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Autore: Huilen4victory    27/02/2017    2 recensioni
La storia di Seokjin e Namjoon, come si sono incontrati, le difficoltà che hanno attraversato, come si sono quasi persi e come infine si sono ritrovati, anche se lontanissimi dal punto di partenza.
“Signora Kim, Signor Kim, vostro figlio Kim Namjoon è l’anima gemella dell’erede dei Kim, Kim Seokjin.”
Improvvisamente tutti gli sguardi dei presenti si concentrarono su di lui. Namjoon si sentì di nuovo come quella volta in cui aveva rotto senza volere la tazza preferita di sua madre. A quel punto, si disse, tanto valeva mangiare qualcosa. Si infilò un cornetto in bocca per evitare di urlare.
La sua vita, lo sapeva, era sul punto di cambiare ma non sapeva se questa volta avrebbe gradito la svolta.
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Kim Namjoon/ RapMonster, Kim Seokjin/ Jin, Min Yoongi/ Suga, Park Jimin
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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2.1


 


 

Namjoon era terrorizzato. Guardava fuori dalle grandi vetrate sperando che la vista del giardino meraviglioso della residenza dei Kim riuscisse a calmarlo.

Si disse che era un sentimento irrazionale, si disse che era solo un altro giorno di scuola come altri, che avrebbe dovuto abituarsi perché avrebbe fatto quello stesso percorso, quella stessa vita per almeno altri tre anni. La cosa, naturalmente, invece di tranquillizzarlo contribuì ad aumentare il suo nervosismo. Aveva solo quindici anni, quasi sedici. Super cervello o meno, Namjoon si sentiva ancora un ragazzo, molto ingenuo e molto impreparato a tutto quello che gli era stato scaraventato addosso per un qualche scherzo del destino. Ce la posso fare. Ce la posso fare. Forse se lo diceva abbastanza forte, abbastanza a lungo, sarebbe stato vero. Forse se continuava a ripeterselo, ci avrebbe creduto anche lui.

Come tutte le volte che Namjoon si trovava a dover affrontare qualcosa di più grande di lui, lasciava che la sua mente vagasse libera su altri argomenti, su altri universi. Un verso con cui aveva avuto difficoltà, per esempio. Quale poteva essere la parola migliore per poterlo finire affinché suonasse meglio? Con uno scatto fulmineo che in altre circostanze sarebbe finito con lui che si schiantava la faccia a terra, tornò a sedersi sul letto, prendendo il block notes che aveva appoggiato sul comodino. Era troppo in ordine quella stanza, troppo vuota, non c'erano i suoi libri sparsi per terra, i suoi fogli e i vestiti di cui sua madre si lamentava sempre fossero ovunque tranne che al loro posto. Non c'erano ed era questo il motivo per cui Namjoon non era inciampato, perché non si trovava a casa. Si trovava, invece, in una casa che era una reggia e in un stanza che era il doppio della sua. C'era morbida moquette invece di duro pavimento in legno e i muri erano freddi, come l'inevitabilità dell'aria di quegli ambienti in cui Namjoon si sentiva soffocare.

Seokjin lo trovò così, mentre tormentava una penna con le dita e guardava nel vuoto, troppo assorto in qualunque cosa stesse pensando perché si rendesse conto dei passi della sua anima gemella sulla soglia.

“Buongiorno!” Lo salutò Seokjin con quel tono di voce vivace e gentile che era così caratteristico in lui. Namjoon si sentiva avvolgere da un ulteriore strato di morbide coperte quando Seokjin si rivolgeva a lui. Il più giovane fece un piccolo balzo sul letto, non essendosi accorto dell'ingresso del suo compagno.

“Ciao Jin,” era strano, in quella nuova vita un sacco di cose erano strane, pronunciare il nome di Seokjin in modo così famigliare, come se fossero amici di vecchia data e non ci fossero un milione di differenze a dividerli, a cominciare dall'età.

“Sei nervoso? Lo sono anche io un pochino, ma non preoccuparti è un primo giorno per entrambi e poi possiamo sempre incontrarci per pranzo,” Seokjin aveva circumnavigato il suo nuovo letto per andarsi a sedere di fianco a lui. Il suo ginocchio piegato faceva direttamente contatto con la coscia di Seokjin, era un contatto minimo ma il suo corpo sembrava sempre particolarmente reattivo al tocco della sua anima gemella. “E stasera se vuoi possiamo fare qualcosa insieme,” concluse con affetto.

“Certo, va bene,” Namjoon rispose incapace di opporsi davvero. Quando si trattava di Seokjin il suo corpo sembrava andare in conflitto. Il desiderio di averlo vicino era fortissimo e allo stesso tempo Namjoon non riusciva a sopportarne la vista. Neanche due settimane prima, in occasione dell'inizio delle lezioni e con l'approssimarsi del suo compleanno, i Kim avevano ritenuto opportuno che lui si trasferisse presso di loro. Era stata ennesima violenza, ennesima decisione unilaterale che aveva dovuto subire. A nessuno sembrava importare che lui potesse avere un'opinione diversa, che a lui potesse mancare la sua famiglia, la sua vita, la sua casa.

Sentì la mano di Seokjin sulla sua spalla, calda confortante, e labbra umide sulla sua guancia.

Fu un attimo ed era già finito e Namjoon si trovò ad osservare occhi castani, impossibilmente vicini, che lo guardavano gentili.

“Andrà tutto bene, Namjoon. Ci vediamo all'ingresso,” Seokjin disse alzandosi dal letto e uscendo con passo tranquillo dalla sua stanza. Namjoon aspettò di sentire i passi allontanarsi, prima di prendere il cuscino al suo fianco e urlarci dentro.

Seokjin era così gentile, sempre così gentile e affettuoso.

Abbassò lentamente la mano, fino ad appoggiarla su quelle di Namjoon che si stava tormentando le dita sin da quando l'introduzione era iniziata. Le sue dita smisero di tremare.

Sin dal loro primo incontro a Namjoon era stato chiaro come Seokjin, sebbene fosse la causa dello sfasciamento del suo piccolo mondo, era ancora la persona più bella che avesse mai conosciuto.

Nonostante ciò Namjoon non poteva fare a meno di odiare il giorno in cui i loro destini si erano incrociati.


 


 


 

“Se non inghiottisci subito, è peggio,” sua madre era solita dirgli quando Namjoon si ostinava a non buttare giù l'orrenda medicina per la tosse. Sua madre, naturalmente, aveva avuto ragione anche se Namjoon pensava che non importava quanto veloce fosse il supplizio, nulla avrebbe cancellato il gusto dell'amaro. Era stato così con ogni brutto farmaco nella sua vita e con tante altre brutte cose. Namjoon si era sempre prodigato nel buttare giù tutto il più velocemente possibile.

Alcune cose però erano più difficili da ingoiare e anche più indigeste. Gli sembrava di avere inghiottito già parecchie brutte cose e sospettava che avrebbe dovuto continuare a farlo.

La macchina dei Kim lo aveva lasciato a pochi passi dall'entrata del college, Namjoon si disse che doveva essere grato che la macchina non li avesse lasciati direttamente davanti agli scalini ed era successo solo grazie all'insistenza di Seokjin.

Era sceso con lui al suo fianco, un po' nervoso a sua volta. Seokjin era stato accettato nella facoltà di giurisprudenza del suo stesso college. Era apparso entusiasta quanto lui lo era statp di seguire economia ma, eccetto qualche sospiro di disappunto, il più giovane non l'aveva mai sentito lamentarsi. Namjoon era incerto se trovare questo tratto ammirevole oppure trovare quell'atteggiamento infiniti livelli di irritante. Si disse di ricordarsi che Kim Seokjin era nato e cresciuto come un Kim e che quindi per lui accettare il suo fato a testa bassa doveva essere qualcosa che gli era stato marchiato a fuoco sin dalla sua tenera infanzia.

Non come me, che sono stato catapultato in questa realtà alternativa senza che mi venisse chiesto un parere. Senza che io possa oppormi.

Strinse i pugni, per non cedere alla rabbia e cercò di mettere più distanza tra se e Jin mentre percorrevano il viale che li avrebbe portati all'ingresso.

“Namjoon, la facoltà di giurisprudenza è nell'edificio principale mentre quella di economia è nell'edificio a sud. Vuoi che ti accompagni?” Seokjin aveva chiesto gentile. Avevano passato abbastanza giorni insieme perché Seokjin sapesse che Namjoon era un tipo distratto. Abbastanza perché, con suo enorme imbarazzo, fosse riuscito nel glorioso intento di perdersi nella loro villa.

“No grazie Jin me la cavo,” Namjoon rispose, ma non finì neppure la frase che inciampò su un sasso del sentiero acciottolato. Video Seokjin portarsi una mano davanti alla bocca per soffocare le risate e Namjoon sarebbe sbottato allora, ma quando si voltò le parole gli morirono in gola. Seokjin era tutto rosso in faccia e la sua risata aveva un suono ridicolo. Eppure appariva così genuino, innocente.

Il maggiore venne verso di lui e gli mise un mano sulla avambraccio stringendolo a mo' di scusa.

“Va bene, ci vediamo dopo allora,” Namjoon quasi si aspettò di essere baciato di nuovo ma non accadde niente di tutto ciò. Seokjin semplicemente si sistemò meglio la sua tracolla sulla sua giacca leggera e lo salutò con un cenno di una mano e un sorriso.

Namjoon si infosso nelle spalle mentre osservava il suo hyung proseguire per la sua strada con tutta la calma del mondo.

Si diresse con passo pensante verso la sua classe, sperando di riuscire a inghiottire il suo sciroppo amaro abbastanza in fretta.

Non fu affatto così.

Il primo anno della facoltà di economia contava un sacco di iscritti e Namjoon fu costretto ad accaparrarsi un posto in un angolo così lontano dalla scrivania del professore che quasi non riusciva a vederlo bene in faccia. La cosa positiva nonostante la visuale pessima della lavagna era che quanto meno poteva farsi i fatti suoi in pace. Iniziò a scarabocchiare a matita sul suo libro e poi senza neanche rifletterci iniziò a scrivere i versi di quella mattina, tutto pur di ignorare quel brusio osceno di concetti che gli ricordavano quanto quello che stava facendo fosse distante da quello che aveva sognato di fare.

Mandò un messaggio a Yoongi, nascondendo il cellulare sotto il banco, nella speranza che il suo amico venisse a salvarlo da quella noia. Magari se fingeva di avere un impegno non avrebbe dovuto passare il pranzo con Seokjin. Namjoon sbuffò appoggiando la testa sulle braccia incrociate sopra il suo libro.

Sua madre gli aveva tanto raccomandato di dare una possibilità a Seokjin e ai Kim, di non essere così se stesso, cocciuto e senza voler sentire ragioni, ma era difficile riuscire a dare una possibilità alla sua anima gemella quando questo significava arrendersi corpo e mente ai Kim.

Lanciò un'altra occhiata al cellulare ma ancora nulla. Sospirò. Namjoon non sapeva cosa stesse succedendo al suo migliore amico. Non ne avevano mai parlato anche se in un certo senso Yoongi non aveva fatto altro sin da quando Namjoon lo aveva conosciuto. Le sue canzoni, la sua storia era scritta nelle sue canzoni. Ma esse si erano fatte più cupe, più disperate, finchè Yoongi un mese prima aveva smesso di scrivere. Namjoon ne era sicuro perchè il maggiore non lo aveva chiamato neanche una volta all'una di notte in preda all'ispirazione.

Doveva era successo qualcosa a Yoongi e Namjoon non sapeva cosa. Non poteva neanche andare da lui e affrontarlo perchè il suo migliore amico aveva proibito a chicchessia di mettere piede a casa sua e Namjoon stesso era stato così occupato dal suo incubo personale da non aver avuto l'energia per stare col fiato sul suo collo, l'unico metodo che funzionasse con Yoongi. Perciò Namjoon ora non rimaneva altro che aspettare. Sperando che arrivasse il momento giusto. Si sentiva in colpa perchè cosi spesso lui riversava su Yoongi tutte le sue preoccupazioni mentre gli sembrava di non fare altrettanto per l'altro.

Il telefono vibrò. Fu con sollievo che vide che era un messaggio di Yoongi che gli diceva che sarebbe passato durante la pausa pranzo. Ce la poteva fare, si ripetè per l'ennesima volta. Senti aria finalmente arrivargli nei polmoni, lo stomaco distendersi al pensiero che avrebbe sentito un'ondata di casa. Era tutto cosi nuovo così diverso, corridoi infiniti e facce sconosciute, che aveva bisogno di vedere un volto amico.

Sentendosi rinfrancato Namjoon si decise a prestare finalmente attenzione a quello che il professore stava dicendo. Non sarebbe mai stata la sua musica ma forse, poteva essere che le lezioni non fossero così male.

Quattro ore dopo e Namjoon si sentiva come la testa gli fosse stata riempita a forza. Iniziò ad avvertire un leggero mal di testa all'altezza delle tempie. Questa sarà la tua vita, tutti i giorni, per i prossimi anni.

Namjoon corse fuori dall'aula non appena il professore li congedò. Corse lungo i corridoi e poi fuori nel grande giardino del campus. L'aria ancora calda dei primi di settembre lo colpì dritto in faccia, così come il sole di mezzogiorno che scendeva in picchiata. Poggiò le mani sulle ginocchia cercando di inspirare grosse boccate. Cosa gli stava succedendo.

Sentì il telefono vibrare di nuovo questa volta in modo ripetuto, lo tolse subito dalla tasca dei suoi jeans nuovi di zecca e firmati che lo stringevano da tutte le parti in modi sbagliati.

“Sono all'ingresso principale. Sbrigati, mi stanno guardando tutti,”

Era la voce più seccata che sentiva da tempo ma Namjoon la trovò confortante. “Arrivo,” rispose prima di chiudere la chiamata. Con passo tranquillo si diresse verso l'ingresso cercando di non inciampare su nessun ciottolo come quella mattina. Yoongi era seduto sui gradini della grande scalinata dell'edificio principale. Era vestito nel modo più inappropriato possibile, con i jeans strappati in più punti e un maglione che aveva visto tempi migliori. Aveva il cappuccio che gli copriva la testa e stava fumando.

In un ambiente così d'elite, Yoongi spiccava come un fiore selvatico in mezzo a un campo di lavanda. Vuoi dire un'erbaccia, disse una voce nella sua testa che era fin troppo simile a quella del del suo amico.

“Finalmente,” Yoongi disse voce resa aspra dal fumo. Chissà quante sigarette aveva fumato quel giorno o in quei giorni. Yoongi si alzò dalla sua posizione come un gatto che si stiracchia al sole, gettò via il mozzicone e guardò Namjoon come se questi avesse qualcosa da farsi perdonare.

“Ce l'hai fatta,” Namjoon disse sorridendo. Yoongi lo guardò in modo strano, sospirò e infine si mise le mani in tasca.

“Si sono qui. Coraggio andiamo a mangiare, ho fame e tu hai l'aria di uno che deve riempirsi lo stomaco,” Yoongi disse scrollando le spalle.

Namjoon sorrise ma non riuscirono neanche a fare qualche passo che una voce lo chiamo dall'alto delle scale.

“Namjoon!” Era vivace e gentile come il tono che Seokjin sembrava riservare solo a lui. Namjoon si fermò e dei sentimenti contrastanti si intervallarono sul suo volto. Fastidio, rassegnazione. Un senso d'adorazione che non voleva essere lì ma c'era.

“E' lui vero?” Namjoon non rispose ma rimase immobile spalle infossate. “Beh almeno avevano ragione sull'attraente,” Namjoon si lasciò scappare una risata.

Seokjin percorse gli scalini che li separavano e Namjoon si decise a guardarlo, rimanendo come sempre senza fiato. Era la sua anima gemella, il suo corpo la riconosceva come tale, era un Kim, eppure era anche solo Jin.

Il maggiore gli posò subito una mano sulla spalla e poi tese una mano a Yoongi.

“Piacere io sono Seokjin,” disse e persino Yoongi rimase preso in contro piede da tanta aperta fiducia.

“Min Yoongi,” Yoongi disse laconico.

Seokjin inclinò la testa e Namjoon si sentì in dovere di fare le dovute presentazioni. Si schiarì la gola.

“Yoongi e io siamo amici dai tempi delle superiori,” Namjoon spiegò. “E' passato a farmi un saluto,”

“Oh eravate in classe insieme! Che college frequenti Yoongi?” Seokjin chiese senza rendersi conto dell'ingenuità della sua domanda. Namjoon lanciò un'occhiataccia a Yoongi quando questi scoppiò a ridere. Yoongi sapeva che nessuno, nessuno mai, avrebbe dovuto sapere l'età di Namjoon. Quest'ultimo avrebbe tanto voluto dargli un calcio.

“Oh dio no. Non ci siamo affatto conosciuti a scuola. Considerando che io sono ancora all'ultimo anno delle superiori e vivo dall'altra parte della città sarebbe impossibile. Diciamo che io e Joon siamo diventati migliori amici sul reciproco senso di ribellione,”
Seokjin sembrò confuso e Namjoon sospirò. Avrebbe dovuto saperlo che sarebbe andata a finire così. Che Yoongi ne avrebbe approfittato per metterlo nei guai e testare la pazienza di Seokjin.

“Ci siamo intrufolati di nascosto in un pub una sera,” il suo amico spiegò. Seokjin parve sorpreso ma non scandalizzato e in qualche modo piacevolmente divertito.

“Devo confessare che mio cugino Hyosang mi ha trascinato in una esperienza simile,” Seokjin rispose lasciandosi sfuggire una risata. Fu Namjoon a essere sorpreso questa volta e ciò gli strappo il primo sorriso genuino in settimane.

“Sorpreso che non sono così noioso Joonie?” Seokjin scherzò. “Avanti andiamo a mangiare, vi invito entrambi a pranzo se vi va. A meno che non vogliate fare una rimpatriata, giuro che non mi offendo,” offrì Seokjin. La sua mano scivolò dalla spalla di Namjoon fino a stringergli la mano e il più giovane gliela strinse di rimando perchè era un impilso più forte di lui. Quando Namjoon sollevò lo sguardo Yoongi aveva in volto un sorriso strano.

“Perchè no,” Yoongi disse sorprendendo Namjoon. Aveva voluto non vedere Seokjin perché sapeva che quando la sua anima gemella era vicina, era difficile non farsi risucchiare, non desiderare il contatto e tutto ciò lui non lo poteva tollerare. Per questo aveva chiamato il suo migliore amico ma Yoongi sembrava di altro avviso. Namjoon sapeva che era il suo modo di capire chi fosse mai questa persona il cui mondo sembrava spaventare il più giovane così tanto.

Camminarono insieme verso la mensa del college e il loro era uno strano trio, tre persone così diverse, eppure eccoli lì. Yoongi si sforzò di rispondere alle domande che Seokjin gli rivolse e per Namjoon fu un'esperienza strana, un po' come se vecchio e nuovo mondo si stessero prendendo le misure.

La mensa del college era già piena di studenti, persone distribuite a coppie o in gruppi più larghi. Eppure, quando loro tre fecero il loro ingresso, Namjoon ebbe l'impressione che molti sguardi si soffermassero su di loro. Su Seokjin. Quest'ultimo sembrò non farci caso, Namjoon cercò di imitarlo anche se lui forse non avrebbe mai avuto la naturale dote di farsi scivolare sguardi e chiacchiere nello stesso modo efficiente di Seokjin. Presero pigramente i loro vassoi con e si riempirono i piatti di cibo. Infine scelsero un posto possibilmente lontano dalla accozzaglia di studenti in cui sedersi.

“Cosa pensi di fare dopo che avrai finito la scuola Yoongi?” Seokjin chiese prima di addentare una grossa fetta di pane. Namjoon deglutì il suo boccone rumorosamente. Un paio di anni prima lui e Yoongi erano soliti trastullarsi in sogni di gloria in cui entrambi riuscivano a farsi strada con la loro musica. Namjoon aveva tredici anni e aveva appena iniziato e Yoongi ne aveva solo quindici. Era stato probabilmente il suo periodo più felice. Namjoon aveva trovato la cura ai suoi mal di testa e Yoongi, sebbene sempre cinico, aveva quel suo sorriso che ogni tanto tirava fuori che era in grado di incoraggiare Namjoon anche quando questi si sentiva frustrato per la sua inesperienza.

“Vorrei dedicarmi alla musica. Ecco mi piacerebbe poter fare della mia passione una carriera in qualche modo,” Yoongi rispose secco, guardando prima Namjoon e poi Seokjin.

“Se è quello che ti piacerebbe fare, perchè no?” Seokjin rispose incoraggiante. Namjoon si sentì girare la testa. Con quale disarmante innocenza Seokjin diceva certe cose, lo sapeva, lo sapeva lui che quello era stato ed era ancora il suo sogno? Che avrebbe barattato qualunque cosa pur di vedere quel sogno realizzarsi. Sentì una fitta di dolore alle tempie, violenta. Namjoon sussultò leggermente, le posate gli scivolarono di mano facendo rumore sul piatto.

“Namjoon stai bene?” Seokjin chiese preoccupato posando una mano delicata sul suo polso.

“Si tutto bene, solo un po' di mal di testa,”

“Sono tornati,” commentò aspro Yoongi. Non era una domanda era una osservazione pesante e Namjoon lo guardò di traverso.

Fu il turno di Seokjin di guardare dall'uno all'altro.

“vuol dire che sei solito soffrire spesso di questi episodi?”

Yoongi non riuscì a trattenere uno sbuffo di scherno e Seokjin fu costretto a riportare l'attenzione su di lui, sorpreso, sopracciglio inarcato, ed espressione anche vagamente ferita dall'atteggiamento impertinente di Yoongi. Ma conosci la tua anima gemella almeno? Sembrava voler dire.

“Si soffrivo spesso di mal di testa, anche se per un po' sono stato meglio.” Namjoon rispose. Se da un lato era vero che voleva far pesare a Seokjin il fatto che il ritorno del suo disagio fosse indirettamente colpa sua, dall'altro non voleva farlo. Non poteva, perchè non era colpa di Jin e forse questo rendeva la cosa ancora più difficile da accettare. Non aveva chiesto Jin di essere la sua anima gemella, ma aveva accettato Namjoon a braccia aperte comunque. Gli aveva voluto bene solo per il fatto che Namjoon era suo e viceversa.

“Avresti dovuto dirmelo. Mi dispiace, so che non deve essere simpatico. Tieni prendi queste pastiglie, per fortuna porto sempre qualcosa con me per casi come questi,” disse il maggiore tirando fuori degli antidolorifici dalla sua tracolla. “ Ma prendili a stomaco pieno mi raccomando.”

Quando Namjoon riuscì a distogliere lo sguardo dal viso preoccupato di Seokjin vide che Yoongi aveva ripreso a mangiare come se nulla fosse.

Per un attimo pensò che pensare di mettere Yoongi e Seokjin nello stesso spazio non era stato affatto una buona idea, quei due non avrebbero mai potuto andare d'accordo.

Ma quel pranzo non sarebbe durato in eterno e a sembrava che Yoongi si fosse calmato e Namjoon si disse che potevano uscirne indenni.

“Secondo te è un numero zero?” La domanda era stata posta con un tono si voce troppo alto perchè potesse passare inosservato e Namjoon si chiese se fosse stato una mossa deliberata.

“Ma cosa dici i Kim non frequenterebbero mai gente di quel genere,” rispose la seconda voce e quando Namjoon si voltò vide una ragazza lanciare uno sguardo oltraggiato a Yoongi prima di decidersi a distogliere lo sguardo.

Oh no. Era impossibile uscire indenni da questo considerando che il suo stesso sangue gli stava ribollendo nelle vene. Vide Yoongi stringere forte la sua forchetta come se volesse spezzarla, Namjoon si guardò intorno ostile pronto a fulminare chiunque osasse dire qualcosa, al diavolo l'etichetta dei Kim.

Erano davvero in un nuovo mondo, si disse

La scuola superiore pur con i suoi difetti, rappresentava ancora un universo sicuro. Prima dei diciott'anni, quando ancora i numeri due non avevano incontrato la loro anima gemella, spesso i ragazzi erano soliti sperimentare, amalgamarsi, essere meno rigidi con le differenze di status. Era normale, era quasi inevitabile ed era tollerato, per quanto Namjoon non avesse mai compreso la pratica perchè sapeva che qualsiasi intreccio tra numero zero e numero due non poteva che finire male. Tuttavia accadeva più spesso di quanto i numeri due fossero disposti ad ammettere ma poi, come un incantesimo di mezzanotte, con il raggiungimento della maggiore età tutto quello che era stato smetteva di essere e un numero due prendeva il suo giusto posto nella società tra i suoi pari. E il mischiarsi, quello che fino a poco prima veniva tollerato, non era più qualcosa che doveva accadere.

Non era ancora il mondo adulto di chi lavorava e aveva una famiglia, ma le differenze già c'erano all'università, più marcate e palpabili rispetto alle superiori, e Namjoon osservò che in effetti nessuno era seduto da solo. Anche nel caso probabile che ci fossero numeri zero, questi sapevano fin troppo bene che non era augurabile farsi vedere da soli. Visto lo status di Seokjin, tutti sapevano chi fosse e di conseguenza conoscevano anche Namjoon. Ma yoongi con il suo vestire così inconsueto per quell'ambiente e con quel suo fare annoiato e così visibilmente scontento, perchè i numeri due sorridevano sempre, sembrava gridare al mondo numero zero. Anche se tutto ciò non era più lontano dal vero.

“Ma che bell'ambiente,” Yoongi disse imprecando, facendo voltare alcune persone sedute li vicino.

“Anche da numero zero varrei più di qualsiasi altra testa vuota qua dentro,” Yoongi commentò e Namjoon temeva che avrebbe perso le staffe. Era un argomento sensibile per il suo migliore amico e Namjoon sapeva che era una ferita che si portava dietro e a cui lui non aveva saputo dare nome ma sapeva che c'era ed era profonda.

“Yoongi,” Namjoon lo chiamò.

Ma non fu lui a trattenere il suo amico dal saltare dalla sedia.

“Hai perfettamente ragione, Yoongi,” Seokjin disse a voce abbastanza alta perché molte persone lo sentissero.

“Poi credo di poter frequentare chi mi pare e piace, anche un cactus se ne ho voglia,” Seokjin disse con tono altezzoso. In tutto quel tempo che si erano conosciuti, Namjoon non lo aveva mai visto approfittare del suo status, Seokjin non lo avrebbe mai fatto. Tranne forse che per difendere qualcuno. E infatti la sua anima gemella aveva appena difeso Yoongi anche se questi era stato poco più che sgarbato con lui.

Questo sembrò placare il suo migliore amico che si sedette di nuovo e infine si decise a finire di mangiare con tutta la dignità che gli riuscì di ostentare.

Namjoon osservò la sua anima gemella. Seokjin aveva ripreso a comportarsi come se nulla fosse successo, come se quello che aveva appena fatto non fosse stato qualcosa di speciale.

Non poté evitare di provare un moto violento di ammirazione. Seokjin incrociò il suo sguardo e sorrise, facendo arrossire Namjoon.

Si separarono poco dopo per tornare alle rispettive lezioni pomeridiane. Namjoon lo salutò pieno di pensieri e domande, mal di testa leggermente migliorato grazie agli antidolorifici, anche se sapeva che aveva bisogno della sua musica per poter tornare a stare meglio.

Era una compulsione, Namjoon non riusciva a spiegare, la musica era qualcosa che lo faceva stare bene che lo rendeva felice, era qualcosa di cui non poteva fare a meno ed era un sentimento d'attaccamento difficile da spiegare a parole. Sospettava che, anche se ci fosse riuscito, sarebbe suonato folle alle orecchie della maggior parte delle persone.

Namjoon osservò la schiena di Seokjin allontanarsi e si chiese perchè le cose dovevano per forza essere così complicate.

“Hey,” Yoongi gli diede una pacca sulla spalla cercando di confortarlo.

“Stasera c'è una serata al pub. Ti passo a prendere alle dieci,” Namjoon si voltò verso Yoongi.

“ Non abito più a casa lo sai,”

Yoongi scrollò le spalle.

“Accidenti me l'ero dimenticato. Ora abiti nella residenza dei Kim,” aggiunse mesto. “Ma la serata c'è lo tesso però e sappiamo entrambi che sia io che te ne abbiamo bisogno. Pensi di farcela a venire?” Namjoon pensò alla reggia che i Kim chiamavano casa, ai corridoi vuoti, alla sua stanza troppo grande e in ordine. Pensò a come aveva promesso a Seokjin che avrebbero fatto qualcosa insieme quella sera.

“Certo, ci vediamo là.”

Doveva farlo, doveva andarci, si disse Namjoon. Eppure perchè nonostante ne avesse bisogno per respirare, si sentiva lo stesso in colpa?


 

A cerimonia conclusa, piano piano le loro famiglie uscirono dalla grande sala. Sentì sua madre accarezzargli affettuosamente la guancia, prima di uscire anche lei, le porte che si chiudevano alle sue spalle. Erano rimasti soli.

Namjoon si guardò intorno, cercando di rimandare il momento in cui avrebbe dovuto guardare lui. La sua anima gemella Kim Seokjin. Ma il suo sguardo sembrava non poter fare a meno di tornare sulla sua perosna. I loro sguardi si incrociarono di nuovo. Persino i suoi occhi sembravano sorridere. Namjoon sorrise timidamente di rimando. Era la persona più bella che Namjoon avesse mai visto. Sembrava irradiare luce e calore e sebbene si sentisse nervoso, allo stesso tempo si sentiva al sicuro come non lo era mai stato.

Seokjin si alzò, circumnavigò il tavolo per andare a sedersi nella sedia accanto a Namjoon.

Ciao, sono Seokjin, piacere di conoscerti,” aveva già sentito la sua voce, aveva pronunciato le promesse in modo serio e solenne, eppure ora suonava così affettuosa.

Namjoon,” rispose lui, muovendo nervosamente le gambe e andando a sbattere senza volere con le ginocchia di Seokjin. “Oh scusa,” Namjoon disse sentendosi il solito impiastro. Seokjin rise, senza scherno ma quasi fosse deliziato dalla sua goffaggine, quasi la trovasse adorabile.

Namjoon sorrise di rimando. Video gli occhi di Seokjin farsi più grandi in sorpresa e adorazione, lo vide sollevare una mano e affondare dolcemente il suo dito sulla fossetta sulla sua guancia.

Namjoon si sentì fremere quando avvertì il suo tocco e anche Seokjin rabbrividì.

Il sorriso di Seokjin si fece più largo. Abbasso lentamente la mano, fino ad appoggiarla su quelle di Namjoon, che si stava tormentando le dita sin da quando l'introduzione era iniziata.

Le sue dita smisero di tremare.

Sono stato così sciocco. Ero così nervoso prima di incontrarti,” Namjoon annuì perché anche lui si era sentito così anche se per motivi che non poteva confessare, che probabilmente non avrebbe potuto confessare mai.

Ma ora che ti ho incontrato, non ho più dubbi.” Seokjin strinse le sue dita. “Credo proprio che saremo felice insieme, io e te.”

Namjoon sentì un pezzo del suo cuore morire.


 


 


 


 


 


 


 

   
 
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