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Autore: Inganno    01/03/2017    1 recensioni
Giaceva sull’asfalto ormai da giorni, settimane o forse anche mesi.
Nessuno però sembrava averlo notato, come se una cosa del genere potesse passare inosservata… Solo Caroline risentiva della sua presenza, solo lei era costantemente distratta da quei battiti che sembravano inseguirla. Ovunque andasse, per quanto lontano si spingesse, quel rumore così debole ma incessante riusciva sempre a distrarre i suoi pensieri.
Che lo sentisse solo lei? Che lo vedesse solo lei? Ma com’era possibile?
Genere: Fantasy, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L’uomo senza cuore

Ignoriamo troppo spesso le lacrime altrui,

ma pretendiamo che gli altri ci asciughino il volto quando si bagna.

Ma se solo capissimo davvero che

la tristezza finisce col morire scontrandosi con altra tristezza

e che la gioia rinvigorisce abbracciando altra gioia

il mondo sarebbe diverso.

 

 

G

iaceva sull’asfalto ormai da giorni, settimane o forse anche mesi.

Nessuno però sembrava averlo notato, come se una cosa del genere potesse passare inosservata… Solo Caroline risentiva della sua presenza, solo lei era costantemente distratta da quei battiti che sembravano inseguirla. Ovunque andasse, per quanto lontano si spingesse, quel rumore così debole ma incessante riusciva sempre a distrarre i suoi pensieri.

Che lo sentisse solo lei? Che lo vedesse solo lei? Ma com’era possibile?

Eppure vedeva uomini e donne passargli accanto senza nemmeno gettargli uno sguardo, magari troppo presi dalle loro inutili conversazioni e da frivoli pensieri.

E intanto lui se ne stava ancora là, in mezzo alla folla, aspettando che qualcuno lo riportasse al proprio padrone. Ci volle un po’ prima che Caroline decidesse di essere quel qualcuno, ma finalmente raccolse quel cuore abbandonato per riportarlo a chiunque lo avesse smarrito.

La città era come al solito molto caotica, piena di persone che si muovevano freneticamente. A lei però importava trovare qualcuno che non potesse soffrire, che vivesse senza far rumore. Non era affatto semplice trovare un uomo del genere in quella folle città, ma la bambina era determinata nonostante si sentisse come una formica che inutilmente cercava di farsi notare da dei giganti. Chiamava timidamente la loro attenzione, ma la sua voce non riusciva a giungere alle loro orecchie che subito riprecipitava al suolo. Era ignorata da chiunque e come se non esistesse veniva ripetutamente colpita da quelle gambe che marciavano senza sosta. Ci provò con tutte le sue forze, ma non riusciva in alcun modo a far notare la propria esistenza. S’intrufolò dentro un piccolo vicolo senza sbocco per evadere da quel caos, si sedette sulla strada e poggiò la schiena contro il cemento. Chiunque avrebbe trovato quella posizione piuttosto scomoda, ma lei no. Lei c’era abituata, da sempre.

Uscì dalle vesti il cuore che aveva raccolto e lo osservò. Era di un rosso acceso, caldo al tatto. Ogni tanto si contraeva, sembrava quasi vivo.

“Ti riporterò dal tuo padrone, te lo prometto” gli sussurrò la piccola, come se potesse capirla. Si sentì poi un lamento, che mise sull’attenti Caroline.        

“Chi è?” domandò osservandosi intorno. Qualcuno emise un grande sbadiglio. Sembrava provenire dal cassonetto dell’immondizia, così la bambina vi si avvicinò e, arrampicandosi, ne scrutò l’interno.

“Sì?” fece l’uomo comodamente sdraiato fra i rifiuti.

“C-cosa ci fa qua?”

“Beh, mi sembra ovvio. Ci vivo” spiegò sbadigliando nuovamente.

“Ma perché?”

“Perché no? Qua ho cibo e acqua e posso riposare tutto il tempo. A proposito, vai via per favore: ho proprio voglia di una bella dormita”

“Vuole dire che mangia queste schifezze? E cosa beve?”

Il senzatetto allora indicò svogliatamente verso l’alto. Un vaso sporgeva leggermente dalla finestra. Gocciolava.

“E non vorrebbe vivere meglio di così?”

“Non mi importa, sto benissimo” rispose lui. Che fosse proprio quel signore l’uomo che aveva smarrito il proprio cuore?

“Senta, per caso questo è suo?”

“Un cuore? No, il mio lo sento battere forte in petto. E adesso lasciami” le ordinò voltandosi su di un fianco e dando le spalle alla bambina.

Caroline era sul punto di ribattere, ma un nuovo rumore la distrasse. E ora cosa stava accadendo? Saltò giù dal cassonetto e uscì fuori dal piccolo vicolo. Cercò di inserirsi tra la folla che per la prima volta aveva arrestato la sua imperterrita corsa e si era adunata a cerchio. Con le sue piccole fattezze riuscì a passare in mezzo a tutte quelle persone e ad osservare l’origine di tanto fervore. Sembrava proprio che vi fosse in corso una lite, fra un pazzo iracondo e un povero mendicante. Il pover’uomo era stato scagliato a terra e per quanto ne avesse capito Caroline, i motivi erano banalissimi. Ma quel forzuto signore pieno di rabbia continuava a riversare la sua collera su chiunque gli desse il minimo fastidio e così la massa si dileguò subito. Era stato sufficiente intrufolarsi negli affari degli altri per poi non fare assolutamente niente. La gente ragionava sempre in quel modo. Per loro era un divertimento osservare i problemi altrui, ma nel momento in cui questi rischiavano di diventare i loro, sparivano. Una volta che il folle andò via per causare nuovi disordini altrove, solo Caroline intervenne in soccorso del mendicante, pensando che potesse essere proprio lui l’uomo senza cuore.  

“Sta bene?” domandò cercando di aiutarlo a sollevarsi. Questi però la cacciò immediatamente e si concentrò sulla raccolta delle monete che aveva lasciato cadere al suolo, tenendo la testa bassa.

“Aspetti, la aiuto” fece la piccola cordialmente, nonostante la precedente maleducazione subita.

“No, stai lontana dal mio denaro!” le urlò di risposta il pezzente, voltandosi un momento. Fu in quell’istante che lo riconobbe. Sotto quella finta sporcizia si nascondeva il volto dell’uomo più ricco e potente della città e piuttosto che pensare ai suoi cittadini, si fingeva povero per poter ottenere ancor di più.

“Signor sindaco… È davvero lei?”

“No, io sono un povero mendicante” finse continuando la sua disperata ricerca.

“Ma… Con tutto il denaro che possiede, perché…”

“Perché ho solo banconote! Profumatissime banconote! Ma io ho bisogno anche di questi gioiellini. Non capisci? Non ne senti il suadente odore metallico? E adesso sono mie!” fece lui con sguardo spettrale e famelico.

Allora per Caroline fu chiaro più che mai che anche quello fosse un ennesimo buco nell’acqua e si allontanò immediatamente da quell’uomo tanto avido, dirigendosi in un’altra zona della propria città. Ma anche là, la situazione non si rivelò particolarmente diversa.

“Ehi tu” sentì chiamare. Si voltò, incerta.

“Sì, parlo con te” fece un giovane senza maglietta.

“Con… me?” chiese Caroline stupita per essere stata notata per la prima volta da qualcuno. Ma quella meraviglia iniziale si trasformò in sbigottimento una volta resasi conto che quel giovane fosse praticamente nudo a zero gradi.

“E con chi se no? Quanti anni hai?”

“Dieci” rispose lei. Il ragazzo sembrò riflettere su un momento.

“Sì, dai. Si può fare”

“Che cosa si può fare?”

“Un gioco”

“Che tipo di gioco?”

“È un gioco molto speciale. Devi venire con me e…” ma si bloccò.

“Togliti di mezzo” ordinò in seguito, puntando poi davanti a sé. Si diresse verso quella che sembrava una ragazza ben vestita, con alti tacchi, calze a rete e un ombrellino che la riparava da un sole inesistente.

“Ehi, tu” fece il giovane all’orecchio della sconosciuta. Questa allora si girò, mostrandosi per quello che era realmente.

“Sì?” fece la vecchia signora, sbattendo velocemente le sue lunghissime ciglia finte. Scoprendo l’età avanzata di quella donna, il giovanotto non perse tempo e andò immediatamente via, inorridito dalla verità. Caroline pensò dunque di approfittare della situazione e provare a parlare con quella donna.

“Mi scusi, signora”

“E tu che vuoi?” rispose un po’ acidamente.

“Non è che per caso lei ha perso il suo cuore?”

“Il mio cuore? Beh, dovresti chiedere al mio chirurgo” rispose fra le risate.

“Comunque no. Non ho nulla in meno di nessuno, anzi, probabilmente ne ho due di cuori”

“Due?”

“Certo! Sono meglio di chiunque qua, sono la più simpatica, la più bella, la più ricca di tutti! Nessuno può avvicinarsi a tale perfezione e il mio corpo funziona così bene che potrei avere anche un cuore in più!”

Caroline ebbe la netta sensazione che quella vecchia donna fosse davvero convinta delle sue parole, che si credesse davvero la più bella sotto quella maschera di trucco.  

“Guarda per esempio quel mostro, così grassa e brutta. Non si vergogna di andarsene in giro in questo modo?” domandò indicando a pochi metri di distanza.

Effettivamente aveva ragione, non se ne vergognava affatto. La bambina pensò bene di allontanarsi da quell’ennesima sconfitta, per dirigersi verso quella nuova possibile speranza.

“Mi scusi, signora”

“Dimmi pure, piccolina” esortò in maniera stranamente cortese la sconosciuta che intanto si ingozzava.

“Ha per caso perso il suo cuore?”

“Ma certo che no! Però, a dire il vero… Non trovo il mio bignè. Credevo di averlo messo in tasca e invece è sparito!” disse mordendo l’ala di pollo che aveva in mano. E una volta ingoiata sembrò estraniarsi completamente dalla realtà.

“Si sente bene?” chiese Caroline inutilmente.

“Lascia stare, non può sentirti per il momento” spiegò una voce.

“E tu chi sei?” domandò la piccola accovacciandosi.

“Per mia sfortuna sono il suo animale domestico” disse il candido ermellino, osservando accigliato la donna in estasi e con la bava alla bocca.

“Lo sai che sei proprio bello? Sei molto fortunato, non ci sono molti animali come te”

“Dici? Beh, io sarei voluto essere un uccello e volare tutto il giorno. O un pesce e nuotare in libertà. Come li invidio…”

“No, non dire così!”

“E perché no? Invidio anche te, che puoi andare in giro per conto tuo senza essere trascinata da una palla di lardo” disse in modo particolarmente scontroso.

“Ma…”

“Niente ma. Sono l’essere più sfortunato al mondo. Prendi quel topo, per esempio. Ha un collare più comodo del mio!” fece notare allungando il muso in direzione del ratto domestico.

“Beh, se vuoi te lo tolgo, così non avrai più fastidio”

“Non provarci nemmeno! Il mio almeno è pieno di diamanti! Se mi togli anche questo non mi rimane più niente”

“Ma secondo me quel povero ratto preferirebbe di gran lunga essere come te”

“Non essere sciocca! Ad ogni modo, se dovessi passare di lì, mi faresti un gran favore se gli dessi un calcio. Sai, almeno così soffrirebbe più di me!”

“Ecco… okay” mentì lei, così che se ne poté andare. Era stanca di tutti quei fallimenti, ma non aveva più idea di dove cercare.

Trovò un posto isolato da tutta quella gente e prese a contemplare nuovamente quel cuore. Chi ne era il padrone? Chi lo aveva perso? Voleva tanto trovare una risposta, ma forse non l’avrebbe mai ottenuta. E intanto il cuore si contraeva, tanto da sembrar vivo. E intanto lei lo fissava, lui quasi ricambiava…

Ripensò a tutta quella gente che aveva incontrato, cercò di ricordare anche quelle persone che aveva semplicemente incrociato per strada, nel folle tentativo di capire chi non provasse veri sentimenti. Tutta la città pensava ai propri interessi, tutti pieni di emozioni che nascevano e si esaurivano in loro stessi e che non condividevano con nessuno. E capì che nessuno di loro potesse essere l’uomo senza cuore.

O forse sì…

D’un tratto piccoli e confusi ricordi cominciarono a riaffiorare, crescendo progressivamente e facendosi sempre più nitidi: era trascorso quasi un anno da quando aveva abbandonato quella parte di sé. Adesso ricordava perfettamente la scena, ma ancora non ne capiva il perché. Cominciò dunque a mangiare il suo cuore, perché era suo, lo era sempre stato, ed era giusto che tornasse da lei. E più se ne nutriva, più si sentiva male. Sì, perché ricordava quegli uomini che erano soggiogati solo dai lori interessi, che non volevano altro al di fuori del loro bene. Lacrime involontarie cominciarono a rigarle il volto, adesso finalmente ricordava perché avesse abbandonato il suo cuore. Era sola, ma nessuno se ne era mai accorto. Nessuno aveva mai badato a quella povera bambina in mezzo alla strada coi piedi nudi e sempre tremante. Nessuno aveva mai capito la sua tristezza, condiviso con lei le lacrime, ma soprattutto nessuno aveva mai donato un sorriso che ne avrebbe fatto nascere un altro.

E sempre nessuno si sarebbe mai accorto della presenza di quella bambina vestita di stracci morta per il freddo.

E per la solitudine.

 

  
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