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Autore: nitin    09/03/2017    1 recensioni
Questa Klance si articola in sms, di tanto in tanto interrotti da qualche spiegazione giusto per far capire che, in realtà, c’è un filo logico dietro a questa trashata.
-
Cosa diamine era successo, la sera prima…?
31/03
11:04
“Appena puoi, dimmi se ti senti meglio.”
11:04
“Bellissima dichiarazione, comunque. Dovresti fare il poeta.”
11:04
“Adesso vado a dormire. Vedi di non chiedermi di sposarti in questo lasso di tempo.”
Genere: Angst, Comico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Lo ammetto: sono troppo felice di questo capitolo.
Ho aggiunto un po’ di aneddoti e dettagli su Cuba e su dove abita Lance, ho aggiunto – finalmente – il personaggio di Hunk, ho accennato a Shiro…
E ho sganciato una bomba, anzi, due bombe, alla fine.
(Marika, questo è per te.)
Buona lettura!
 
CAPITOLO 5
 
22/04
08:24
“Buonasera!! ♡”
08:24
“Buongiorno a te. Hai dormito bene?”
08:25
“Benissimo, a dire il vero!! Anche se ora devo andare al lavoro e non ne ho voglia per nulla… Ma per un po’ di soldi farei di tutto, in questo periodo!”
08:25
“E tu come sei stat* oggi? Hai studiato?”
08:26
“Ho avuto una lezione. Neurochimica. Da spararsi.”
08:26
“Immagino!!!”
08:26
“Adesso preparo i pancakes per i miei fratelli e mia madre, così poi raggiungo mio padre al supermercato!”
08:28
“Io finisco di leggere questo capitolo e vado a dormire.”
08:30
“Cosa stai leggendo?”
08:31
“’Il Vecchio e il Mare’ di Hemingway. Non mi aspetto che tu lo conosca, è una delle tante cose depresse che amo leggere.”
08:32
“Di che parla??”
08:36
“Si ambienta a Cuba. Fondamentalmente è un’allegoria sull’uomo che non riesce a raggiungere la soddisfazione. Parla di un vecchio che va a pescare ma non riesce a prendere neppure un pesce.”
 
La felpa che Lance stava tenendo in mano scivolò dalle proprie dita quando lesse la prima frase. Stava leggendo un libro ambientato a Cuba! Ambientato nella propria terra! Oh, quanto avrebbe voluto dirglielo…
 
08:38
“Conosco Hemingway! Sai che gli si attribuisce l’invenzione del mojito?”
08:40
“Non mi aspettavo una così grande conoscenza dell’autore, da parte tua.”
08:40
“E di questi dettagli così importanti, poi.”
08:40
“Sono molto impressionat*.”
08:41
“Non prendermi in giro!! Il mojito è buonissimo.”
 
E Lance lo sapeva bene, perché… Beh, era di Cuba. Patria del rum e della canna da zucchero. Patria del mojito. E lui se ne intendeva.
 
08:45
“Adesso vado a dormire, mi si chiudono gli occhi. Passa una bella giornata.
08:45
“E tu dormi bene!! Buenas noches, Rayo de Sol ♡”
 
Erano passati appena un paio di giorni dalla confessione di quella persona sui suoi genitori, ma non ne avevano più parlato. Lance non voleva tirare fuori argomenti che potessero anche solo lontanamente renderl* triste.
Ma lui ci aveva pensato. Eccome se ci aveva pensato.
Aveva pensato a come aveva risposto a quel messaggio, “Forse avrei dovuto dirgli qualcosa in più?”, “Forse avrei dovuto mostrarmi più dispiaciuto?”, “Forse avrei dovuto chiedere più informazioni, farl* sfogare?”, questo aveva pensato Lance.
Ma come mai avrebbe potuto reagire ad una notizia così orribile?
Non tanto per la morte in sé per sé dei suoi genitori, perché l*i non li aveva mai neppure conosciuti, quindi non ci era rimast* male… Quanto per la sua situazione attuale. Viveva in un collegio di orfani, maledizione.
E Lance si era andato ad informare: fino alla maggiore età si poteva trovare una famiglia in affido, ma dopo… Dopo i ragazzi dovevano cavarsela da loro, trovare un appiglio, un lavoro, crescere da soli. E nessuno aveva mai adottato Raggio di Sole.
Ogni volta che ci pensava, stringeva i pugni.
Come potevano non prendersi cura di l*i? Come potevano non volere bene ad una persona così dolce, anche se fragile?
Ci riusciva Lance a migliaia di chilometri di distanza e non ci riusciva nessuno di vicino a l*i? Ma erano stupidi?!
In ogni caso, non c’era molto che potesse farci. Parlare con l*i al telefono, farl* distrarre e sfogare era tutto ciò che poteva fare. Ma avrebbe voluto fare molto, davvero molto di più.
 
La mattinata trascorse velocemente: al supermercato non venivano poi molti clienti, perché quella zona non era esattamente abitata.
Era vero, abitava a Varadero, una località turistica meravigliosa… Ma lui abitava in periferia di Varadero.
Varadero era una specie di striscia di terra, una lunga penisola che si staccava dall’isola di Cuba, e lui abitava vicino alla terra vera e propria, vicino ad una cittadina di nome Santa Marta.
Era un bel posto, lo era davvero, ma lo era per quelli che stavano bene economicamente, non per quelli come Lance che era già tanto se riuscivano a mangiare la sera.
Per questo motivo Lance era parecchio magro: non tanto perché mangiasse poco, ma perché raramente gli veniva fame. Era una persona allegra, ma fondamentalmente era uno di quelli che ridevano per non piangere.
 
Uscito dal lavoro, si prese giusto un panino per arrivare a fine giornata, e in bici si avviò verso casa di Hunk.
Hunk era il proprio migliore amico, anzi, più di questo: era come un fratello, ormai, come Dom, come Lucil, come il piccolo Adrian.
Hunk abitava nel centro di Santa Marta, ma in bici ci volevano solo una ventina di minuti in bici quando partiva dal supermercato del padre.
Quel giorno, però, pioveva.
A dire il vero pioveva spesso, a Cuba, soprattutto in quei mesi di passaggio tra l’inverno e l’estate, e quando pioveva… Pioveva forte.
Non faceva freddo, quello mai, ma era difficile andare per le strade quando tutte le macchine – che già non seguivano tragitti ordinati di loro – si impilavano l’una dietro l’altra, quando i suoni dei clacson lo facevano sobbalzare sul sellino della bici.
Ma arrivò comunque sano e salvo a casa dell’amico.
« Ay, mi amòr. » scherzò Hunk, accogliendo l’amico fradicio in casa. I capelli di Lance si erano tutti premuti sulla sua fronte ambrata, la sua felpa grondava acqua da tutte le parti, così come i pantaloncini neri lunghi fino alle ginocchia.
Ma nulla gli impedì di sorridere all’amico.
« Hola hola, hermano. » esclamò, battendo un pugnetto sull’ampia spalla dell’amico.
Hunk non era di Cuba. Lui era originario di Apìa, la capitale delle isole Samoa, al largo delle coste dell’Australia. Era davvero divertente sentirlo parlare la sua lingua originaria con sua madre: Lance non capiva davvero nulla, ma Hunk gli aveva insegnato qualche parola divertente come “faamolemolecalecal”, che significava “per favore”. Era davvero una lingua buffa.
Lance si asciugò, Hunk gli prestò qualcuno dei suoi – enormi, per Lance – vestiti, che furono tuttavia capaci di riscaldarlo un po’.
Hunk aveva comprato un nuovo videogioco, quindi passarono praticamente tutto il pomeriggio a giocarci. Ma Lance era scarso, ai videogiochi, quindi moriva sempre.
E si arrabbiava, eccome se si arrabbiava! Ma Hunk si divertiva tantissimo a vederlo gridare in spagnolo contro lo schermo della tv, quindi continuava imperterrito ad ammazzarlo a tradimento.
« Dai, Lance, ma che hai per la testa? Sarai morto tre volte nel giro di un minuto! Sei forse innamorato?! » esclamò Hunk, ridendo… Ma smise di ridere quando Lance non gli rispose. Di solito, Lance rispondeva alle provocazioni.
Ma non questa volta… Perché c’era un motivo se era andato a casa di Hunk.
« Bro, ti devo parlare. » iniziò il castano, ma non ebbe neppure il tempo di parlare.
« Oddio, di cosa? Ti sei innamorato?! Ti sei fidanzato?! »
« Lasciami parlare! » esclamò, guardando l’ora. Erano le cinque e mezza del pomeriggio. Solitamente Raggio di Sole gli scriveva verso le sei e mezza… Quindi aveva un po’ di tempo per raccontare tutto a Hunk. E lo fece. Fin dall’inizio.
 
« Quindi, aspetta… » alla fine del racconto, Hunk era confuso. Lance gli aveva detto tutto, gli aveva detto di Principessa/Raggio di Sole, gli aveva detto di come avevano iniziato a parlare, del fatto che non si fossero detti nulla l’uno dell’altr*, dei suoi attacchi di panico, dei suoi genitori… E, infine, del fatto che a Lance piacesse da morire, quella persona.
« Hai una cotta per una persona di cui non sai né nome né sesso né dove abiti? » gli chiese l’amico, e Lance annuì gravemente, seduto a gambe incrociate sulla grande sedia girevole, mentre Hunk stava seduto sul letto.
« Sì. E anche parecchio. Penso che abiti a tantissima distanza da qui, perché il fuso orario è completamente sballato… Ma non mi dice neppure che ore sono da lui-slash-lei, perché non vuole che io sappia dove abito. » sussurrò Lance, stringendosi nelle esili spalle del colore dell’ambra.
« Bro, questa è una cosa malata. » fu il commento di Hunk, e il castano non poté che dargli ragione. Era da psicopatici, da alienati, ma non poteva farne a meno.
« Lo so, Hunk, ma… Non capisci. Io vorrei essere sempre lì per Raggio di Sole… Vorrei andare da lui-slash-lei, dargli, o darle, tutto ciò di cui ha bisogno, portarlo, portarla via con me, a vivere qui con me… » Lance sospirava e sospirava, guardando la pioggia che ancora cadeva fragorosa fuori dalla finestra.
Hunk rimase in silenzio per qualche secondo.
« Ma così non sarai mai felice… Quando mai potreste vedervi? » gli chiese, e il castano scrollò la testa.
« Non lo so. So solo che tra un po’, non so quando, sarà maggiorenne, quindi uscirà dall’orfanotrofio. Magari potrei dirgli, o dirle, insomma, di venire qui a Cuba? Pensi che lo farebbe? » Lance sperava in un sì. Ci sperava da morire.
« Chiederesti ad una persona che non sa nulla di te di fuggire per amore e di correre tra le tue braccia? Lance, sii realistico… » Hunk era stato crudele. Ma aveva ragione.
« Ma… Io non riesco ad allontanarmici, sto male solo al pensiero… » Lance aveva le lacrime agli occhi. Non era una novità, piangeva spesso, anche per motivi di cuore, quando le ragazze lo rifiutavano… Ma raramente nella propria vita si era sentito così male. Così bloccato in quel mondo.
« Magari… » continuò il castano, asciugandosi gli occhi azzurri « Magari potrei mettermi da parte dei soldi! Nel frattempo impareremo a conoscerci e ci diremo tutto, i nomi, i sessi, dove abitiamo, e poi ci vedremo! »
« Stai sognando ad occhi aperti. E non pensare che io condivida quest’idea: è da pazzi, e penso che tu dovresti allontanartene subito. » Hunk soffiò, e Lance lo guardò demoralizzato come poche volte in vita propria… Ma Hunk riprese: « Tuttavia… Tu sei come un fratello, per me. E se parlare con una persona sconosciuta ti rende così felice, allora io sono felice per te. »
Lance scese dalla sedia girevole, stringendo tra le braccia il corpo robusto e morbido dell’amico, come a ringraziarlo mentre cercava conforto.
Aveva bisogno di qualcuno che lo appoggiasse.
Aveva bisogno che quel qualcuno fosse Hunk.
Poi, magari, ne avrebbe parlato anche alla piccola Pidge.
 
Quando Lance tornò a casa, sempre ben custodito dai vestiti di Hunk, aveva smesso di piovere. Mise i propri vestiti ad asciugare, e si sdraiò sul letto con il telefono tra le dita. Era quasi ora. Era decisamente quasi ora. Era…
 
18:35
“Buongiorno.”
18:35
“Principessa!!!”
18:36
“Ah, siamo tornati a Principessa? Ottimo.”
18:36
“Sì!!! Hai dormito bene??”
18:37
“Vorrei dire di no, ma… Ho dormito benissimo.”
18:37
“Menomale, menomale!!!”
18:37
“Io sono appena tornat* da casa di Hunk!!! Oggi diluviava, quindi mi sono infradiciat* in bici… Ma gli ho parlato di te!!”
18:41
“… Cosa?”
18:41
“Cosa gli hai detto? Perché gli hai parlato di me?”
18:42
“Gli ho detto che ho conosciuto questa persona dolcissima per caso e che ho iniziato a parlarci per tre settimane di seguito!! E gli ho raccontato un po’ di cose di te!”
18:43
“Perché?”
18:43
“Perché sei parte della mia vita ormai!!”
18:43
“Ha detto che siamo pazzi perché non ci incontreremo mai ma io gli ho detto che non è vero e che ci vedremo quando uscirai dall’orfanotrofio e allora lui ha detto che è contento per me ??? e nulla di più!”
18:45
“Oh…”
18:45
“Ne sono felice. Davvero.”
18:45
“Davvero?”
18:45
“Davvero.”
18:45
“Anche io ho parlato di te a un mio amico. Cioè, al mio unico amico, a dire il vero. Si chiama Shiro.”
18:46
“Sul serio??? Che gli hai detto?”
18:46
“Praticamente tutto di te.”
18:46
“Tipo??”
18:48
“Tipo che sei dolce, che mi fai divertire e rilassare, che mi piace parlare con te. Mi ha detto le stesse cose che Hunk ha detto a te, praticamente. Mi ha detto che aveva notato di avermi visto più seren*, in questi giorni.”
18:48
“Quindi, sì, che mi fai stare bene. Gli ho detto questo.”
 
Lance aveva le braccia strette attorno al cuscino, il telefono stretto tra le dita, la pancia magra premuta contro il materasso… E un sorriso enorme sulle labbra.
L* faceva stare bene.
Ne era felice da morire.
Ma non avrebbe menzionato ciò che provava per l*i. Avrebbe rovunato tutto, se l’avesse fatto, questo era sicuro, perché entrambi avrebbero solo sofferto ancora di più. L’amicizia era un conto, ma una relazione… Dio, quella sì che li avrebbe distrutti. E poi, non poteva stare con qualcuno di cui non sapeva nulla.
Prima, avrebbe voluto scoprire tutto di l*i.
 
18:50
“Anche tu mi fai stare bene…”
18:51
“Sono felice anche di questo.”
18:52
“Uh… Raggio di Sole?”
18:52
“Sì?”
18:52
“Voglio sapere qualcosa di te…”
18:53
“No.”
18:54
“Ti prego! Solo… Se sei un maschio o una femmina! Per favore, non il nome, non dove abiti, solo questo!”
18:55
“No.”
18:55
“Farò tutto quello che vuoi!”
18:56
“… Tutto?”
18:56
“Tutto!”
18:56
“… Allora ci sto.”
18:56
“A ciò che dovrai fare, ci penserò su. Ma dovrai farlo.”
18:56
“Te lo giuro!!!”
19:02
“Sono un ragazzo.”
 
Lance aveva tenuto gli occhi fissi sul telefono per sei minuti di seguito, attendendo la sua risposta. Avrebbe scoperto il suo sesso, almeno quello! E, Dio, gli andava bene tutto! Gli andava bene una ragazza, un ragazzo, non importava, non-
“Sono un ragazzo.”
Ecco la risposta.
Lance sbatté un po’ gli occhi. Aveva chiamato “Principessa” un ragazzo. Per settimane e settimane. Aveva consolato un ragazzo. Aveva una cotta per un ragazzo.
Aveva appena scoperto di essere gay.
 
19:03
“Anche io!!! Quante cose abbiamo in comune!!!”
19:04
“Aspetta. Cosa.”
19:04
“Cosa cosa?”
19:04
“Sei… Un ragazzo?”
19:05
“… Ne sei deluso?”
19:05
“No, cioè, meglio, perché sono gay come poche persone al mondo, ma…”
19:05
“… Ma?”
19:05
“Come puoi essere un ragazzo e ascoltare Britney Spears?”
 
Lance sbatté le palpebre… E scoppiò a ridere.
Dio, aveva la tachicardia! Aveva pensato a chissà cosa! Aveva pensato che non volesse più parlargli ora che aveva scoperto che Lance era un ragazzo, e invece…
… Cosa c’entrava il fatto che lui fosse gay?
 
19:06
“MI HAI FATTO PRENDERE UN COLPO”
19:07
“E NON INSULTARE BRITNEY”
19:07
“Comunque…”
19:07
“Scusa se te lo chiedo”
19:07
“Perché mi hai detto di essere gay? Cioè… Perché è un bene che io sia un ragazzo?”
19:15
“Vado a lezione, a dopo.”
19:15
“PRINCIPESSA NON OSARE”
19:15
“SONO SERIO”
19:15
“SE NON mi scrIVI APPENA FINISCI MI ARRABBIO”
19:17
“A dopo, uff.”
 
Lance rimase a rileggere quei messaggi ancora qualche minuto, prima di scendere a preparare la cena.
Perché gli aveva detto quella cosa? Lui… Non era interessato a sé in quel senso, vero? Perché, se così fosse stato, quei sentimenti sarebbero stati reciproci, e…
E poi? Non voleva saperlo. Sul serio. Non ora. Doveva metabolizzare.
Scese a preparare la cena, rimase con la propria famiglia, parlò un po’ con loro della giornata, coccolò il fratellino di pochi mesi al quale già si era affezionato da morire.
Cercò di distrarsi.
 
22:18
“Perché altrimenti sarei dovuto diventare etero, per te."
   
 
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