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Autore: arangirl    13/02/2017    2 recensioni
Soulmates AU in cui ognuno ha l'iniziale del nome della sua anima gemella tatuata sul suo corpo.
Lexa ha una C tatuata sulla sua spalla sinistra, una storia disastrosa alle spalle e nessuna fiducia nell'assurda leggenda dell'anima gemella che le ha procurato solo guai. Ma quando vede la ragazza dei suoi sogni entrare nel bar in cui lavora, sente che forse non ha ancora abbandonato del tutto la speranza.
Clarke e Lexa sono anime gemelle, ma la faccenda potrebbe essere più complicata del previsto.
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Altri, Clarke Griffin, Lexa, Octavia Blake, Raven Reyes
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Note: Questa volta per cambiare, una piccola nota prima del capitolo... Come avevo anticipato, questo è l'ultimo capitolo della storia. Ci ho messo un pochino a pubblicarlo, scusatemi ma avevo già scritto un finale che però non mi soddisfaceva molto, quindi ho riscritto tutto e ho dovuto aspettare di fare qualche esame! Grazie di aver seguito questa mia piccola storia e spero che questa conclusione vi piaccia, fatemi sapere! Buona lettura e come sempre, alla prossima!




(Alla mia C., questa storia è per te, buon San Valentino. La tua A.)







Lexa sentì la porta del piccolo appartamento che condivideva con Anya aprirsi lentamente, e sbuffò quando sentì i passi della cugina avvicinarsi alla sua camera.
 
 

“Lexa, posso entrare?”
 
 

Lexa non rispose nemmeno; non aveva voglia di vedere nessuno.
 
 

“Lexa dai, voglio solo parlarti. Sono giorni che non esci da casa.”
 
 

Silenzio. Lexa non aveva nessun interesse nell’uscire di casa, ancora meno nel parlare con sua cugina. Era stata lei a portarla a quella maledetta festa e a lasciarla sola.
 
 

“Va bene. Se hai bisogno, sono qui.”
 
 

Lexa voleva soltanto sprofondare in un abisso molto profondo. Le parole di Octavia risuonavano ancora nella sua mente, affilate come lame. Era un dolore insopportabile, che le schiacciava il petto, impedendole quasi di respirare.
 
 

“Senti Lexa lo so che sei arrabbiata ma devo davvero chiedertelo, pensi di tornare a lavoro? Ho bisogno..”
 
 

Lexa si alzò dal letto e aprì la porta con uno scatto, riservando alla cugina uno sguardo di fuoco “Davvero? Davvero mi stai chiedendo questo?”
 
 

Anya la guardò con espressione dispiaciuta “Lexa, non ho capito bene cosa sia successo, ma ti ho coperto finché ho potuto, non posso fare tutto da sola.”
 
 

Lexa sentiva la rabbia salire dentro di lei come un fiume in piena “E allora trovati qualcun altro, perché io non lo voglio il tuo lavoro di merda. Non l’ho mai voluto.”
 
 

Anya a quel punto la guardò stupita e, notò Lexa con una punta di rammarico, delusa “Ti ho dato il lavoro solo e soltanto per farti un favore. Non è colpa mia se da sola non riesci a guadagnarti da vivere, ingrata.”
 
 

“Ci sarei anche riuscita forse se non mi avessi costretta ad andare a quella dannatissima festa!” Lexa stava urlando, lo sapeva, eppure non riusciva a smettere.
 
 

“Mi vuoi dire cosa diavolo è successo? Non ho visto niente.”
 
 

“Non hai visto niente perché mi avevi lasciata sola per andare a farti l’ennesima ragazza senza curarti minimamente di me! Ho detto a Octavia che sono innamorata di lei, e lei ha detto che non vuole stare con me.”
 
 

Solo in quel momento si accorse di avere il volto rigato da lacrime, scese prima che le potesse fermare “E adesso sono punto e a capo. E fa schifo, fa tutto schifo. Avevo una cosa bella e sono riuscita a rovinare anche quella.”
 
 

Anya aveva smesso di agitarsi nel vederla così distrutta, e le andò vicino, circondandola con il braccio; Lexa la lasciò fare, si sentiva terribilmente stanca.
 
 

“E’ venuta tutti i giorni sai, a chiedere di te. Vuole parlarti…”
 
 

Lexa scosse la testa “Io non posso parlare con lei, non ci riesco. E non riesco nemmeno a tornare a lavoro. Devo andarmene da qui…”
 
 

Anya si staccò da lei per guardarla negli occhi “Sei sicura Lexa?”
 
 

Lei annuì “Non è il mio posto. Pensavo di sì, pensavo di averlo trovato, ma non c’è posto per me qui. Ed io devo andare via, ne ho bisogno.”
 
 

“Se pensi sia meglio così… Mi mancherai Lex…” Lexa l’abbracciò “Mi mancherai anche tu.”
 
 
*
 

Raven bussò alla porta della camera di Clarke per l’ennesima volta, cercando di catturare la sua attenzione
 
 

“Clarke per favore, è una cosa seria.”
 
 

“Vattene via Raven. Non ti voglio vedere.”
 
 

Octavia dall’altro lato della stanza guardava la scena incuriosita “Che cosa succede? Mi perdo una festa per andare da Lincoln e qui scoppia il finimondo?”
 
 

Raven la guardò con espressione desolata “Clarke è arrabbiata con me. Avevo invitato Anya e Lexa alla festa e le avevo promesso di non lasciarla sola con Lexa… Ma poi le cose tra me e Anya si sono fatte un pochino… spinte diciamo, e me ne sono dimenticata.”
 
 

Octavia alzò gli occhi al cielo “Raven! Possibile che pensi solo a te stessa? Cos’è successo poi?”
 
 

“Non lo so, non me lo vuole dire. So solo che a un certo punto è rientrata a casa in lacrime e Lexa era sparita.”
 
 

Il telefono di Raven iniziò a squillare e lei si allontanò per rispondere mentre Octavia si avvicinava alla porta di Clarke.
 
 

“Clarke, sono io. Posso entrare?”
 
 

Dopo qualche secondo di silenzio Octavia sentì la chiave girare nella serratura, e Clarke aprire lentamente la porta. Non aveva un bell’aspetto, doveva aver pianto, e i capelli biondi erano in completo disordine sulla sua testa.
 
 

“Clarke… cos’è successo?”
 
 

“Ho combinato un casino Octavia. Lexa mi ha baciata e io ho dato di matto, le ho detto che non potevamo stare insieme… penso di averle spezzato il cuore.”
 
 

Octavia la fissò per un attimo in silenzio “Clarke… lo pensi davvero?”
 
 

“Era distrutta, ho cercato di parlarle per scusarmi, ma non la trovo da nessuna parte…” “No intendevo, pensi davvero di non poter stare con lei?”
 
 

Clarke la guardò sorpresa “Tu me lo chiedi? Dopo tutti i tuoi discorsi sull’anima gemella…”
 
 

“Sono solo parole Clarke… Io ho trovato Lincoln, ma sono sicura che l’avrei amato indipendentemente dal suo nome. Se tu pensi di provare veramente qualcosa per questa ragazza, non dovrebbero esserci lettere che tengano. Tu vuoi stare con lei?”
 
 

Clarke ripensò a Lexa, al suo sorriso luminoso quando la vedeva entrare nel bar, alla sua gentilezza, alla passione che leggeva nei suoi occhi quando parlavano di poesia e letteratura, la rivide chiaramente davanti a lei mentre diceva che l’amava.
 
 

“Sì.”
 
 

Riuscì a dire solo quello.
 
 

“E allora vai a dirglielo Clarke.”
 
 

“Possibilmente nei prossimi minuti.”
 
 

Si girarono entrambe verso Raven, che era spuntata sulla porta “Anya mi ha appena chiamato e ha detto che Lexa sta andando via. Partirà tra poco.”
 
 

“Via? Via dove?”
 
 

Raven alzò le spalle “Non l’ha detto, ma sembra una cosa piuttosto definitiva.”
 
 

Clarke si alzò di scatto “Devo andare.”
 
 

Octavia si alzò dietro di lei “E noi veniamo con te.”
 
 
*
 
 
Clarke bussò ripetutamente sulla porta del bar prima che qualcuno venisse finalmente ad aprirle ma, sfortunatamente per lei, non era chi voleva.
 
 

“Cosa ci fai qui? Non pensi di aver già fatto abbastanza danni?” Anya la guardò in cagnesco, e Clarke abbassò gli occhi, il senso di colpa che si faceva largo nel suo cuore.
 
 

“Anya… piccola, non fare così.” Raven cercò di mettersi in mezzo ma Anya la fulminò con lo sguardo “Stanne fuori Raven, ed ero stata chiara, niente nomignoli davanti alle tue amiche.”
 
 

Raven arrossì leggermente e si fece da parte, lasciando Clarke da sola a fronteggiare Anya “Senti Anya, lo so che sono stata una stupida…”
 
 

“No, tu non ne hai idea. Ho capito che non sei l’anima gemella di Lexa, ma questo non ti dà il diritto di spezzarle il cuore. E’ a pezzi.”
 
 

Clarke scosse la testa “Anch’io Anya, anch’io sono distrutta. Lasciami solo parlare con lei, voglio sistemare le cose.”
 
 

“E come pensi di poterle sistemare? Hai per caso una bacchetta magica?” Anya scrollò le spalle, ma Clarke riuscì a capire che le sue parole stavano avendo effetto su di lei.
 
 

“Io amo Lexa.” Dirlo ad alta voce le fece più effetto di quanto non avesse immaginato; rimase per un attimo immobile, senza fiato. “E non m’interessa se le nostre lettere non coincidono. Voglio stare con lei. E tu devi lasciarmi passare perché non resisto un secondo di più senza dirglielo.”
 
 

Anya la guardò con stupore, prima che una piega amara le sfiorasse il viso “Bè è un peccato allora, perché è andata via quaranta minuti fa.”
 
 

“Andata via? Dove?”
 
 

“All’aeroporto. Il suo volo parte tra poco.”
 
 

Clarke rimase immobile per un attimo prima di capire cosa doveva fare “Non posso lasciarla andare via. Octavia posso prendere la tua macchina?” la ragazza accanto a lei annuì “Vengo con te.”
 
 

“Anche noi veniamo!” Raven circondò la vita di Anya con il braccio, spingendola fuori dal negozio.
 
 

“Va bene, va bene.” Anya alzò gli occhi al cielo mentre chiudeva a chiave la porta del bar e s’incamminò con loro prima di fermarsi di punto in bianco “Aspetta un momento… Tutte e due vi chiamate Octavia?”
 
 
*
 
 
“Quindi fammi capire bene… Tu ti chiami Clarke, ma quando vi siete incontrate hai detto a Lexa di scrivere Octavia sul tuo cappuccino perché era per lei e… da quel momento lei non ti ha mai nominata?”
 
 

Clarke scosse la testa, prendendo l’ennesima curva troppo veloce; se riusciva a non schiantarsi quel giorno avrebbe potuto intraprendere la carriera di pilota professionista.
 
 

“Non hai mai detto il mio nome… ed io non ci ho mai pensato. Che stupida.”
 
 

“Stupida è dire poco Griffin, è tipo la prima cosa da fare, la prima!”
 
 

“Si grazie Raven, ora me ne rendo conto.”
 
 

“E come se non bastasse…” Octavia strinse spasmodicamente il sedile della macchina mentre Clarke cambiava corsia senza prestare molta attenzione alle macchine intorno a lei “Lexa non ti ha mai detto che il suo vero nome è Alexandra, probabilmente perché non pensava che la cosa potesse cambiare i fatti.”
 
 

Anya sbuffò “Vedete, è per questo che odio la gente. Troppi casini.”
 
 

“Odi anche me?” Raven la guardò con un sorriso accattivante mentre con una mano le sistemava una ciocca di capelli, e Anya arrossì leggermente “Tu sei… tu sei passabile, suppongo.”
 
 

“Ragazze possiamo concentrarci per favore? Lexa non risponde al telefono?” Avevano provato a chiamarla in continuazione da quando erano partite. Anya provò ancora una volta, ma dopo qualche secondo chiuse il telefono e scosse la testa “Niente di niente, deve averlo spento.”
 
 

“Quanto tempo abbiamo ancora?” Clarke aveva il cuore in gola al solo pensiero di non farcela. Ora che sapeva che Lexa era la sua anima gemella non poteva resistere un minuto di più senza averla accanto. Doveva dirglielo, dirle che erano fatte per stare insieme, dirle che nonostante le sue paure,nel suo cuore l’aveva capito dal primo istante.
 
 

“Il volo di Lexa parte tra mezz’ora.” Anya guardò il traffico davanti a lei con espressione preoccupata “Dobbiamo sbrigarci.”
 
 

Clarke cambiò corsia bruscamente, scatenandosi contro l’ira degli altri guidatori e di Octavia che la guardava con espressione omicida “Sai che ci tengo a te Clarke, ma non sono disposta a morire per…”
 
 

“Shhhh”
 
 

Il coro delle voci di Clarke, Anya e Raven zittì per un attimo Octavia, che le fissò con espressione oltraggiata “La prossima volta prendete la macchina di qualcun’altro, ingrate!”
 
 
 
*
 
 
Lexa mostrò nuovamente il suo biglietto a una delle hostess che stava passando accanto a lei, osservandola distrattamente mentre etichettava il suo bagaglio. Era in fila da quelle che le sembravano ore, ma non si era mossa di un centimetro.
 
 

Era impaziente come non mai di salire su quel dannatissimo aereo e lasciarsi tutta quell’orribile vicenda alle spalle. Se chiudeva gli occhi riusciva ancora a vederla, chiara come il momento in cui era davanti a lei, l’espressione addolorata di Octavia quando le aveva detto che l’amava.
 
 

Era stata solo una stupida a pensare che le cose potessero funzionare tra di loro, a pensare che quella ragazza potesse tenere tanto a lei da starci insieme nonostante tutto. Le ho detto che la amo, pensò, e non la conosco nemmeno da due mesi. Eppure Lexa sapeva, sentiva che c’era qualcosa di speciale tra loro.
 
 

Evidentemente per Octavia non era così.
 
 

E il solo pensiero le schiacciava il cuore, le impediva il respiro, le offuscava la vista. Nonostante la scelta improvvisa, Lexa sapeva che andarsene era la cosa migliore. L’unico modo per far scomparire il dolore era rinchiudere i suoi sentimenti in un angolo della sua mente, e andare avanti; non aveva altra scelta.
 
 

Davanti a lei, la fila cominciò lentamente a muoversi.
 
 
*
 
 

Clarke parcheggiò malamente in doppia fila davanti all’ingresso dell’aeroporto, togliendosi la cintura con mani tremanti e precipitandosi all’interno, seguita da Raven, Anya e Octavia, che si lamentava mestamente di come le avrebbero portato via la macchina.
 
 

“Qui dice che stanno chiudendo il gate. Sono in ritardo, forse siamo ancora in tempo.” Clarke guardò Anya per un attimo, senza sapere bene cosa fare “Andiamo a prenderti un biglietto.”
 
 

“Un biglietto? Anya sei impazzita? Sono sicura che Clarke potrà raggiungere Lexa più tardi…” Anya scosse la testa “Il problema è che non ho idea di dove Lexa stia andando. Il volo è diretto a New York, ma lei ha detto che poi voleva andare in Europa, a visitare nuovi luoghi, trovare se stessa e cazzate simili. Non mi ha lasciato nessun itinerario.”
 
 

Octavia si zittì allora e lo sguardo di Clarke si fece più risoluto che mai “Devo salire su quell’aereo.”
 
 

L’hostess sorrise quando le quattro ragazze le chiesero in coro un biglietto per il prossimo volo per New York.
 
 

“Intendete quello delle sedici, vero?”
 
 

Clarke scosse la testa, esasperata “Quello che parte tra quindici minuti.” Il sorriso della donna vacillò per un secondo.
 
 

“Non si può mi dispiace, è troppo tardi. Non c’è il tempo di passare il bagaglio e…”
 
 

“Non ho nessun bagaglio.” Clarke respirò profondamente “Senta, io devo salire su quell’aereo. E’ una questione della massima importanza. Lei mi dia un biglietto, di qualsiasi tipo, al resto ci penso io.”
 
 

La donna davanti a lei esitò ancora solo per un secondo prima di digitare qualcosa sul computer “E’ rimasto solo un biglietto di prima classe.”
 
 

Anya dietro di lei sbuffò “Ovviamente.” Allungò la carta di credito e guardò Clarke con uno sguardo di fuoco “Ti conviene muoverti principessa, vai a prenderti la tua ragazza.”
 
 
*
 
 

Lexa cercò di sistemarsi al meglio nello stretto sedile, le lunghe gambe che si rifiutavano di accavallarsi nel minuscolo spazio davanti a lei. Ci stavano mettendo davvero troppo, troppo tempo per decollare.
 
 

Prima avevano avuto dei problemi con i bagagli, poi c’era stato un disguido con i posti, e quando finalmente Lexa aveva pensato che la sfortuna avesse smesso di perseguitarla, si era rotta la scala per l’ingresso dei passeggeri e avevano dovuto cambiarla.
 
 

Il risultato era che il volo era terribilmente in ritardo e lei aveva già letto metà del libro che doveva bastarle per tutto il volo; non aveva nessuna voglia di restare sola con i suoi pensieri. Avrebbe scritto una mail per protestare, quello era sicuro.
 
 

Pensò al futuro incerto che l’aspettava, alla vita da nomade che aveva deciso di intraprendere nei prossimi mesi, in cerca di qualcosa che temeva di aver già trovato e perso nel soffio di un momento. Non pensava di poterci riuscire di nuovo. Sperò almeno che il cambio di ambiente le potesse servire per trovare nuove idee per il suo libro, perché era nuovamente a un punto morto.
 
 

Il suono trillante degli annunci catturò la sua attenzione, strappandola dai suoi pensieri e lei non poté che essergliene grata.
 
 

“Signori e signore, ci scusiamo per il ritardo. Il volo dovrebbe partire tra dieci minuti.” Lexa emise un sospiro di sollievo e si allacciò la cintura, cercando di ignorare il pensiero di Octavia che le tornava sempre alla mente, bellissimo e doloroso come nulla lo era mai stato in vita sua.
 
*
 
 
Clarke arrivò alla porta dell’aereo con il fiatone, le gambe in fiamme e il biglietto stretto spasmodicamente nella mano.
 
 

Una giovane ragazza nell’uniforme della compagnia aerea si fece avanti e allungò la mano con un sorriso, e Clarke lasciò cadere il biglietto con un sospiro, era arrivata in tempo.
 
 

“Molto bene Miss Griffin, sono Niylah e sarò la sua assistente di volo per questo viaggio; l’accompagno al suo posto.”
 
 

“Aspetti!” Clarke riprese fiato per un momento prima di parlare “Non voglio sedermi.” Niylah guardò confusa “Tutti i passeggeri devono sedersi durante il decollo, poi se vuole è libera di…”
 
 

Clarke scosse la testa “Scusi io non voglio prendere questo volo.” La ragazza aprì la bocca, leggermente confusa, ma Clarke parlò prima che potesse dirle niente “C’è una ragazza in quest’aereo, ed io devo trovarla e devo portarla a casa con me. Perché lei è la mia anima gemella e non lo sa. Non posso lasciarla partire, la prego, mi aiuti.”
 
 

Gli occhi di Niylah si spalancarono per un momento “Diavolo, non pensavo che mi sarebbe capitata una scena come quelle dei film. E questa è solo la mia prima settimana!”
 
 

Clarke si trattenne a stento dall’alzare gli occhi al cielo, stavano perdendo tempo “Allora Niylah, puoi aiutarmi?”
 
 

La ragazza annuì “Certo! Non posso lasciarmi sfuggire quest’occasione. Ma c’è un problema, l’aereo è decisamente troppo grande per controllarlo tutto adesso. Stiamo per partire.”
 
 

Clarke scosse la testa, era così vicina.
 
 

“Ma forse ho un’altra idea.”
 
*
 
 
Lexa era immersa nella lettura quando sentì nuovamente il trillo degli avvisi, e sperò che fosse la volta buona: dovevano essere in partenza.
 
 

“Gentili passeggeri, scusate l’interruzione, partiremo a breve. Ma prima c’è una ragazza che deve fare un annuncio molto importante.”
 
 

Lexa chiuse gli occhi, esasperata. A quale assurda persona poteva venire in mente di fare un annuncio importante in un aereo pronto al decollo? Doveva essere un’elaborata proposta di matrimonio o qualcosa di mielosamente simile, e lei non era davvero dell’umore per una cosa del genere.
 
 

“Lexa.”
 
 

La voce rimbombò per tutto l’aereo, e per un attimo il cuore di Lexa sembrò perdere un battito; lei conosceva quella voce, la conosceva perfettamente.
 
 

“Lo so che probabilmente odi queste cose così teatrali. Ma non avevo davvero altra scelta. Perché io… io non posso lasciarti andare via.”
 
 

La voce di Octavia era tremante, impacciata, ma Lexa poteva sentire la convinzione che si nascondeva ogni parola.
 
 

“Non puoi andare via perché non mi hai lasciato dirti quanto mi dispiace per come ti ho trattata l’altra sera, perché non mi hai lasciato spiegare quanta paura avevo addosso quando mi hai detto che mi ami… e non mi hai lasciato dirti quanta gioia ho provato nello stesso momento. Era l’unica cosa che volevo sentire, ma allo stesso tempo era l’unica cosa che poteva farmi scappare così come ho fatto. Non puoi andare via perché non ti ho ancora detto quello per cui sono andata al bar di Anya questa mattina, per dirti che avevi ragione, che non m’importa se non siamo anime gemelle, perché ti amo lo stesso anch’io, perché ero sicura che nessuna stupida lettera poteva mettersi tra di noi.”
 
 

Lexa, immobile come una statua, lasciò andare il singhiozzo che aveva tenuto dentro da quella sera, un misto di emozioni che si faceva strada nel suo cuore, lasciandola confusa come non mai.
 
 

“Non puoi andare via perché ho deciso di fare il mio destino, come diceva Baudelaire, e non sto più fuggendo, ma sono corsa qui, da te. E ti sto chiedendo di fare lo stesso, Lexa. Perché non puoi andare via, prima che io mi sia presentata, perché, dannazione, non l’ho mai fatto. Il mio nome non è Octavia, ma Clarke.”
 
 

Lexa lasciò scivolare il libro che teneva in mano, mentre dentro di lei sentiva qualcosa tornare esattamente al suo posto; ora tutto aveva un senso, ed era così splendido da toglierle il fiato.
 
 

“Mi chiamo Clarke Griffin e sono la tua anima gemella, so di esserlo. Quindi per favore, scendi da questo aereo e vieni da me, perché ho bisogno di te. Perché voglio stare con te, ogni giorno, voglio leggerti poesie, voglio farti sorridere e farti un ritratto e… voglio tutto Lexa. Voglio te.”
 
 

Clarke fece appena in tempo a finire la frase prima che Lexa la raggiungesse di corsa, stringendola in un abbraccio che esprimeva tutto quello che non erano ancora riuscite a dirsi.
 
 

Lexa la strinse a sé con tutta la forza che aveva, e Clarke si sciolse nel suo abbraccio, mentre la tensione che aveva provato per tutto quel tempo si spezzava, cadendo a terra con le lacrime che sentiva rigarle il volto.
 
 

Lexa si staccò da lei e la guardò negli occhi, asciugandole le lacrime con la punta delle dita, accarezzandole il viso dolcemente “Clarke…” disse con un sorriso pieno di gioia, e lei non riuscì a non amare il modo in cui lei pronunciava il suo nome, il modo in cui le sue labbra si piegavano mentre lo diceva.
 
 

Si sporse in avanti e la baciò, accarezzandole i capelli e stringendola a sé; ora che l’aveva ritrovata non voleva più lasciarla andare.
 
 

“Ehm… scusatemi…” Niylah tossì con imbarazzo, e solo in quel momento Clarke si ricordò che erano ancora nell’aereo, davanti a tutti i passeggeri “Siete davvero bellissime, ma se non volete venire con noi a New York, vi conviene scendere.”
 
 

Clarke sorrise e si girò ad abbracciare Niylah “Non so davvero come ringraziarti.”
 
 

La ragazza sorrise “Invitatemi al vostro matrimonio!”
 
 

Entrambe arrossirono e quando Lexa le porse la mano Clarke la stinse con la sua senza pensarci un secondo, e insieme uscirono dall’aereo mentre quasi tutti i passeggeri applaudivano.
 
 

“Sembra che tu abbia fatto davvero una bella impressione…” Clarke le sorrise “Anche tu non sei male…”
 
 

Lexa si avvicinò di nuovo per baciarla, ma Clarke si fermò a qualche centimetro dalle sue labbra, sorridendo come una bambina “Alexandra…” Lexa rise “Mi è sempre sembrato troppo elegante per una cameriera, lo riservavo per i miei futuri libri.”
 
 

“Come dovrei chiamarti io allora?” Lexa si avvicinò ancora di più, cingendole la vita con il braccio, annullando ogni distanza tra loro “Chiamami come vuoi, è tutto splendido quando esce dalle tue labbra.”
 
 

Clarke arrossì e appoggiò delicatamente le sue labbra a quelle di Lexa, incapace di aspettare ancora.
 
 

“Clarke!”
 
 

Entrambe sobbalzarono nel vedere Anya, Raven e Octavia che le guardavano da poco distante, tutte sorridenti tranne che per quest’ultima, che le osservava a braccia conserte “Andiamo, potete baciarvi dopo, sono sicura che mi stanno portando via la macchina!”
 
 

Lexa guardò Clarke confusa “Chi è lei?”
 
 

Clarke rise “Quella è Octavia…”
 
 

Lexa aprì leggermente le labbra, sorpresa “Capisco… E Anya, cosa ci fa qui?”
 
 

“Mi ha detto lei che eri qui… e ha pagato il mio biglietto.”
 
 

“Che Lexa mi ripagherà lavorando gratis!” Anya sorrise e alzò il pollice in segno di vittoria verso la cugina, evidentemente sollevata nel vederla ancora lì.
 
 

“Forse è meglio se andiamo… Abbiamo tutto il tempo adesso di parlare.”
 
 

Lexa annuì, mentre si avvicinavano alle altre mano nella mano e sorrise alla splendida ragazza che aveva accanto, il suo destino, incapace di spiegarsi la gioia che provava nel suo cuore; alla fine, quella storia dell’anima gemella così assurda era successa proprio a lei.










(PS: lo sapete che mi piacciono i PS... Probabilmente scriverò un piccolo epilogo, perché questo universo mi piace troppo!)
  
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