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Autore: Ode To Joy    28/02/2017    5 recensioni
[Kageyama x Hinata]
"Le leggende narrano di una creatura oscura, solitaria. Dicono che le sue ali siano nere come quelle di un Corvo, che la sua bellezza sia pari a quella di un Cigno e che la sua forza possa essere superiore anche a quella di un'Aquila."
A poche settimane dal suo quindicesimo compleanno, Shouyou abbandona il nido di Corvi in cui è nato e cresciuto per rispondere al richiamo di una strana creatura che continua a vedere nei suoi sogni.
“A quindici anni è facile essere innamorati con la primavera che sboccia e l’euforia di essere finalmente adulti. Ciò che accade dopo, però, quando il fuoco dell’inizio viene domato… È lì che comincia il vero amore ma lo si può toccare solo dopo aver conosciuto l’oscurità dell’altro ed averla saputa accettare.
Tobio, però, non si rivela affatto essere quello che si aspettava di trovare sul suo cammino.
[Winged AU]
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Shouyou Hinata, Tobio Kageyama, Un po' tutti
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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VII
Di natura gentile


 
 
 
Quello di starsene disteso su uno dei grandi rami all’esterno della sua camera da letto ad osservare il cielo notturno era un vizio che Tobio aveva avuto fin da bambino.
In quel momento, però, era solo un modo per non guardare Tooru negli occhi mentre quest’ultimo intavolava una conversazione a cui il Principe era riuscito a sfuggire per tanto tempo.
Troppo! Lo rimproverò la voce di un piccolo Corvo nella sua testa.
Tobio storse il naso: non bastava che udisse la voce di sua madre riecheggiargli nelle orecchie ogni qualvolta faceva qualcosa di sbagliato, ora anche quella di Shouyou si era unita a quel suo coro interiore di rimproveri.
“Ti piace?” Tooru era sotto di lui, i gomiti appoggiati al parapetto di legno della balconata e gli occhi scuri fissi sulla luna e le montagne all’orizzonte.
Tobio sapeva che era inutile fingere di non sapere a chi si stesse riferendo. “È un idiota.”
Tooru ridacchiò. “Anche tuo padre lo è ma ciò non toglie che tu sei nato per amore,” replicò. “E, comunque, non credere di essere un partito migliore.”
Il Cigno Nero lanciò uno sguardo arrabbiato alle stelle sopra di loro ma non replicò in alcun modo. “A te piace,” disse con tono evidentemente accusatorio.
“Ovviamente!” Rispose il Consorte reale con entusiasmo. “È piccolo, carino ed è ribelle quanto te.”
“Una coppia perfetta,” commentò Tobio con sarcasmo.
“Lo sareste davvero,” replicò Tooru sollevando lo sguardo verso i rami del grande albero. “È lui che ti ha convinto a tornare a casa, dopotutto.”
“Te lo ha detto lui?”
“Non se ne è vantato. Anzi, era desolato per non essere riuscito a farlo prima!” Tooru sospirò. “Come se non sapessi che razza di disastro ho messo al mondo.”
“Io non rischio di farmi ammazzare ogni volta che metto piede fuori casa, almeno.”
“Non ne sarei così sicuro,” disse il Consorte reale con tono decisamente meno allegro. “Non con la voglia che hai di scatenare una guerra.”
Tobio si sollevò su di un gomito sporgendosi dal ramo. Dal basso, gli occhi scuri di Tooru ricambiarono il suo sguardo.
“Se i Cacciatori minacciano la nostra gente...”
“I Cacciatori non sono divenuti improvvisamente capaci, Tobio,” lo interruppe Tooru. “C’è qualcosa che ancora non sappiamo. Qualcosa che prima non esisteva e vuole noi, il Nido delle Aquile e, forse, te.”
Tobio ghignò. “Chi non vorrebbe vantarsi di aver abbattuto un mostro.”
Tooru sbuffò. “Tobio, non ricominciare…”
“Sei tu che non devi ricominciare a negare l’evidenza!” Esclamò il Principe annoiato. “Sono maledetto. Lo sono dal giorno in cui sono nato e se vi fa comodo affermare il contrario…”
“Comodo?” Lo interruppe Tooru duramente. “È questo che pensi che stiamo facendo io e tuo padre da quindici anni? Credi che neghiamo quello che sei per comodo?”
L’espressione di Tobio era dura, rabbiosa. “Neghi che se fossi stato un Aquila sarebbe stato tutto più semplice?”
“Tobio…”
“Neghi che se fossi nato Cigno…”
“Sei un Cigno, maledizione!” Sbottò Tooru. “Hai le mie ali, stupido moccioso che non sei altro! Hai mai perso tempo a guardarti allo specchio?”
Tobio strinse le labbra per un istante. “Sono un Cigno Nero. Altra storia, altro finale. I Cigni come te divengono Re, quelli come me vengono abbattuti dai Re.”
Tooru si staccò dal parapetto e prese a camminare avanti ed indietro con nervosismo. “Lo sai cosa ti rende davvero diverso dagli altri, Tobio?”
Il Cigno Nero alzò gli occhi al cielo. “Dunque… Sono un Principe, ho le ali corvine sebbene nessuno dei miei genitori lo sappia e, sì, qualcuno ha deciso che devo essere uno di quei giovani con il compagno predestinato. Devo aggiungere qualcosa?”
“Sì!” Esclamò Tooru duramente. “La paura…”
Tobio lo guardò dritto negli occhi. “Fammi volare contro un esercito di quei bastardi e poi ti farò vedere chi è quello che ha paura.”
Tooru gli rivolse una smorfia sarcastica. “Pensi che questo ti farebbe amare da loro? Tutti loro, intendo.”
“Non m’interessa il giudizio di una corte d’idioti.”
“Grandi notizie: questa è la tua corte e quelli sono i tuoi idioti. Dai loro una buona ragione per ribellarsi in massa a te e allora sì che diverrai davvero un mostro… Se non avrai già dato loro buone ragioni per essere definito tiranno.”
“Se non mi credi in grado di essere un Re dillo e basta! Ammettetelo tu e Wakatoshi che avete fallito, che siete dei perdenti!”
Fu un istante. Un battito di ali, uno spostamento d’aria.
Tobio si ritrovò con le spalle costrette contro il tronco del grande albero, le dita di Tooru artigliavano il colletto della sua tunica e gli occhi scuri lo guardavano con freddezza. “Non ti permettere,” sibilò il Consorte reale. “Ho una lezione per te, mio Principe: prima di dare del perdente a qualcuno, specie a dei Re, assicurati di farlo dal posto del vincitore,” una pausa. “O prova a vincere le tue stese paure, almeno!”
Tooru lo lasciò andare ma non scese di nuovo sulla balconata.
Tobio resse il suo sguardo senza problemi. “Io non ho paura.”
Il Consorte reale reclinò la testa da un lato esaminando il viso del suo erede. “Ci siamo quasi…”
Il Cigno Nero inarcò un sopracciglio.
“Tono fermo e non capriccioso,” commentò Tooru. “Espressione decisa, che non lascia trasparire nulla. Per una volta assomigli a tuo padre e non a quel bruto di tuo zio. Questo bel faccino, però…” Pizzicò una guancia del figlio e tirò fino a deformare la linea dura della sua bocca. “Sì, questo è tutto merito mio! Sorridi, Tobio-chan, ti ho dato tutta la bellezza di questo mondo e se fossi un po’ meno arrabbiato col mondo ed un po’ più furbo sapresti cosa farne!” Lo lasciò andare.
Tobio si massaggiò la guancia guardando il genitore con irritazione.
Tooru scrollò le spalle. “Anche se, a questo punto della storia, non ti serve più neanche la tua bellezza!”
Il Cigno Nero appoggiò la nuca al tronco alle sue spalle. “A Shouyou non importa niente di queste cose…”
“Oh, certo il tuo carattere è stato sufficiente a renderlo cieco di fronte ad ogni tuo pregio estetico,” commentò Tooru. “In fin dei conti, però, sei bello e Shouyou lo sa.”
Tobio si passò stancamente una mano tra i capelli. “Smettila di parlare di Shouyou…”
“Non dovrebbe scocciarti così tanto parlare del fanciullo a cui hai dato il tuo primo bacio,” lo rimproverò Tooru con un’insopportabile smorfietta. Lo disse con naturalezza, come se non ci fosse nulla di strano.
Tobio, però, sentì il respiro venire meno ed il sangue defluire dal volto.
Il Consorte reale lo guardò confuso. “Tobio, non ti senti bene?”
“Te lo ha detto lui?” Domandò il Cigno Nero. “Te lo ha detto Shouyou che ci siamo baciati?”
Tooru dischiuse le labbra e fece per rispondere ma suo figlio non gli diede il tempo. “Quel maledetto idiota!” Sbottò. “È successo una volta! Una! Forse due… Non ne sono sicuro. Ciò non toglie che non aveva alcun diritto di…” Fu l’espressione del genitore a bloccare l’attacco d’ira del Principe.
Tooru lo guardava con gli occhi sgranati e le labbra un poco dischiuse, come se gli avesse appena fatto una confessione del tutto imprevista. L’espressione di Tobio divenne riflesso della sua non appena si rese conto di essere caduto in trappola. Si diede una manata in faccia e picchiò la nuca contro il tronco dell’albero. “Maledizione!”
“Ah!” Esultò Tooru, poi scoppiò a ridere. “Non ci posso credere! È successo!”
Tobio si sentì stringere le spalle. Gli occhi blu incontrarono di nuovo quelli scuri del genitore.
“Raccontami tutto!” Esclamò il Consorte reale come se fossero due fanciulline che si stavano scambiando i segreti. “Tutto quanto!”
“Piuttosto la morte!” Esclamò Tobio.
Il Consorte reale ghignò. “Non tentarmi, moccioso.”
Tobio cercò di spingerlo via da sé ma lo fece con troppa forza e, nel perdere l’equilibrio, Tooru si aggrappò a lui. Precipitarono entrambi sulla balconata sottostante tra imprecazioni ed un turbinio di piume candide e corvine.
“Tobio, stupido moccioso!” Esclamò Tooru sollevandosi sui gomiti.
“Non sono io lo stupido qui!” Sbraitò in risposta il Principe sollevandosi sulle ginocchia e togliendo una piuma candida dai suoi capelli corvini. Si accorse che il Consorte reale non aveva fatto nulla per tirarsi su da terra e lo guardava con il viso appoggiato al pugno chiuso.
“Che cosa vuoi?” Domandò Tobio aggiustandosi gli abiti.
“Lo ami?” Domandò Tooru.
Tobio si fermò, congelato. “Non lo so…”
“Oh!” Tooru sgranò gli occhi sorpreso. “Una risposta sincera!”
“Perché mentirti? Finiresti solo per trovare un modo più umiliante per farmi parlare.”
“Tu gli piaci!” Affermò Tooru.
Tobio sbuffò. “Non puoi saperlo…”
“Io so molte cose, Tobio.”
“Non sei onnipotente.”
“Non mi serve. Mi basta essere intuitivo. Se fossi onnipotente, ti riferirei con assoluta certezza quali sentimenti il tuo piccolo Corvo prova per te ma non posso vantarmi di avere un simile potere.” Tooru sospirò. “Non posso nemmeno prevedere i movimenti del tuo cuore in questo momento,” aggiunse e lo fece con la voce di chi sta ammettendo qualcosa che non gli fa piacere.
Tobio lo guardò.
L’espressione del Consorte reale era seria. “Vorrei che fossi sincero con me, con noi, anche sulla tua paura…”
Tobio sospirò. “Io non…”
“Ti stringevo a me quando piangevi da bambino, Tobio,” lo interruppe Tooru. “Non puoi nascondermi di avere paura. Lo so e basta.”
Si scambiarono un lungo sguardo, poi Tobio si alzò in piedi.
La serietà del momento s’infranse come Tooru tese una mano nella sua direzione con espressione melodrammatica. “Aiuta il tuo Re ad alzarsi, fanciullo.”
Tobio lo giudicò aspramente con lo sguardo. “Alzati da solo!”
Tooru sgranò gli occhi. “Tobio-chan! Non puoi essere come tuo padre anche in questo e servirmi ciecamente? Ah! Bruto come tuo zio! Bruto!”
 
 
***
 
 
Tooru entrò nella camera reale sbuffando sonoramente ma vedere il suo sposo intento a cambiarsi gli abiti lo sorprese abbastanza da fargli dimenticare l’arroganza di suo figlio.
“Oh, sei qui…” Fu tutto ciò che riuscì a dire mentre il Re si liberava della tunica e la lasciava cadere per terra.
“Lo dici come se non dovessi esserci,” replicò Wakatoshi guardandolo negli occhi.
Tooru scosse la testa. “No, affatto,” rispose con un ghignetto osservando il suo compagno con un certo interesse. “È che non mi aspettavo di trovarti.”
Wakatoshi si sedette sul bordo del letto e si chinò per liberarsi degli stivali. “Sono stati mesi difficili…”
“Non devi ricordarmelo,” disse Tooru portandosi davanti a lui. Gli sfiorò i capelli sulla tempia con la punta delle dita e gli occhi del suo Re si sollevarono sui suoi. Erano di un colore particolare, a Tooru avevano sempre ricordato quelli della Foresta, con tutte le sue sfumature di marrone e verde. “Nessun turno di guardia questa notte?”
“Ho chiesto a Satori di pensare a tutto,” rispose il Re portando le mani sui fianchi del suo Consorte.
Tooru sorrise. “Tu che lasci il controllo della situazione a qualcun altro. Non capitava da un po’.”
“Questa notte voglio fare l’amore con te,” confessò Wakatoshi senza nessuna particolare intonazione o espressione.
Tooru sgranò appena gli occhi, poi scoppiò a ridere allontanandosi di un paio di passi.
“Cosa c’è?” Domandò il Re confuso.
Tooru si voltò con una piroetta, le guance un poco colorate. “Mio Re,” disse ridendo. “Non abbiamo più quindici anni!” Evidentemente, però, certe cose non sarebbero mai cambiate.
Quell’affermazione, però, non chiarì in alcun modo i dubbi del sovrano. “Non sono troppo vecchio per fare l’amore con te,” fu la sua replica.
Tooru rise. “Quando sei stupido, Wakatoshi,” commentò esaurendo la distanza tra loro. Appoggiò un ginocchio sul letto e premette entrambi le mani sul petto nudo del Re per spingerlo a stendersi sotto di lui. “Ancora non lo hai imparato? Si perde la magia se me lo dici così…”
“Non ho ancora capito cosa dovrei fare, in realtà,” replicò Wakatoshi.
Tooru lasciò andare un sospiro stanco ma continuò a sorridere. “Lascia fare a me…” Mormorò prima di chinarsi per baciare il suo Re.
 
 
***
 
 
Shouyou non riusciva a dormire.
Era stanco. Le palpebre erano pesanti ed aveva perso il conto delle volte che aveva sbadigliato da quando si era coricato ma davvero non riusciva ad addormentarsi. Aveva pensato fosse colpa del letto nuovo, dell’emozione di essere ospite al Nido delle Aquile ma l’altra metà del letto vuoto gli suggeriva una verità ben diversa.
Sospirò e si distese sulla schiena, una mano abbandonata sul cuscino, accanto al viso e l’altra in grembo.
Era la prima volta in tutta la sua vita che si ritrovava a dover dormire da solo.
Da che aveva memoria, lui ed i suoi fratelli avevano sempre condiviso la stessa stanza e, anche dopo la sua fuga, Tobio era sempre stato lì, accanto a lui. Senza contare che negli ultimi tempi quello spazio si era annullato in un abbraccio.
Udì la porta aprirsi senza preavviso ma Shouyou non si spaventò. Si sollevò a sedere ed attese che il suo visitatore si facesse avanti. Sorrise nel vedere Tobio comparire sotto il piccolo arco che divideva la sua camera da letto dal salottino privato.
Il Cigno Nero parve sorpreso di trovarlo seduto contro i cuscini. “Ti ho svegliato?”
Shouyou scosse la testa con un sorriso furbetto. “Sapevo che saresti tornato!” Non era vero. Lo aveva sperato ma era ben diverso.
“E se non fossi tornato?” Domandò Tobio attraversando la stanza. “Saresti rimasto sveglio tutta la notte?”
Shouyou scrollò le spalle. “Non riesco a dormire,” ammise.
Il Principe si sedette sul lato del letto lasciato libero. Piegò un ginocchio e prese a slacciarsi gli stivali senza chiedere il permesso. “Incubi? Il Serpente, il mio…”
“Tobio, un’altra parola su paure che non ho e litigheremo abbastanza da svegliare tutta la corte,” lo interruppe Shouyou annoiato. “E Tooru darà la colpa a te.”
Tobio gli lanciò un’occhiata storta da sopra la spalla. “Lo sapevo che non dovevo fartelo conoscere,” sbuffò. “Un giorno. Un solo giorno e già siete alleati contro di me per piegarmi al vostro volere.”
Shouyou scrollò le spalle un’altra volta. “Non abbiamo bisogno di allearci per piegarti al nostro volere.”
Tobio si liberò della tunica e lo guardò di traverso un’altra volta.
Il piccolo Corvo, però, continuò a sorridere con dolcezza. “Dai…” Mormorò scostando le lenzuola per il Principe. “Vieni qui…”
Tobio lasciò andare un sospiro e si coricò. Shouyou si accoccolò subito contro di lui ben contento di non dover più dormire in quel grande letto da solo. “Perché sei tornato?” Domandò.
Tobio appoggiò la guancia sul cuscino e lo guardò. “Prima mi dici che sapevi che sarei tornato, poi mi chiedi il motivo per cui l’ho fatto?”
Shouyou fece una smorfietta. “Non sarai sempre intelligentissimo ma ci hai messo un’ora per cambiare idea ed eri ancora vestito quando sei entrato.”
Tobio decise di non perdere troppo tempo con inutili bugie. “Ho parlato con Tooru.”
Shouyou si sollevò sui gomiti. “E?”
Tobio s’imbronciò. “E niente!” Si rigirò tra le lenzuola in modo da dare le spalle al piccolo Corvo.
“Ehi!” Shouyou appoggiò il mento alla spalla nuda del Principe. “Non puoi farmi dormire senza darmi una risposta!”
“Non è niente che ti riguardi.” Era una bugia ma Tobio si sarebbe strappato la lingua prima di dover confessare che aveva risposto non lo so a quell’ultima domanda di Tooru. Lo ami?
Shouyou gli montò praticamente sopra premendo il naso contro la sua guancia.
Tobio si sollevò su un gomito per toglierselo di dosso e cercare di capire le sue intenzioni ma il piccolo Corvo aveva avvolto braccia e gambe intorno a lui e la presa era salda. “Che stai facendo, stupido?”
Shouyou ridacchiò e basta.
Il Principe si ritrovò costretto a lanciarlo via per liberarsi dalla sua presa. Il piccolo Corvo continuò a ridere, le mani di Tobio strette intorno ai suoi polsi. “Hai completamente perso quel poco di lume della ragione che avevi?” Domandò il Principe.
Gli occhi d’ambra di Shouyou erano luminosi. “Volevo solo giocare un po’!”
“Sei irritante!”
Shouyou si calmò di colpo e si umettò le labbra. Gli occhi d’ambra passarono dalle iridi blu del Cigno Nero ad un punto poco più in basso, poi si sollevarono di nuovo. Le gote si colorarono appena.
“Che cosa c’è?” Domandò Tobio intuendo che qualcosa stava passando per la testolina del piccoletto.
La bella bocca di Shouyou s’imbronciò. “Non lo capisci da solo?”
Tobio inarcò le sopracciglia e fece per chiedere qualcosa ma nessun suono uscì dalle labbra dischiuse. La risposta era un desiderio semplice ed il Principe lo avvertì almeno quanto il suo piccolo Corvo.
Shouyou sorrise contro le sue labbra quando lo baciò. Le piccole dita gli sfiorarono il viso, poi s’infilarono tra i suoi capelli in una carezza distratta. Fu lui ad osare di più.
Tobio l’avvertì come una timida ed umida carezza sulle sue labbra e non sapendo come rispondere si scostò, come se fosse stato scottato.
Gli occhi di Shouyou erano grandi, confusi.
“Che cosa stai facendo?” Domandò il Principe.
Shouyou sorrise. “Ti ho spaventato?” Non voleva essere derisorio, solo gentile.
Tobio, però, voltò lo sguardo altrove. Le guance si tinsero di rosso per la frustrazione.
“Ehi,” il piccolo Corvo gli prese il viso tra le mani. “Guardami… Tobio, avanti, guardami.”
Gli occhi blu tornarono su quelli d’ambra.
“Io non lo so fare questo,” disse il Cigno Nero completamente rosso in viso.
Shouyou rise. “Ed io con chi pensi che lo stia imparando?”
Tobio non parve rassicurato in alcun modo. “Come faccio ad insegnarti qualcosa che non so fare?”
“Insieme, Tobio,” rispose Shouyou tirandolo verso di sé. “Impariamo insieme…”
Non appena la sua bocca fu su quella del piccolo Corvo, il Principe chiuse gli occhi e gli permise di fare quello che più preferiva. Quella carezza umida contro le sue labbra tornò e decise di assecondarla. Tobio assaggiò le labbra di Shouyou con la stessa timidezza con cui lui aveva assaggiato le sue.
Il resto venne naturale.
La lingua di uno accarezzava e quella dell’altro rispondeva. Era un bacio caldo, umido… Da adulti.
Era completamente diverso da quelli che si erano dati fino a quel momento.
Ogni carezza era una spinta a prendere di più.
Si allontanarono un istante solo per riprendere fiato e si cercarono di nuovo senza sprecare tempo in parole inutili.
Era una sensazione dolce, dolcissima.
Tobio si fermò per primo, la fronte premuta contro quella di Shouyou e le dita di lui tra i suoi capelli.
Il rumore dei loro respiri che si confondevano era il solo a spezzare il silenzio della camera.
Tobio non si scostò ma scivolò alle spalle del piccolo Corvo in modo che Shouyou potesse sentirlo vicino pur stando comodo.
Non si dissero nulla.
In quel calore, Shouyou non ebbe alcuna difficoltà ad addormentarsi.
 
 
***
 
 
La neve cadeva senza far rumore e tutto quel bianco era quasi spettrale alla luce della luna.
“Tobio!”
Faceva freddo ma il Cigno non sentiva niente.
“Tobio!”
Solo il drammatico silenzio che rispondeva al suo richiamo.
“Tobio!”

 
 
Tooru si svegliò di soprassalto.
Gli ci volle un battito di cuore almeno per comprendere che non c’era nulla di cui aver paura, che quella terribile notte di quindici anni prima era solo un ricordo lontano. Si lasciò ricadere sul cuscino con un sospiro. Non sapeva quanto mancasse all’alba ma dubitava che sarebbe riuscito a prendere sonno, anche se il calore di Wakatoshi alle sue spalle era di gran conforto.
Se c’era una cosa che Tooru davvero non sopportava era risvegliarsi in un letto vuoto in quelle notti in cui gli incubi della guerra e del Gran Inverno non volevano lasciarlo andare.
Se solo avesse potuto cancellare tutto e tenere per sé solo i ricordi dei momenti che lo avevano spinto ad amare Wakatoshi. Quelli e la nascita di Tobio.
Il braccio intorno alla sua vita lo strinse un poco di più e seppe che l’Aquila alle sue spalle si era svegliata. “Tooru…”
Il Cigno avvertì due labbra calde vicino all’attaccatura dell’ala destra. Suo malgrado, sorrise. “Ti ho svegliato io?”
“Non lo so,” ammise Wakatoshi con voce impastata dal sonno. “Tu perché sei sveglio?”
Tooru scrollò le spalle spingendosi verso di lui. “Incubi…” Poté sentirli gli occhi del suo compagno che si aprivano e si fissavano sulla sua nuca. “La piccola Tooru?”
Il Cigno strinse le labbra e scosse la testa. “Non ho avuto quell’incubo per quindici anni ed è tornato quando Tobio se ne è andato di casa.” Sorrise amaramente. “Immagino che non sia un caso, dopotutto…”
“Che cosa hai sognato, allora?”
Tooru esitò per un istante. “La notte in cui tua madre ci ha portato via Tobio.”
Wakatoshi si fece rigido, poi si sollevò su di un gomito giocando distrattamente con i capelli più corti sulla nuca del compagno. “Le ho riservato una punizione peggiore della morte per quello che ha fatto, Tooru,” gli ricordò. “Non può più farci del male e Tobio è quasi un uomo…”
“Lo so…” Tooru si rigirò tra le lenzuola sollevandosi sui gomiti.
Wakatoshi gli posò una mano sul retro del collo. “Tobio è a casa, Tooru. È tutto finito…”
Tooru lo guardò con fare sospettoso. “Sei un bugiardo peggiore di tuo figlio, Wakatoshi.”
L’espressione del Re non cambiò di una virgola. “Mio padre ha detto la stessa cosa…”
“Oh!” Esclamò Tooru con un ghignetto diabolico. “Allora c’è qualcosa che non vuoi dirmi.”
Wakatoshi si distese sulla schiena piegando un braccio dietro la testa.
“Tipo perché non hai passato nemmeno un minuto con Tobio, nonostante siano mesi che cerchiamo di riportarlo a casa e fossimo sull’orlo della disperazione,” provò Tooru osservando la sua espressione solo con la coda dell’occhio.
“C’era il piccolo Corvo con lui,” si giustificò Wakatoshi.
“Che ha passato la maggior parte della giornata con me,” il Cigno sorrise. “Mi piace, sai? Non mi spiego cosa ci faccia con Tobio ma… Potrebbe funzionare.”
“Non sta a noi deciderlo.”
“Non c’è alcuna ragione di essere tanto seri, Wakatoshi. Non ho firmato un contratto matrimoniale in cui li obbligo a copulare per avere un figlio,” Tooru fece una smorfia. “A differenza di tua madre…”
Il Re lo guardò dritto negli occhi. “Vuoi nominare mia madre ancora una volta, Tooru?” Non c’era ombra di rabbia o irritazione nella sua voce o nella sua espressione ma il Cigno sapeva bene quando era il momento di fermarsi e sapeva di aver già fatto un passo di troppo oltre un confine di cui Wakatoshi non ammetteva l’esistenza ma c’era ed era piuttosto evidente, alle volte.
La Signora del Nido delle Aquile era stata la prima battaglia che Tooru aveva combattuto e l’ultima che aveva vinto. E l’aveva fatto al modico prezzo della sua innocenza, della bambina che non aveva potuto stringere tra le braccia e, per poco, del bambino che erano riusciti ad avere quando intorno a loro non era rimasto altro che morte.
“Gli ho dato uno schiaffo…”
Tooru sbatté le palpebre un paio di volte. “Che hai detto?”
Wakatoshi sospirò e lo guardò. “La notte seguente all’attacco di quel Serpente, quando sono andato al nostro rifugio e ho trovato lì Tobio.”
“Oh…” Il Cigno ci pensò. “Gli hai dato uno schiaffo,” una pausa. “E?”
Il Re inarcò le sopracciglia. “Niente. Gli ho dato uno schiaffo.”
Tooru ridacchiò. “Non gli è nemmeno rimasto il segno!” Esclamò. “Non puoi tenere il muso perché hai perso la pazienza con un moccioso insolente. È sopravvissuto a cose peggior!” Alzò gli occhi al cielo. “Vedete di chiarirvi domani.”
“Non credo che…”
“Wakatoshi, condividete la stessa stupidità e rimandare farà più male alla mia salute che alla vostra. Parlatevi e adesso andiamo a dormire!”
“Ti sei svegliato tu per primo,” gli fece notare Wakatoshi senza nessuna particolare intonazione.
“Shhh… Ho bisogno del mio sonno di bellezza!”
 
 
***
 
 
 
“Tsutomu, tu ti devi calmare,” disse Eita con voce non irritata ma ferma.
Era solo l’ora di colazione e già si prevedeva che sarebbe stata una lunga giornata.
Il Principe era tornato a casa, non c’erano stati attacchi di Cacciatori per diverse notti ed erano nel pieno della stagione degli amori che, di per sé, rappresentava un buon motivo per essere allegri. Tsutomu, però, era particolarmente bravo ad essere l’eccezione, la rappresentazione vivente del contrario di tutto. Era un po’ come il loro erede al trono ma, a differenza di Tobio, non lo era in silenzio.
“Non sono riuscito a chiudere occhio!” Esclamò la giovane Aquila con la bocca piena. Stava divorando la sua colazione come se non mangiasse da giorni.
Eita sospirò. “In questa stagione, cose come queste capi…”
“No!” Sbottò Tsutomu sbattendo il suo calice contro il tavolo. “A me non succede!”
“Lo affermava anche il Principe,” intervenne Reon con tono tranquillo. “Eppure, non è tornato al Nido da solo.”
Tsutomu si nascose il viso tra le mani. “È proprio questo il problema!” Sbraitò. “Sono settimane che alcuni dei ragazzi più grandi parlano di un buon profumo che proviene dalla Foresta nei giorni di vento. Molti di loro sono già accoppiati quindi non si sono interessati ed altri hanno detto di aver sentito l’odore di un predatore insieme al profumo della creatura sconosciuta e, per tanto, è stato solo una storiella del momento con cui passare il tempo. Nessuno si è spinto oltre!”
Eita e Reon si scambiarono un’occhiata.
“E?” Domandò il primo.
“E lo sentivo anche io!” Esclamò Tsutomu con le guance rosse, come se ci fosse qualcosa di cui vergognarsi. “Solo che era una cosa controllabile. Sì, qualche volta mi ritrovavo con un problema di cui occuparmi ma…”
Eita sospirò stancamente. “È normale, sì ma salta i dettagli, Tsutomu.”
La giovane Aquila si prese la testa tra le mani con fare drammatico. “Era Tobio…”
Reon inarcò le sopracciglia. “La creatura dal profumo invitante è il Principe?” Domandò.
“No,” rispose Eita. “Penso che il predatore sia il nostro Principe ed il piccolo Corvo con cui è tornato a casa deve essere…”
“Non sta succedendo a me!” Esclamò Tsutomu sbattendo il pugno contro il tavolo. “No! È escluso! Non a me!”
Eita accennò un sorriso intenerito bevendo un altro sorso dal suo calice. “Non hai dormito tutta la notte perché ora il suo profumo non è più così lontano…”
“No! No! No!” Continuò a negare Tsutomu con un sorriso forzatissimo. “Non sarò uno di quelli che si rincitrulliscono perché sentono improvvisamente un dolce profumo nell’aria manco avessero mangiato dei funghi allucinogeni e…”
La sala dei banchetti era piena di gente e c’erano molte voci a che si sovrapponevano ma a Tsutomu la risata che lo interruppe parve l’unico suono nitido in un continuo e confuso brusio. Si voltò.
La tavolata dei sovrani era posta in fondo alla stanza sotto gli arazzi reali. Tooru e Wakatoshi avevano preso posto al centro già da diversi minuti e Tobio li aveva appena raggiunti. Al suo fianco, il piccolo Corvo lo guardava e rideva.
Il Consorte reale si alzò in piedi per salutarli con un sorriso.
Il piccolo Corvo prese a parlare, mentre Tobio osservava la scena con espressione evidentemente scocciata e non migliorò quando il genitore lo afferrò per le spalle e lo costrinse a sedersi accanto al Re. Il piccolo Corvo ridacchiò divertito e Tsutomu seppe che la sua testa doveva smettere di girare, prima che gli comandasse di fare qualcosa di cui si sarebbe pentito per il resto della vita.
Picchiò la fronte contro il tavolo con tanta violenza che Eita e Reon sobbalzarono.
“Tsutomu!” Esclamarono in coro.
 
 
***


 
“Non hai dormito nel tuo letto questa notte.”
Tobio impiegò un istante di troppo per capire chi aveva parlato.
Quando si voltò, Wakatoshi stava fissando la sala dei banchetti come se non avesse detto una singola parola.
Il Principe sbatté le palpebre un paio di volte. “Hai detto qualcosa?”
Il Re lo guardò. “Non hai dormito nel tuo letto questa notte.” Non era un’accusa, solo un’osservazione.
Tobio non seppe come prenderla. “Mi controllate giorno e notte anche nella mia casa, ora?”
“È la mia casa,” sottolineò il Re. “Mia e di tua madre.”
“Certo,” rispose Tobio con sarcasmo. “Io sono un ospite.”
“Non intendevo dire questo.”
“Cosa intendevi allora?”
Niente. Era questa la unica e semplice risposta.
Wakatoshi aveva semplicemente tentato di cominciare una conversazione casuale con suo figlio ma lo aveva fatto con le parole sbagliaea e che il destino avesse pietà di chiunque ponesse un quesito sbagliato ad uno dei due Cigni del Nido delle Aquile. Aveva impiegato un’eternità a capire come parlare con Tooru, a farsi ascoltare da lui e, alle volte, ancora aveva difficoltà.
Tobio era un caso ancor più complesso perché aveva anche qualcosa di lui in sé e Wakatoshi non aveva mai imparato del tutto a fare i conti con se stesso. Era sempre stato Tooru quello a non avere problemi con quella questione.
Decise di fare un passo indietro. “Non volevo offenderti,” disse. “Questa mattina sono venuto a cercarti perché volevo parlare e non ti ho trovato nella sua camera. Tutto qui.”
L’espressione di Tobio si addolcì. “Ero con Shouyou.”
“Ora lo so.”
Il Principe arrossì. “Non è come pensi!”
“Non ho pensato nulla, Tobio.”
Il Cigno Nero non seppe se crederci o meno ma decise di non indagare.
“A Tooru piace,” commentò Wakatoshi senza preavviso.
Tobio si voltò verso le due creature che erano fonte principale di tutti i suoi malumori e sospirò. “Un altro motivo per cui preoccuparmi.”
“Tooru ha gusti difficili. Il tuo piccolo Corvo non è comune se riescono a divertirsi così durante una semplice colazione.”
Come a voler confermare, Tooru rise per qualche sciocchezza che né il Principe né il Re udirono e Shouyou fece altrettanto.
“Tu cosa ne pensi?” Domandò Tobio. Non seppe perché lo fece: gli piaceva dire e credere che non era interessato al giudizio degli altri, in particolare dei suoi genitori e questo dopo aver passato l’infanzia a fare l’impossibile per rendergli orgoglioso di lui.
Wakatoshi lo guardò per una frazione di secondo, poi tornò ad osservare la sala. “Cosa vuoi che ti dica?”
Tobio abbassò lo sguardo e scosse la testa. “Niente…”
Ed il Re seppe di aver usato le parole sbagliate ancora una volta.
 
 
***
 
 
“Tu e tuo padre avete litigato?” Domandò Shouyou.
Stavano camminando l’uno al fianco dell’altro lungo i corridoi del Nido delle Aquile.
Il piccolo Corvo aveva preteso un giro turistico e, suo malgrado, Tobio non era tipo da rimangiarsi la parola. “Non abbiamo litigato,” rispose. “Noi siamo fatti così.”
“Tooru dice che siete due stupidi.”
“Shouyou, per il tuo bene, non riferirmi tutto ciò che Tooru ti dice su di me o potrei perdere il controllo,” sibilò il Principe.
“Vi somigliate incredibilmente!” Commentò il piccolo Corvo con una risatina.
Tobio lo guardò orripilato: glielo dicevano spesso in molti, Wakatoshi compreso ma sentirlo dire da qualcuno che non era divenuto un adulto al fianco dei suoi genitori era terribile. Per quanto lo infastidisse, il giudizio di Shouyou era il più oggettivo all’interno di quella corte.
“Voglio dire,” aggiunse il Corvo. “Con me, Tooru è gentile ma vedo come si comporta con gli altri ed è antipatico almeno quanto te!”
Tobio non sapeva se prendere quelle parole come una vittoria personale o un insulto.
“Volete sempre avere ragione. Non accettate di non ottenere ciò che volete, fosse anche una sciocchezza e volete che chi non sopportate strisci ai vostri piedi.”
“Io non ho mai voluto che tu strisciassi ai miei piedi,” ammise Tobio con una smorfia. “Mi accontenterei se riuscissi a tenere la bocca chiusa per almeno dieci secondi.”
Shouyou lo guardò storto. “Mi riferisco a chi non sopportate per davvero!” Esclamò Shouyou. “Tooru non sembra sopportare bene quel Satori, per dirne una.”
Tobio ridacchiò. “Ci sarebbero delle storie interessanti da raccontare su Satori e Tooru.”
Uscirono su di una delle grandi balconate che si affacciavano sulla valle e Shouyou prese un respiro profondo appoggiando i gomiti al parapetto di legno. “L’aria è così fresca e pura quassù!”
Tobio osservò il paesaggio senza realmente vederlo. “È come te l’aspettavi?” Domandò. “La corte, intendo. Il leggendario Nido delle Aquile,” alzò gli occhi al cielo.
Shouyou rise. “Te l’ho detto quel giorno al fiume,” rispose, “sono felice. Nulla di più e nulla di meno.”
Tobio abbassò gli occhi blu sul parapetto: gli sarebbe bastato allungare le dita per sfiorare la mano del piccolo Corvo. “E dopo quello che è successo ieri?” Domandò. “Quello che è successo la scorsa notte ti ha reso felice?” Non ebbe il coraggio di voltarsi a guardarlo apertamente e così sbirciò la reazione dell’altro con la coda dell’occhio.
Shouyou abbassò lo sguardo sentì un calore familiare salire al viso ma non era una sensazione spiacevole. Non come le prime volte quando quelle emozioni gli sembravano scomode, inadatte, portatrici di guai.
Beh… A quel punto della storia, il termine guai era abbastanza riduttivo.
Ridacchiò e Tobio si voltò a guardarlo. “Che cosa c’è?” Domandò un poco indignato.
“Non stavo ridendo di te,” lo rassicuro Shouyou, gli occhi brillanti. “Stavo solo pensando.”
“A cosa?”
Il piccolo Corvo scrollò le spalle. “Fino a tre mesi fa, ero un Corvo adolescente di un Villaggio che vive di tranquillità e grandi storie,” disse guardandosi intorno. “Tutto questo è così irreale per me.”
Fu allora che Tobio esaurì la distanza tra le loro mani e Shouyou lo guardò dritto negli occhi. “Che cosa c’è?” Domandò.
“Ti sto toccando…” Disse il Principe come se non fosse completamente ovvio.
Il piccolo Corvo sorrise ed intrecciò le loro dita con naturalezza. “Lo so, stupido.”
Tobio s’imbronciò. “Lo so che lo sai,” replicò. “Volevo solo ricordarti che io sono reale…” Una pausa, arrossì. “E non darmi dello stupido!” Fece per colpirlo ma non per fargli male, solo per non perdere la vecchia abitudine.
Shouyou lo schivò e gli cinse il collo con le braccia con tanta irruenza che per poco non caddero a terra.
Tobio si sorresse al parapetto di legno, gli occhi sgranati. Shouyou scoppiò a ridere.
“Sei completamente idiota!”
“No, stupido, sono felice!” Esclamò il piccolo Corvo tra le risate. “Felice!”
Troppo occupato ad essere frustrato con se stesso e con l’intera situazione, Tobio si limitò a sbuffare e non si accorse delle piccole lacrime segrete agli angoli degli occhi del piccolo Corvo.
 
 
***
 
 
“Pensavo pranzassimo tutti insieme nella sala dei banchetti,” disse Shouyou accomodandosi accanto al piccolo tavolo rotondo al centro del salottino.
Tobio scosse la testa. “Non lo facciamo, a meno che non ci sia una festa o qualcosa del genere,” spiegò. “Non abbiamo tutti gli stessi doveri durante il giorno e sarebbe un continuo via vai per ore.” Si sedette accanto al piccolo Corvo osservando distrattamente le Aquile che stavano servendo loro il pranzo. “Inoltre, è un modo per garantire un po’ di vita privata in questo mondo caotico.”
Shouyou teneva lo sguardo basso per non dover incrociare quello della servitù. “Questo mondo è completamente nuovo per me, temo di non comprendere…”
Tobio aspettò che i servi finissero il loro lavoro e si ritirassero prima di rispondere. “Cercherò di fartela breve,” cominciò appoggiando i gomiti sul tavolo ma non riprese a parlare fino a che gli occhi del Corvo non furono di nuovo sui suoi. “Ti sei sentito in imbarazzo, vero?”
Shouyou sbatté le palpebre un paio di volte. “Che vuoi dire?”
“Mentre ci servivano non hai sollevato gli occhi dal tuo piatto nemmeno per un istante,” gli fece notare Tobio.
Il piccolo Corvo arrossì un poco. “Non sono abituato a questo genere di cose,” ammise con un sorriso nervoso.
“Non ci si abitua mai,” disse Tobio riempiendo il suo calice e quello del suo ospite. “Almeno, io non ce l’ho fatta. Poi ci sono i nobili che non saprebbero vivere diversamente.”
Shouyou lo fissò. “Non ti ci vedo a farti servire per ogni singola cosa.”
Il Principe ricambiò lo sguardo. “Infatti…” Replicò. “Tooru dice che sono un selvaggio ma, per quanto sembri assurdo, anche lui ha i suoi limiti nell’intromissione della servitù nelle faccende personali, figurarsi la nobiltà.”
“Ad esempio?” Domandò Shouyou curioso prendendo un sorso della sua acqua.
Tobio scrollò le spalle. “Mi hanno detto che un tempo la coppia reale appena sposata doveva consumare la prima notte di nozze di fronte ad un pubblico di testimoni.”
Il piccolo Corvo lo guardò orripilato. “Che cosa?!”
Un tempo,” si sentì in dovere di specificare Tobio ma decise di non chiedersi per quale ragione. “Figurarsi, se avessero dovuto aspettare i miei genitori, quei nobili idioti sarebbero rimasti seduti nella camera da letto reale per mesi!”
Shouyou inarcò le sopracciglia. “Pensavo che tu ti vergognassi perché i tuoi genitori hanno il problema opposto.”
“Non è sempre stato così,” disse il Principe. “Matrimonio combinato, ricordi…”
“Oh…” Shouyou annuì, poi sorrise. “Tooru ha ragione, allora! C’è anche qualcosa di lui in te…” Esclamò poi.
Tobio lo guardò confuso. “Che vuoi dire?”
“Beh… Non sono un esperto ma immagino che un Re vuole qualcosa dal suo Consorte la può prendere.”
Tobio non era certo di conoscere la risposta esatta e tacque: non era una conversazione sulle leggi riguardanti le relazioni da Regni e Re che stavano intavolando.
Shouyou scrollò le spalle. “Tu avresti potuto farmi quello che volevi,” disse. “Io non sono nessuno. Inoltre, visto l’effetto che il nostro odore provoca l’uno sull’altro, non avresti dovuto fare molto per piegarmi.” Arrossì.
“Non ero interessato, ricordi?” Domandò Tobio cominciando a mangiare.
“Durante la guerra non serviva essere interessati,” replicò Shouyou completamente serio. “Succedevano cose brutte e basta…”
Per il Principe fu particolarmente dura ingoiare quel primo boccone. “Pensavo che nemmeno i tuoi genitori raccontassero storie della…”
“No, ma mi è venuta in mente una cosa,” raccontò il piccolo Corvo. “Non ci sono solo Corvi al Villaggio, ecco tutto.”
Il Cigno Nero non comprese. “Cosa stai cercando di dirmi?”
“Le loro famiglie vivono isolate,” spiegò Shouyou. “Non conosco nessuno di quei fanciulli ma nei Villaggi come il mio, in cui tutti si conoscono e tutti finiscono per creare una famiglia con il miglior amico o amica di sempre, salta all’occhio quando qualcuno non ha le ali ricoperte di piume nere.”
“Oh…” Tobio credeva di capire, ora.
“Ci sono famiglie miste,” proseguì Shouyou. “Come i tuoi genitori, per dirne una e la gente non dice niente. Poi ci sono quelli che hanno la mia età e che, quindi, sono nati durante la guerra,” una pausa, “e non hanno un padre.”
Tobio strinse le labbra. “La stagione degli amori non è una parentesi felice come la si crede quando la si vive fuori da un contesto protetto.”
“Come è accaduto a me, vero? Con quel giovane sconosciuto alla cascata, intendo.”
Tobio scrollò le spalle. “Non ti ha fatto alcun male.”
“Fosse stato un predatore avrebbe potuto farlo, però.”
L’espressione del Principe si fece dura. “Nessuno predatore si sarebbe avvicinato a te,” gli disse. “Perché il più pericoloso ce l’avevi già accanto. La reazione che abbiamo avuto l’uno all’altro è stata forte ma non tanto d’annebbiare la nostra ragione. Ci sono storie in cui qualcuno ha dichiarato di non aver capito più niente prima di compiere un certo gesto riprovevole…”
Il piccolo Corvo non disse niente e Tobio ricordò come erano finiti a parlare di una questione tanto sgradevole. “A chi dovrei assomigliare comunque?”
Shouyou sorrise. “Al Re, naturalmente…”
“Perché? Perché non mi sono approfittato di te?”
“Anche…”
“E per cos’altro?”
Shouyou appoggiò la schiena alla poltrona. “Per evitarci incomprensioni future: io sento quello che senti tu, Tobio.”
Il Principe annuì. “Lo so.”
“E, allora, se non fossi gentile come tuo padre saresti già arrivato oltre…”
Tobio lo guardò sospettoso. “Io non so se è peggio parlare di sesso con te o avere il dubbio che lo stai facendo solo per dirmi qualcosa che col sesso non ha niente a che fare?”
Le guance di Shouyou si fece rosse, poi sbuffò. “È solo un’altra prova d’aggiungere alla lunga lista che prova che non sei un mostro.”
Tobio alzò gli occhi al cielo. “E siamo a tre…”
“Tre?”
“Idioti che ripetono questo ritornello!” Esclamò irritato.
Shouyou s’imbronciò, poi prese un respiro profondo. “Perché non mi fissi…”
“Eh?” Tobio lo guardò annoiato. Non aveva idea di quale altra sciocchezza quel piccolo idiota stesse per rifilargli ma sapeva che avrebbe dovuto udirla volente o nolente.
“Quando facciamo il bagno insieme, ad esempio,” disse Shouyou abbassando lo sguardo per troppo imbarazzo. “Lo so che cosa vuoi, Tobio…”
Il Principe non gli disse che non lo sapeva nemmeno lui. “E come lo sai?”
“Lo sento quando mi baci,” fu l’ingenua risposta del piccolo Corvo.
E Tobio pensò con nostalgia a quei tempi in cui ancora poteva negare quelle emozioni pericolose con facilità. Aveva perso quel potere nello stesso momento in cui la distanza tra lui e Shouyou si era annullata. Il piccolo Corvo diceva di sapere quello che sentiva e, alle volte, Tobio avrebbe tanto voluto non sentire quello che provava lui.
Come la notte precedente, quando quel bacio caldo ed umido per Shouyou era stato un invito a provare di più, mentre per Tobio era stato un monito ad osare tanto.
“Nonostante questo, però,” aggiunse Shouyou. “Non mi fissi quando non ho i vestiti addosso. Lo fai per non farmi sentire in difficoltà…” Sorrise. “Questa è gentilezza, Tobio.”
Ed il Principe decise che quel discorso si stava facendo troppo pericoloso per l’ora di pranzo. “Mangiamo…”
 
 
***
 
Col senno di poi, dopo i discorsi che avevano fatto a pranzo, forse sarebbe stato meglio non tornare al fiume quel pomeriggio. Sì, Shouyou gli aveva chiesto di passare tutta la giornata al Nido delle Aquile e Tobio aveva promesso di restare con lui ma, una volta finito di mangiare, non erano stati in grado di fare un passo senza che qualcuno li fermasse e li riempisse di domande.
Ovviamente, nessuno che Tobio avesse mai ritenuto degno della sua amicizia.
“Oh, Vostra Altezza, il vostro Principe Consorte è adorabile! Come vi siete conosciuti?”
“Oh, un piccolo Corvo! Scelta interessante… Immagino che non si potrà scommettere sul colore delle ali dei vostri figli!”
“Congratulazioni, mio Principe! A quando l’annuncio ufficiale? Non vediamo l’ora di approfondire la conoscenza con il vostro piccolo Corvo!”
Se ne avesse avuto il potere, Tobio avrebbe tirato il collo a tutti quei fottuti nobili e si sarebbe liberato della loro velenosa ipocrisia. Senza contare che tutti quegli interrogatori avevano oscurato il buon umore di Shouyou e questo gli dava ancor più fastidio.
Tobio si era gettato in acqua senza pensarci due volte ma il piccolo Corvo si era liberato degli stivali e dei pantaloni solo per sedersi su una delle rocce che davano sull’acqua. Lo sguardo pensieroso ed i piedi ammollo.
Il Principe si passò una mano tra i capelli corvini tirandoli all’indietro, poi si avvicinò nuotando verso il piccolo Corvo. La roccia su cui si era accomodato si spingeva fino quasi al centro del letto del fiume e l’acqua gli arrivava alla vita. “A che cosa stai pensando?” Domandò avvolgendo le dita ad una delle caviglie dell’altro.
Shouyou ridacchiò. “Mi fai il solletico.”
“Sei divenuto serio di colpo.”
L’altro scrollò le spalle. “Penso di capire cosa intendevi quando hai detto che non si possono avere molti momenti privati all’interno di una corte.”
Tobio fece una smorfia ed annuì. “Non ricordo nemmeno l’ultima volta che tutti quei nobili mi hanno rivolto la parola prima di oggi.”
Shouyou lo fissò. “Non è rischioso?”
“Cosa?”
“Inimicarsi la nobiltà.”
“Non sono miei nemici,” replicò Tobio. “Non sono miei amici, tutto qui. Tooru ha sempre sperato che chiunque avessi scelto come Consorte fosse più socievole di me. Immagino che qualcuno abbia ascoltato le sue preghiere.”
Non si rese conto di quanto aveva detto fino a che Shouyou non sgranò gli occhi.
Tobio arrossì ed abbassò lo sguardo. “Voglio dire…”
“Questa cosa dei titoli nobiliari comincia a farsi complicata,” disse Shouyou con un timido sorrise. “Specie quando non sappiamo ancora come…”
“Non m’interessano i titoli nobiliari,” lo interruppe Tobio. “Siamo io e te, quello che siamo lo decidiamo noi. Punto.”
Shouyou sorrise con un più sicurezza ed annuì.
“Allora?” Domandò il Principe. “Perché non fai il bagno?”
L’espressione del piccolo Corvo si fece furbetta. “No,” scosse la testa agitando i capelli già ribelli per natura. “Oggi mi va di guardare.”
Tobio inarcò un sopracciglio. “Guardare cosa?”
“Tu che fai il bagno,” rispose Shouyou agitando la caviglia stretta tra le dita del Cigno Nero. “Avanti! Vai a fare il bagno!”
Tobio lo lasciò andare sbuffando. “Idiota…” Disse appoggiando la schiena alla parete di roccia, le braccia incrociate contro il petto e le guance rosse.
Pochi istanti e sentì un soffio caldo tra i capelli umidi, una leggera pressione sulla testa. “Che sta facendo?”
Shouyou sorrise. “Ti annuso.”
“Lo conosci il mio odore,” replicò Tobio.
“E allora?” Shouyou gli baciò i capelli. “È buono…”
Il Principe si voltò. Shouyou si era disteso sulla roccia e lo guardava con un sorriso. Sollevò una piccola mano e prese a giocare con i capelli più corti sulla sua tempia. “Hai i capelli tanto neri che hanno i riflessi blu,” commentò. “Come le tue ali…”
“Non sono più nere delle tue.”
“Forse ma sono più belle.”
“Smettila…”
Shouyou si fece serio di colpo. “Mai.”
Tobio avrebbe dovuto prenderlo a schiaffi per tanta insistenza, invece si sporse in avanti infilando una mano tra quei capelli ribelli e tirando il piccolo Corvo verso di sé. Troppo verso di sé.
Shouyou perse l’equilibrio e cadde in acqua con un’esclamazione spaventata.
Le loro labbra non si toccarono nemmeno.
Il piccolo Corvo riemerse con la bocca e gli occhi spalancati. Tobio scoppiò a ridere afferrandogli le spalle per aiutarlo a recuperare l’equilibrio. “Non ridere, stupido!” Esclamò ancora prima di riuscire a guardarlo negli occhi agitando le ali bagnate.
“E stai fermo!” Esclamò Tobio ridendo ancora.
Shouyou cercò di spingerlo via ma la presa del Principe sulle sue spalle rimase salda e per poco non caddero di nuovo entrambi nell’acqua. Per salvarsi da ulteriori attacchi, Tobio avvolse le braccia intorno al piccolo Corvo per immobilizzarlo. Shouyou scoppiò a ridere a sua volta aggrappandosi a lui.
“Sei un idiota,” commentò Tobio senza cattiveria appoggiando la guancia tra quei capelli dello stesso colore del tramonto.
Shouyou affondò il viso contro il suo petto. “Mai quanto te…” Rispose e sorrideva ancora.
 
 
A Tobio piaceva guardare Shouyou con i suoi vestiti addosso.
No, non glielo avrebbe mai detto e sì, gli cedette la sua tunica solo dopo essersi lamentato di quanto il piccolo Corvo fosse imbranato ma, no, non gli dispiaceva affatto. Era piacevole starsene sotto il sole d’estate con la pelle umida e la mente sgombra per una volta.
“Posso farti una domanda?” Chiese Shouyou passando la punta delle dita sul petto del Principe.
Tobio sospirò e chiuse gli occhi. “Come se ti servisse il mio permesso per fare rumore…”
Shouyou, però, non replicò offeso. Al contrario, rimase in silenzio.
Il Cigno Nero aprì un occhio e spiò la sua espressione: gli occhi d’ambra erano brillanti, liberi dalle nubi di qualsiasi preoccupazione ma era netta la linea della bella bocca. Probabilmente, stava riflettendo su qualcosa.
“A cosa stai pensando?” Domandò Tobio
Shouyou sollevò gli occhi grandi sui suoi, le gote rosse. “Nulla d’importante,” rispose con un timido sorriso.
Il Principe sollevò appena le sopracciglia. “Se hai bisogno di qualcosa basta chiedere.”
Shouyou scosse la testa ed appoggiò la guancia contro la sua spalla. “Non ho bisogno di nulla. Grazie.”
Tobio passò distrattamente una mano tra i suoi capelli. “Tu non mi chiedi mai niente…”
Shouyou ridacchiò. “Ma se passi la maggior parte del tuo tempo a lamentarti che non faccio altro che annoiarti con le mie domande.”
“No, mi riferisco a cose materiali, qualcosa del genere.”
Il piccolo Corvo scrollò le spalle. “Non è mia abitudine.”
“Non ti piacciono i regali?” Domandò Tobio
“Non sarebbero regali se fossi io pretenderli,” replicò Shouyou.
“Sì ma c’è qualcosa che desideri? Qualcosa che non hai mai potuto avere… Io sono un Principe e posso...”
“Ah!” Esclamò Shouyou sorridendo e sollevandosi su di un gomito per premere l’indice contro le labbra del Cigno Nero. “Hai usato la carta del Principe, non vale!”
Tobio s’imbronciò scostando quella mano dal suo viso. “Per quale motivo?”
“Perché non è giusto,” rispose Shouyou. “Io non sono qui perché tu sei un Principe. Mi offendi così!”
“Scusa…?” Disse Tobio incerto.
Shouyou ridacchiò. “Non dovresti chiedermelo.”
“Oh! Ma che vuoi?” Tobio si mise a sedere e Shouyou si sollevò sulle ginocchia. “È che voglio fare qualcosa per te, tutto qui!”
Il sorriso di Shouyou assunse altre sfumature, più dolci. “Davvero?” Domandò felicemente sorpreso.
Tobio arrossì, gli occhi blu rivolti altrove e l’espressione imbronciata.
“Il giorno del solstizio d’estate è il mio compleanno,” disse Shouyou timidamente.
Il Cigno Nero si voltò a guardarlo molto lentamente. “Il giorno del solstizio d’estate?”
Il piccolo Corvo annuì.
“E che cosa vuoi per il tuo compleanno?”
Shouyou gonfiò le guance. “No! Così non va bene!”
Tobio inarcò le sopracciglia. “Che cosa ho fatto adesso?”
“Io ti ho dato una scusa per fare qualcosa per me,” disse Shouyou. “Il resto spetta a te!” Si alzò in piedi, si liberò della tunica senza preavviso e si portò sul bordo della roccia.
Quando si voltò, Tobio aveva gli occhi e la bocca spalancata come un pesce fuor d’acqua. Shouyou rise. “Bene, finalmente mi hai guardato!” Esclamò prima di tuffarsi.
Tobio rimase a fissare il vuoto per alcuni istanti, poi si prese la testa tra le mani e si lasciò ricadere sulla roccia calda di sole. Emise un gemito frustrato. “In che situazione di merda mi sono cacciato?” Si domandò.
“Tobio! Non vieni a fare il bagno?” Lo richiamò Shouyou.
Il Cigno Nero fissò il cielo azzurro sopra di lui per alcuni secondi. Strinse le labbra, fece appello a tutta la sua forza interiore, poi si alzò in piedi e si liberò dei pantaloni per tornare in acqua.



 
***
Angolo dei deliri e delle inutili giustificazioni
Secondo quanto scritto nelle note introduttive, la storia sarebbe dovuto finire qui ma non riesco ad essere me stesse se non mi dilungo e posso affermare tranquillamente che arriveremo almeno ad una decina di capitoli. Gran parte di quello che volevo scrivere l’ho già scritto ma c’è ancora qualcosa che voglio dire.
Vi terrò compagnia ancora per un po’.
Grazie a tutti i lettori e recensori per la pazienza e l’affetto.
Alla prossima!





 
   
 
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