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Autore: Shadow Eyes    14/02/2017    1 recensioni
Una raccolta di storie brevi multi!verse, incentrate sul rapporto tra L e Misa.
1. Obsession;
2. Advantage;
3. Accuracy;
4. 33%;
5. Friendship;
6. Illogical;
7. The True You;
8. Troubling Thoughts;
9. A Moment in Time;
10. Everyday Magic;
11. Heart Song.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: L, Misa Amane
Note: Movieverse, Otherverse, Raccolta | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
Capitoli:
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LMisa SV
Obsession
[100 Themes Challenge Writing Prompts]





65. A Moment in Time {Death Note | Manga!Verse}




Moving the hair out of your eyes
Telling me things I want to believe
Hotel Lights – “Nobody Let You Down”





La luce calda del sole filtrava dalla finestra, scaldandogli il volto. Per essere una giornata invernale, era gradevolmente tersa; ma non c’era nulla in quella vista, né il viavai d’auto e persone, né i colori brillanti di negozi e abiti, che riusciva a ravvivargli un po’ l’umore.
Con il naso all’insù, L seguì l’ascendere lento della condensa creata dal suo respiro lungo il vetro, finché non finì per velare lo squarcio azzurro di cielo che spiccava sullo scialbore dei palazzi. Per molti, in special modo i bambini, quella superficie di vapore grigiastro era un invito a decorare la finestra con fugaci disegni e scritte d’ogni tipo – Misa e Matsuda ne avrebbero approfittato volentieri, ne era pressoché certo. I peli del collo gli si rizzarono; quello strato umido di condensa non suscitava nessuna attrattiva su di lui. Anche il semplice immaginare di toccarlo col il dito lo raccapricciava.
Con un sospiro, il detective s’allontanò dalla finestra, andando ad appollaiarsi su uno dei divanetti, i piedi affondati nella seduta morbida. Aveva da poco concesso alla squadra una breve pausa prima di riprendere a lavorare – l’occasione perfetta per godersi un po’ di pace e silenzio, in una stanza che solitamente non veniva usata da nessuno.
La porta si spalancò, facendogli irrigidire la mascella.
«Eccoti qua!»
O meglio, così aveva sperato.
Passi frettolosi avanzarono verso il divanetto, fermandosi alle sue spalle e venendo sostituiti quasi immediatamente dal tramestio di oggetti di varie dimensioni.
«Uffa, non l’avrò dimenticat… Ah!»
Lo sfrigolio di bustine di plastica fu l’ultimo suono che L ebbe la premura di ascoltare, prima di sprofondare ancora una volta nei cupi recessi della propria mente. Doveva trovare un sistema per dare ordine ai propri pensieri.
Mi chiedo cosa farebbe Light in una circostanza come questa…
Erano giorni, ormai, che un incubo ricorrente gli appestava quelle poche ore di sonno che si concedeva a settimana. Il problema, tuttavia, non erano i ritmi di riposo scombussolati – a quelli era abituato –, ma le sensazioni che gli strascichi del sogno gli lasciavano addosso quando si svegliava. Lo facevano sentire molle, completamente drenato di ogni energia e, come se non bastasse, la sua produttività nelle indagini ne aveva risentito di riflesso.
«Tutto bene, Ryuzaki? … Hai certi occhi da pesce lesso!»
La spensierata schiettezza di quel commento lo riscosse dalle proprie elucubrazioni. Con la coda dell’occhio, L scorse una minigonna svolazzante ruotare verso di lui, lasciando ben poco su quel che celava all’immaginazione. Tamburellando le dita sulle le ginocchia, inspirò lentamente, voltando il capo verso le finestre.
«Be’?»
Misa poggiò con cura una pochette nera sul bracciolo del divanetto e si lasciò cadere accanto a lui, canticchiando qualcosa tra i denti. L’aggiunta d’altro peso fece affondare di lato il cuscino sul quale se ne stava accovacciato, facendogli perdere l’equilibrio e, non avendo il minimo interesse a reagire, L lasciò che la gravità lo trascinasse in basso. Una parte di lui, sperava che quel suo stato di abulia avrebbe finito per innervosire la idol, convincendola a non ficcanasare troppo. Sapeva bene che uno dei suoi passatempi preferiti era fargli il verso, quindi fornirle ulteriori munizioni raccontandole dell’incubo non era decisamente nel suo interesse.
La sua guancia atterrò su qualcosa di caldo e Misa sussultò con uno strillo, facendolo sobbalzare a sua volta.
«Oh.»
Erano le sue gambe.
«Sono costernato.»
«Come no, mai sentita voce più costernata!»
Si sentì afferrare per un braccio.
«Forza, alzati, scemo d’un Ryuzaki! Non sei mica Light!»
«Il tuo spirito d’osservazione è sconvolgente, Amane.»
«Come osi, maledetto…!»
Le dita di Misa si serrarono convulsamente attorno al suo gomito – per essere una ragazza che pesava sì e no quaranta chili bagnata, aveva una presa notevole, si ritrovò ad osservare. Il che non era un bene.
Riscoprendosi vagamente preoccupato per la propria incolumità, il detective decise di fare l’opossum, restando appallottolato su sé stesso mentre la giovane lo sollevava di peso, risistemandolo sul cuscino con la perizia di un decoratore d’interni.
«Ecco fatto! … E ora ce la fai a dire a Misa perché hai quel muso lungo, senza fare il pervertito?»
L si stava preparando ad ignorare ancora una volta la sequela di domande in arrivo, quando qualcosa attirò il suo olfatto: c’era una scia dolce nell’aria e il suo stomaco gorgogliò in risposta.
Magnifico.
Adesso non solo era demotivato, ma aveva anche fame.
«Ehi, ci sei?»
D’un tratto, gli arrivarono un paio di gomitate nelle costole.
«Misa sta parlando con te!»
«Lasciami in pace, Amane.»
L’asprezza che gli venò la voce fu involontaria ma riuscì comunque a zittire Misa, che alzò sbuffando le braccia in segno di resa.
Con una stretta allo stomaco di cui non riuscì ad identificare l’origine, il detective tornò a fissare il vuoto davanti a sé, non curandosi di spostare le ciocche di capelli che gli erano ricadute sul volto e avevano preso a pizzicargli il naso.
«… E va bene, come vuoi. Misa era solo un po’ preocc…», la idol si alzò in piedi, afferrando la borsetta e cominciando a frugarci nuovamente dentro. «Anzi, no. Voleva solo essere gentile, ecco.»
«Mh?»
Qualcosa lo colpì d’improvviso al braccio, producendo uno sfrigolio familiare.
«Tieni.»
Incerto se voltarsi o meno, L optò per una sbirciata rapida, notando una confezione di plastica trasparente nella quale erano stati graziosamente racchiusi cioccolatini di ogni forma: c’erano stelle, cuori, orsetti e gattini stilizzati, tutti glassati con tenui sfumature pastello. Il suo stomaco si lasciò andare ad un nuovo, sonoro ruggito: ecco trovata la fonte di quel profumo che aveva sentito poco prima.
Non fece in tempo a registrare la nozione, tuttavia, che un nuovo particolare reclamò immediatamente tutta la sua attenzione.
Cioccolatini.
Misa Amane gli stava porgendo dei cioccolatini.
Cacciò un grido.
«Ma sei impazzito? Vuoi fare venire alla povera Misa-Misa un infarto?!»
Il ceffone che gli arrivò sulla nuca non fu una sorpresa. Senza fare una piega, il detective si raddrizzò e, con drammatica lentezza e la bocca spalancata, si voltò finalmente verso Misa.
«Amane…»
«C-Cosa…?»
La fissò in silenzio, con uno sguardo strabuzzato talmente opprimente da farla deglutire per l’agitazione.
«Quei cioccolatini…»
«… Sì?»
Si portò una mano alle labbra.
«Come hai fatto a capire che avevo fame?»
La tensione che aveva immobilizzato la idol fino a quel momento parve esploderle lungo tutto il corpo sottoforma di tremori; ci mancò poco che non stritolasse la confezione di leccornie tra le dita, tanto era oltraggiata dalla natura deliberatamente – a quanto pareva – offensiva della sua domanda.
«Accidenti.», mormorò, lanciandogli la bustina contro. «E Misa che pensava volessi chiederle chissà cosa…!»
«… Non credo di capire. Cosa avrei dovuto chiederti?»
Questa volta fu lei ad ignorarlo; dopo aver inspirato ed espirato più volte, Misa si passò le mani sul volto, come a voler trovare un minimo di contegno, prima di riprendere la conversazione.
«Certe volte sei così scemo, Ryuzaki, che Misa stenta a credere che tu sia il migliore detective dell’universo – Ѐ inutile che fai quella faccia. Comunque sia, Misa non sapeva avessi fame. Cioè sì. No, nel senso... Non che ci voglia molto a capirlo. Tu mangi di continuo.», fece spallucce, poggiandosi le mani sui fianchi. «Ma lasciamo perdere il tuo stomaco... Non è per quello che Misa ti ha preso quei cioccolatini.»
«Li hai presi per… Me?»
«Non farti strane idee, eh! Ѐ tomo-choko!»
«“Tomo-choko”?»
A quanto pare, non era proprio giornata per le domande sagaci.
«Ma sei serio? Oh, aspetta un attimo, c’è una chiamata per Misa…», fiatò la idol, con un sorriso storto che sapeva tanto di incredulità. Finse di portarsi un cellulare all’orecchio, drizzando la schiena e premendo la mano destra sul petto. «Pront… Come dici? Oggi è san Valentino e tutto il mondo lo sa, tranne Ryuzaki?»
«San… Oh.»
Assorbendo ogni sillaba di quella rivelazione, L si portò l’indice tra i denti, assaltandone l’unghia.
Era san Valentino. Strano come bastasse un serial killer a piede libero, per fargli dimenticare le grandi occasioni. Pregò che Dio potesse perdonarlo.
«Divertente.»
Fingendo di non aver visto la linguaccia che gli riservò Misa in risposta, mosse lo sguardo sul piccolo dono che giaceva sulle sue gambe, sfiorandone il fiocco rosa con la punta delle dita; era liscio e morbido al tatto. Doveva essere andata a comprarlo in un negozio specializzato e, a giudicare dall’aspetto pregiato dei dolciumi, doveva anche aver speso un bel po’.
Ci sono un paio di pasticcerie nelle vicinanze che corrispondono a questi criteri.
Da sotto le ciglia scure, L lanciò uno sguardo rapido alla ragazza, notando che si era di nuovo seduta e se stava poggiata contro il bracciolo del divanetto ad osservarlo, le sopracciglia strette in un piglio attento.
Ci tiene davvero così tanto a non sfigurare davanti a me? ... Vorrei davvero capire cosa le passa per la testa.
Afferrò un’estremità del fiocco tra l’indice e il pollice e lo sciolse con calma, aprendo la confezione: l’odore dolce di prima gli investì le narici a piena potenza, facendolo salivare dall’anticipazione. In un paio di secondi, afferrò ed ingollò due gattini glassati, facendo rimanere Misa di sasso. La dolcezza dello zucchero e l’amaro del cacao si complimentavano con armonia sulla sua lingua, che in poco tempo venne rivestita dalla vellutata morbidezza del cuore liquido dei cioccolatini. Il detective mugugnò, sentendo un’ondata di piacere risalirgli lungo le guance.
«Sono ottimi.», mormorò, leccandosi le labbra. «Ti ringrazio.»
«O-Oh… Bene!», riuscì a balbettare Misa di rimando, chiaramente a disagio di fronte al suo bizzarro modo di mangiare. «Misa ne è contenta!»
«Ne vuoi assaggiare uno?»
«Ah, no, grazie.» Gli sorrise e gli occhi, con sua sorpresa, le si illuminarono. «Sono tutti tuoi!»
Sembra davvero soddisfatta...
«… Come desideri.»
Tra i due calò presto il silenzio, intervallato dal rovistare di L nella bustina, che continuava imperterrito a pescare e mangiare i cioccolatini. Forse avrebbe potuto raccontarle del sogno, pensò. Forse glielo doveva. In fondo, nonostante il suo atteggiamento scorbutico, Misa aveva comunque scelto di dargli il suo regalo per San Valentino.
«… Da un po’ di tempo faccio un incubo ricorrente.»
Il collo della ragazza si raddrizzò quell’ammissione improvvisa, e ciò bastò ad L per capire che aveva tutta la sua attenzione.
«Incubo?»
«Sì. C’è una caramella davanti a me. È diversa da tutte le altre e… Per qualche motivo, sento di doverla prendere.»
Tacque per un istante, studiando ancora una volta l’espressione di Misa con la coda dell’occhio: se ne stava seduta al suo fianco, il busto e lo sguardo immobili nella sua direzione. Non c’era traccia di scherno sui suoi lineamenti bianchi, solo una comprensibile curiosità.
«Brilla e galleggia nel vuoto.», proseguì allora, animandosi. «Cerco in ogni modo d’afferrarla ma, ogni volta che sono a un passo dal toccarla, la mia mano comincia sanguinare e non riesco più a chiudere le dita.»
«Questa caramella… », cominciò Misa, incrociando con eleganza le gambe. «Com’è?»
«Ѐ tonda, incartata in un involucro bianco e nero.»
«Oh. Nient’altro?»
«Ha… Un buon odore.»
«Un buon odore.»
«Esatto, simile al–»
… Tuo.
«Ryuzaki, perché questo sogno ti deprime così tanto?»
Preso alla sprovvista dal cambio brusco d’argomento, L evitò gli occhi ambrati dell’amica, abbandonando gli ultimi due cioccolatini rimasti per tornare a mordicchiarsi le unghie della mano destra.
«Perché mi lascia una strana sensazione addosso… Come se mi stesse sfuggendo qualcosa. Un indizio, o un dettaglio…»
«Oh, andiamo, Ryuzaki! È soltanto un sogno!»
«Ne sono ben consapevole, Amane. Ma se quella caramella fosse Kira…»
«Oh!»
«Allora è possibile che il mio subconscio mi stia suggerendo che sto sbagliando qualcosa.»
«Sbagliare? Tu?»
«… Ti ringrazio per la fiducia, ma può darsi che…»
«Frena un attimo, Ryuzaki… E se non fosse così?»
Il detective batté ciglio.
«Cosa intendi?»
«Forse… Quella caramella non è Kira.», ipotizzò Misa, assumendo l’aria di chi la sa lunga. «Forse quella caramella è… Ѐ qualcosa che desideri! O qualcuno che ti piace! Hah! Scommetto che a questo non avevi pensato!»
A dispetto dell’apatia che trasudava dalla sua espressione, L sentì la pelle gelare e tutte le articolazioni formicolargli alla sola idea che potesse davvero trattarsi d’un desiderio represso o d’amore. Aveva dunque perso ore preziose di tempo a preoccuparsi di una questione così triviale? No, non riusciva a convincersene; c’erano troppi elementi che non tornavano.
Che la caramella sia lei?
«… Non ha alcun senso.»
«Che senso hanno le caramelle volanti, allora? O che brillano? È un sogno! … Poi riflettici bene: potrebbe anche essere una semplice caramella. Tu hai sentito un buon odore, no?»
«Corretto. Il resto del sogno, tuttavia, non lascia indiz–»
«In più, qualsiasi cosa tu faccia, non riesci a prenderla, giusto?», tagliò corto la giovane, piegando il braccio e poggiando il mento tra indice e pollice. «Quindi Misa è propensa a pensare che, se non si tratta di amore, allora si tratta di… Oh, reggiti forte, Ryuzaki: fame notturna!»
«Brillante.»
«Andiamo, se esistesse un sistema per ingozzarsi di dolci anche durante il sonno, tu non lo useresti?»
Intimamente affascinato da quel suggerimento, il detective la fissò in silenzio.
Be’...
«… No.»
«Hai esitato… Allora Misa-Misa ci ha preso! Caso chiuso, Washington!»
«Watson.»
«Eh?»
Amane… Che stia cercando di manipolarmi?
La frettolosità delle sue argomentazioni e il lieve rossore sulla punta delle orecchie rendevano palese quanto fosse incerta della propria supposizione. L poggiò le mani sulle ginocchia, grattando la superficie ruvida dei jeans con le dita.
Il fatto che io pensi d’essere fuoristrada sul caso Kira l’ha messa in allarme?
Lo sguardo gli cadde sulla confezione-regalo e qualcosa, nella sua mente, si smosse. Da quanto l’aveva visto giù di morale, Misa non gli si era scollata di dosso un solo istante. Avrebbe potuto andarsene quando voleva. O prenderlo in giro.
Ah.
Invece gli era rimasta cocciutamente accanto, cercando, a modo suo, di tirarlo fuori da quello stato di scoramento. Che fosse davvero preoccupata per lui?
«Sai, Amane, potresti anche aver ragione. Che si tratti d’un desiderio o di Kira, un sogno non rappresenta una prova indiziaria… Inutile ricamarci sopra.»
«Vero?», miagolò la giovane, compiaciuta, colpendolo giocosamente con la spalla. «Dovresti dare retta a Misa più spesso.»
«Non t’allargare.»
«... Vuoi fare a botte, Ryuzaki?»
L fu tentato di sorridere, ma se lo impedì mordicchiandosi il labbro inferiore.
«Ascolta, Amane, io… Ti devo un ringraziamento.»
Per un effetto che al novanta virgola tre per cento era dovuto ad un qualche tipo di suggestione, la sua voce parve rimbombare attorno a loro come se fosse stato l’unico suono nell’intera città.
«Non fosse stato per la tua irritante insistenza, io…»
«“Irritante”? Oh, tu sì che sai come ringraziare un’amica, Ryuzaki!»
La pernacchia che si premurò di utilizzare Misa per concludere la propria osservazione, riuscì a spazzare via nel detective la voglia di proseguire il discorso – non c’era maniera di spuntarla, con lei. Il modo, tuttavia, in cui le guance le si gonfiarono per lo sdegno, gli impedì di tenerle il broncio per più di un secondo.
«Comunque, di niente. A Misa non piace vederti depresso. Sei antiestetico. Più del solito
La giovane sollevò il mento e L scosse il capo, guardando quel profilo delicato mascherarsi d’alterigia.
Che commediante.
Strano, però, come le fosse bastata una semplice frase per riempirlo di energia.
«… E così sarei antiestetico?»
«Esatto!»
Adesso, più la osservava, più avvertiva nel petto qualcosa crescere e gonfiarsi fino a schiacciargli i polmoni, mozzandogli il respiro.
Doveva fare qualcosa, dirle qualcosa. Sentiva il bisogno di riprovarci. Magari questa volta Misa non lo avrebbe interrotto.
«Amane…»
Tacque. Mettere in fila più di una parola di senso compiuto non era mai stata un’operazione così complessa; ogni concetto gli si attorcigliava attorno alla lingua, impedendole di muoversi secondo la sua volontà. Non riusciva a ragionare, aveva un solo impulso chiaro in mente. Un gesto semplice, in realtà. Qualcosa di cui, forse, avrebbe finito per pentirsi in pochi secondi.
Ne valeva la pena?
Misa... Mi chiedo se questo valga come ringraziamento.
Con lo stomaco che sembrava pronto a rivoltarsi, si sporse di lato, baciandole la guancia. Sotto le sue labbra, la pelle liscia della giovane parve prendere fuoco, e lui non vide altro che bianco, prima di allontanarsi da lei con il cuore che gli pulsava in gola talmente forte da nausearlo. Si coprì la bocca con il dorso della mano, inspirando piano.
Ѐ questo... Che si prova?
Con dita tremanti, Misa si sfiorò la guancia arrossata come in trance. Lentamente, mosse lo sguardo su di lui, scrutandolo da sotto le lunghe ciglia nere.
«Ryuzaki, q-quando Misa ha detto che… Cioè, non i-intendeva…!», provò a spiegargli, irradiando tutt’attorno un calore talmente intenso da raggiungere il suo posto sul divanetto. «… Wow.»
Il detective si mostrò interessato a quel balbettio incoerente, approfittando di quel breve lasso di tempo per recuperare un po’ di lucidità. Aveva l’impressione che le labbra, per qualche folle motivo, gli stessero formicolando ed aveva una gran voglia di voltarsi e baciare Misa ancora e ancora.

Ma che gli prendeva?! Stava diventando isterico – e non se lo poteva permettere.
Dopotutto, l’aveva fatto solo per ringraziarla, no?
«Sai… Durante la mia infanzia, una sola persona mi ha mostrato cosa vuol dire prendersi cura di qualcuno e io… Io non ho mai–» S’interruppe bruscamente. «Be’, non sono avvezzo a dare o a ricevere premure, tuttavia…», le disse infine, rivolgendole un breve cenno col capo. «Ti sono grato per quello che hai fatto oggi per me.»
Misa scostò una ciocca di capelli dal volto, portandosela dietro l’orecchio; era rossa come un pomodoro ma la piega dolce che avevano assunto i suoi occhi, gli suggerì che aveva apprezzato la sua piccola confessione.
«Ah, così va meglio!» Inclinò il capo, sorridendogli. «Non c’è di che, Ryuzaki.»
L cacciò la mano nella scatola semivuota, afferrando l’orsetto e la stella rimasti: li divorò come se non ci fosse un domani.










.:~*~:.


E, con questo capitolo, siamo quasi alla fine della raccolta! YAY!
Puntata in cui Misa, con la sua testardaggine, riesce a fare aprire un pochino L! *commossa* … Wow, Misa, great work! Keep it up, I’m proud of you! X°D
… Lo so, ho fatto la smielata a San Valentino. Che orrido cliché. ¯\_(ツ)_/¯ Ci tenevo a scrivere qualcosa per questa occasione (tra l’altro, ce l’ho fatta per il rotto della cuffia)… Penso sia la storia più lunga fin’ora. Mi sono fatta trascinare dall’AMOUR TOUJOURS DES CROISSANTS [???], ok?
...
Sto bene, lo giuro. X°D
Un grande ringraziamento a tutti coloro che stanno seguendo e leggendo questa raccolta! In particolare, una stellina d’oro va all’impavida anima conosciuta come littlekilljoy, che non solo ha aggiunto la storia tra le seguite, ma anche tra le preferite. Grazie~! {´◕ ◡ ◕`}

P.S.: Il “Tomo-chocko” che Misa regala a Ryuzaki, è il “cioccolato dell’amico”. In Giappone, a San Valentino le ragazze regalano il cioccolato non solo all’innamorato, ma anche ad amici e colleghi, ed ogni tipo di cioccolato ha un suo nome e una sua valenza simbolica.

See ya,

Shadow Eyes
  
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