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Autore: Doomsday_    20/02/2017    1 recensioni
- Future!fic -
Dopo cinque lunghi anni di pace, la fragile quiete di Beacon Hills viene nuovamente spezzata. Un nuovo nemico minaccerà di sottrarre al Branco quel che per loro conta più della vita stessa.
Dal testo:
"Il corvo la fissava silenzioso, gli occhietti intelligenti sembravano scrutarle l'anima.
Fu allora che le piume si tramutarono in gocce di sangue. Colarono lente e calde lungo il braccio di Lydia. Eppure lei continuò a carezzare quel grumo rappreso fatto di morte con un sorriso pacifico a rasserenarle il viso.
"
Genere: Angst, Fluff, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kira Yukimura, Lydia Martin, Malia Hale, Scott McCall, Stiles Stilinski
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Decimo Capitolo










 
Guardava l'oggetto dinanzi a sé con un trionfo misto a un sospetto sempre più crescente.
Malia l'aveva trovato dopo ore di ricerche, durante le quali aveva rivoltato la cripta degli Hale senza curarsi troppo di cosa si sarebbe potuto rompere o meno.
Ancora non era certa che l'oggetto trovato era quel che davvero stava cercando ma, d'altronde, aveva sempre avuto un certo fiuto per queste cose.
La scatola di legno levigato, sul piano di marmo davanti a lei, restava ermetica e inaccessibile. La superficie era liscia, priva di alcun spiraglio che suggerisse un'apertura. Solo la faccia superiore presentava un'intarsiatura a spirale, uguale a quella che aveva visto tatuata sul corpo di Derek Hale.
Un brivido le corse lungo la spina dorsale nello sfiorare la scatola: era una Hale, per quanto volesse essere una Tate. Il sangue non mentiva e, se aveva capito qualcosa nella propria vita era che non si poteva scappare, né nascondersi dalla propria natura.
Con il polpastrello dell'indice iniziò a tracciare il percorso concavo della spirale e, quando ne raggiunse il centro esatto, una piccola punta d'ago scattò in alto, pungendola.
Malia ritrasse la mano, più spaventata che ferita, e guardò il suo sangue vorticare velocemente nei solchi della spirale fino a raggiungerne la fine. Poi la scatola si aprì.
Trepidante, tolse il coperchio, svelando una decina di piccoli volumi rilegati in pelle nera. Sul dorso ognuno aveva stampato la data dell'anno in cui si collocava.
Ne prese uno a caso e prese a sfogliarlo: la calligrafia minuta ed elegante di Talia riempiva alla perfezione ogni pagina, senza lasciare alcun spazio bianco.
Tirò fuori i piccoli volumi uno ad uno, alla ricerca di quello che Peter voleva: il diario del 1999.
Non fu difficile trovarlo, nonostante fosse l'unico su cui non era riportata la data.
Malia scorse velocemente le pagine, decisa a scoprire il motivo per cui Peter ne era così interessato prima di concederglielo con tanta facilità. Con sorpresa scoprì che il suo nome compariva ripetutamente, il più delle volte accanto a quello di sua madre, altre a quello di Corinne, così come quello di Peter.
Continuò, quasi ipnotizzata, finché non arrivò su per giù a metà diario, quando le si gelò il sangue nel trovarsi faccia a faccia con un nome che conosceva fin troppo bene. Chiuse di scatto il volume: un rumore l'aveva allertata.
Si voltò, cercando di vedere nella penombra della cripta, ma sembrava come sempre deserta, solo ben più caotica del solito.
Fece scivolare il diario nella borsa ed ecco che un'altra volta il suono tornò strisciante alle sue orecchie. Un rumore raggelante, di unghie che raschiavano il muro.
Tirò fuori gli artigli, pronta a un eventuale scontro, nonostante cercasse di mantenere calmo il respiro, ripetendosi che quella era la cripta degli Hale e solo un Hale poteva accedervi.
Deglutì, tentando di riacquistare la calma mentre si dirigeva a passo svelto verso l'uscita quando, poco prima che potesse riaprire il passaggio, una mano si arpionò al suo braccio, bloccandola.
Si voltò ringhiando, ritrovandosi faccia a faccia con Peter Hale.
Non parve stupita di trovarlo lì, infatti la sua espressione non accennò a rilassarsi in una meno minacciosa.
«Perché mi hai seguito?» abbaiò, i luminosi occhi blu che lanciavano lampi.
Peter, del tutto a suo agio, si concesse un breve sorriso sbieco prima di risponderle: «Proteggo i miei interessi».
«Non ho alcun bisogno della tua protezione» sbottò Malia, strattonando via il braccio dalla sua stretta, risentita da quel che Peter stava insinuando.
«Sì, invece» disse inclinando di poco il capo e anche gli occhi dell'uomo si accesero di un blu brillante. «Soprattutto quando non ti rendi neppure conto di essere seguita».
«Sapevi dov'ero diretta, non mi sembra proprio un difficile inseguimento» ribatté Malia, uscendo a grandi passi dalla cripta, prima che Peter potesse continuare a sbeffeggiarla.
E di nuovo il suo udito fu allertato da quel suono inquietante e il suo sguardo catturato da una sagoma acquattata nell'ombra, che le fu addosso ancor prima che potesse capire cosa quella creatura fosse.
L'istinto fu più veloce della ragione e si ritrasse di scatto, eppure non abbastanza in fretta da evitare che i lunghi artigli nemici le lacerassero la manica della camicia e la carne del braccio.
Serrò gli occhi nel sentire il dolore pungente bruciarla, mentre si scontrava contro il muro di cemento, lasciandosi scivolare poi a terra.
La paura la fece pensare irragionevolmente alla Lupa del Deserto e poi – riacquistando lucidità – al Darach.
Malia non si preoccupò di tornare in fretta sulle proprie gambe e prepararsi ad affrontare uno scontro: Peter non aveva perso tempo.
Il ringhio feroce del Licantropo non era tardato ad arrivare. Pronto, Peter si era gettato in soccorso della figlia senza curarsi di chi avesse di fronte.
Malia non seguì l'azione, che durò solo pochi secondi. Difatti quando si volse a fatica verso Peter, lo trovò a terra, in ginocchio con il volto chino e il braccio e la mano premuta contro l'addome chiaramente ferito. L'ombra nemica si era già volatilizzata, lasciando dietro dietro di sé un puzzo di sangue e marciume. Un odore che lei già aveva addosso, di cui non si era resa conto ma che non era sfuggito a Peter Hale.
 
***


Finché non si trovò davanti casa Stilinski, Lydia era certa che Jordan si stesse dirigendo a tutta velocità verso la Centrale di Polizia. E invece lasciarono Stiles a casa e poi – con la stessa urgenza – raggiunsero casa McCall per prendere Allie.
Kira aprì loro la porta con la piccola dei Parrish in braccio, nel tentativo di cullarla e consolarla dalla mancanza dei genitori.
La bambina si gettò senza alcuna remora tra le braccia del padre, già pronte a prenderla. Lydia, subito dietro al marito, si allungò a lasciarle dolci baci sul piccolo viso paffutello.
Adam e Caleb, sentendo voci all'ingresso si precipitarono ad accogliere Scott, tra urla, saltelli e strattoni.
Lo trascinarono in salone per costringerlo a giocare insieme a loro. Jordan li seguì, stringendo tra le braccia Allie, inconsolabile per l'essere stata abbandonata quelle poche ore.
Lydia, a cui non era sfuggito il fatto che Scott – entrando – non aveva rivolto neppure uno sguardo alla moglie, disse a Kira: «Ti va di offrirmi una tisana calda? Abbiamo novità...».
Kira le mostrò un sorriso piuttosto tiepido, che non aveva nulla a che fare con i soliti carichi di gioia che era solita esibire e le fece strada verso la cucina.


«Una donna senza identità, che se ne va in giro per i boschi di notte come se stesse scappando da qualcosa… Sai a cosa mi fa pensare tutto questo?» chiese Jordan, arricciando distrattamente con le dita i piccoli boccoli rossi di Allie.
«Mh?» fece Scott, che in realtà stava prestando più attenzione a quel che sentiva dire da Kira e Lydia dalla cucina che alle parole dell'amico. Dopo che Lydia aveva terminato di aggiornarla sulle ultime novità, Kira aveva iniziato a raccontarle la discussione che lei e Scott avevano avuto la scorsa sera.
«Eichen House» rispose Jordan.
Scott, sebbene con il cuore in gola, lasciò perdere i discorsi delle due donne e si voltò verso Parrish.
«Era una Banshee, Scott», insisté lo Sceriffo.
«Pensi che fosse rinchiusa lì dentro?», tossicchiò Scott, provando a dissimulare la sua distrazione.
«Potrebbe essere un'ipotesi» annuì Parrish. «In ogni caso serve una riunione del branco il prima possibile».
Scott sospirò «Va sempre tutto a rotoli quando c'è di mezzo quel posto».
«Siamo ancora tutti vivi, nonostante questo»,
«Non lo dire, ti prego».


«Dov'è finito l'Alpha che non si tira mai indietro difronte a qualsiasi pericolo?».
Jordan vedeva la riluttanza sempre più evidente sul volto dell'amico e si sentì impotente, incapace di portare uno spiraglio di luce laddove vedevano soltanto tenebre.
Scott guardò i suoi figli rincorrersi e rotolare a terra attorno a lui come cuccioli festosi e non seppe rispondergli.
 
***


Il sole stava ormai calando quando Malia rincasò.
Sentì subito l'immancabile odore di suo marito accoglierla, un miscuglio di emozioni sempre differenti tra cui prevalevano l'ansia, la frustrazione e una leggera punta di felicità.
Comprese il motivo di quest'ultima solo quando si affacciò nel salone e trovò Stiles addormentato sul tappeto in mezzo a tutti i giochi di Jamie. Il bambino dormiva sdraiato sul suo petto, la manina arpionata alla barba del padre e la testa che si alzava e si abbassava a ritmo del respiro di Stiles.
Stava per accostarsi a loro, quando sentì un rumore alle sue spalle. Si voltò allarmata, con i nervi già tesi, quando si ritrovò davanti suo suocero.
Sospirò, portandosi una mano sul cuore. «Noah… mi hai spaventata».
Il signor Stilinski le fece cenno di seguirlo in cucina per non svegliarli. Ultimamente Stiles chiedeva più spesso a suo padre di badare a Jamie e la maggior parte delle volte adduceva la scusa al dover far riposare Malia.
Perciò lei non si sorprese affatto quando, con fronte corrucciata, il signor Stilinski le chiese: «Dove sei stata fino a quest'ora?».
Malia si sedette al tavolo. Dagli odori della cucina capì che l'uomo aveva preparato la cena e un sentimento di gratitudine le scaldò il cuore.
«Neppure Stiles sapeva dove fossi, quando è rincasato» aggiunse, dato che Malia non gli rispondeva.
«Con Kira» mentì, senza pensarci troppo. «Cercavamo informazioni riguardo al rituale “Controllo della Luna”».
Gli anni avevano reso candidi i radi capelli di Stilinski. Aveva grigie sopracciglia cespugliose e una fronte sempre aggrottata che si spianava solo alla vista del nipotino.
Con quella sua abituale espressione accigliata mise su il bollitore dell'acqua.
«Kira ha chiamato una mezz'ora fa. Se vuoi mentirgli dovrai trovare una scusa differente» brontolò.
Malia arricciò le labbra, dispiaciuta «Ha tanti pensieri per la testa. Non voglio essere l'ennesimo», provò a giustificarsi.
Stilinski scuoté la testa, come se avesse appena sentito la sciocchezza più assurda di tutta la sua vita.
Allora la donna si alzò e si avvicinò all'uomo, poggiando le proprie mani sulle sue spalle.
«Lo terrò al sicuro, nonno», da quando era nato Jamie spesso si divertiva a chiamarlo così, soprattutto quando voleva rabbonirlo. «Sia lui che Jamie. Come ho sempre fatto. Non stare a sentire quello che dice Stiles… lo sai che lui si preoccupa sempre troppo».
«Non mi preoccupo per Stiles!» sbottò con una smorfia «Se c'è una cosa che ho imparato in tutti questi anni è che mio figlio sa cavarsela benissimo anche da solo».
Malia fece cadere le braccia lungo i fianchi, sorpresa. Era la prima volta che Stilinski alzava la voce con lei.
«Non lasci mai che lui si occupi di te. Non lo lasci fare a nessuno» la accusò, mordendo le parole.
Malia lo guardò senza capire «Stiles si occupa sempre di me. Anche troppo» lo contraddì, ignara di dove volesse andare a parare.
Stilinski scosse velocemente la testa e si batté il pugno sul petto. Sembrava affaticato e persino le sue parole uscirono a stento: «Sei come una figlia per me. Ti ho vista crescere, sei parte della mia famiglia. E non ce ne sarebbe una senza di te.»
Malia lo trascinò verso una sedia e lo costrinse a sedersi, preoccupata da quell'improvvisa agitazione. L'uomo spostava nervosamente lo sguardo dal viso della donna al suo ventre.
«Si vede dai tuoi occhi, Malia. Saresti pronta a morire e questo fa paura. Fa paura persino a me»
Il discorso la stava spaventando. Loro scherzavano insieme, non parlavano di queste cose.
«Ve la cavereste comunque senza di me» mormorò provando a sdrammatizzare. Non aveva idea di cosa fare per calmarlo.
Stilinski le pose una mano sul viso.
«No, invece. Nessuno dei due se la caverebbe. Né Jamie, né tanto meno Stiles. Lasciatelo dire da un uomo che non ha mai perdonato sua moglie per averlo lasciato da solo a crescere un figlio. Non permettere che viva con il ricordo di un fantasma per il resto della sua vita».
«Basta, Noah» disse Malia in un lamento, angosciata dal discorso. «Stai diventando vecchio e sentimentale».
Stilinski fece un gesto spazientito con la mano.
«Giuralo. Giurami che resterai fuori da questa faccenda; che questa volta lascerai che se ne occupino gli altri»,
«No» il tono della donna fu categorico «Non lascerò che Stiles si prenda tutta la responsabilità di questa nuova minaccia».
«E a Claudia non pensi? Sei tu l'unica reale minaccia per tua figlia in questo momento! Se continui ad agire in questo modo, senza un minimo di discernimento, finirai per farti ammazzare. E io non sono pronto a perdere una figlia».
Malia strinse le labbra e i suoi occhi si riempirono di lacrime. Era la prima volta che Noah la vedeva piangere.
«Non è una gravidanza che giungerà al termine, questa» mormorò lei e Stilinski poté vedere dentro ai suoi occhi scuri tutta la dolorosa consapevolezza che quella frase comportava e tutto il peso che le gravava sul cuore in quelle ultime settimane.
Per quanto volesse, Noah non seppe ribattere. Mancavano ancora alcuni mesi e sapeva quanto si presentassero frequentemente le minacce di aborto.
«Non sto rinunciando a lei» assicurò con una vocetta tremula e umida che fece tanta tenerezza a Stilinski. «Ma non posso permettermi di metterla avanti a Jamie».
«Lui non è in pericolo» gracchiò Noah, la voce rotta dall'aver compreso che nulla di quello che le avrebbe detto sarebbe stato capace di allontanare Malia dal vivo dell'azione finché in mezzo ci sarebbe stato anche Stiles.
«È mio figlio. È un cucciolo del branco di Scott. Sarà in pericolo per tutta la sua vita».


Si chinò a baciarlo per farlo svegliare.
Stiles aprì un occhio e sorrise nel trovare le labbra di Malia sulle sue.
«Ehi» mormorò in uno sbadiglio, quando lei si allontanò «Sei tornata adesso?»
Malia annuì «Da qualche minuto».
Stiles aggrottò la fronte «Dove sei stata?»
Malia abbassò lo sguardo, si morse il labbro inferiore e poi rispose: «Da Peter Hale. Ti ricordi questa mattina quando ti ho detto che avrei trovato un modo per celebrare il funerale di Corinne senza spendere soldi? Lui è disposto a darci una mano».
Stiles assottigliò le labbra e Malia pensò che fosse pronto ad esplodere. Nnostante la rabbia ribollisse evidente in lui poggiò Jamie sul tappetino morbido con una delicatezza esagerata, coprendolo poi con un lenzuolino.
«In cambio di…?» soffiò, tornando a guardare Malia.
Lei gli sorrise, titubante: «Ha una vita intera da farsi perdonare, Stiles. Non vuole nulla» gli assicurò e l'uomo sembrò già più sollevato.
«Oh… bene» mormorò, accennando un sorriso incerto.
«Voi siete riusciti a scoprire qualcosa di importante?», fece lei, speranzosa.
Stiles raggiunse il mobiletto in cui erano rinchiusi gli alcolici e si versò un bicchiere di whisky.
«La prima vittima era una Banshee», rispose, ingollando il liquore in un solo sorso. «Lydia pensa che ci abbia lasciato la profezia della Morrigan. Probabilmente questo è stato decisivo per designarla come prima vittima sacrificale».
«Solo per calmare i nervi» si giustificò poi, riponendo la bottiglia sotto l'occhiata di disapprovazione di sua moglie.
Malia strinse le labbra e i suoi occhi si fecero tormentati «È come ti abbiamo detto io e Lydia, Stiles! Due Licantropi: un maschio e una femmina, per offuscare i sensi dei Mannari. E una Banshee perché Lydia non potesse avere visioni al riguardo».
«Ma Lydia le ha avute delle visioni» la contraddì Stiles con una smorfia.
«Sai benissimo che sono differenti da tutte quelle che ha sempre avuto!», sbottò Malia. «Fa solo strani sogni su corvi che la chiamano e sui nostri visi avvolti in un silenzio ovattato, ma nulla di concreto riguardo al nemico! Questo è strano Stiles, lo sai benissimo anche tu. Lo ha ammesso persino Lydia stessa! Perché non vuoi ascoltarmi?»
Stiles si passò una mano in mezzo ai capelli, torturandosi la cute con le unghie «Malia, in questo momento non riesco a pensare che tu possa essere più vulnerabile di quanto già stai diventando», la sua voce rimase bassa e rauca, quasi sofferente.
Aveva l'espressione contrita e accennò un passo verso Malia, quando i suoi occhi si sgranarono. Arricciò le labbra, senza dire nulla: aveva visto gli strappi sulla camicia che Malia si era dimenticata di cambiare. Le ferite si erano ormai rimarginate, ma il tessuto tagliato e sporco di sangue secco era ancora lì, evidenti.
Non le chiese nulla, le rivolse solo una lunga occhiata rabbiosa, poi afferrò il giaccone e uscì, sbattendo dietro di sé il portone di casa.


 
***


Malia si risvegliò di soprassalto, confusa e indolenzita. Si guardò attorno come se non riconoscesse il luogo in cui si trovava, ma fu solo un momento. Si era addormentata nella cameretta di Jamie, accanto al suo lettino, sulla sedia a dondolo.
Aveva atteso per tutta la notte che Stiles tornasse a casa e nel frattempo aveva vegliato suo figlio finché le prime luci dell'alba non avevano fatto timidamente capolino tra le tendine azzurre della finestra e il sonno l'aveva catturata come una preda indifesa.
Si umettò le labbra secche e – come d'abitudine – massaggiò la base della pancia, come a fare una carezza sul volto della figlia non ancora nata.
Fu allora che si rese conto che Jamie non era più nel lettino e che si era svegliata per un motivo, un suono che l'aveva allertata.
Era stata la voce di Jamie. Un grido. Per un attimo il terrore la congelò sulla sedia, finché non ne udì un altro. Eppure ascoltarlo un'altra volta non fu così terribile come si aspettava. Riconobbe subito quel suono: erano gli urletti che emetteva Jamie quando giocava con Stiles.
Il petto le si scaldò al pensiero che suo marito era tornato a casa, nonostante fosse stato fuori tutta la notte. Ma a Malia non serviva sapere dove fosse: l'ossessione di Stiles era risolvere i casi e non si sarebbe mai dato pace, non adesso, non quando sentiva tutto così stranamente in bilico.
Aveva sempre avuto un ottimo sesto senso per queste cose, lui. Riusciva a scorgere la tempesta da chilometri di distanza. Non aveva poteri da mannaro, ma questo era un po' il suo personale superpotere.
Malia scese le scale e trovò Stiles in salone con indosso una maglia sportiva, che rincorreva Jamie con in mano un'altra uguale, ma più piccola.
Allora Malia si ricordò della partita di Lacrosse che si sarebbe disputata quel giorno, la partita che Stiles e Scott aspettavano da mesi e di cui avevano già comprato i biglietti.
«Hai davvero intenzione di portarlo alla partita con te?», chiese con cipiglio preoccupato pur sorridendo alla scena.
Stiles saltò sul posto spaventato: non l'aveva sentita arrivare.
Abbozzò un sorriso nervoso: «Perché no?»
«Forse è troppo piccolo, Stiles. Potrebbe annoiarsi».
«Non la pensavi così quando con Scott abbiamo comprato i biglietti», la rimbeccò in uno sbuffo.
Malia sospirò, per nulla convinta e allora Stiles aggiunse: «Ho bisogno di staccare, Mal. Sto tutto il giorno a lavoro e sto trascurando mio figlio. Questa mattina l'ho preso in braccio e non riuscivo a ricordare quale fosse l'ultima volta che mi ero svegliato sul nostro letto con il nostro bambino sul petto. Voglio solo un giorno di normalità da trascorrere insieme a lui e sai benissimo che anche Jamie ne ha bisogno. Sarà ancora piccolo ma lo sente anche lui che c'è qualcosa che non va».
Malia non replicò, anzi, quelle parole riuscirono a trasmetterle un moto di felicità dentro al cuore.
«Guardalo» le disse Stiles, rivolgendo un'occhiata orgogliosa a Jamie «è adorabile».
Gli aveva infilato la maglietta nera e arancione dei Roller Beacon con il numero 24.
«Certo che lo è» concordò Malia, intenerita. Raggiunse il figlio e lo prese in braccio per riempirgli il viso di baci.
Quando la donna sollevò gli occhi verso il marito e trovò uno sguardo tenero a ricambiarla. Così si tirò su e disse: «Per quanto riguarda la scorsa sera»,
«Non voglio sapere nulla, Mal» la bloccò Stiles sul nascere.
Se c'era una cosa che aveva imparato in quegli anni era di certo lasciar correre. Malia faceva in continuazione cose che lo irritavano o che lo imbestialivano, ma non poteva farci nulla. Non poteva controllarla, non poteva chiederle di comportarsi diversamente della propria natura.
Aveva imparato ad accettare e ad amare ogni sfaccettatura di quel carattere energico e impulsivo, sia nel bene che nel male.
Malia sembrò dispiaciuta di quella risposta secca.
«Ne parleremo quando torno, va bene?» cercò di riprendersi, per non ferirla ulteriormente, soprattutto non dopo aver passato un'intera notte fuori.
Un lungo suono di clacson fece comprendere a entrambi che Scott li stava aspettando sul vialetto di casa e che erano già in ritardo.
Stiles prese in braccio il figlio e, uscendo dalla porta di casa esclamò: «Forza Roller Beacon!». Jamie lo imitò subito con la sua vocina acuta e i piccoli pugni lanciati in alto.


Arrivati al campo si precipitarono a prendere posto sugli spalti già gremiti di tifosi.
Scott appariva piuttosto nervoso e scuro in viso, non faceva altro che abbaiare ordini ad un Adam tanto entusiasta che – nonostante i rimproveri – faticava a stare fermo.
«Stammi vicino. Non devi allontanarti, è pericoloso!» ringhiava Scott, lanciando occhiate oblique alla gente tutt'intorno.
«Se non fate quello che vi dico ce ne torniamo immediatamente a casa».
Caleb li seguiva passo passo, trascinando i piedi, il capo chino e l'espressione imbronciata di chi sa di essere rimproverato senza motivo.
La partita era incominciata da poco più di dieci minuti, Jamie lanciava urletti entusiasti, imitando i versi da tifoso di Adam, ma si capiva che era preso più dalle bandierine dei tifosi, dalle patatine e dolciumi che suo padre gli aveva comprato, che dalla partita in sé. Stiles stava per prenderlo sulle proprie spalle, per permettergli di vedere meglio, quando gli squillò il cellulare.
Il suo pensiero corse subito a Malia ma quando vide che si trattava di Parrish rimandò indietro la chiamata. Era riuscito a ricavare una giornata da solo insieme a suo figlio dopo settimane e ci teneva che per lui fosse speciale.
Ignorò le prime due chiamate, alla terza capì che era successo qualcosa di grave.
Fissò il display ancora indeciso se rispondere o ignorare ancora, quando Scott gli strappò il telefono dalle mani e rispose al posto suo.
La sua espressione già seria si fece ancora più dura. Si alzò in piedi, guardandosi attorno; poi attaccò dopo un secco: «Arriviamo».
A Stiles non servì chiedere per capire che questa volta si trattava di qualcosa di ben più grave di un omicidio.




   
 
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