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Autore: Abigail_Cherry    03/03/2017    1 recensioni
"Il tuo nome non ti definisce come persona. Ognuno è quello che è, indipendentemente dal proprio nome. Ed io dico che tu sei intelligente, sgargiante ed adorabile. Questo è ciò che sei."
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Capitolo 29:
Gli Amici Rimasti
                                                                                            
«Ma guarda chi c'è, la troia del quartiere. Mi spiace, non ho soldi da darti, magari un'altra volta.» E così dicendo Thomas mi sbatte la porta in faccia.
Non l'ho mai visto parlarmi così e un po' mi rattrista, ma so di essermelo meritato.
«Thomas» dico in tono serio. Nonostante la porta non alzo la voce, so che lui non si è mosso dopo averla chiusa. «Ascoltami, ti prego.»
Nessuna risposta.
«Sono venuta a scusarmi con te. Sono stata una stupida e mi manchi. Mi dispiace. Mi dispiace tanto. Avevi ragione, mi sono comportata in modo orribile con quei ragazzi e non sono stata onesta con te.»
C'è di nuovo silenzio e per un attimo penso che Thomas se ne sia andato, ma poco dopo sento la sua voce. «Non capisco come ti possa servire io. Ormai hai Colin, un ragazzo carino, che ti ama e ti ascolta.»
Esito un attimo prima di rispondere. «Colin... non è mai esistito.» La mia voce trema quando lo dico.
«Se pensi che sia una tua fantasia ti assicuro che ho visto Colin coi miei occhi ed è reale.»
«Thomas, io lo amavo davvero. È stata la mia cotta per un sacco di tempo e desideravo tantissimo avere un qualsiasi contatto con lui. Tu lo saprai meglio di me, penso di avertene parlato non so quante volte.» Sorrido. «Il punto è che una volta che i miei desideri si sono esauditi ero così felice che tutti i sentimenti che avevo provato per lui prima di allora sono riapparsi tutti in una volta e mi sono innamorata di colpo. In seguito tutto ciò che facevo era influenzato dai miei sentimenti per Colin, avrei fatto qualsiasi cosa pur di renderlo felice.» La voce mi torna tremante. «Ma poi... ho scoperto che lui fingeva. Non gli ero mai piaciuta. Per lui stavamo insieme solo per l'articolo. Certo, pensava che io lo sapessi ma...»
Thomas non mi lascia finire la frase. «Quindi ti sei pentita solo quando hai scoperto che lui non ti amava. Se lui fosse stato davvero innamorato, invece, non ti saresti pentita.»
Rimango un attimo in silenzio, sentendomi la persona più orribile del mondo. «Forse.»
Sento Thomas sbuffare. «Come immaginavo.»
Sembra che per lui la conversazione sia finita, ma non sono decisa a mollare.
«Ma probabilmente l'avrei capito lo stesso. Oggi è tornato a casa Daniel, sai? Di sicuro se non mi fossi pentita lui mi avrebbe fatto capire che ero in torto, e mi sarei ritrovata lo stesso qui, a... parlare ad una porta.» Sorrido di nuovo.
«Daniel è tornato?»
«Sì. Per una paio di settimane, poi dovrà tornare a New York.»
«Sarai al settimo cielo» il tono di voce di Thomas è più dolce adesso.
Non rispondo. Respiro solo la pace che sembra essersi creata attorno a me.
«Apri la porta, Thomas» gli dico.
Passano un paio di secondi prima che lo faccia davvero. Sta accennando un sorriso che io mi affretto a ricambiare.
«Allora? Mi aiuterai?» chiedo.
«Aiutarti?»
«Devo sistemare tutto. Mi serve un piano di azione. Mi servono idee. Le tue.»
«E dopo tornerà tutto come prima?»
«Lo spero.»
Lui sorride e mi appoggia la mano su un braccio. «Da dove iniziamo?»
 
****************
 
Devo farmi forza. Ho promesso che avrei rimesso tutto al proprio posto, quindi devo farlo.
Ho chiesto a Theo di incontrarci in qualche posto riservato, quindi abbiamo concordato di vederci di nuovo al Flybird Park.
Mentre aspetto seduta su una panchina che Theo arrivi, cerco di pensare alle parole da dirgli per lasciarlo. Non sarà facile ma devo dirglielo se voglio davvero risistemare le cose.
«Hei» mi dice lui, non l'avevo visto arrivare.
«Ciao» gli rispondo.
C'è un attimo di silenzio. «Vogliamo camminare?»
«Ehm... no.» Abbasso lo sguardo. «No, meglio rimanere seduti.»
Theo si siede affianco a me. «Qualcosa non va?» mi chiede.
«Ecco...» comincio, ma non riesco a dire altro.
Theo fa per stringermi a lui ma io mi ritraggo. «Per favore» dico. «Non rendermi la cosa più difficile.»
«O-okay» dice lui. «Dev'essere qualcosa di molto serio, allora.»
Smetto di rimuginare troppo su cosa dire o come comportarmi. Tanto lo ferirò ugualmente, non ci sono parole giuste o sbagliate.
«Theo, io non mi chiamo Erika» dico.
Lui sembra confuso. «Cosa?»
«Io ti ho mentito. Fin dall'inizio. Dovevo scrivere un articolo di giornale e per farlo mi servivi tu. Dovevo uscire con te e provare cosa volesse dire stare con un "artista".»
«C-cosa stai farneticando?»
«La nostra relazione è una menzogna. Ed hai tutto il diritto di arrabbiarti, adesso.»
«Aspetta, aspetta, aspetta.» Theo si alza dalla panchina. «Non ti chiami Erika?»
«No.»
«E stavi con me solo per scrivere un... un articolo?!» Theo sembra non crederci.
«Sì.»
«Perché dovevi scrivere di come ci si sentisse ad uscire con un ragazzo a cui piace dipingere?»
«Esatto.»
«Dimmi che scherzi, ti prego.»
«Vorrei poterlo fare.»
Theo si passa una mano sul viso e sospira. «Non so cosa pensare» dice in tono stranamente tranquillo.
«Mi dispiace.»
Lui si siede di nuovo sulla panchina, in silenzio.
Cerco di tirargli su il morale. «Theo, mi pento di ciò che ho fatto, non sai quanto. Se potessi tornare indietro non accetterei mai di scrivere questo stupido articolo. Magari in futuro ci saremmo incontrati lo stesso e avremmo passato dei bei momenti insieme. Perché tu sei un ragazzo d'oro, Theo. Ho imparato davvero a volerti bene. Mi piace la tua compagnia, sei simpatico, sensibile ed intelligente. Non erano tutte bugie i sentimenti che provavo. Non ti amo, è vero, ma ci tengo a te. Se per te va bene, possiamo restare amici, ma capirei se non volessi.»
Theo ha il viso ancora coperto dalle mani e non dice una parola, ma vedo le sue spalle cominciare a tremare. «Theo, non piangere» gli dico, accarezzandogli la schiena con una mano. «Non ne vale la pena per me.»
Passano un paio di secondi prima che lui di tolga le mani dal viso «Non sto piangendo» dice, asciugandosi le guance.
Sorrido, ma non dico nulla, continuo solo ad accarezzargli la schiena.
«La... cosa del rimanere amici...» comincia lui.
«Sì?»
«Possiamo provarci. Ma adesso ho bisogno di un po' di tempo per riflettere. Da solo.»
Lo abbraccio in modo molto goffo. «Sono felice che almeno tu sia rimasto.»
Lui non ricambia l'abbraccio, ma nemmeno si sposta.
Dopo qualche secondo lo lascio andare e mi alzo dalla panchina. «Sarà meglio che vada.» Alzo la mano in gesto di saluto e mi allontano.
Una volta uscita dal parco prendo in mano il cellulare e chiamo Daniel. «Sto tornando» gli dico. «Avete preparato un piano?»
   
 
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