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Autore: SmixaLegion    06/03/2017    0 recensioni
[Miss Peregrine - La casa dei Bambini Speciali]
Una nuova casa in Irlanda, un nuovo anello, nuove avventure e nuovi speciali.
"Eravamo partiti per l'ignoto, senza una meta ben precisa. Olive aveva fatto funzionare i motori di quel vecchio relitto su cui ci eravamo imbarcati per settimane, fino allo sfinimento. Enoch era rimasto sempre accanto a lei per supportarla, e a fine giornata di navigazione lei si accasciava sulla sua spalla ormai esausta, mentre Miss Peregrine calava l’ancora per la notte, un gesto che faceva ufficialmente terminare l’ennesima giornata trascorsa tra le acque.
Miss Peregrine, Fiona e i Gemelli si erano dati alla pesca, unica fonte di sostentamento in quel lungo viaggio che sembrava non avere fine."

Cosa accadrà ai bambini speciali di Miss Peregrine dopo essere salpati da Blackpool? Questa storia proverà a dare una valida risposta!
[Jake/Emma con aggiunte Enoch/Olive]
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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JACOB

Miss Peregrine era la prima a svegliarsi all’alba, alla stessa ora, tutti i giorni. Ogni mattina tornava umana e cominciava a programmare cosa i bambini avrebbero dovuto fare durante la giornata, cosa avrebbe dovuto cucinare per pranzo e per cena e quali faccende avrebbe dovuto sbrigare con urgenza. Nonostante fossimo ancora in navigazione, la routine da rispettare rigorosamente non era cambiata.
Il sole del mattino stava cominciando ad illuminare la sala, un nuovo giorno iniziava. Ero sempre uno dei primi a svegliarmi e uno degli ultimi ad addormentarmi e nonostante il mio sonno non fosse più tormentato dagli incubi, dovevo ancora recuperare la serenità giusta per tornare ad avere un ritmo regolare. Certe notti mi dimenavo convulsamente, scalciavo e svegliavo Emma che apriva gli occhi di colpo e mi fissava mezza addormentata, mi scusavo subito e abbassavo lo sguardo, lei non reagiva mai male, mormorava qualcosa di poco comprensibile e si limitava a stringermi a sé e ad accarezzarmi; solo così riuscivo ad appisolarmi di nuovo fino al mattino dopo.
La colazione era il pasto più importante della giornata a detta di Miss Peregrine, e su quella nave era anche il più buono, l’unica volta in cui ci era permesso consumare le provviste a lunga conservazione che avevamo comprato in un emporio a Blackpool, prima di salpare per l’ignoto.
Nessuno di noi era riuscito a scoprire da Miss Peregrine dove stessimo andando, e ognuno di noi aveva fatto ed espresso le ipotesi più assurde.
«E se ci fossimo persi?» chiese preoccupato Horace, «Non ci siamo persi, Miss Peregrine ci sta portando in un nuovo posto sicuro» rispose di rimando Emma, con una certa sicurezza.
Horace fissò me in cerca di un’ulteriore conferma, «Ma certo che non ci siamo persi!» esclamai con così poca, pochissima convinzione che Emma mi rivolse uno sguardo di disapprovazione, tirandomi leggermente la manica della camicia che indossavo.
«Siamo in acque Irlandesi» affermò Enoch con una certa sicurezza dopo essere rimasto in silenzio per tutto il tempo della colazione.
«Come fai a esserne così certo?» gli chiese Millard, Enoch girò lo sguardo verso una delle tante finestre della stanza dove facevamo colazione e non rispose, io e il resto dei bambini facemmo lo stesso e… terra! In lontananza, si poteva vedere un tratto di costa, nascosto tra le nubi.
«Avevo dei parenti lì» rispose Enoch, ma Millard e gli altri bambini erano tutti così entusiasti che, saltando di gioia, non diedero molto conto alla sua risposta e corsero subito in cabina di comando da Miss Peregrine, per capire in quale città saremo sbarcati, lasciando me, Emma, Enoch e Olive da soli. Non vedevamo terraferma da giorni, e quella visione li aveva entusiasmati.
«In quale città?» chiesi a Enoch
«Dublino»
«Li andavi a trovare spesso? Per questo ricordi così bene la forma della costa?»
Enoch sbuffò girando la faccia, segno che era restio a rispondere alle mie domande. Olive gli si avvicinò e gli prese la mano, ci fu un leggero scambio di sguardi tra di loro e solo dopo mi rispose, «La famiglia di mia madre era di Dublino».
«Dublino è sempre stata la città più bella e più popolata dell’Irlanda!» disse Olive con un sorriso stampato in volto, «Prima di entrare nell’anello di Miss Peregrine, desideravo tanto visitarla!».
Enoch la fissò, rivolgendole uno sguardo attento, «Potremo visitarla se Miss Peregrine farà un anello non troppo lontano da lì». Gli occhi di Olive si illuminarono di gioia e fece un salto sul posto «Sarebbe fantastico!» e poi gli saltò al collo, abbracciandolo.
Enoch e Olive si erano confessati i loro reciproci sentimenti da poche settimane, e sì, erano fidanzati, così mi era stato raccontato da Emma in una delle nostre tante conversazioni. Dall’imbarazzo di Enoch derivato del gesto di Olive, notai che doveva ancora abituarsi a certe esternazioni d’affetto da parte sua, ma dall’espressione felice che gli si era delineata in volto, non c’era dubbio sul fatto che gli facessero piacere.
Emma sorrise e mi prese la mano. «Andiamo anche noi da Miss Peregrine Jake, lasciamo i due piccioncini a sparecchiare la tavola!».
Senza lasciarmi il tempo di replicare, corse via trascinandomi con sé.
Raggiungemmo la cabina di comando, dove tutti accerchiavano Miss Peregrine entusiasti.
«Stiamo per sbarcare, stiamo per sbarcare!» saltò di gioia Claire.
«Meta di sbarco, Wicklow!» ci disse Millard.
«Wicklow?» chiese Emma dubbiosa, rivolgendosi a Miss Peregrine.
«Sì Emma, Wicklow, una delle più rinomate contee d’Irlanda per la bellezza dei suoi paesaggi, da sempre. Lì saremo al sicuro.» le rispose Miss Peregrine rivolgendole un sorriso.
Se saremo stati al sicuro al cento per cento non poteva di certo saperlo, ma rassicurare i bambini e anche noi più grandi era suo compito, quindi evitai di chiederle ulteriori informazioni sulla sicurezza del luogo rischiando di turbare i più piccoli con i miei dubbi.

OLIVE

Strinsi le mie braccia attorno al collo di Enoch e quando Emma e Jacob andarono via da Miss Peregrine, fece lo stesso anche lui, stringendomi a sé.
«Non sapevo volessi visitare Dublino» mi disse guardandomi con quegli occhi che amavo da sempre, così scuri e tanto, tanto espressivi, «Era… era un sogno Enoch, un sogno impossibile, lo sai meglio di me che l’anello temporale ha costretto ognuno di noi a riporre i propri desideri in un cassetto, per questo non te ne ho mai parlato...» dissi abbassando lo sguardo.
«Visiteremo Dublino Olive, te lo prometto», mi strinse ancora più forte sporgendosi verso di me. D’istinto mi baciò, e mentre ricambiavo timidamente, sorridevo e soffiavo leggermente sulle sue labbra, un po’ per l’imbarazzo che provavo sempre quando faceva gesti così espliciti e diretti, un po’ perché il pensiero di un giorno intero in visita in un posto che non avevo mai visto, mi rendeva estremamente felice, e pensare che l’avrei fatto con la persona che amavo rendeva il tutto ancora più speciale.
«Sai, credo che toccherà davvero a noi sistemare la confusione della colazione» gli dissi sorridendo. Ci separammo dal nostro abbraccio, lui annuì e sistemammo velocemente la confusione che i bambini avevano fatto a colazione, poi decidemmo di andare anche noi da Miss Peregrine per scoprire dove saremo sbarcati.

EMMA

Saremo al sicuro
Che saremo stati al sicuro per sempre mi era stato già ripetuto tante, tantissime volte da Miss Peregrine, per lunghi e interminabili anni nella casa a Cairnholm. Mi ero rassegnata a una vita eterna dentro quell’anello nel Galles, per un periodo, a una lunga attesa nella speranza che Abe -il mio amato Abe- tornasse da me. Ciò non era accaduto. Dopo anni di lacrime versate silenziosamente la notte sul mio cuscino, un ragazzino che gli somigliava tremendamente aveva dato una scossa a quella vita che ormai scorreva monotona. Un ragazzino -suo nipote- che, con il tempo, avevo scoperto essere forte la metà di quanto lo era Abe e coraggioso il doppio. 
Il mio rapporto con Abe non era mai stato facile, lui era sempre stato assente, sempre con la mente altrove. Un’infanzia passata a scappare dai nazisti e dai vacui lo avevano segnato nel profondo e gli avevano impedito di stringere legami profondi con le persone, era sempre sfuggente, anche con me. I gesti d’affetto da parte sua erano rari, le dediche d'amore non esistevano, ma l’amavo comunque, oh quanto lo amavo.
Con me e i bambini alla casa si era sempre trovato bene, dopo qualche anno trascorso con noi sembrava aver riacquistato un po’ di serenità, ma quando capì di avere l’opportunità di poter combattere i nazisti e gli spettri in guerra non ci pensò due volte ad andare via.
La notte prima che partì, andammo nel nostro posto segreto, una secca in mezzo al mare dove eravamo soliti scappare quando in casa c’erano tensioni con Miss Peregrine. Restammo lì ore e ore, a parlare, ad abbracciarci, a baciarci. Mi fece tante promesse, mi disse che dopo la sua partenza mi avrebbe scritto ogni giorno, che sarebbe rimasto in contatto con me sempre e che un giorno l’avrei raggiunto nella vita reale, fuori dall’anello, e mi avrebbe sposata. Sotto un cielo sereno e buio, tempestato di stelle, con la brezza marina che sfiorava i nostri corpi, facemmo l’amore, per la prima volta nella nostra vita. Credevo che il dolore e le lacrime di quella notte sarebbero bastate a farlo tornare, credevo che condividendo con lui un momento così speciale, così intimo, non mi avrebbe mai abbandonata, e invece mi sbagliai. Attesi invano, per anni. Le sue lettere diventarono sempre più rare, le attese di risposte sempre più lunghe. Fu la sua ultima lettera a spezzarmi il cuore, a dilaniarmi l’anima, allegò una foto dove aveva poggiata sulla spalla una bambina: era sua figlia. Urlai così forte che attirai l’attenzione di tutta la casa, Miss Peregrine corse subito da me e fu lei a consolarmi per settimane mentre l’abbracciavo tra le lacrime.
Avevo sofferto per anni e anni e quando mi ripresi giurai a me stessa che mai più avrei avrei donato tutto ciò che ero a qualcuno; poi era arrivato Jake, e le mie certezze avevano ricominciato a vacillare. Tutto il dolore che avevo provato per Abe, dopo la notizia della sua morte era scomparso con lui.

«Emma?»
La voce di Jake mi riportò alla realtà.
«Sì?»
«Avevi lo sguardo nel vuoto, c’è… c’è qualcosa che non va?»
«Va tutto bene Jake, stavo solo pensando».
Non mi chiese a cosa stessi pensando, era timido, e con me era sempre così cauto, attento e rispettoso. Lo apprezzavo tanto. Si limitò a un sorriso accennato, nel tentativo di rassicurarmi.
«Bambini miei, recuperate attentamente tutte le vostre cose e raggruppate le scorte che ci sono rimaste, stiamo per sbarcare».
Furono queste le ultime parole di Miss Peregrine, che segnarono l’inizio di una nuova vita.

  
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