Dove eravamo rimasti?
Sansa, Arya, Sandor e Petyr
giungono al nord
in cerca di un
documento che
potrebbe salvare la vita di Jon.
Non lo trovano. Dopo
una
discussione, Sandor abbandona il gruppo e torna da Cersei.
Tormund, un vecchio
amico di Jon,
arriva a Grande
Inverno e accetta
di accompagnare il trio dallo zio Benjen,
che racconta loro le
origini di
Jon: è lui suo padre.
Dopo che Sansa ha
chiesto a Petyr
di andarsene,
Arya riceve un
messaggio da Robb:
Jon è fuori pericolo.
S |
embrano passati
mesi. Sansa abbandona
il capo contro il finestrino dell’auto, improvvisamente
stanca. Turmund e Arya
stanno parlando, ma lei non ascolta. Petyr è in silenzio.
C’è allegria nell’aria. Eppure lei
non riesce a provarla…
“Jon
ce la farà.”
Cosa accadrà ora, quando torneranno a
Londra? Cosa accadrà quando avranno visto Jon, quando tutto
sarà finito?
Di chi può davvero fidarsi? Se è vero
che Petyr si sente con Cersei… se è vero che ha
uno scopo…
“Non
hai bisogno di un motivo… Vattene.”
Respira contro
il finestrino,
appannandolo. Ciò che è successo dopo quelle
parole è confuso nella sua mente,
come se lo avesse solo sognato.
Arya che informa zio Benjen. Arya che
chiama Tormund. Arya che decide di partire all’alba.
Non ha dormito.
E dubita che qualcuno
di loro ci sia riuscito.
Benjen li ha salutati, li ha
benedetti. Ha chiesto di mantenere il segreto, soprattutto con Jon. Ma
Sansa
non è sicura, non è sicura di niente
ormai… E se avesse mentito? Se avesse
mentito come ha fatto loro padre, come fa Petyr?
“Ricordati
questo, uccelletto: io ho potuto prenderti e non l’ho fatto.
Ma lui…”
Non ha
più avuto notizie di Sandor.
Vorrebbe che fosse con loro, che rendesse quella situazione
reale… Lui direbbe
le cose sbagliate, non gli importerebbe nulla di quanto accaduto a Jon.
Sansa ne sente
la mancanza. Di cuoio
e alcol e violenza. Di una voce rude. Di uno sguardo duro.
Lui sa qualcosa
– su Petyr, su
Joffrey – che non vuole dire. Ma lei ha bisogno di
sentirlo… Ha bisogno di
capire, di chiarirsi le idee, di prendere una decisione.
Sente gli occhi farsi pesanti. Li
chiude. Un sospiro e cade nel sonno.
Quando li
riapre, non è più in auto.
I boschi la circondano, e una montagna la sovrasta. La terra sembra
tremare. Dove sono gli altri?
Sansa gira su se stessa, vede una
casa di legno, riconosce il lago. C’è Jon,
inginocchiato sulla riva. Lei
vorrebbe raggiungerlo, ma ha le gambe così
pesanti… Si volta, e la casa è
scomparsa. Al suo posto c’è un palazzo alto, con
una porta nera e i caratteri
dorati: Baratheon, dice la scritta.
La
testa di leone.
Osserva con
orrore il pomello della
porta. Joffrey è qui.
Deve averla
trovata. Sansa cerca di raggiungere Jon, ma i piedi affondano nel fango
e lei
viene tirata giù, sempre più giù,
finché non riesce nemmeno a respirare…
“Sansa”,
chiama una voce. “Sansa…”
Solleva le braccia in alto, annaspa
nella terra molle, cerca di gridare. Non interviene nessuno…
«Sansa!»
Sansa apre gli
occhi, specchiandosi
in quelli di Arya. Il respiro le si ferma in gola. «Siamo
quasi arrivati.»
«Ma…
eravamo appena scesi dal
traghetto… Io…»
«Sì»
sospira Arya. «Tu hai dormito
tutto il tempo. Stanotte non hai chiuso occhio nemmeno tu,
eh?»
Sua sorella
sembra stranamente
allegra. Come se tutto fosse risolto.
Poi Sansa spalanca gli occhi, guarda
l’interno dell’abitacolo.
«Dov’è
Petyr?»
Tormund
è alla guida dell’auto. Arya
è riuscita a convincerlo ad accompagnarle a sud. Ma Petyr?
Non riesce a deglutire.
Arya scrolla le
spalle. «Andato. È
sceso più di un’ora fa, ha detto che si sarebbe
fatto venire a prendere.»
E
io?,
pensa Sansa. Non mi ha svegliato. Non mi
ha nemmeno salutato.
La delusione nei suoi occhi
dev’essere evidente, perché Arya continua a
fissarla…
Ricorda le parole di Sandor, le
promesse di Petyr. Si chiede a chi dei due deve credere… Chi
è davvero dalla
sua parte?
«Ha
lasciato una cosa…» riprende
Arya, assecondando i movimenti dell’auto. «Per
te.»
«Cosa?»
Immagina una
lettera. Lunga, piena di
giuramenti, parole che sua sorella non può e non deve
leggere.
Le sembra di averla già tra le mani.
Quando una busta compare davanti ai
suoi occhi, Sansa ha quasi timore di prenderla. Poi lo fa, se la
stringe sullo
stomaco.
«Non
la apri?»
Lei scuote la
testa. Non ancora. Vuole aspettare
di essere
sola.
La città compare in lontananza, palazzi
e brividi, vie affollate, Jon in ospedale… Cosa
accadrà dopo? Joffrey
continuerà a cercarla? Petyr la proteggerà ancora?
Non
devi contare sugli altri.
Quando
l’auto si ferma, Arya scende
di corsa, sparendo oltre le porte scorrevoli. Tormund lascia la
macchina in doppia
fila e scende anche lui.
Sansa li segue.
«Sansa!»
Robb sembra
felice di vederla. È più
bello con la barba curata e i vestiti sportivi. Gli brillano gli occhi.
Lei si lascia stringere, affonda il
viso nell’incavo della sua spalla, aspira il suo profumo,
l’acqua di colonia
che usava anche loro padre, e aspetta.
Aspetta che tutto passi, che
l’abbraccio sciolga ogni dubbio, che rimangano solo certezze.
Che Robb risolva
tutto, che Jon si risvegli e Petyr e il Mastino svaniscano dalla sua
vita.
Non vuole più pensare. Vuole solo
svegliarsi da quell’incubo. Dimenticare ciò che le
ha fatto Joffrey,
l’umiliazione e la violenza.
«Andrà
tutto bene. Jon si riprenderà,
vedrai…»
Arya
è già nella sua stanza, china
sul suo letto. Gli stringe la mano.
Sansa si fa più piccola tra le
braccia di Robb. Sì, può restare lì, a
Londra, con la sua famiglia. Può
coccolare i suoi fratellini, stringersi a Robb ogni volta che vuole.
Fare pace
con Arya…
«Lo
so» sussurra. Ora ci siete voi.
Trascorre il
resto del tempo con lui,
alla macchinetta del caffè, a parlare della loro avventura
nel nord. Tormund è
con Arya nella stanza di Jon.
«E com’è?» chiede Robb, seduto
al suo
fianco.
«Cosa?»
«Grande
Inverno.»
Sansa sorseggia
il suo caffè. Neve…
Ha la neve nel cuore. «Come la
ricordavo… Come quando c’eri anche tu. A parte il
cancello arrugginito…»
«Jon
ha lasciato arrugginire il
cancello?!» Robb sorride di sollievo. «Non lo avrei
mai detto.»
«Sì, invece.» Sansa ride con lui. Robb è perfetto. Proprio come ho sempre
immaginato Joffrey.
Poi lui solleva
gli occhi – gli
stessi suoi e di sua madre – verso il soffitto. Sembra
tranquillo. «Mi ricordo
un giorno d’inverno, tu e Arya che litigavate nella
neve… Nostro padre ha riso
tutto il tempo senza intervenire.»
Sansa annuisce. «Tu e Jon siete
venuti a dividerci. Lo ricordo bene.»
«E tu te la sei presa con Jon»
riprende Robb, guardandola. «L’hai chiamato
bastardo…»
«Me ne
pentirò sempre.» Ma ora
è mio fratello. Ora conosco la
differenza.
Sì,
non vuole più lasciare Londra.
Può studiare anche lì, insieme a loro. Cambiare
corso e amicizie, restare con
la sua famiglia.
Sua madre approverebbe.
Trascorrono
un’altra ora a parlare,
poi è Robb il primo ad alzarsi. «Devo andare a
casa, da Bran e Rickon. Perché
non vieni con me? Resterà Arya al capezzale di
Jon.»
Sansa sorride
come se fosse la prima
volta. È felice. Sbottona il primo bottone della camicetta
ed è subito in
piedi. Fa un cenno verso la camera di Jon, parlando a Robb con gli
occhi: devo avvertire Arya.
«Ti
aspetto fuori.»
Lo guarda andare
via, dritto e bello
come non lo ricordava.
Raggiunge sua sorella e le chiede di
uscire dalla stanza.
«Robb
va a casa. Mi ha chiesto di
andare con lui. Non mancheremo molto.»
«È
già sceso? Volevo parlargli…»
«Potrai
farlo al nostro ritorno.»
Arya la ignora e
prende a scendere le
scale insieme a lei. Lo vedono parlare con un’infermiera al
piano terra. Sansa
sorride guardandolo raggiungere la porta.
Ancora pochi gradini. Lo hanno quasi
raggiunto.
«Robb!»
chiama Arya.
Sansa continua a
sorridere, infila le
mani nelle tasche dei pantaloni e… c’è
qualcosa. La lettera.
I suoi fratelli devono parlare, forse
può approfittarne per dare un’occhiata…
Robb
è fermo davanti alle strisce
pedonali.
Arya accenna una
corsa, poi si ferma.
Suona il suo telefono.
La carta bianca non è liscia, si
accorge Sansa. Come se fosse stata piegata. Apre la busta pensando di
trovare
centinaia di parole scritte per lei… Invece no. Dentro
c’è solo un biglietto.
«Pronto?»
Robb si volta,
come per aspettarle.
Solleva gli occhi al cielo, in trionfo, e sorride. Come se tutto fosse
andato
bene, come se la vita si fosse improvvisamente ricordata di lui.
Sansa è felice di guardarlo. Estrae
il biglietto.
«Che
significa?» La voce di Arya si
incrina. Il suo volto sbianca di colpo.
Non centinaia di
parole, nemmeno
dieci. Sansa inclina la testa di lato, confusa. Non riesce a capire.
Rilegge il
biglietto con più attenzione.
Attenta
ai tuoi fratelli. Sono stati i Lannister.
Solleva la testa
di scatto. Arya è a
pochi metri da lei. Robb sta per attraversare.
In lontananza risuona la sirena di
un’ambulanza.
«No…»
Sua sorella barcolla in avanti.
«Ci sono i miei fratelli lì
dentro…»
«Arya,
cosa succede? Arya!» Sansa la
afferra per un braccio, la costringe a voltarsi. Cerca Robb con uno
sguardo.
Sta attraversando la strada. «Robb!» chiama.
L’allarme è sempre più vicino.
«Quando
è scoppiato l’incendio?»
chiede Arya, gli occhi vacui.
Sansa ha una
brutta sensazione. Sente
i denti tremare. «Robb!» chiama ancora. Robb,
vieni qui. Dimmi che non è vero niente.
Lui si ferma sulle strisce. Si volta.
Ha ancora un sorriso stampato sul volto.
L’allarme risuona nelle orecchie,
come un avvertimento. Sansa lo capisce troppo tardi. «No!
Robb, Robb!»
L’ambulanza compare
all’improvviso
oltre la curva. Robb è sul suo cammino.
Ω
Petyr si
è fatto lasciare ai confini
della città. Non vuole tornare a Londra, forse non
può.
Fa una telefonata e aspetta. Poi ne
fa un’altra. Alla terza, sente l’animo
più pesante e il cuore grave.
Sansa.
Le ha lasciato un biglietto. Non si è
perso in chiacchiere, sa che non sarebbe servito a niente.
Passa mezz’ora prima che l’auto lo
raggiunga.
«Mi
aspettavo chiunque» esordisce
Petyr quando il finestrino si abbassa. «Ma non te.»
Tyrion abbassa
gli occhiali da sole e
lo guarda con il sorriso stampato in faccia. «Mia sorella ha
mandato me. A
quanto pare hai qualcosa in sospeso con il Mastino… Si
può sapere di che si
tratta?»
È una giornata di sole. Una giornata
che Sansa apprezzerebbe. Petyr sorride e sale in macchina –
un’auto fatta
apposta per un nano – l’immagine di lei davanti
agli occhi.
«No.»
«Certo
che siete proprio strani…
Prima mi chiami per distruggerla, poi Cersei mi manda a prenderti per
un
incontro. Che diavolo è successo?»
Tante
cose,
pensa Petyr mentre l’auto riparte.
Il nano è quasi ridicolo. Vestito
tutto di rosso, occhiali scuri, gel nei capelli.
«Oh,
questo? L’hai notato» mormora
Tyrion, dando gas al motore. «Una scommessa
persa…»
«Con
chi, se posso chiedere?»
Uno sguardo e la
risposta è chiara.
«Il Mastino.»
Petyr ride. Non aveva idea che il
Mastino avesse una vena ironica. «Che tipo di
scommessa?»
Adesso il
sorriso di Tyrion si
allarga. «Su te e Sansa Stark. Oh, non guardarmi
così! Era una scommessa
innocente… e fortunatamente non ho perso del tutto. Solo la
parte che
riguardava te.»
Se
Sansa fosse qui…
Cambierebbe qualcosa?
«Illuminami.»
«Alle
spalle di mia sorella,
ovviamente. Joffrey e Cersei non ne sanno nulla. Uno scherzetto
innocente tra
me e Clegane… O meglio: tra me e me.»
Petyr inclina la
testa di lato,
confuso. «Che significa?»
La città è così familiare…
come se
fosse il paese in cui è cresciuto. Gli alberi hanno smesso
di fiorire e i
bambini di affollare le strade.
In lontananza c’è l’hotel dove lo
attende Cersei…
«Oh,
io so tutto sul Mastino… Non
siamo poi così diversi nel nostro modo di
“desiderare”.» Tyrion rallenta,
sembra pronto ad accostare. «Quando ha abbandonato Joffrey ho
capito dove fosse
diretto… E con chi fosse.»
«L’ha
mandato Cersei», lo corregge
Petyr.
Tyrion lo guarda negli occhi un
istante, soddisfatto. «Questo è quello che ha
voluto farti credere.»
«È
venuto da me perché lo aiutassi a
riportarla indietro.»
L’altro
scuote la testa e continua a
guidare.
«C’ero quando si sono sentiti.»
Una risata, poi
Tyrion riprende a
parlare. «In ogni caso… sapevo cosa stava cercando
il Mastino. Magari non
sapevo dove lo avrebbe trovato… però ero certo
che sarebbe successo.»
Petyr abbassa il
finestrino. Ha
bisogno d’aria.
L’hotel gli sta di fronte, con le sue
vetrate azzurre e l’arco all’ingresso, le auto
veloci parcheggiate fuori… e
lui, Sandor Clegane. Tyrion fa un giro più lungo, aggirando
il parco che ruota
intorno all’albergo.
«Sansa
è incantevole, non è vero? Una
fanciulla graziosa. È naturale che anche un uomo rozzo come
lui ne sia stato
attratto.»
Petyr fatica a
parlare. «La scommessa.»
«Oh,
sì, giusto! La scommessa.»
Tyrion sembra divertirsi un mondo. Non è poi così
diverso da Cersei… pensa
Petyr. «Ho scommesso con me stesso che Sandor non sarebbe
riuscito a… come
dire? Conquistare quel fragile cuoricino.» Lo guarda.
C’è un mondo in quello
sguardo. «E nemmeno tu.»
Sono arrivati
nel parcheggio. Petyr
non se n’era nemmeno accorto. Cerca di ricordare come si
deglutisce.
Poi, lentamente, apre lo sportello e
scende.
«Ma
sulla seconda parte non ci ho
azzeccato. Ecco perché mi sono vestito così. A
presto, Ditocorto!»
Tyrion riparte
sgommando, lasciandolo
nel parcheggio dell’hotel.
Ci sono circa cinquanta metri da lì
all’entrata, e Petyr non è sicuro di farcela. Non
vuole incontrare il Mastino.
Osserva il viavai di gente che entra
ed esce dall’albergo. È indeciso.
Dovrei
girarmi indietro e tornarmene a casa. In fondo,
pensa, quello
che avevano da dirsi è già stato detto.
L’incontro con Cersei è più una
formalità che altro…
Cammina fino all’entrata, ed è lì che
lo trova.
«Non
si saluta un vecchio amico?»
Sandor solleva
il capo e digrigna i
denti. Non sembra disposto a giocare.
Petyr gli gira intorno, pronto a
entrare nell’hotel… ed è in quel
momento che il Mastino lo afferra per la gola
e lo spinge contro il muro, davanti allo sguardo sgomento del portiere.
«Lo
sapevo che non c’era da fidarsi»
ringhia. Stringe la presa fino a farlo annaspare.
«Dov’è?»
Non ha bisogno di chiedere “chi”. Non
ne ha nemmeno la forza. Lo afferra per i polsi, ma non riesce a
smuoverlo.
«Sei
uno sporco traditore.»
Gli manca
l’aria. Non può rispondere.
Agita una mano per chiedergli di lasciarlo andare.
Il portiere è sparito all’interno
dell’albergo.
«Perché
dovrei lasciarti respirare?
Finiamola qui e ora, tu e io.»
Alle spalle di
Sandor compaiono due
uomini vestiti da camerieri. Lo afferrano per le spalle, lo tirano, ma
Clegane
è irremovibile. Gli gridano di lasciarlo andare.
Petyr chiude gli occhi, li riapre un
momento dopo. Cerca di pronunciare quel nome…
l’unico che potrebbe convincere
il Mastino a lasciarlo andare.
San…
San…
Muove le labbra e un ghigno si forma sul volto dell’altro.
Scuote le mani per scacciare i due
uomini, come fossero solo due insetti fastidiosi. E la stretta si
allenta,
permettendogli di prendere aria.
«Sì.
Dov’è? Ti ha cacciato lei?»
La mano di Petyr
corre al pollice –
almeno quello deve riuscire a spostarlo – tira con tutta la
forza che ha in
quel momento, fino a liberarsi.
Si accarezza la gola, come a
liberarsi da un laccio invisibile.
«No…»
Un respiro, poi un altro.
L’affanno sembra aumentare mentre fa cenno di no con la
testa. «È… è tornata
a…
a Londra.»
Il volto di Sandor sembra oscurarsi.
«Perché sei qui? Perché devi vedere
Cersei?»
«Potrei…
potrei chiederti la stessa
cosa…»
Il Mastino lo
spinge ancora contro il
muro. Mostra i denti come il cane rabbioso che è.
«Vuoi davvero provarci,
Ditocorto? Vuoi fare questo gioco con me?»
Petyr scuote la testa, poi la
appoggia all’intonaco grigio dell’edificio.
«Sansa. Ho fatto un patto con
Cersei per lei.»
«Per
averla?»
«Per
impedire a Joffrey di avvicinarla
ancora.»
Sandor spinge il
suo corpo contro il
suo, torcendogli un braccio. «Perché dovrei
crederti? Sei un infame bugiardo.»
Petyr si lamenta e continua a
parlare. Non ha altra scelta. «E tu, allora? Sei tornato di
corsa sotto la
gonna di Cersei…»
Il pugno lo colpisce allo stomaco.
Questa volta Petyr ha tutto lo spazio che gli serve per piegarsi a
terra e
trattenere un conato. Gli uomini continuano a gridare. Uno dice di aver
chiamato la polizia.
A Clegane basta una mano per
sollevarlo e rimetterlo in piedi.
«Ti ho
chiesto: vuoi davvero fare
questo gioco con me?»
«No»
si affretta a rispondere Petyr.
Il dolore è… quasi una novità per lui.
Sono anni e anni che non viene colpito
da qualcuno. «Ma devi permettermi di difendermi…
Tu sei tornato qui, come me…»
«L’ho
fatto per lei» lo interrompe il
Mastino, rabbioso. Sembra pronto a colpirlo ancora.
D’istinto, Petyr porta le
mani a coprire viso e stomaco.
«Per
Sansa?»
Non gli
risponde, ma il suo sguardo è
chiaro: “Per Sansa.”
Petyr è troppo intelligente per non
capire. Anche Tyrion l’ha
capito… Vuole
Sansa. E per proteggerla non aveva altra scelta che tornare qui.
Annuisce lentamente, come se fosse
stato Sandor a dirglielo.
«Anch’io
sono qui per lei. Ho stretto
un patto con Cersei.»
Un altro pugno.
Stavolta contro il
muro al suo fianco. «Che cosa le hai offerto in
cambio?»
Te.
Vorrebbe tanto dirlo, provocarlo per vendicarsi del suo colpo. Ma ha
troppa
paura che succeda di nuovo. Il Mastino non ha niente da
perdere…
«Il
mio silenzio…»
«Su
cosa?»
È un’informazione troppo preziosa…
Non può sprecarla così. Non ora.
«Su cosa?» Il pugno colpisce il suo
braccio, facendolo gridare.
«Su
Joffrey! Su Joffrey! È stato lui
a colpire Sansa, su questo!»
«Colpire
Sansa? Intendi il bastardo?
È stato Joffrey a mandare Janos Slynt? Rispondi!»
È
un’informazione troppo importante…
«Sì»
mente. «È stato lui. Janos è
stato mandato da Joffrey. Voleva vendicarsi per avergli portato via
Sansa.»
Finalmente
Sandor lo lascia andare.
Non sembra soddisfatto, come se non gli credesse.
Petyr china il capo, guardandolo dal
basso. Fa dei lunghi sospiri per riprendere fiato.
«Va’»
ringhia il Mastino. «Vattene da
Cersei.»
Note
dell’autrice:
Ehm…
ciao! Sono sparita per così
tanto tempo… da non volervi annoiare con sterili motivazioni.
Questa storia mi mancava, e mi
mancava Efp. Solo che me ne sono accorta tardi…
Per quanto
riguarda la settima
stagione (specialmente il trattamento riservato a Petyr) non mi
pronuncio: c’è
bisogno di dire che più delusa di così non potrei
essere? E non tanto per una
certa morte… ma per come è avvenuta, per
ciò che l’ha preceduta e per come si è
svolta.
Se qualcuno volesse parlarne, sa dove
trovarmi.
Per quanto
riguarda il capitolo:
piano piano torniamo a collegarci con i personaggi e gli eventi della
“città”
in cui Petyr è tornato.
Spero che qualcuno ci sia ancora, che
non abbiate perso la voglia di leggere questa storia.
A presto!
P.S.2:
per il riassunto iniziale ho preso spunto dal quinto capitolo della mia
long Catene.