro venti. Conosceva bene la sua passione per i pettegolezzi e la sua tendenza a non saper mantenere segreti, e, a essere sinceri, lo aveva spesso odiato per questo. Ma lo aveva anche amato, molto. Ricordava con un sorriso tutti i momenti trascorsi assieme a Bert, e credeva con tutto se stesso che non avrebbe mai incontrato nessuno come lui. Si era costruito una vita intera grazie a lui, e aveva imparato ad accettarsi per quello che era. Probabilmente non sarebbe mai più stato così felice.
Per quanto tentasse di distogliere la mente, il suo pensiero tornava irrimediabilmente e costantemente a questo, o, almeno, a Bert in generale. Si riprometteva di smetterla, ma, per quanto ci provasse, tornava ogni volta al punto di partenza.

“Hai assolutamente bisogno di un confidente, Gerard”.

Pensò di chiamare Bob, giusto per sapere come stesse. Bob era uno dei suoi migliori amici da una vita: da che ne aveva ricordo, lui c’era sempre stato. Ricordava quando erano appena dei bambini, e nel pomeriggio sua madre, che li aspettava fuori dai cancelli della scuola, portava loro la merenda –pane e marmellata e una mela che puntualmente abbandonavano intatta nello zainetto- e poi a giocare al parco. I genitori dei due erano vecchi amici, per questo si erano ritrovati vicini di casa nel New Jersey. Aveva ben impressa nella mente la sua espressione quando gli annunciò che si sarebbero trasferiti: i suoi occhi di ghiaccio, che difficilmente tradivano emozioni, erano spenti e tristi, e poco dopo sarebbero diventati anche colmi di lacrime mal trattenute.
Gerard lo aveva contattato un paio di volte, e altrettanto aveva fatto Bob. Ma dopo qualche tempo aveva smesso, principalmente per evitare di sentire la sua mancanza, e l’altro aveva ben capito e tristemente accettato quella silenziosa decisione.
Il ragazzo si alzò da tavola e, saliti i gradini della scala a due a due, sgattaiolò in camera sua e si chiuse la porta alle spalle, segno che non voleva essere disturbato. Si sedette alla scrivania, sopra la quale si trovava un telefono fisso, alzò il ricevitore e lo portò all’orecchio. Per qualche secondo rimase così, in questa posizione, senza fare altro. Lo sfiorò l’idea che Bob non avesse minimamente voglia di sentirlo. E in più, si ricordò del fuso orario.

"Bob è insonne, Gerard, e inoltre il New Jersey è appena due ore avanti rispetto a qui. Sarà ben contento di sapere che sei ancora vivo".

Tentò di convincersi con questo pensiero, e compose il numero. Attese qualche secondo prima che una voce acuta e amichevole prese il posto dell’angosciante rumore della chiamata in corso.
-Pronto?- Gerard sorrise inconsciamente.
-Ciao, Mary, sono Gerard- dopo, ci furono attimi di silenzio che fecero credere al ragazzo che fosse caduta la linea, o che la donna non riuscisse a ricordarsi chi fosse.
-C’è nessuno…?-
-Oh, tesoro, scusami, ma è così bello sentirti che mi mancano le parole-, "tipico", -in ogni caso, non ti faccio perdere tempo: immagino tu voglia parlare con Bob-.
-Sì, te ne sarei grato- a volte si stupiva di quanto potesse risultare patetico. Dopo qualche minuto, durante i quali il ragazzo sentì un gran trambusto dall’altro capo del telefono -a migliaia di chilometri da lì- rispose la voce dell’amico, roca e affannata, probabilmente a causa della corsa per prendere la chiamata.
-Gerd, sei un figlio di puttana- onestamente, se lo meritava. Non aveva dato sue notizie per quasi due mesi, e quello era il minimo che si aspettava di ricevere. Conoscendo il carattere scontroso dell’altro, credeva non gli avrebbe neanche risposto; eppure, dal tono che aveva usato, pareva profondamente preoccupato.
-Lo so, Bob, mi dispiace. Chiamavo per sapere come stessi-
-Qui l’unico che ha il diritto di sapere come l’altro sta trascorrendo la propria vita sono io, dal momento che ti credevo morto- dopo la preoccupazione, era nata la rabbia più profonda nel cuore di Bob. Sapeva che tutta quella storia aveva scosso Gerard come mai prima d’allora, e non lo biasimava per essersi allontanato da lui. Tuttavia, non poteva negare di essersi sentito ferito. Erano migliori amici, loro due, ma, nonostante questo, non si era minimamente degnato di dargli delle motivazioni, per quanto evidenti, di quel lungo periodo senza sue notizie. Bob voleva ascoltarle uscire dalla sua bocca, non immaginarle come era sempre accaduto da che si conoscevano.
-Te l’ho detto, mi dispiace. Mi sento in colpa per aver creato questa situazione, ma mi sono sentito costretto-, Gerard prese fiato, e indugiò qualche secondo prima di continuare, -mi mancavi a tal punto che non riuscivo a parlarti. Ma ora è diverso, ho davvero bisogno di te-.
Il ragazzo dall’altro capo della chiamata capì che qualcosa nella testa dell’amico non girava per il verso giusto.
-Ho saputo cos’è successo. Bert si è comportato da vero insensibile- .
Gerard si chiese se Bob parlasse ancora con Bert, anche se gli pareva improbabile. Chiunque facesse un torto a un amico veniva prontamente aggiunto alla lista nera del ragazzo.
–Poteva senza dubbio risparmiarsi ciò che ha fatto- aggiunse.
-Beh, non mi importa… se ha deciso di lasciarmi, sebbene la giustificazione fosse stupida, significa che ha ponderato a lungo la sua decisione- non era molto convinto di quell’affermazione.
-La sua giustificazione era stupida? Gee, tu sei sempre stato il primo a sostenere che il tradimento è imperdonabile… non puoi cambiare idea in questo modo solo perché è capitato a te-
Gerard pensò a uno scherzo, tutto un’enorme scherzo di cattivo gusto progettato ai suoi danni. Non capiva cosa Bob gli stesse dicendo, perché era evidentemente falso, tutto frutto di disinformazione o merito di qualche malalingua.
E allora perché le sue parole erano apparse così sincere?
-Bob, di cosa stai parlando? Bert non ha mai accennato ad alcun tradimento- ora era estremamente serio. Sentiva la cena risalirgli l’esofago, come sempre, e pregò che almeno potesse resistere fino alla fine della chiamata senza vomitare tutto sul pavimento.
-Cazzo, allora è doppiamente bastardo. Non so se tu voglia realmente sapere tutto ma… pare sia stato con una, più di una volta, durante la tua assenza. Ha deciso di lasciarti sia per i sensi di colpa, sia per i dubbi sortigli riguardo i sentimenti che provava nei tuoi confronti- e sapeva, effettivamente, che Bob non gli aveva mai mentito. Certo, Gerard si era sempre immaginato tutta una vita con Bert: finite le superiori, i due avrebbero confessato ai genitori la loro relazione e, quasi totalmente sicuri di una loro reazione negativa, sarebbero scappati, insieme, si sarebbero trovati un lavoro e una casa e avrebbero vissuto il resto della loro vita così, senza troppe pretese. Non aveva mai preso in considerazione la possibilità che tra loro sarebbe potuta finire male. E ora, ripensandoci, si sentiva uno stupido. E odiava a morte il suo ormai ex ragazzo per come lo aveva trattato, per quello che aveva fatto e per come poi aveva tentato di fargli fare la parte dell’idiota. Tutti quei pensieri e i sentimenti contrastanti che gli pesavano sul cuore si riversarono all’esterno attraverso un pianto sommesso, ma che tuttavia tradiva tutto il dolore da lui provato.
-Mh…- singhiozzò. Bob comprese subito il duro colpo che l’amico aveva dovuto subire, e si dispiaceva del fatto che fosse stato lui ad averglielo dovuto infliggere.
-Gee, so che è dura… ma devi andare avanti- sospirò, alla ricerca delle parole più adatte, -e poi, sai che io ci sarò sempre, per qualsiasi cosa. Potranno anche portarti dall’altro capo del mondo, ma io non smetterò di darti il tormento- ridacchiò. Gerard si sentì un poco sollevato dal pensiero di avere comunque qualcuno su cui poter sempre contare. Aveva Bob. E Mikey. Ma con Mikey non poteva parlare di qualsiasi cosa.
-Bob… credi che Bert dirà qualcosa su di me?- domandò preoccupato.
-No, gli starò con il fiato sul collo. Se dovessi venire a sapere che qualcuno ha scoperto chi sei veramente, Bert sarebbe il primo a pagarne le conseguenze. È in mezzo a questa storia come nessun altro, e non credo parlerà- e poi aggiunse, sussurrando:- a meno che non voglia finire in carcere-.

 
 
  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > My Chemical Romance / Vai alla pagina dell'autore: Longview