Il sole che tramonta tra i filtri del soffitto, sotto le coperte a nascondere l'orgoglio. Non che i corpi nudi s'accollino un po' di più. L'asciugamano sporco di lacrime amare, tra i giorni spesi al mare non ti lasci scappare nemmeno una goccia, a fare il fracasso attuttito tra le distanze. Cazzo non gridi, soltanto soffochi le corde vocali, mozzate. Nel deserto mi sono slogato quattro caviglie, inumidito sette pacchi di fazzoletti riciclati di sabbia e il collo venticinque chilometri sotto il terreno fradicio dei tuoi pianti nascosti. Ma vaffanculo.
Ho accapparato tende, strappato le radici per spostarmi sempre più facilmente, mai una volta che ti ho scovato nuda da censure o limiti soffocanti. Controlli il passo, e l'angolo con cui ruoti il bacino intorno al punto d'incrocio dei nostri spiriti. Gli occhi rossi, i pugni mal assestati e i solchi sull'epidermide violacea, il fiato latteo e la lingua velenosa.
Te l'ho detto, nel mio letto, col nostro sesso, il tuo fiato é più efficiente delle pale eoliche.
Dal niente all'ovunque, sulla panchina a spifferare le angustie, le ansie ai fianchi morbidi delle colline sinuose dei tuoi sbagli. Porca puttana. 
Il petto serve da scudo, scalfito una volta lo scontrino rivalutato. Prima dei sette giorni già mi riporti indietro, rimborso assicurato. Ma lo hai letto almeno il manuale d'uso dei miei sbalzi d'umore? Li puoi controllare, lo sai, e perfavore.
Di che hai paura con quelle occhiaie da nove tonnellate? So solo che che non utilizzi più le mappe, o i sentieri già tracciati. Ti seguo tra le viscere della tua giungla sottosopra, lecco il collo, in soqquadro la quantità d'ossigeno che la vena pompa a trecento chilometri all'ora.