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Autore: Celtica    22/10/2017    3 recensioni
[ Modern!AU! | Sansa/Petyr | Sansa/Sandor ]
È come se la stessero strattonando:
Da una parte c’è Petyr Baelish, che Sansa accoglie come il salvatore, colui che l’ha portata via dal suo ex, Joffrey; dall’altra il Mastino, in una spirale di amore/odio.
In una città dove a regnare è l’azienda dei Lannister, Sansa sembra trovarsi al centro di un complotto.
Ma chi è il vero nemico?
Dal capitolo uno:
«Vieni con me» dice Petyr, facendole segno di salire in macchina.
Sansa non sa perché, ma obbedisce. È ciò che ha fatto per tutta la vita: obbedire. Sempre e comunque.

Dal capitolo due:
«Dove mi stai portando?»
È un sussurro, ma a lei sembra di averlo gridato.
Si chiede cosa ci sia oltre gli alberi, magari un luogo nascosto dove Petyr vuole farle del male.

Dal capitolo sei:
«Per favore…» sussurra ancora lei, spingendo la mano di Sandor con la sua.
È ruvida e fredda come il ghiaccio, eppure, nello sguardo di lui, Sansa riconosce qualcosa che è abituata a vedere da tutta una vita.
Desiderio.
Genere: Sentimentale, Suspence, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Joffrey Baratheon, Jon Snow, Petyr Baelish, Sandor Clegane, Sansa Stark
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo, Violenza
Capitoli:
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Vieni con me 26
Dove eravamo rimasti?

Sansa, Arya, Sandor e Petyr giungono al nord
in cerca di un documento che potrebbe salvare la vita di Jon.
Non lo trovano. Dopo una discussione, Sandor abbandona il gruppo e torna da Cersei.
Tormund, un vecchio amico di Jon,
arriva a Grande Inverno e accetta di accompagnare il trio dallo zio Benjen,
che racconta loro le origini di Jon: è lui suo padre.
Dopo che Sansa ha chiesto a Petyr di andarsene,
Arya riceve un messaggio da Robb: Jon è fuori pericolo.


nn


 

S

embrano passati mesi. Sansa abbandona il capo contro il finestrino dell’auto, improvvisamente stanca. Turmund e Arya stanno parlando, ma lei non ascolta. Petyr è in silenzio.
C’è allegria nell’aria. Eppure lei non riesce a provarla…

“Jon ce la farà.”
Cosa accadrà ora, quando torneranno a Londra? Cosa accadrà quando avranno visto Jon, quando tutto sarà finito?
Di chi può davvero fidarsi? Se è vero che Petyr si sente con Cersei… se è vero che ha uno scopo…

“Non hai bisogno di un motivo… Vattene.”

Respira contro il finestrino, appannandolo. Ciò che è successo dopo quelle parole è confuso nella sua mente, come se lo avesse solo sognato.
Arya che informa zio Benjen. Arya che chiama Tormund. Arya che decide di partire all’alba.

Non ha dormito. E dubita che qualcuno di loro ci sia riuscito.
Benjen li ha salutati, li ha benedetti. Ha chiesto di mantenere il segreto, soprattutto con Jon. Ma Sansa non è sicura, non è sicura di niente ormai… E se avesse mentito? Se avesse mentito come ha fatto loro padre, come fa Petyr?

“Ricordati questo, uccelletto: io ho potuto prenderti e non l’ho fatto. Ma lui…”

Non ha più avuto notizie di Sandor. Vorrebbe che fosse con loro, che rendesse quella situazione reale… Lui direbbe le cose sbagliate, non gli importerebbe nulla di quanto accaduto a Jon.

Sansa ne sente la mancanza. Di cuoio e alcol e violenza. Di una voce rude. Di uno sguardo duro.

Lui sa qualcosa – su Petyr, su Joffrey – che non vuole dire. Ma lei ha bisogno di sentirlo… Ha bisogno di capire, di chiarirsi le idee, di prendere una decisione.
Sente gli occhi farsi pesanti. Li chiude. Un sospiro e cade nel sonno.

 

Quando li riapre, non è più in auto. I boschi la circondano, e una montagna la sovrasta. La terra sembra tremare. Dove sono gli altri?
Sansa gira su se stessa, vede una casa di legno, riconosce il lago. C’è Jon, inginocchiato sulla riva. Lei vorrebbe raggiungerlo, ma ha le gambe così pesanti… Si volta, e la casa è scomparsa. Al suo posto c’è un palazzo alto, con una porta nera e i caratteri dorati: Baratheon, dice la scritta.

La testa di leone.

Osserva con orrore il pomello della porta. Joffrey è qui. Deve averla trovata. Sansa cerca di raggiungere Jon, ma i piedi affondano nel fango e lei viene tirata giù, sempre più giù, finché non riesce nemmeno a respirare…
“Sansa”, chiama una voce. “Sansa…”
Solleva le braccia in alto, annaspa nella terra molle, cerca di gridare. Non interviene nessuno…

«Sansa!»

Sansa apre gli occhi, specchiandosi in quelli di Arya. Il respiro le si ferma in gola. «Siamo quasi arrivati.»

«Ma… eravamo appena scesi dal traghetto… Io…»

«Sì» sospira Arya. «Tu hai dormito tutto il tempo. Stanotte non hai chiuso occhio nemmeno tu, eh?»

Sua sorella sembra stranamente allegra. Come se tutto fosse risolto.
Poi Sansa spalanca gli occhi, guarda l’interno dell’abitacolo.

«Dov’è Petyr?»

Tormund è alla guida dell’auto. Arya è riuscita a convincerlo ad accompagnarle a sud. Ma Petyr?
Non riesce a deglutire.

Arya scrolla le spalle. «Andato. È sceso più di un’ora fa, ha detto che si sarebbe fatto venire a prendere.»

E io?, pensa Sansa. Non mi ha svegliato. Non mi ha nemmeno salutato.
La delusione nei suoi occhi dev’essere evidente, perché Arya continua a fissarla…
Ricorda le parole di Sandor, le promesse di Petyr. Si chiede a chi dei due deve credere… Chi è davvero dalla sua parte?

«Ha lasciato una cosa…» riprende Arya, assecondando i movimenti dell’auto. «Per te.»

«Cosa?»

Immagina una lettera. Lunga, piena di giuramenti, parole che sua sorella non può e non deve leggere.
Le sembra di averla già tra le mani.
Quando una busta compare davanti ai suoi occhi, Sansa ha quasi timore di prenderla. Poi lo fa, se la stringe sullo stomaco.

«Non la apri?»

Lei scuote la testa. Non ancora. Vuole aspettare di essere sola.
La città compare in lontananza, palazzi e brividi, vie affollate, Jon in ospedale… Cosa accadrà dopo? Joffrey continuerà a cercarla? Petyr la proteggerà ancora?

Non devi contare sugli altri.

Quando l’auto si ferma, Arya scende di corsa, sparendo oltre le porte scorrevoli. Tormund lascia la macchina in doppia fila e scende anche lui.
Sansa li segue.

«Sansa!»

Robb sembra felice di vederla. È più bello con la barba curata e i vestiti sportivi. Gli brillano gli occhi.
Lei si lascia stringere, affonda il viso nell’incavo della sua spalla, aspira il suo profumo, l’acqua di colonia che usava anche loro padre, e aspetta.
Aspetta che tutto passi, che l’abbraccio sciolga ogni dubbio, che rimangano solo certezze. Che Robb risolva tutto, che Jon si risvegli e Petyr e il Mastino svaniscano dalla sua vita.
Non vuole più pensare. Vuole solo svegliarsi da quell’incubo. Dimenticare ciò che le ha fatto Joffrey, l’umiliazione e la violenza.

«Andrà tutto bene. Jon si riprenderà, vedrai…»

Arya è già nella sua stanza, china sul suo letto. Gli stringe la mano.
Sansa si fa più piccola tra le braccia di Robb. Sì, può restare lì, a Londra, con la sua famiglia. Può coccolare i suoi fratellini, stringersi a Robb ogni volta che vuole. Fare pace con Arya…

«Lo so» sussurra. Ora ci siete voi.

Trascorre il resto del tempo con lui, alla macchinetta del caffè, a parlare della loro avventura nel nord. Tormund è con Arya nella stanza di Jon.
«E com’è?» chiede Robb, seduto al suo fianco.
«Cosa?»

«Grande Inverno.»

Sansa sorseggia il suo caffè. Neve… Ha la neve nel cuore. «Come la ricordavo… Come quando c’eri anche tu. A parte il cancello arrugginito…»

«Jon ha lasciato arrugginire il cancello?!» Robb sorride di sollievo. «Non lo avrei mai detto.»
«Sì, invece.» Sansa ride con lui. Robb è perfetto. Proprio come ho sempre immaginato Joffrey.

Poi lui solleva gli occhi – gli stessi suoi e di sua madre – verso il soffitto. Sembra tranquillo. «Mi ricordo un giorno d’inverno, tu e Arya che litigavate nella neve… Nostro padre ha riso tutto il tempo senza intervenire.»
Sansa annuisce. «Tu e Jon siete venuti a dividerci. Lo ricordo bene.»
«E tu te la sei presa con Jon» riprende Robb, guardandola. «L’hai chiamato bastardo…»

«Me ne pentirò sempre.» Ma ora è mio fratello. Ora conosco la differenza.

Sì, non vuole più lasciare Londra. Può studiare anche lì, insieme a loro. Cambiare corso e amicizie, restare con la sua famiglia.
Sua madre approverebbe.

Trascorrono un’altra ora a parlare, poi è Robb il primo ad alzarsi. «Devo andare a casa, da Bran e Rickon. Perché non vieni con me? Resterà Arya al capezzale di Jon.»

Sansa sorride come se fosse la prima volta. È felice. Sbottona il primo bottone della camicetta ed è subito in piedi. Fa un cenno verso la camera di Jon, parlando a Robb con gli occhi: devo avvertire Arya.

«Ti aspetto fuori.»

Lo guarda andare via, dritto e bello come non lo ricordava.
Raggiunge sua sorella e le chiede di uscire dalla stanza.

«Robb va a casa. Mi ha chiesto di andare con lui. Non mancheremo molto.»

«È già sceso? Volevo parlargli…»

«Potrai farlo al nostro ritorno.»

Arya la ignora e prende a scendere le scale insieme a lei. Lo vedono parlare con un’infermiera al piano terra. Sansa sorride guardandolo raggiungere la porta.
Ancora pochi gradini. Lo hanno quasi raggiunto.

«Robb!» chiama Arya.

Sansa continua a sorridere, infila le mani nelle tasche dei pantaloni e… c’è qualcosa. La lettera.
I suoi fratelli devono parlare, forse può approfittarne per dare un’occhiata…

Robb è fermo davanti alle strisce pedonali.

Arya accenna una corsa, poi si ferma. Suona il suo telefono.
La carta bianca non è liscia, si accorge Sansa. Come se fosse stata piegata. Apre la busta pensando di trovare centinaia di parole scritte per lei… Invece no. Dentro c’è solo un biglietto.

«Pronto?»

Robb si volta, come per aspettarle. Solleva gli occhi al cielo, in trionfo, e sorride. Come se tutto fosse andato bene, come se la vita si fosse improvvisamente ricordata di lui.
Sansa è felice di guardarlo. Estrae il biglietto.

«Che significa?» La voce di Arya si incrina. Il suo volto sbianca di colpo.

Non centinaia di parole, nemmeno dieci. Sansa inclina la testa di lato, confusa. Non riesce a capire. Rilegge il biglietto con più attenzione.

Attenta ai tuoi fratelli. Sono stati i Lannister.

Solleva la testa di scatto. Arya è a pochi metri da lei. Robb sta per attraversare.
In lontananza risuona la sirena di un’ambulanza.

«No…» Sua sorella barcolla in avanti. «Ci sono i miei fratelli lì dentro…»

«Arya, cosa succede? Arya!» Sansa la afferra per un braccio, la costringe a voltarsi. Cerca Robb con uno sguardo. Sta attraversando la strada. «Robb!» chiama.
L’allarme è sempre più vicino.

«Quando è scoppiato l’incendio?» chiede Arya, gli occhi vacui.

Sansa ha una brutta sensazione. Sente i denti tremare. «Robb!» chiama ancora. Robb, vieni qui. Dimmi che non è vero niente.
Lui si ferma sulle strisce. Si volta. Ha ancora un sorriso stampato sul volto.
L’allarme risuona nelle orecchie, come un avvertimento. Sansa lo capisce troppo tardi. «No! Robb, Robb!»

L’ambulanza compare all’improvviso oltre la curva. Robb è sul suo cammino.

 

Petyr si è fatto lasciare ai confini della città. Non vuole tornare a Londra, forse non può.
Fa una telefonata e aspetta. Poi ne fa un’altra. Alla terza, sente l’animo più pesante e il cuore grave.

Sansa.
Le ha lasciato un biglietto. Non si è perso in chiacchiere, sa che non sarebbe servito a niente.
Passa mezz’ora prima che l’auto lo raggiunga.

«Mi aspettavo chiunque» esordisce Petyr quando il finestrino si abbassa. «Ma non te.»

Tyrion abbassa gli occhiali da sole e lo guarda con il sorriso stampato in faccia. «Mia sorella ha mandato me. A quanto pare hai qualcosa in sospeso con il Mastino… Si può sapere di che si tratta?»
È una giornata di sole. Una giornata che Sansa apprezzerebbe. Petyr sorride e sale in macchina – un’auto fatta apposta per un nano – l’immagine di lei davanti agli occhi.

«No.»

«Certo che siete proprio strani… Prima mi chiami per distruggerla, poi Cersei mi manda a prenderti per un incontro. Che diavolo è successo?»

Tante cose, pensa Petyr mentre l’auto riparte.
Il nano è quasi ridicolo. Vestito tutto di rosso, occhiali scuri, gel nei capelli.

«Oh, questo? L’hai notato» mormora Tyrion, dando gas al motore. «Una scommessa persa…»

«Con chi, se posso chiedere?»

Uno sguardo e la risposta è chiara. «Il Mastino.»
Petyr ride. Non aveva idea che il Mastino avesse una vena ironica. «Che tipo di scommessa?»

Adesso il sorriso di Tyrion si allarga. «Su te e Sansa Stark. Oh, non guardarmi così! Era una scommessa innocente… e fortunatamente non ho perso del tutto. Solo la parte che riguardava te.»
Se Sansa fosse qui…
Cambierebbe qualcosa?

«Illuminami.»

«Alle spalle di mia sorella, ovviamente. Joffrey e Cersei non ne sanno nulla. Uno scherzetto innocente tra me e Clegane… O meglio: tra me e me.»

Petyr inclina la testa di lato, confuso. «Che significa?»
La città è così familiare… come se fosse il paese in cui è cresciuto. Gli alberi hanno smesso di fiorire e i bambini di affollare le strade.
In lontananza c’è l’hotel dove lo attende Cersei…

«Oh, io so tutto sul Mastino… Non siamo poi così diversi nel nostro modo di “desiderare”.» Tyrion rallenta, sembra pronto ad accostare. «Quando ha abbandonato Joffrey ho capito dove fosse diretto… E con chi fosse.»

«L’ha mandato Cersei», lo corregge Petyr.
Tyrion lo guarda negli occhi un istante, soddisfatto. «Questo è quello che ha voluto farti credere.»

«È venuto da me perché lo aiutassi a riportarla indietro.»

L’altro scuote la testa e continua a guidare.
«C’ero quando si sono sentiti.»

Una risata, poi Tyrion riprende a parlare. «In ogni caso… sapevo cosa stava cercando il Mastino. Magari non sapevo dove lo avrebbe trovato… però ero certo che sarebbe successo.»

Petyr abbassa il finestrino. Ha bisogno d’aria.
L’hotel gli sta di fronte, con le sue vetrate azzurre e l’arco all’ingresso, le auto veloci parcheggiate fuori… e lui, Sandor Clegane. Tyrion fa un giro più lungo, aggirando il parco che ruota intorno all’albergo.

«Sansa è incantevole, non è vero? Una fanciulla graziosa. È naturale che anche un uomo rozzo come lui ne sia stato attratto.»

Petyr fatica a parlare. «La scommessa.»

«Oh, sì, giusto! La scommessa.» Tyrion sembra divertirsi un mondo. Non è poi così diverso da Cersei… pensa Petyr. «Ho scommesso con me stesso che Sandor non sarebbe riuscito a… come dire? Conquistare quel fragile cuoricino.» Lo guarda. C’è un mondo in quello sguardo. «E nemmeno tu.»

Sono arrivati nel parcheggio. Petyr non se n’era nemmeno accorto. Cerca di ricordare come si deglutisce.
Poi, lentamente, apre lo sportello e scende.

«Ma sulla seconda parte non ci ho azzeccato. Ecco perché mi sono vestito così. A presto, Ditocorto!»

Tyrion riparte sgommando, lasciandolo nel parcheggio dell’hotel.
Ci sono circa cinquanta metri da lì all’entrata, e Petyr non è sicuro di farcela. Non vuole incontrare il Mastino.
Osserva il viavai di gente che entra ed esce dall’albergo. È indeciso.

Dovrei girarmi indietro e tornarmene a casa. In fondo, pensa, quello che avevano da dirsi è già stato detto. L’incontro con Cersei è più una formalità che altro…
Cammina fino all’entrata, ed è lì che lo trova.

«Non si saluta un vecchio amico?»

Sandor solleva il capo e digrigna i denti. Non sembra disposto a giocare.
Petyr gli gira intorno, pronto a entrare nell’hotel… ed è in quel momento che il Mastino lo afferra per la gola e lo spinge contro il muro, davanti allo sguardo sgomento del portiere.

«Lo sapevo che non c’era da fidarsi» ringhia. Stringe la presa fino a farlo annaspare. «Dov’è?»
Non ha bisogno di chiedere “chi”. Non ne ha nemmeno la forza. Lo afferra per i polsi, ma non riesce a smuoverlo.

«Sei uno sporco traditore.»

Gli manca l’aria. Non può rispondere. Agita una mano per chiedergli di lasciarlo andare.
Il portiere è sparito all’interno dell’albergo.

«Perché dovrei lasciarti respirare? Finiamola qui e ora, tu e io.»

Alle spalle di Sandor compaiono due uomini vestiti da camerieri. Lo afferrano per le spalle, lo tirano, ma Clegane è irremovibile. Gli gridano di lasciarlo andare.
Petyr chiude gli occhi, li riapre un momento dopo. Cerca di pronunciare quel nome… l’unico che potrebbe convincere il Mastino a lasciarlo andare.

San… San… Muove le labbra e un ghigno si forma sul volto dell’altro.
Scuote le mani per scacciare i due uomini, come fossero solo due insetti fastidiosi. E la stretta si allenta, permettendogli di prendere aria.

«Sì. Dov’è? Ti ha cacciato lei?»

La mano di Petyr corre al pollice – almeno quello deve riuscire a spostarlo – tira con tutta la forza che ha in quel momento, fino a liberarsi.
Si accarezza la gola, come a liberarsi da un laccio invisibile.

«No…» Un respiro, poi un altro. L’affanno sembra aumentare mentre fa cenno di no con la testa. «È… è tornata a… a Londra.»
Il volto di Sandor sembra oscurarsi. «Perché sei qui? Perché devi vedere Cersei?»

«Potrei… potrei chiederti la stessa cosa…»

Il Mastino lo spinge ancora contro il muro. Mostra i denti come il cane rabbioso che è. «Vuoi davvero provarci, Ditocorto? Vuoi fare questo gioco con me?»
Petyr scuote la testa, poi la appoggia all’intonaco grigio dell’edificio. «Sansa. Ho fatto un patto con Cersei per lei.»

«Per averla?»

«Per impedire a Joffrey di avvicinarla ancora.»

Sandor spinge il suo corpo contro il suo, torcendogli un braccio. «Perché dovrei crederti? Sei un infame bugiardo.»
Petyr si lamenta e continua a parlare. Non ha altra scelta. «E tu, allora? Sei tornato di corsa sotto la gonna di Cersei…»
Il pugno lo colpisce allo stomaco. Questa volta Petyr ha tutto lo spazio che gli serve per piegarsi a terra e trattenere un conato. Gli uomini continuano a gridare. Uno dice di aver chiamato la polizia.
A Clegane basta una mano per sollevarlo e rimetterlo in piedi.

«Ti ho chiesto: vuoi davvero fare questo gioco con me?»

«No» si affretta a rispondere Petyr. Il dolore è… quasi una novità per lui. Sono anni e anni che non viene colpito da qualcuno. «Ma devi permettermi di difendermi… Tu sei tornato qui, come me…»

«L’ho fatto per lei» lo interrompe il Mastino, rabbioso. Sembra pronto a colpirlo ancora. D’istinto, Petyr porta le mani a coprire viso e stomaco.

«Per Sansa?»

Non gli risponde, ma il suo sguardo è chiaro: “Per Sansa.”
Petyr è troppo intelligente per non capire. Anche Tyrion l’ha capito… Vuole Sansa. E per proteggerla non aveva altra scelta che tornare qui.
Annuisce lentamente, come se fosse stato Sandor a dirglielo.

«Anch’io sono qui per lei. Ho stretto un patto con Cersei.»

Un altro pugno. Stavolta contro il muro al suo fianco. «Che cosa le hai offerto in cambio?»
Te. Vorrebbe tanto dirlo, provocarlo per vendicarsi del suo colpo. Ma ha troppa paura che succeda di nuovo. Il Mastino non ha niente da perdere…

«Il mio silenzio…»

«Su cosa?»
È un’informazione troppo preziosa… Non può sprecarla così. Non ora.
«Su cosa?» Il pugno colpisce il suo braccio, facendolo gridare.

«Su Joffrey! Su Joffrey! È stato lui a colpire Sansa, su questo!»

«Colpire Sansa? Intendi il bastardo? È stato Joffrey a mandare Janos Slynt? Rispondi!»

È un’informazione troppo importante…

«Sì» mente. «È stato lui. Janos è stato mandato da Joffrey. Voleva vendicarsi per avergli portato via Sansa.»

Finalmente Sandor lo lascia andare. Non sembra soddisfatto, come se non gli credesse.
Petyr china il capo, guardandolo dal basso. Fa dei lunghi sospiri per riprendere fiato.

«Va’» ringhia il Mastino. «Vattene da Cersei.»

 n

Note dell’autrice:

Ehm… ciao! Sono sparita per così tanto tempo… da non volervi annoiare con sterili motivazioni.
Questa storia mi mancava, e mi mancava Efp. Solo che me ne sono accorta tardi…

Per quanto riguarda la settima stagione (specialmente il trattamento riservato a Petyr) non mi pronuncio: c’è bisogno di dire che più delusa di così non potrei essere? E non tanto per una certa morte… ma per come è avvenuta, per ciò che l’ha preceduta e per come si è svolta.
Se qualcuno volesse parlarne, sa dove trovarmi.

Per quanto riguarda il capitolo: piano piano torniamo a collegarci con i personaggi e gli eventi della “città” in cui Petyr è tornato.
Spero che qualcuno ci sia ancora, che non abbiate perso la voglia di leggere questa storia.
A presto!

P.S.: quanto mi era mancato il Mastino! E a dire il vero: quanto mi manca ancora… Ma ci rifaremo!
P.S.2: per il riassunto iniziale ho preso spunto dal quinto capitolo della mia long  Catene.


   
 
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