Titolo: Lentamente stilla
Rating: Verde
Capitolo: unico
Avvertenze: Spoiler!, One Shot.
Pairing: /
Disclaimer: I personaggi non sono miei ma appartengono a Masashi
Kishimoto, questa fanfiction non è stata scritta a scopo di lucro ma per puro
divertimento dell'autrice.
Note dell'Autrice: Allora, la genesi di questa fanfiction è
piuttosto travagliata. E' nata anni fa nella mia mente come preludio a una fics
in più capitoli che prevedeva una festa dei clan di Konoha. Successivamente,
l'ho modificata per il contest "Poison" indetto poco tempo fa, ma non
ho fatto in tempo a finirla (prevedeva più capitoli). Così alla fine ho deciso
di sistemarla un po' e di pubblicarla come one shot senza pretese. Uno spaccato
della vita di Itachi a undici anni, quando ancora non era un ANBU, quando ancora
le macchinazioni del clan e del villaggio erano oscure.
Ah, già. Per capirla bisogna aver letto almeno i capitoli in cui si parla delle
ragioni di Itachi, e la successiva decisione di Sasuke.
Detto questo..
Read, enjoy and rewiew! ^-^
__________________________________________________________________________________________________________
La pioggia cadeva incessantemente ormai da
un'ora.
Pesanti gocce cariche del dolore del cielo si schiantavano al suolo, producendo,
nel loro insieme, un rumore continuato, a metà tra quello del vento fra i rami
e lo scrosciare di un torrente di montagna.
I contorni delle piante, delle case, della stessa montagna degli Hokage,
sembravano svanire in una triste foschia, che aveva tinto di un grigio cupo,
smorto, il cielo di quella notte di fine Ottobre, illuminato soltanto dai lampi
che a breve distanza l'uno dall'altro delineavano in maniera quasi inquietante i
contorni del paesaggio.
Al rumore dell'acqua si aggiungeva quello dei tuoni. Non più intermittenti, ma
continui, un rombo sordo che sembrava rotolare nel villaggio e trascinare con sé
ogni cosa trovasse sul suo passaggio.
Ogni luce era spenta, soltanto qualche sporadico lampione proiettava un fascio
di pallida luce sulla strada, nemmeno animali randagi osavano avventurarsi sotto
quel tempo da lupi.
Ogni percezione svaniva in quell'uniforme oscurità squassata dalla furia della
Natura.
Era in quell'atmosfera di cupa desolazione che una esile, solitaria figura si
muoveva, sfidando le intemperie, verso il quartiere destinato al clan Uchiha,
situato nella parte più esterna del villaggio da quando la volpe aveva
attaccato Konoha, ormai sei anni prima. Gli occhi tinti del rosso dello
sharingan saettavano vigili lungo le strade intorno a sé, nonostante la
stanchezza che il ragazzo sentiva addosso.
Di ritorno da una stupida missione di livello A che si era protratta più a
lungo di quello che pensasse, l'ultima cosa che Itachi avrebbe voluto era un
acquazzone di quella portata. In più, come se non bastasse, era stato
trattenuto più a lungo del previsto dai consiglieri dell'Hokage, quando aveva
consegnato il rapporto della missione.
Lo sguardo gli cadde involontariamente sulle gocce d'acqua che cadevano, lentamente, da una parte più interna del tetto di una casa, andando a riempire un secchio posto proprio in corrispondenza.
[ Proprio come le gocce di veleno che aveva fatto scivolare, di nascosto, nel bicchiere dell'oppositore di un Daimyo locale, nella missione appena svolta. ]
L'Uchiha maggiore sapeva di stare diventando una
pedina, che sia il suo clan sia il consiglio del villaggio stavano tentando di
utilizzare la sua tanto declamata genialità per i loro scopi.
Avvertiva il timore e l'avidità di Danzo che aumentavano sempre di più,
corrodendo gli altri consiglieri come un veleno ben nascosto. Incolore ed
inodore.
Ironicamente, lui conosceva a memoria tutte le proprietà delle più diffuse
sostanze velenose, e i rispettivi antidoti.
[ Solo che in
questo caso il veleno stillava dai piani più alti dell'organizzazione del
villaggio.
E lui, preso in mezzo, non c'era nulla, nulla, che potesse fare per
fermarlo ]
Itachi ne era consapevole. Come sapeva che
l'odio, il rancore, la paura e l'ambizione erano veleno potenti come, se non di
più, del curaro, dell'arsenico o della cicuta.
Sapeva che dai piani alti del villaggio ne stillava uno di un tipo letale. Non
ne conosceva l'origine, né la destinazione, né a cosa avrebbe portato; lui
continuava dritto per la sua strada, il volto fiero e inespressivo di un
undicenne costretto a crescere troppo in fretta a causa della guerra.
La vista della dimora principale del clan interruppe le sue riflessioni, e il
ragazzo velocizzò il passo, col pensiero già rivolto ad un bagno caldo e al
futon che sicuramente sua madre aveva preparato.
Una volta sotto al riparo del portico, ritirò lo sharingan, strizzandosi nel
contempo i capelli fradici e levandosi il giubbotto della divisa da jonin che
indossava ormai da tre giorni, resa fradicia dalla pioggia e quindi sempre meno
sopportabile.
Era assolutamente convinto di non trovare nessuno sveglio, data l'ora tarda - più
o meno le tre di notte -, perciò rimase piuttosto sorpreso quando, dopo neanche
due secondi che si era tolto i sandali, sentì un corpo caldo che si avvinghiava
al suo.
« Sasuke?! » Bisbigliò nell'ombra della casa, staccando il corpo del fratello dal suo. « Che ci fai sveglio a quest'ora? »
« Bentornato, nii-san! » Il bambino alzò i grandi occhi scuri sul fratello, mostrando un sorriso felice che riservava a lui soltanto. « Ti aspettavo. » aggiunse poi, come spiegazione.
Itachi si passò una mano sul volto, troppo stanco per intavolare una discussione col fratello, e rinunciando perciò a chiedere se fosse stato sveglio tutta la notte anche nei giorni precedenti. Gli scompigliò leggermente i capelli, dirigendosi verso le scale che portavano al piano superiore con Sasuke alle calcagna.
« Ti da fastidio? »
« Che cosa, otouto? »
« Che sia rimasto sveglio ad aspettarti. »
Rassegnato, il maggiore si fermò all'inizio del corridoio del secondo piano, per guardarlo in faccia. « No. Ma non è il caso che passi le notti in bianco per questo. »
« Ma domani mattina sicuramente tu saresti stato impegnato con papà, e non avresti avuto neanche un momento per me, come sempre. »
Itachi fece per ribattere, ma sapeva che aveva ragione: il padre non gli avrebbe mai permesso di spendere una mattinata nell'ozio. Si passò una mano sugli occhi, scuotendo la testa e cercando qualcosa che avrebbe fatto tornare il buonumore al fratello.
« Mi spiace Sasuke. Se domani mattina nostro padre non mi tratterrà a lungo starò un po' con te, va bene? »
Il bambino lo guardò con diffidenza. « Sul serio? »
« Sì. »
« Promesso? »
« Promesso. »
« Grazie nii-san! » Sasuke annuì, felice, saltandogli al collo, in un abbraccio che il fratello non tardò a ricambiare.
Itachi sospirò, stringendo quel piccolo corpo a
sé.
Da quando Sasuke aveva imparato a gattonare, non c'era stato giorno in cui non
l'avesse seguito dovunque riusciva, desideroso di attenzioni.
Curiosamente, quello sguardo supplicante e desideroso di coccole, lo aveva
sempre riservato solo a lui, non a sua madre come era logico aspettarsi. Da
quando, poi, aveva iniziato ad essere abbastanza grande da prendere in mano uno
shuriken, era praticamente diventato la sua ombra.
E anche il terrore della casa, quando armi non ben identificate volavano
disordinatamente per il soggiorno, in uno dei tanto temuti allenamenti
del bambino.
Chiudendo per un attimo gli occhi, Itachi giurò a se stesso che avrebbe fatto
qualunque cosa perché Sasuke non finisse come lui - invischiato nelle trame di
potere, ancora così oscure, del villaggio.
Non avrebbe permesso che il veleno che continuava a stillare, lento e letale,
infettasse anche lui.
[ Ironicamente,
ancora non sapeva che alla fine, in un modo o nell'altro, anche Sasuke ne
sarebbe diventato vittima.
Anzi, che sarebbe stata la persona che avrebbe fatto traboccare il vaso,
scatenando la guerra su Konoha.
Nonostante i suoi sforzi.
E a causa di essi. ]
« Nii-san... » sussurrò il più piccolo, direttamente nel suo orecchio.
« ...nh? »
« Posso dormire con te, stanotte? »
Itachi sbuffò, fingendosi seccato per una cosa che, in fondo, non gli dispiaceva poi così tanto.
« Non pensi che a sei anni dovresti essere in grado di addormentarti da solo? »
« Ma io so addormentarmi da solo! » Lo guardò corrucciato, ma non aggiunse altro.
Sasuke adorava dormire abbracciato al fratello.
Amava sentire il suo respiro regolare sfiorargli i capelli, il tepore che il suo
corpo emanava, e le braccia strette attorno a lui, che lo facevano sentire più
protetto che in qualunque altro luogo.
Ma, questo, non l'avrebbe mai ammesso ad alta voce davanti a lui, per paura che
Itachi lo considerasse un moccioso, o un debole.
Quello che il bambino non sapeva, però, era che il fratello era acutamente
consapevole di tutto questo, e non ne era per nulla infastidito. Anzi, provava
per lui un affetto molto maggiore di quello nutrito per i genitori.
Ma lui era Itachi, e più di tutto era un Uchiha, e mostrarsi troppo legato a
qualcuno - fosse anche solo suo fratello - era impensabile. Freddezza era la
parola d'ordine.
« D'accordo. » Concesse infine, dopo un attimo di silenzio. « Ma vedi di non scalciare o ti butto fuori. »
Lo rimise a terra, aprendo la porta del bagno.
« Tu intanto inizia ad andare. Io arrivo tra poco. »
Il bambino sembrò per un attimo indeciso se fargli compagnia anche durante il bagno, ma alla fine la stanchezza ebbe la meglio.
« Ok! »
E si diresse verso camera, per la prima volta realmente contento da tre giorni a quella parte.
***
Finito il bagno e indossato il pigiama, Itachi si
diresse verso la propria camera, pregustandosi già una bella dormita.
Tuttavia, i suoi piani dovettero subire un'ulteriore arresto, perché una voce
conosciuta lo bloccò a metà strada.
« Sei tornato. »
Il tono era piatto, di semplice e inutile constatazione. Lo sguardo del ragazzo incontrò la figura di Fugaku Uchiha, che sostava appoggiato al muro del corridoio, le braccia incrociate, e lo fissava con la sua solita espressione severa.
« A meno che io non sia una copia, o un fantasma...non vedo alternative, padre. »
Il capofamiglia ignorò il tono fortemente ironico del figlio, attribuendolo alla stanchezza, e si limitò ad alzare un sopracciglio come rimprovero.
« Vieni. »
Non aggiunse altro, entrando in quella sala vuota
e spoglia che veniva in genere utilizzata per le riunioni.
Lì, già seduta composta sul tatami, il corpo snello fasciato da una semplice
veste da notte, stava Mikoto Uchiha, che sorrise lievemente alla vista del
figlio.
« Bentornato, Itachi. Come stai? »
« Bene. » Itachi si limitò a quell'unica parola, prendendo posto di fronte ai genitori.
« Ti prenderemo solo qualche attimo, poi potrai andare a riposare. Come è andata la missione? »
Il ragazzo sospirò.
In fondo, sapeva che era l'unica cosa che interessasse al padre, quindi lo
liquidò col solito "Bene, come sempre".
Fugaku sorrise, soddisfatto. « Ottimo. Abbiamo deciso quale dovrà essere il tuo prossimo obiettivo, Itachi. »
Il maggiore degli Uchiha sollevò lo sguardo,
sospettoso.
Era appena diventato jonin, cosa c'era da fare ancora?
« Ovvero? »
« Dovrai fare il possibile per entrare nella squadra speciale. »
Il volto di Itachi rimase impassibile sotto lo
sguardo severo dello sharingan del padre. La madre, al suo fianco, era muta e
silenziosa come al solito.
La squadra ANBU era agli ordini diretti dell'Hokage, e svolgeva tutte le
missioni più pericolose, anche a livello politico. Era necessario conquistarsi
una fiducia assoluta, oltre ad avere abilità eccezionali, per entrarvi a farne
parte.
Dopo qualche attimo di silenzio, parlò.
« Posso sapere il motivo? »
« Dovrai diventare il tramite tra il nostro
clan e i centri nevralgici del villaggio. Se tutto andrà come spero, sarai
fondamentale per la gloria degli Uchiha. »
[ Il veleno,
lento, iniziava a stillare anche da lì ]
« Ho capito. » Che altro c'era da dire, in fondo?
« Bene. Puoi andare a riposarti, ora. Domani avremo molto da fare. »
Itachi annuì, aspettando che i genitori si alzassero per poter, finalmente, dirigersi verso la camera da letto.
« Buonanotte. »
Soltanto quando la porta si richiuse dietro di
lui, lasciandolo nella familiarità della sua stanza, si concesse di scuotere il
capo, infastidito.
Cosa diavolo era quella storia della squadra speciale? Non era
preoccupato per le possibili prove da superare - sapeva che avrebbe sviluppato
in fretta le sue capacità - ma non riusciva a capire quali fossero le reali
intenzioni del padre. Né che progetti avesse per lui il consiglio del
villaggio, che ultimamente sembrava quasi tenerlo d'occhio più del dovuto.
Posando lo sguardo sulla figura addormentata di Sasuke, tra le lenzuola
disordinate, provò per un istante un moto d'invidia nei suoi confronti.
Totalmente all'oscuro di tutto. Delle macchinazioni, dei giochi di potere, dei
retroscena più torbidi che accompagnano inevitabilmente la genialità. Le sue
spalle non erano gravate dalle responsabilità, né era costretto ad avanzare
ogni giorno in una zona di sabbie mobili, inconsapevole della direzione da cui
sarebbe arrivato il pericolo.
In fondo, però, sapeva che tutto questo era dovuto soltanto alla sua età. Ben
presto anche lui sarebbe stato ammesso alle riunioni del clan, e sarebbe
inevitabilmente precipitato in quella spirale senza fondo, anche se magari non
ne sarebbe rimasto invischiato tanto quanto lui.
In ogni caso, Itachi era deciso ad impedirlo.
Si sdraiò a sua volta, accarezzando i capelli del fratello e osservando il suo
volto addormentato.
Strinse a sé quel corpo caldo, lasciandosi scappare un sorrisetto quando il
minore, per riflesso, si aggrappò con la mano destra alla sua maglietta,
affondando il viso nel suo petto.
Appoggiando la guancia sui suoi capelli socchiuse gli occhi, pensando che,
nonostante tutto, Sasuke era la persona che più contava per lui.
L'unico che lo adorava in quanto Itachi, e non in quanto ninja geniale o strumento degli Uchiha.