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Autore: Tefnuth    15/02/2017    1 recensioni
[sequel di Evil mirror].
Da quando è stato imprigionato nel mondo dello specchio, l'unico pensiero che occupa la mente di Tom è il desiderio di vendetta contro Bill. Nulla può distrarlo del tutto da questo chiodo fisso, non gli svaghi che si è creato né la compagnia di una piccola ombra.
Bill, invece, sta assaporando ogni secondo della vita reale portando con sé un gran segreto.
Entrambi pensavano che non si sarebbero mai più rivisti, invece i loro destini torneranno ad intrecciarsi grazie all'intervento di un personaggio misterioso, che offre a Tom la possibilità di vendicarsi.
Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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[Bill]

La notte tra il venerdì e il sabato Bill si concesse tre sole ore di sonno, svegliandosi in tempo per sentire le nuvole iniziare a riversare su Berlino l’acqua che contenevano.

“Oltre il danno, la beffa” pensò, odiava la pioggia e le nuvole che coprivano il bel cielo azzurro. Ogni volta che il tempo era nuvoloso il suo umore ne risentiva, ed era difficile che si sentisse felice. Si alzò dal letto caldo, e di nuovo si costrinse a fare colazione (non voleva svenire davanti a Georg e Gustav) prima di medicarsi la ferita e prepararsi. Tutto questo senza mai sostare per più di cinque minuti davanti a uno degli specchi che aveva in casa.

[Tom]

“Non avremmo potuto prenderlo durante il sonno? – Chiese Tom a Miroir mentre osservava, attraverso uno specchio, il suo rivale prepararsi per uscire. – Si era addormentato”.

“Aveva la guardia troppo alta, e ci sarebbe sfuggito di nuovo. Deve essere allo stremo, te lo ripeto” spiegò Miroir con il classico tono da insegnante.

“Sicuro di sapere quello che fai?” domandò Billy allo spettro.

“Mi sembra di averti già risposto su questo punto, fantoccio”.

“E a me sembra di averti già detto, che non voglio che tu gli parli a quel modo. Sono stato chiaro?” si intromise Tom, a difesa della piccola ombra.

[Bill]

“Accidenti alla maledetta pioggia” si lamentò Gustav, mentre cercava di salvare la sua borsa a tracolla dall’acqua. Lui e Georg si erano accorti subito della fasciatura che Bill aveva la mano, e quando gli chiesero cosa fosse successo il ragazzo gli aveva rifilato la stessa scusa che aveva dato ad Ashley.

“Non dovrebbe durare a lungo. – Disse Georg, che aveva visto le previsioni meteo quella stessa mattina prima di uscire di casa. – Ma, per evitarci il fastidio, potremmo andare da Alexa”.

“Buona idea” esclamò Bill, un po’ a malincuore.

Alexa era un grande centro commerciale in Alexanderplatz, la prima piazza che poteva visitare un turista appena uscito dalla stazione e che offriva la vista della Fernsehturm, della Fontana dell’amicizia e dell’Orologio del mondo; per non parlare poi dell’altro centro commerciale che stava dall’altra parte della piazza (la Galleria Kaufhof), e dei negozi dirimpettai oppure dello spettacolo delle persone che facevano base jumping dalla cima dell’hotel Park Inn by Radisson Alexanderplatz. Il centro commerciale era un ottimo posto dove poter passare una giornata uggiosa come quella: negozi di marche internazionali e filiali di alto profilo, e un piano dedicato alla ristorazione e persino una palestra. Una volta parcheggiata l’auto, e districatisi tra la folla di berlinesi e turisti che oltrepassavano la piazza, i tre entrarono nel lussuoso centro commerciale.

“Orbene, io ve lo dico già ragazzi: passeremo molto tempo da Adidas” affermò con decisione Georg, che non vedeva l’ora di provare la nuova collezione di scarpe e tute della famosa marca.

“L’importante è che ci sia da sedersi, poi ci possiamo stare anche tutta la giornata” ribatté Gustav sorridente. Bill si limitò a sogghignare.

Onde evitare di dover veramente passare l’intera giornata in un solo negozio, prima di passare da Adidas i ragazzi decisero che prima avrebbero fatto un intero giro di perlustrazione; solo una volta finito quello avrebbero aperto il portafoglio. Dopo la tensione iniziale, nella testa di Bill si affermò la convinzione che niente avrebbe dovuto rovinare l’uscita con gli amici, perciò si costrinse a non pensare a Miroir. Non fu poi così difficile perché le continue battute di Gustav, e il comportamento giocoso di Georg, lo aiutarono veramente a distogliere la testa dal pericolo imminente. Così, dopo una fermata obbligatoria in gioielleria, per prendere l’ennesimo anello, si divertì con Georg a fare il modello quando entrarono da Adidas.

[Tom]

“E’ una cosa incredibile: io lo minaccio, e lui si fa un giro con i miei amici. Ha pure il coraggio di divertirsi, e lo sa che lo sto guardando” imprecò Tom facendo avanti e indietro per la stanza. Sul letto, sdraiato con le mani sulla pancia, Billy guardava l’ira del suo creatore.

“Maledetto bastardo! Lo strozzerei se ce l’avessi tra le mani” disse Tom senza smettere di camminare con il passo molto pesante.

“Forse sta solo facendo finta. – Intervenì Billy. – In fondo è con i suoi…i TUOI amici, e loro non sanno nulla”.

“Se sta fingendo è un ottimo attore. Non vedo l’ora di poterlo affrontare faccia a faccia”

“Non finché lui non cederà” gli ricordò la copia, questo fece venire un’idea a Tom

“Allora premerò sull’acceleratore”.

[Bill]

“E’ proprio vero, quello che dicono: fare shopping stanca” osservò Georg, seduto con gli altri ad uno dei tavolini del piano ristorazione. Dopo una lunga tornata di compere, avevano deciso di mangiare una cosa veloce al McDonald e ora stavano riprendendo le forze al loro tavolo.

“Sicuro di non essere stanco per la vecchiaia?” scherzò Bill, era la sua prima e vera battuta della giornata.

“Finalmente riconosco la tua lingua. Pensavo che te l’avesse morsa un gatto” ribatté Gustav contento.

“Sai che sono meteo-patico, e mi ci vuole un po’ per carburare” rispose sorridente Bill mentre giocava con la cannuccia dell’aranciata. Avrebbe continuato a sorridere, se non avesse visto il riflesso di Tom, non il suo, nello specchio della colonna accanto. Di nuovo gli tornarono i brividi, e il cuore riprese a battere velocemente.

“Qualcosa non va, Tom?” gli domandò Gustav, dovette ripeterlo un paio di volte perché Bill era così terrorizzato da quel riflesso che si era completamente estraniato dal mondo.

“Tutto bene, grazie” girò un istante la testa, per rispondere all’amico, poi riportò lo sguardo sullo specchio: Tom non c’era più.

“Che ne dite se andiamo al Kaufhof? Sono stufo di stare seduto qua” propose Georg, seguito a ruota da Gustav. Bill non potè dire di no.

Oltrepassata la moltitudine di gente che stava nella piazza, i ragazzi entrarono dalla porta che dava sul piano dedicato alla profumeria, alla gioielleria e, un poco più in là, alla gastronomia. Salite le scale mobili, il trio giunse sul piano dedicato all’uomo dove, era naturale, c’erano molti specchi.

“Come mi sta?” domandò Gustav riferendosi alla giacca da smoking blu scuro che stava provando: di lì a qualche mese ci sarebbe stato il matrimonio della sorella e lui avrebbe fatto il testimone.

“Il modello non è male, ma il colore non mi convince molto” affermò Georg, che avrebbe preferito il grigio o il nero. Bill non disse niente perché il suo sguardo era stato rapito dal riflesso nello specchio: Tom era tornato a sostituirsi alla sua immagine, e lo stava sfidando con lo sguardo.

“Ehi, Tom. – Gustav gli schioccò le dita davanti agli occhi, per risvegliarlo dall’incantesimo in cui era caduto. – Torna con noi”.

“C…come? – Bill si accorse che l’amico stava aspettando una risposta. – Ah, sì ha ragione Georg” rispose, ma Georg e Gustav capirono subito che non aveva neanche visto la giacca.

“Che hai? E’ da prima che hai una faccia da morto. Sei sicuro di stare bene? Ti fa male la mano, per caso?” domandò il moro

“N…no, non è questo. – Rispose Bill, con lo sguardo perso negli occhi del rivale, senza accorgersi che il suo respiro era pericolosamente accelerato. – Devo solo andare un attimo in bagno” ma non appena si fu alzato, dopo aver dato un ultimo sguardo a Tom, la testa iniziò a girargli e le gambe gli cedettero. Il suo corpo perse ogni singolo grammo di energia che era rimasta, e immediatamente Georg e Gustav accorsero per impedirgli di sbattere la testa per terra.

“Tu stai bene come un pesce in una padella bollente. – Commentò Georg mentre rimetteva l’amico sul pouf. – E’ meglio che ti riportiamo a casa”.

“NO! – Ribatté deciso Bill. – Sto bene, devo solo riprendermi un attimo”

“Prova a dire un’altra volta che stai bene, e ti giuro che ti do un pugno” affermò Gustav mimando pure il gesto.

Usciti di tutta fretta dal Kaufhof, Georg e Gustav accompagnarono l’amico fin dentro casa; lo fecero sdraiare sul divano e gli portarono un bicchiere di acqua e zucchero.

“A piccoli sorsi” si raccomandò il moro sedendosi.

“Grazie. – Bill bevve un sorso. – Ma sto bene, ora: è stato un calo di pressione” si giustificò.

“O un attacco di nervi? – Replicò Gustav. – E’ da stamani che hai gli occhi arrossati, per non parlare del fatto che per ben due volte ti ho sentito respirare troppo velocemente”.

“Bhè…in effetti è un paio di giorni che non dormo, credo di essere un po’ stressato” confessò Bill bevendo un altro sorso d’acqua, l’ultimo.

“Ecco svelato l’arcano! – Esclamò Georg prendendo il bicchiere vuoto. – E quanto pensavi di poter continuare? Non sei un vampiro”.

“Avresti dovuto dircelo immediatamente: avremmo trovato una soluzione” aggiunse Gustav di rimprovero.

“Mi dispiace, non pensavo di arrivare a questi punti. Non vi ho detto niente perché speravo, con oggi, di rilassarmi un pò” mentì Bill, solo per evitare di dare un dispiacere agli amici.

“Lo spero. – Si augurò il moro. – Tu però stasera ti riposi, e DORMI! Se non ti riesce, ci chiami subito e si chiama d’urgenza un medico. Non mi interessa se è domenica!”

“Giusto! In un modo o nell’altro tornerai ad essere il bell’addormentato” aggiunse Gustav.

[Tom]

“Visto? Bastava solo una piccola spinta” disse Tom a Billy, tronfio per quello che era riuscito a fare, ma a rispondergli fu Miroir e non la piccola copia

“Sì, sei stato bravo”.

“Che dici? Ora è abbastanza stremato perché tu lo possa riportare qui, da me? Sai, non vedo l’ora di dirgliene quattro prima di tornare a casa” domandò il ragazzo all’essere di vetro.

“Penso…che potremmo provare. Dobbiamo solo aspettare il momento giusto” rispose Miroir, preparandosi per la sera.

[Bill]

Nonostante gli avvertimenti degli amici, quella notte Bill provò a restare nuovamente sveglio, guardandosi un intera maratone di una serie tv poliziesca, ma per quanto ci provasse le palpebre gli ricadevano sempre sugli occhi perciò dovette arrendersi al fatto che il suo corpo necessitava di sonno. Assicuratosi che ogni specchio fosse completamente coperto, si ritirò in camera da letto dove il sonno gli cadde addosso non appena ebbe appoggiato la testa sul morbido cuscino. A fargli compagnia il rintocco dell’orologio e la pioggia che aveva ricominciato a cadere.

L’inizio della tragedia.

Una mano di vetro trasparente e blu, la mano di Miroir, uscì dallo specchio del bagno rompendo la carta che la copriva. Allungandosi, serpeggiò fino alla camera di Bill dove il ragazzo dormiva completamente rapito dal dio del sonno, e gli afferrò con forza la mano che era rimasta fuori dalle coperte. Svegliatosi di soprassalto, il ragazzo cercò di nuovo di fare resistenza, ma il corpo e la mente erano troppo esausti per offrire una reale opposizione. Mentre percorreva quei pochi metri che avrebbero messo fine alla sua felicità, sentì nelle orecchie la terribile risata di Miroir; prima che la sua pelle toccasse la superficie viscosa dello specchio, attraversandola.

Ci fu una luce accecante, e poi il nulla.

Quando la vista tornò a fuoco, i suoi occhi videro un vuoto tutto nero, illuminato da una luce sconosciuta, e le sbarre di una gabbia. Di un’altra cosa si accorse, ossia di essere tornato bambino e di non riuscire a cambiare aspetto né di far sparire la prigione.

“Ti piace la tua nuova casa?” si sentì domandare. Era Tom, e accanto a lui la sua copia che lo guardava incuriosito.

“Un po’ freddo. - Replicò il ragazzo scorbutico. – E quello?” domandò indicando l’altro con la testa.

“Ti piace? Io lo chiamo Billy, ed è stato la mia unica compagnia per tutti questi anni” rispose Tom, stringendo a sé lo spettro.

“Ti mancavo così tanto?” chiese Bill

“Tu mi hai rovinato la vita! Mi hai ingannato, usato e gettato via come un pezzo di carta straccia. Io ti consideravo un fratello, e tu mi hai fatto questo! – Affermò Tom. – TI ODIO”.

“Non mi sembra che te la sia cavata tanto male, a vedere questo sgorbietto” replicò Bill ad alta voce.

“Ho dovuto farlo per sopravvivere, per non impazzire! Tu invece te ne sei andato in giro a vivere la MIA vita. Sei un essere spregevole”

“E allora perché non mi hai ucciso subito? Perché ti sei limitato a farmi tornare bambino? Non ne hai avuto il fegato” dichiarò il prigioniero.

“Volevo guardarti in faccia e farti sapere quello che provo per te”

“Solo questo? Potevi mandarmi una lettera”.

“Bastardo schifoso. -  Tom si avventò contro la gabbia. – Marcirai qua dentro, e mi vedrai mentre mi riprendo la mia vita. Voglio che tu soffra come mai prima d’ora”.

“E ALLORA VAI! VAI E FAMMI VEDERE! Non star qua a fare uno stupido monologo” gridò Bill.

“Tranquillo, ora me ne vado. Posso, Miroir?” domandò il ragazzo alla creatura, che per tutto il tempo era rimasta nel buio ad osservare. D’istinto il prigioniero si acquattò contro la gabbia.

“Adesso sì, e se vuoi vedere il tuo piccolo spettro basterà che lo chiami allo specchio. Ti avverto: il tuo aspetto sarà quello che aveva lui nel mondo reale. Per quanto riguarda il resto, saranno i suoi ricordi a dirti quello che devi fare” rispose la creatura aprendo il portale che dava sul mondo reale.

“Grazie per l’aiuto. – Disse Tom, che poi si rivolse a Billy. – Parleremo ogni volta che potrò, te lo prometto. Tu pensa solo a tenermi d’occhio il traditore”.

“Lo farò, conta pure su di me” promise Billy.

Confortato dalle parole del piccolo spettro, Tom attraversò in tutta sicurezza il portale che si richiuse dietro alle sue spalle.

“Puoi anche andare, per il momento. – Disse Miroir a Billy. – Vorrei parlare, da solo, con il nostro ospite”.

“Come desideri” obbedì accondiscendente la copia, in fondo Tom non gli aveva detto di non lasciare Bill solo con Miroir.

Quando se ne fu andato, l’essere fece sparire la gabbia che teneva prigioniero il ragazzo

“Ora che siamo soli, possiamo iniziare a pareggiare i conti”.
 

​Nota autrice: Bhe? Che cose ne pensate, per il momento? Onestamente mi preoccupa un pò non aver ancora ricevuto nessuna recensione. Che sia poi positiva o negativa, non ha importanza. Prossimo aggiornamento a breve.

  
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