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Autore: Celtica    10/03/2017    5 recensioni
[ Modern!AU! | Sansa/Petyr | Sansa/Sandor ]
È come se la stessero strattonando:
Da una parte c’è Petyr Baelish, che Sansa accoglie come il salvatore, colui che l’ha portata via dal suo ex, Joffrey; dall’altra il Mastino, in una spirale di amore/odio.
In una città dove a regnare è l’azienda dei Lannister, Sansa sembra trovarsi al centro di un complotto.
Ma chi è il vero nemico?
Dal capitolo uno:
«Vieni con me» dice Petyr, facendole segno di salire in macchina.
Sansa non sa perché, ma obbedisce. È ciò che ha fatto per tutta la vita: obbedire. Sempre e comunque.

Dal capitolo due:
«Dove mi stai portando?»
È un sussurro, ma a lei sembra di averlo gridato.
Si chiede cosa ci sia oltre gli alberi, magari un luogo nascosto dove Petyr vuole farle del male.

Dal capitolo sei:
«Per favore…» sussurra ancora lei, spingendo la mano di Sandor con la sua.
È ruvida e fredda come il ghiaccio, eppure, nello sguardo di lui, Sansa riconosce qualcosa che è abituata a vedere da tutta una vita.
Desiderio.
Genere: Sentimentale, Suspence, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Joffrey Baratheon, Jon Snow, Petyr Baelish, Sandor Clegane, Sansa Stark
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo, Violenza
Capitoli:
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Capitolo 25
n


 

P

iena di speranza.
Sansa si sente così: come se il solo trovarsi su quell’auto, con Tormund che preme sull’acceleratore, fosse già una certezza. Trovare zio Benjen, scoprire la storia di Jon, farlo trasferire in una clinica.
È seduta dietro con Arya, ma nota le continue occhiate che Petyr le lancia tramite lo specchietto.
Da quel giorno lontano in cui è fuggita da Joffrey, lui non l’ha più lasciata.
È rimasto al suo fianco, le ha dato conforto, l’ha aiutata.
Il Mastino non può avere ragione. No. Petyr tiene a lei, più di Sandor, che se n’è andato senza una spiegazione.

Gelosia.
Forse è per quello… ma ora, mentre il gigante dai capelli rossi ride per qualcosa detto da Arya, Sansa si abbandona ai ricordi.

“Dov’è il ragazzo? Jon!”

Arya che fa un passo avanti, che solleva il mento, che lo invita a entrare. Arya che gli racconta…
Che rivive quanto accaduto a loro fratello.

“Puoi portarci da lui? Da Benjen?”

Silenzio. Passi pesanti sul pavimento della cucina, il liquido ambrato che trema nel bicchiere tra le sue mani. E un cenno.
Un cenno e una conferma che si trasformano in un fiume di parole.
La corsa in auto… Sansa che ripensa a Sandor, a quanto le ha detto prima di andarsene.

“Lui non si fermerà.”

Eppure, in quel momento, mentre incontra gli occhi di Petyr riflessi nello specchietto, lei allunga le labbra e sorride.
È rimasto, non se n’è andato. E Sansa si fida di lui…
Come potrebbe essere altrimenti?
Joffrey le ha stretto le mani intorno al collo; Petyr ha fermato l’auto e le ha chiesto di salire…

“Penserò io a te.”

Sandor può dire ciò che vuole, ma è rimasto inerte, fuori dalla porta, mentre il ragazzo che amava – che credeva di amare – alzava le mani su di lei.
Petyr le ha offerto una via di fuga: perché non dovrebbe fidarsi di lui?
Arya stringe le dita sulla sua mano: si è accorta di quel sorriso. Forse ha capito a chi era rivolto.

Per il resto del tragitto, Sansa tiene gli occhi fissi sulla strada, mentre la brughiera si fa sempre più tetra. Distese immense e vuote, dove sono solo loro.
Lei che ama i colori… che adora il calore del sole, il profumo del mare, la vita di città.
Mentre lì c’è solo silenzio.

Proseguono, Arya fa una battuta a cui scoppiano tutti a ridere.
L’idea di trovare Benjen sembra aver calmato anche lei.
E poi, dopo ore, Tormund rallenta e indica un punto davanti a loro, così lontano da risultare minuscolo.

«Cairnryan. Da lì prenderemo un traghetto per Belfast.»

«Pensi che lo troveremo in Irlanda?» chiede Sansa, sentendo il respiro farsi irregolare.

Il gigante solleva le braccia e spinge al massimo sul pedale, tanto che persino Petyr cerca dei punti dove reggersi.
Arya, invece, è di nuovo concentrata, come se l’idea di non trovare lo zio si fosse tramutata in certezza.

Da Belfast, Tormund li porta verso Dublino, come se fosse un suo obbligo personale. Eppure Jon non ha mai parlato di lui… Solo un accenno, solo una parola per definirlo: amico.
Nient’altro.

Quando raggiungono la città, è tardi. Sansa pensa di non aver visto niente di tanto bello da troppo tempo… superano la St. Patrick Cathedral, poi Tormund ferma l’auto e li guida a piedi per le strade di Dublino.
Sansa si guarda intorno, ammira i palazzi alti, gli acciottolati, il ponte sul fiume Liffey, e si chiede perché Benjen sia venuto lì. Che cosa fa? Perché non ha cercato la famiglia di suo fratello, i suoi nipoti, perché non è andato da loro?

Petyr cammina al suo fianco, e quando lei si volta – attratta dall’odore di un chips and lips – le prende la mano.
Arya è davanti a loro, al fianco di Tormund. Non può vederli.
Forse è per quello che ricambia la stretta, che china la testa, lasciando scivolare le ciocche rosse sul petto, che gli lancia una lunga occhiata.

Lui fa lo stesso.

Restano a guardarsi, mentre le voci della gente riempiono le strade illuminate dalle luci dei pub.
Poi il gigante si ferma. Arya con lui.
Mentre solleva il capo verso la chiesa, Sansa ritira la mano, giungendola all’altra.

«È qui?»

Arya storce il naso. «In una chiesa?»

Non hanno bisogno nemmeno di entrare. Vedono uscire un prete e Tormund lo raggiunge. Forse, pensa Sansa, vuole chiedere informazioni.
Parlano fitto fitto, e lei non riesce a sentire una parola.
Ma poi, quando solleva gli occhi e lo guarda meglio, riconosce i lineamenti. Lo sguardo. Il sorriso.

È lui.

 

Sono seduti in un ristorante, per la felicità di sua sorella.
Petyr è sulla panca vicino a Sansa, una mano sul bordo del tavolo e l’altra sulle ginocchia. Ha un sorriso – quel sorriso – che sembra dire quanto sia interessato a quel racconto.
Ma lei sa che non è così…

«Non avrei mai pensato di trovarti vestito di nero» dice Arya, scorrendo l’indice sul menù.

«Non lo pensavo neanch’io. Ma era la volontà di mio padre.»

Sansa si china appena in avanti. «Come mai non ne sapevamo niente?»

Benjen scrolla le spalle, beve un sorso di birra. «Dopo l’incidente era doloroso per me pensare di rivedervi. Diciamo che è stato allora che ho trovato la fede.»
Arya scambia uno sguardo con lei, interrotto dal cameriere che poggia un piatto sul tavolo. Sono focacce. Focacce a forma di lupo.

«Dicci di Jon» esclama sua sorella, con la bocca piena del piatto omaggio. «Come vi siete trovati?»

«Amici. Alcuni amici gli hanno detto dov’ero.»

D’istinto, Sansa lancia un’occhiata alla finestra, dove Tormund sta fumando una sigaretta sul marciapiede. Amici.
Non sa perché, ma tutto le ricorda Jon. Tutto. Il modo brutale che ha il gigante di ridere, l’espressione tetra di zio Benjen – come se sapesse già il motivo per cui sono lì – persino il cielo cupo sopra Dublino.

«L’hai riconosciuto subito?»
«Ma certo. Come ho riconosciuto voi.»

Senza volerlo, Sansa coglie un luccichio divertito negli occhi di Petyr. Senza volerlo, sotto il tavolo, allunga il mignolo verso di lui, a toccare la sua mano.

«Sono passati anni» Arya fa una smorfia.
«Eppure vi ho riconosciuto.»

«Magnifico.»

«Ma ditemi» prosegue Benjen. «Non mi avete ancora spiegato come mai Jon non è con voi.»

Uno sguardo, poi Arya comincia a raccontare. Ancora.
Come se rivivere quella notte potesse aiutarle ad accettarla.
E quando finisce di ricordare, l’espressione dello zio non sembra stupita. Non quanto dovrebbe.

«Si è messo nei guai…»

«No» lo corregge Sansa, mentre le dita si Petyr si intrecciano alle sue. «Jon voleva solo proteggermi. Non poteva immaginare che…»

«C’è un motivo se hanno fatto tanta strada» la interrompe Petyr, lasciandola. Appoggia i gomiti al bordo del tavolo e si regge il mento con le mani. «Il ragazzo… ha un problema. Servono documenti, informazioni, un foglio firmato da un parente che permetta lo spostamento in una clinica privata.»
Arya stringe gli occhi e aspetta una risposta da Benjen.

«Cosa posso fare per voi? Perché non se n’è occupato Robb? O Sansa…»
Lei giunge le mani e si sporge in avanti. «Non potevamo, zio. Abbiamo guardato dappertutto… ma non abbiamo trovato niente. Nessun documento di Jon, niente di niente. Come se non fosse nostro fratello…»

Petyr le sorride: ha capito il suo gioco.
Nominare subito loro zia, fuggita chissà dove, non avrebbe portato a niente. Deve essere lui a decidere di parlarne.

«Non bastava una firma, o qualcuno di voi che ne attestasse la parentela…»

«No» dice Arya, facendosi più vicina a Benjen, come se volesse impedirgli di andarsene.

«E avete fatto tanta strada solo per… per cosa?» chiede, dopo una pausa.

Stavolta è Sansa a guardare sua sorella, a stringere le labbra un istante prima di rispondere.
Poi fa un sospiro.

«Speravamo che tu potessi dirci chi è. Chi sono i suoi genitori. Sappiamo che non è davvero nostro fratello» aggiunge, mentendo, come se fosse l’unico modo per ottenere la verità.

«E come lo sapete?»

«Lo sappiamo e basta» dice Arya, voltando tutto il corpo verso di lui.
Benjen abbassa gli occhi, si volta verso la finestra, dove il cielo sembra minacciare pioggia.

Come starà Jon?

«È una storia che non dovreste sapere» mormora.
Poi, comincia a raccontare.

 

Petyr non pensava che avrebbe mai dormito a Dublino, che avrebbe affittato diverse camere per la notte solo per stare vicino a Sansa.
Invece ora è lì che cerca di prendere sonno, l’occhio fisso sulla porta. Come se lei potesse entrare in quella stanza, come se potesse voler stare con lui.

Non è così.

Non stanotte, non dopo quello che ha scoperto. Che possa volgere a suo vantaggio? O a vantaggio di lei, in qualche modo?
Non lo sa, e forse nemmeno gli importa. Non ora, non con lei dall’altra parte del muro, rannicchiata sotto le coperte mentre cerca di dormire.

Forse, se Cat avesse saputo, non avrebbe odiato il ragazzo. Forse lo avrebbe accettato, compatito, forse persino apprezzato.
Petyr ricorda un giorno lontano, in cui l’aveva incontrata. Lei, Eddard e i bambini. Tutti i bambini. Anche il bastardo.
Ricorda il modo in cui lei sembrava escluderlo, il modo in cui allungava carezze e sorrisi a tutti gli altri. Tranne che a lui.

Povera Cat. Se solo avesse saputo…

Se anch’io avessi saputo… le cose sarebbero andate diversamente. Forse ora non ci troveremmo qui.

Un bussare alla porta, la certezza che si tratti di lei.
Petyr balza in piedi, raggiunge l’uscio e lo apre.

«Sansa» sussurra, scostandosi. «Entra.»

Lei china la testa e obbedisce, come se ci fosse abituata.
Quando sono soli, davvero soli, con le luci del corridoio svanite, si lascia andare a un lungo sospiro. E lo guarda.

«Tu lo sapevi?»

«No» risponde, con un cenno della testa. «Certo che no.»
Ed è stata una grave mancanza, la mia…

Sansa resta a studiarlo, incerta. È come se Petyr potesse sentire la sua mente – il suo cuore – mentre decide se fidarsi di lui.
«E ora?» domanda, stringendo gli occhi rivolti alla finestra, da cui entra l’unica luce.

Nella penombra, Petyr scorge i riflessi dei suoi capelli, che appaiono neri.
Non sa nemmeno lui cosa fare, cosa dire.
Cambierà qualcosa, ora?

«Non me lo aspettavo» aggiunge Sansa.

«Nessuno di noi se lo aspettava.»

Benjen si era tirato indietro, contro lo schienale della sedia. “Quattro fratelli, Lyanna sempre tra i piedi… non era come le altre. Ned la ammirava. Tutti la ammiravamo. Amava gli sport, e credo sia per questo che sia io che Ned abbiamo fatto di tutto per non farci superare da lei.
“Da bambini è così che funziona… Competizione.”
Arya aveva sorriso guardando Sansa.
“Ma crescendo… impari che le cose non vanno come ti è stato insegnato.”

Nella penombra, Petyr fa un passo verso di lei, giusto un istante prima che Sansa frapponga una mano tra loro.
«Dovresti andartene» mormora lei con un filo di voce, socchiudendo gli occhi.

«Perché?»

«È meglio per tutti. È meglio per me.»

«Ho fatto qualcosa?»

È la prima volta che si sente così, con lei. Come se la neve vista – immaginata, sognata – a Grande Inverno, la nebbia languida sui fari esterni, fosse penetrata fino alle ossa. E con lei il freddo.
Sansa spinge il palmo contro il suo petto, e fa male, fa male come aver guardato Cat danzare con un altro. Baciare un altro.

«Per favore» insiste, guardandolo negli occhi. «Non farti trovare domattina. Va’ via.»

«Sansa, se potessi cancellare…»

«Non dirlo. Ti credo. Non ne sapevi niente, in fondo chi poteva immaginarlo? Ma voglio che tu te ne vada.»

“E Lyanna aveva degli ammiratori?” aveva chiesto Sansa.
“Oh, sì. Molti. Ma Lyanna ha il sangue del lupo… e tu, Arya, tu le somigli molto.”

«Perché?» Petyr resta immobile, osservandola raggiungere la porta. «Se mi dirai perché, me ne andrò.»

«Non hai bisogno di un motivo… Vattene, per favore.»

Sansa si ferma davanti all’uscio, la mano sulla maniglia e la testa china.
Lui la conosce troppo bene, crede di conoscerla troppo bene, per non capire. Per non sapere.
Un passo, si avvicina a lei, lento come se temesse una sua fuga.

«Continui a dirmi di andarmene…» sussurra, girandole intorno, bloccando l’uscita. «Ma sei ancora qui.»

E quando Sansa sgrana gli occhi, sa di aver visto giusto. Sa che non se ne andrà.
Scorre la mano sul legno, fino alla maniglia. Basta sfiorarle la mano per sentirla sussultare.

«Credevo che tu sapessi. Che fosse colpa tua quanto accaduto a Jon. Credevo fossi stato tu…»

«E mi hai tenuto vicino?»

«Sì» “Come mi hai insegnato” è una frase che rimane sospesa nell’aria tra loro, come un segreto che custodiscono entrambi.

“Lo diceva anche mio padre”, aveva risposto Arya, compiaciuta. “Mi piacerebbe conoscerla…”
“Lei non è qui. Non so dove sia, da quando ha preso a viaggiare nessuno ha più saputo niente di lei. Potrebbe anche essere morta… Ah, Lyanna…”
Petyr aveva inclinato la testa di lato, studiandolo. “Da come ne parli, sembra che tu l’abbia conosciuta
molto a fondo…”
“È sua sorella” era intervenuta subito Arya. “Funziona così tra fratelli, Baelish.”
“Zio” Sansa si era fatta avanti, posando il palmo aperto sul tavolo. “Non siamo qui per la storia di Lyanna, ma per Jon. E non abbiamo… tempo. Jon non ha tempo.”
“Puoi dirci chi sono i suoi genitori? Nostro padre c’entra qualcosa con lui?”
“Sì” aveva sussurrato Benjen dopo una pausa. “Vostro padre sapeva tutto. E li ha protetti…
Ci ha protetti.”

«Perché?» chiede ancora Petyr. «Sei venuta qui per mandarmi via, ma ora sei tu a restare. Perché, Sansa?»
Nel buio, coglie il suo sguardo, ciò che vorrebbe dire e non dice.

«Io… devo andare.»

Un colpo incerto, la maniglia che si abbassa, lasciando entrare la luce del corridoio.
Sansa stringe gli occhi, accecata, mentre lui ritrova i suoi colori, quei colori che ricordano Cat.
In un istante, la mano di Petyr si stringe intorno al suo polso, tirandola dentro.

«No» sussurra, spingendo la porta per richiuderla. «Non devi.»

“È stato… un caso? Dopo una partita di calcio, Lyanna che faceva equitazione lì vicino. Un temporale, la casa vuota… è successo e basta.”
“Cosa intendi?” aveva chiesto Sansa. “Non capisco.”
“Lyanna è la madre di Jon” risponde Benjen, mentre lo stupore si allarga sul volto di Petyr. “E io sono…
dovrei essere suo padre.”
“Per questo sei venuto qui? Per questo non ti sei mai fatto vivo con noi?”
Il cielo scuro riflesso negli occhi, Benjen aveva fatto appena un cenno. “Lyanna è scappata. E io… io ho fatto lo stesso.”

«Non devi» ripete Petyr, tirandola verso di sé. «Non devi andare più da nessuna parte.»

«Ma non capisci? Siamo venuti qui per niente!»

Ora, nella sua voce, riesce a sentire tutto. Tutto ciò che ha provato, il sospetto nei suo confronti, chiedergli di andarsene, di lasciarle sole… pensando che sia tutto perduto.
Fa scorrere le mani intorno al collo, lungo le spalle, fino alle braccia. Si china per baciarla quando qualcuno bussa alla porta.
Sansa si scosta subito, mentre Petyr va ad aprire. È Arya.

«Sansa» chiama, con un’espressione indecifrabile. «Non eri in camera tua, così ti ho cercato qui.»

La vede arrossire, gote e capelli rossi che evidenziano gli occhi chiari.
Se solo non fosse arrivata Arya…

«Cosa c’è?»

Sua sorella sembra arrabbiarsi, eppure, in un momento, un sorriso si allarga sul suo volto.
Come se non potesse trattenersi dalla felicità.

Che abbia sentito Benjen? Che lui abbia trovato dei documenti?

«Jon» dice Arya, concentrandosi solo su Sansa. «Mi ha chiamato Robb. Ha detto che tu non rispondi mai, che ha provato a chiamarti per tutto il pomeriggio…»

«Sì, sì, vai avanti. Come sta Jon?»

Lei sorride, ancora, forse persino più di prima. «I dottori dicono che è fuori pericolo. È salvo, Sansa. Jon ce la farà.»

 n

Note dell’autrice:

Ciao a tutti!
Mi dispiace davvero tantissimo di essere in ritardo. Odio essere in ritardo, ma è un mese che arrivano complicazioni, una dietro l’altra. Spero che il capitolo vi sia piaciuto, anche la mia interpretazione sulle origini di Jon. In fondo, dai libri non arrivano ancora certezze di nulla, no?
Grazie a chi ha letto, a chi vorrà lasciarmi un parere o aggiungere la storia tra preferite/seguite.
Scusatemi ancora per il ritardo.
A presto!
Celtica

 P.S.: vi lascio anche il link a una storica pubblicata da poco: Alba Cosacca. Grazie a chi deciderà di leggere!

   
 
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