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Autore: usotsuki_pierrot    09/03/2017    1 recensioni
Piccola ff incentrata su Kaguya, l'oc di una mia cara amica, la stessa che ha creato Hitomi. Allieva di Kakashi Hatake, riuscirà a superare lo sconforto dovuto alle condizioni in cui versa proprio il suo sensei, a seguito del suo scontro con Itachi?
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"Kaguya non voleva questo. Non voleva far preoccupare nessuno, non voleva essere un peso. Avrebbe solo voluto che la lasciassero sola, insieme a Kakashi, per tutto il tempo che gli sarebbe stato necessario per risvegliarsi. Perché si, quel giorno sarebbe arrivato, lo sapeva benissimo, ne era convinta."
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kakashi Hatake, Nuovo Personaggio, Sakura Haruno | Coppie: Sasuke/Sakura
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Naruto prima serie
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PREMESSA
Buonsalve a tutti! Dunque, queste ff di Naruto mi stanno prendendo parecchio, ma questa volta non ho incentrato la storia sulla mia oc Yami, bensì su quello della mia cara amica Melissa (Heartspowl su efp e Heartspowl's Art su facebook), che sta passando un periodo non proprio dei migliori e a cui volevo ancora una volta dedicare qualcosina, un piccolo regalino. E quale modo migliore se non scrivere una storia incentrata sulla sua bellissima Kaguya, poco dopo il primissimo scontro tra il suo sensei Kakashi e Itachi? Non sono di certo io a dovervi spiegare il suo passato, o la sua storia in generale, vi basti sapere che ha due anni in più di Naruto e degli altri.
Non voglio trattenervi oltre, spero solo che questa ff piaccia sia a voi, sia e soprattutto a lei.
Oh, questa storia contiene anche degli accenni alla SasuSaku.
Buona lettura :3


Kaguya camminava distratta per le strade di Konoha. Il suo passo era lento, quasi trascinato, gli occhi azzurro cielo fissi a terra, i lunghi capelli fluenti venivano mossi dal leggero vento di quella mattina.
Attorno a lei, gli abitanti del Villaggio si impegnavano come non mai a ricostruire le case andate distrutte, a ridare vita a quello che purtroppo era stato devastato a seguito dell’attacco a tradimento da parte della Sabbia e del Suono, durante l’esame da Chunin, alla quale aveva assistito.
I rumori divenuti in quei giorni incessanti dei lavori, del chiacchiericcio di giovani e non, delle voci dei bambini che finalmente ricominciavano a frequentare l’Accademia e correvano per le vie del Villaggio - aiutando quando possibile nelle opere di ricostruzione - si alzavano al cielo, donando a Konoha un’atmosfera di pace e solidarietà, in contrasto con il suo aspetto e la situazione in cui versavano sin dalla morte del Terzo.
La ragazza non osava alzare lo sguardo, non aveva la forza di farlo. E purtroppo, la causa non era solamente il caos e la sensazione di distruzione che aleggiava nella sua anima alla sola vista delle abitazioni ridotte in quel deplorevole stato.
In quei giorni, purtroppo, la sua mente era distratta, completamente assente, a malapena era in grado di formulare pensieri che avessero un senso compiuto, e quando vi riusciva, il tutto nella sua testa si riconduceva a Kakashi.
Kakashi Hatake, il suo sensei, caduto in coma non avrebbe nemmeno lei saputo ricordare quanto tempo prima. Erano passati… quanti? Pochi giorni? Settimane? Un mese? Non ne aveva più la minima idea.
Si era lasciata completamente andare. Faticava ad alzarsi la mattina, a mangiare, a stare concentrata.
Ogni giorno si recava all’ospedale, entrava nella stanza in cui era stato portato Kakashi, che steso sul letto non rispondeva a nessun segnale, a nessuno stimolo. Il suo sguardo era vuoto, gli occhi non emanavano più nessuna luce, non muoveva un muscolo, non parlava. Sembrava morto.

Quel pomeriggio Kaguya si stava giusto dirigendo verso l’edificio che fungeva da ospedale, percorrendo lo stesso tragitto del giorno prima, di quello precedente e di tutti quelli che si erano susseguiti da quel fatidico scontro.
La ragazza dai lunghi capelli arancioni ancora ricordava, nonostante la sua mente facesse quasi fatica a funzionare correttamente, il viso di Kurenai-sensei e di Asuma-sensei quando, con un tono colmo di sconforto, le si erano avvicinati e, la prima inginocchiata di fronte a lei, il secondo con una mano sulla sua spalla, le avevano riferito le condizioni in cui Kakashi era caduto.
Da quel momento, quelle frasi traboccanti di disperazione pronunciate dai due, che non osavano nemmeno guardarla in faccia, risuonavano nella sua testa, riempiendo il suo cervello, rendendole impossibile anche solo fare una passeggiata per prendere una boccata d’aria fresca senza che le lacrime le si accumulassero alla base degli occhi, appannandole gradualmente la vista.
I suoi passi risuonavano lenti nel corridoio dell’edificio, in cui era appena entrata. Un lievissimo sorriso le compariva sul volto ogni qualvolta qualcuno la incrociava, salutandola, con un’espressione comprensiva e piena di pietà e compassione per lei; un sorriso forzato, che aveva l’unico scopo di cercare di tranquillizzare gli abitanti del Villaggio che tentavano in ogni modo di starle vicino. Kaguya non voleva questo. Non voleva far preoccupare nessuno, non voleva essere un peso. Avrebbe solo voluto che la lasciassero sola, insieme a Kakashi, per tutto il tempo che gli sarebbe stato necessario per risvegliarsi. Perché si, quel giorno sarebbe arrivato, lo sapeva benissimo, ne era convinta. Sentiva dentro di sé che non avrebbe nemmeno dovuto aspettare tanto. Ma allora, perché ogni volta che varcava la soglia della porta della camera del suo sensei, sentiva il peso all’interno del suo petto diventare sempre maggiore, fino a bloccarle quasi il respiro, oscurando i polmoni e togliendole aria? Perché ogni volta che si avvicinava al letto su cui Kakashi era disteso, inerme, completamente assente, sentiva qualcosa bloccarle la gola, una sensazione di bagnato negli occhi, sulle guance, un sapore amaro in bocca?
Furono esattamente quelle, di nuovo, le emozioni che la assalirono quando, anche quel giorno, aveva aperto la porta, restando per qualche minuto sulla soglia, osservando il corpo addormentato del grigio.
Con una mano stretta a pugno sul petto, si era morsa di poco il labbro, richiudendosi la porta alle spalle per evitare che qualcuno potesse disturbarli. Sentiva gli occhi pizzicare senza sosta ma si era ripromessa che non avrebbe pianto, non quella volta, non davanti a lui.
Si avvicinò a passi lenti e incerti al letto, si sedette sul piccolo sgabello messole a disposizione dagli infermieri, che la vedevano ormai tutti i giorni quasi alla stessa ora accanto all’uomo e avevano deciso di renderle la visita quantomeno più confortevole. E nonostante quello sgabello non fosse dei più comodi, a Kaguya non importava, anzi, era riconoscente per quel gesto così improvviso. Dopotutto, nelle condizioni in cui il Villaggio si era ritrovato, azioni come quella non erano mai da dare per scontato.
La ragazza dai capelli arancioni si mise il più comoda possibile, posò gli occhi sul volto addormentato di Kakashi, occhi che rimasero a guardarlo, immobili, tentando ancora con sforzi disumani di non essere inondati dalle lacrime che minacciavano di salire. La mano di lei si allungò sulle coperte, sulle quali erano state adagiate per lungo le braccia dell’uomo. Le dita sottili della ragazza si posarono sull’avambraccio di lui, scendendo con delicatezza, quasi come se il minimo movimento brusco l’avesse potuto rompere in mille pezzi.
Lentamente, le dita femminili scesero, accarezzando con dolcezza il dorso della mano di Kakashi, fredda, ma non troppo; il che fece tirare un sospiro di sollievo alla kunoichi che successivamente vi posò l’intero palmo.
Lo sguardo dagli occhi azzurri si fermò sulle dita del sensei, mentre le sue iniziavano ad accarezzare con gentilezza quella pelle dall’aspetto così fragile.
L’allieva si sporse lievemente su di lui, senza imprimere troppa pressione sulla sua mano, e chiuse gli occhi stampando un dolce bacio sulla fronte dell’uomo. Niente, ancora nessuna risposta. Nessun movimento. Nessun cenno di vita.
La ragazza si sentì nuovamente mancare l'aria, in quella piccola stanza che di tanto in tanto le dava una sensazione di soffocamento, che a dir la verità non sapeva se ricondurre proprio alle dimensioni del luogo o piuttosto al macigno che le pesava sul petto.
Inspirò, tentando di incamerare quanta più aria possibile. Espirò, chiudendo gli occhi e posandosi la mano libera a livello dei polmoni.
Fu nel momento in cui quel lungo tentativo di riprendere il controllo sulla propria respirazione finì, che la sua mente venne bombardata da immagini e ricordi. Di lei e Kakashi. Della prima volta che si erano visti. Della prima volta che si erano guardati dritto negli occhi, sorridendo entrambi, lei timidamente, lui sotto la maschera. Si ricordava ancora in quel momento, come se fossero passati solo un paio di giorni, dei primi allenamenti alla quale l'uomo l'aveva sottoposta. E l'espressione stupita che si impossessò del suo viso alla vista della ragazza che eseguì quasi immediatamente senza difficoltà le prove e gli esercizi assegnatole.
Aveva ancora ben impressa nella memoria l'immagine vivida e limpida della mano di Kakashi che le si posava sulla testa, accarezzandole i lunghi capelli arancioni, scompigliandoglieli a tratti e facendole comparire sul viso un'espressione imbronciata. La risata lieve del maestro risuonava nelle sue orecchie, quella risata che fino a qualche tempo prima la irritava; "perché sta ridendo adesso? Non l'ho fatto bene? Cosa c'è che non andava? Mi sta prendendo in giro?". A ripensare alle paranoie che si faceva per un semplice sorriso di Kakashi, si vergognava all'istante. Sarebbe tornata indietro volentieri, pur di risentire ancora una volta la sua voce. Quella voce che con tono tranquillo, pacato, incomprensibile a volte, che si complimentava con lei, la cullava quando non riusciva a dormire, la rilassava quando era troppo arrabbiata o nervosa per continuare gli allenamenti, la faceva stare bene.
"Sono stata proprio una stupida", disse con la voce bassa, rotta dai singhiozzi che si stavano impadronendo del suo corpo. Le lacrime iniziarono a scendere, senza pietà, velocemente. Gli occhi azzurri fissavano le coperte bianche che venivano gradualmente bagnate dalle gocce che cadevano dal suo viso. Il respiro si fece irregolare, e la ragazza si piegò in avanti, poggiando la fronte sul petto semi coperto dell'uomo, incrociando le braccia intorno alla sua testa per poter silenziare in un qualsiasi modo i singhiozzi.
Rimase lì a piangere per minuti interi, senza sosta, e ringraziò mentalmente di aver chiuso la porta.
Si sarebbe scusata con i medici per le coperte rovinate e bagnate che avrebbero sicuramente dovuto cambiare, ma in quell'istante non le importava.
'Per favore… Qualcuno…'.

"Kaguya-san..?". Una voce bassa, appena udibile, si fece spazio nel rumore provocato dai singhiozzi.
La ragazza si voltò, cercando di asciugare con il dorso della mano il viso rigato dalle lacrime. Non che nasconderle sarebbe servito a qualcosa ormai, ma voleva darsi almeno un contegno per quell’ospite inaspettato.
Si voltò fingendo un sorriso forzato, che scomparve quando si ritrovò davanti agli occhi Sakura, sulla soglia della porta, con in mano un piccolo fiore.
“Sakura-chan!”.
La rosa le concesse un sorriso delicato, avvicinandosi a passo lento verso il letto del sensei, chiudendosi ma non del tutto la porta alle spalle e fermandosi in piedi accanto alla kunoichi.
“Come sta..?”, chiese con un tono basso, sofferente, con il viso rivolto all’uomo steso sul lettino.
Kaguya restò a guardarla per qualche istante, poi distoglie nuovamente lo sguardo, posandolo sul corpo di Kakashi. Sapeva che non sarebbe riuscita a reggere quegli occhi verdi, che l’avrebbero sicuramente tenuta sotto controllo per tutto il tempo.
La ragazza si lasciò sfuggire un sospiro profondo. Portò nuovamente la mano ad appoggiarsi con delicatezza su quella del sensei.
La rosa sorrise lievemente a quella scena, un sorriso che nascondeva un misto di compassione e tristezza. Strinse le mani intorno al piccolo vaso che conteneva il fiore che aveva portato, nel momento in cui l’arancione, con un lieve cenno negativo del capo, sussurrò un ‘ancora niente’.
Kaguya si voltò verso la ragazza accanto a lei, con gli occhi appena socchiusi, colmi delle lacrime che quella volta stava riuscendo, a fatica, a trattenere. Il labbro della più grande tremava, ma era curvato in un lieve sorriso, tradito dall’espressione decisamente poco convincente e da quei pezzi di cielo che minacciava una tempesta.
La rosa posò il vaso sul comodino di fianco al letto, e si inginocchiò accanto allo sgabello su cui era seduta l’amica, guardandola negli occhi. Allungò una mano verso di lei, mano che si posò gentilmente sulla sua guancia ancora bagnata. Con il pollice prese ad accarezzarle la parte superiore di quella stessa guancia, sotto all’occhio che istintivamente si chiuse, per asciugare o perlomeno diminuire le tracce di quelle lacrime che fino a pochi istanti prima scendevano a fiumi. Kaguya si lasciò scappare un sorriso sincero a quel gesto e posò la mano sulla sua, abbassandogliela.
“Non ti devi preoccupare, Sakura-chan… Piuttosto...”. La ragazza si voltò verso il comodino, osservando il fiore portato dall’amica.
“Quello è per Sasuke, vero?”.
Il corpo della rosa si irrigidì per qualche istante. Distolse lo sguardo, sorridendo tristemente, gli occhi posati a terra, che non avevano più il coraggio di guardare quelli blu della kunoichi. Si limitò ad annuire, mordendosi istintivamente il labbro, gesto di cui Kaguya si accorse immediatamente.
Quest’ultima continuò a fissare il viso di lei, mantenendo un tono serio in cui si mischiava una punta di tenerezza.
“Come sta lui?”.
La ragazza scosse lievemente la testa, senza dire nulla. La più grande, a quel punto, decise di continuare il discorso.
“Ti vedo tutti i giorni qui… Vedo che siamo sulla stessa barca, Sakura-chan...”.
La più piccola questa volta annuì, lasciandosi scappare una leggera risata colma di sconforto, che voleva ingannare lo stato d’animo di profonda tristezza in cui era caduta da quanto Sasuke era stato ferito.
Kaguya conosceva quella risatina poco convinta, fin troppo.
“Deve essere dura per te… Vedere Sasuke in quelle condizioni...”.
La rosa si passò il dorso della mano sugli occhi, come aveva fatto lei qualche minuto prima, e iniziò a parlare, la voce che tremava.
“Spero che si riprenda presto… Vengo qui ogni giorno, ma… è difficile...”.
La più grande allungò una mano verso di lei, per accarezzarle i capelli corti. Non disse niente, decise di rimanere in silenzio e di rispettare i suoi sentimenti, il suo stato d’animo, le sue lacrime.
Prese a piangere, silenziosamente, singhiozzando, le spalle tremarono mentre cercava di trattenersi, portandosi una mano sulle labbra per non far trapelare nessun rumore.
“K-Kaguya-san...”. Si buttò in meno di un minuto tra le braccia della più grande, che si alzò e la strinse come meglio poté, passando una mano tra le ciocche colorate e portando l’altro arto ad avvolgerle le spalle.
“Io lo amo, Kaguya-san..!”. I singhiozzi si fecero sempre più forti, sempre più prepotenti, e Sakura non riuscì a trattenersi ulteriormente, stringendosi al petto della maggiore.
Quest’ultima intanto volse lo sguardo a Kakashi, che ancora non dava nessun cenno di vita, e con un’espressione triste, tra le lacrime dell’amica, sussurrò un ‘lo so, Sakura-chan… Lo so...’.

   
 
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