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Autore: EvelynJaneWolfman    15/03/2017    1 recensioni
Nulla sconvolge il grigio e monotono mondo di Scott, tranne Dawn, la ragazza che gli ha rubato il cuore ai tempi del liceo e che non vede da anni. E quando finalmente la rincontra, i due si lasciano andare ad un momento di passione, sempre sognato da entrambi, prima di dirsi addio nuovamente. O almeno questo è quello che pensa lui, perché due mesi dopo a bussare alla sua porta è proprio la bionda con una sconvolgente notizia: aspetta un bambino! Scott non accetta quell'improvvisa bomba nella sua vita, non è in grado di prendersi cura di un bambino. Come se non bastasse in paese lo odiano tutti, complice il comportamento orribile dei suoi genitori nei confronti della comunità, e sa che per suo figlio crescere accanto a lui significherebbe vivere le stesse situazioni orribili che ha vissuto egli stesso nella sua infanzia, trasformandolo nel mostro che è ora. Dawn però è caparbia, tenace e non si arrende: vuole un padre per suo figlio e l'uomo che ama per sé. Ed è disposta a tutto pur di farsi accettare da lui, anche sconvolgere la vita degli abitanti di quel piccolo paese, portando alla luce segreti e crudeltà ancora da scontare.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Capitolo 5

 

«Buongiorno, Susanna. Dormito bene?» Chiese Dawn alla sua interlocutrice, che alzò il muso e muggì in quella che lei tradusse come risposta affermativa. «Mi fa tanto piacere, mi permetti di mungerti?» Le chiese nuovamente, accarezzandole il naso umidiccio.

Quella mattina la ragazza si sentiva felicissima, Caroline le aveva permesso di rendersi utile mungendo le vacche. Be' in realtà solo una; Susanna, che la donna aveva reputato dolce e calma. Non aveva mai munto prima di allora, ma la burbera padrona di casa le aveva mostrato come fare ed era abbastanza tranquilla.

Posizionò il secchio di latta sotto l'animale e si accomodò sullo sgabello che si trovava lì vicino. Non voleva ammetterlo però... dover strizzare le mammelle di quella povera mucca la rendeva un po' nervosa e le faceva un certo senso, ma l'aveva promesso a Caroline e non poteva tirarsi indietro!

Fece un bel respirò ed iniziò a mungere delicatamente la povera Susanna, che se ne stava tranquilla a mangiucchiare del fieno lasciandola lavorare in pace. Non era così male, dopo tutto, e nemmeno particolarmente stancante, forse proprio per quel motivo Caroline le aveva permesso di rendersi utile almeno in quel modo. Avrebbe voluto far molto di più ed imparare più cose, così quando Scott avrebbe finalmente accettato suo figlio - e pregava anche lei - non si sarebbe trovata impreparata alla vita che si conduceva in una fattoria. Voleva essergli utile e non d'intralcio, avrebbe imparato tutto ciò che serviva.

«E tu crescerai in un posto tranquillo e salutare.» Disse, rivolta all'esserino che cresceva nel suo ventre. Non poté far a meno di immaginare un bellissimo bambino dai capelli rossi e gli occhi azzurri che correva dietro il padre, ansioso di imparare qualcosa e di emulare la figura paterna tanto amata. Una parte di lei la rimproverò per quella fantasia, non sapeva se alla fine il rosso li avrebbe voluti nella propria vita e sognare era prematuro e poco raccomandabile per il suo cuore. Non voleva rimanere ferita, ma non sapeva come impedirsi di vagare con la mente in quel modo o di pensare meno a Scott. Lei non era mai stata innamorata, i ragazzi non le erano mai interessati perché tutti quelli con cui aveva avuto la sfortuna di relazionare si erano dimostrati rozzi, indisciplinati e, cosa più importante, non l'avevano accettata per ciò che era né capita. Non che Scott la capisse, ma in qualche modo loro due si somigliavano, entrambi conoscevano la solitudine ed il dolore di non sentirsi accettati per ciò che erano, e questo li univa più di qualsiasi altra cosa. Tuttavia, ora lui aveva trovato qualcuno disposto ad accettarlo ed amarlo, qualcuno che avrebbe sempre voluto il suo bene con l'unica pretesa di essere amata allo stesso modo. Quello era il punto criticò però e lo sapeva, infatti non sperava troppo di essere amata da lui, l'importante era che il ragazzo amasse suo figlio.

Finì di mungere e, con più fatica di quanto avesse immaginato, tentò di sollevare il secchio di latte per portarlo in casa come le aveva raccomandato Caroline. E quella era forse la parte più difficile visto il peso del maledetto secchio, infatti non riuscì nemmeno ad uscire dalle stalle a causa delle braccia doloranti ed addormentate, quindi fu costretta a fermarsi davanti alle porte dell'edificio per riprendere fiato.

«Che diamine stai facendo?» Le chiese una voce fin troppo familiare, la stessa voce che ogni sera perseguitava i suoi sogni e di giorno affollava i suoi pensieri.

Dawn alzò di scatto gli occhi, ritrovandosi davanti la figura sorpresa del rosso. «Scott?»

«No, un folletto irlandese.» Commentò ironicamente il ragazzo, lanciando poi uno sguardo dubbioso al secchio accanto ai suoi piedi. «Serve una mano? Nelle tue condizioni non dovresti alzare certi pesi, giusto?» Commentò con una nota di disappunto.

La bionda rimase imbambolata per un po', prima di riuscire a rispondere, ancora incredula non solo di averlo lì davanti ma anche di vederlo preoccupato per le sue condizioni. «Sì, non dovrei, ma non riesco a starmene in casa a riposare senza far nulla.» Sorrise imbarazzata, indossava una delle camicie a quadri di Caroline, che le stava almeno di due taglie più grande, ed i capelli erano raccolti in uno chignon da cui ormai sfuggivano diverse ciocche. Non era esattamente così che si era immaginata di incontrare il ragazzo, ma tanto che importava? Lei non aveva mai badato al suo aspetto quindi era inutile farlo proprio ora, e poi lui era lì e questo era già tanto. Salvo che Scott non fosse venuto solo per chiederle di andare via, come aveva fatto giorni fa e questa volta non c'era nessuna Caroline a difenderla quindi sarebbe stata messa alle strette. Ma l'avrebbe affrontato, perché non aveva nessuna intenzione di andarsene!

Lo sentì sospirare rumorosamente e lo vide avvicinarsi a lei e sollevare il secchio che aveva lasciato a terra per la fatica. «Dove devo portarlo?» Chiese quasi borbottando, come se le stesse facendo un favore, anche se lei non gli aveva chiesto praticamente nulla.

«In casa...» Rispose stupita dal suo gesto, in nessuno dei suoi sogni avrebbe mai immaginato una cosa simile - o forse sì -. Conoscendolo, non se lo sarebbe mai aspettato, ma Scott nel profondo era buono quindi non avrebbe dovuto stupirsi più di tanto. Con lei la parte del ragazzo cattivo e senza pietà non funzionava, aveva visto di più in lui, ed il fatto che fosse lì a darle una mano lo dimostrava. Seguì silenziosamente il ragazzo dentro casa, tentando di tenere sotto controllo le sue emozioni e la sua euforia, se qualcuno avesse potuto leggere l'aura come lei avrebbe notato quanto fosse esagitata dalla presenza del rosso, e lei non aveva mai provato simili sensazioni verso qualcuno.

Entrarono in casa senza più dirsi nulla, Scott lasciò il secchio in cucina e ritornò in salotto dove lei lo stava aspettando, cercava di prepararsi ad una possibile discussione con lui, anche se la cosa non le piaceva affatto. Odiava litigare con Scott, soprattutto per il bambino, che era l'unica vittima innocente in tutta quella storia.

«Caroline non c'è?» Chiese il rosso, comparendo all'improvviso dietro di lei.

«No, è andata in paese a sbrigare delle faccende.» Spiegò, sentendo la mancanza della donna. Avere qualcuno che ti difendeva era rassicurante e ti faceva sentire protetto, ma lei non poteva contare sempre su Caroline. La verità era che in quel momento aveva un gran paura, paura di sentirsi dire le stesse cose che il ragazzo aveva detto alla padrona di casa solo una settimana prima.

«Prepara le tue cose.» Le ordinò Scott, in modo stranamente calmo.

Ecco, lo sapevo, si disse.

«Starai da me. Hai vinto Dawn, mi prenderò cura di te e del bambino.» La ragazza si voltò finalmente verso di lui, sorpresa. La gioia, le domande, i dubbi e le paure l'assalirono, ma si impose di non pensarci e mettere tutto a tacere almeno per il momento. Alla fine lui l'aveva accettata anzi, aveva accettato il bambino ed era il motivo che l'aveva spinta fin lì, avrebbe dovuto fare i salti di gioia eppure... si sentiva stranamente vuota.

«Forza!» La riscosse Scott. «Non ho tutto il giorno, e preferisco che non arrivi il dittatore di questa casa, odio ritrovarmi fucili puntati contro il cranio.»

«Scusami, torno subito.» Come un fulmine, Dawn si precipitò su per le scale e si chiuse in camera. Raccolse lo zaino che aveva portato con sé ed iniziò ad infilarci dentro le poche cose che possedeva, sentiva di avere le lacrime agli occhi e si diede della stupida; lui aveva deciso di prendersi le proprie responsabilità! Proprio come aveva sempre pregato, allora perché si sentiva così delusa ed avvilita?

Finalmente il suo bambino aveva un padre pronto ad accoglierlo ed amarlo, e lei sapeva che Scott sarebbe stato un padre fantastico.

«Allora perché ho così tanta voglia di piangere?» Sussurrò reprimendo un singhiozzo. Sentiva un macigno sul cuore e non sapeva il perché, tutto ciò che aveva pregato accadesse si era avverato, eppure sentiva di aver perso. Perché?

Non voleva che suo figlio fosse accettato ed amato? Sì, ed era successo, almeno la prima. Lui aveva accettato le proprie responsabilità quindi non aveva lasciato tutto per nulla, e doveva esserne felice. Ma non lo era.

Si mise velocemente lo zaino in spalla e scese nuovamente in salotto, Scott era esattamente dove l'aveva lasciato e si guardava intorno con aria malinconica. Curiosa, diede una sbirciata alla sua aura e vi trovò tristezza, commozione e rimorso. Tanto rimorso.

«Eccomi.» Scott si voltò subito verso di lei e la fisso serio in volto per qualche secondo.

«Hai pianto?» Chiese, sbalordendola. Era così cristallina quel giorno? Di solito nessuno riusciva a capire se aveva pianto, anche se lo aveva fatto da poco, era sempre stata molto brava a nascondere il suo stato d'animo. Evidentemente quel giorno non c'era riuscita, e visto tutte le emozioni che la sconvolgevano dentro non le risultava difficile crederci. Non riusciva ad avere il controllo su emozioni o stati d'animo che non si erano mai manifestati prima di allora.

Si schiarì la gola e scosse il capo. «No, assolutamente no. Andiamo?» Uscì di casa sotto lo sguardo attento del ragazzo, che avvertiva qualcosa di strano in lei.

Dawn raggiunse il pick-up nero di Scott e si voltò verso la casa che per settimane l'aveva accolta e protetta, proprio come aveva fatto Caroline. Gli occhi le si riempirono di nuovo di lacrime, stavolta per un motivo completamente diverso. Sospirando, lanciò un'occhiata al rosso che l'aveva raggiunta.

«Scusami un secondo.» Gli disse. «Ho qualcosa di importante da fare prima di andare.» E sotto lo sguardo allibito ed irritato di lui, tornò di corsa in casa, prese il blocchetto di post-it che la donna teneva sulla credenza in cucina e lasciò un messaggio a Caroline, informandola del suo trasferimento nella fattoria dei Douglas. Lanciando un ultimo sguardo alla cucina ed al salotto, tornò di nuovo da Scott, il ragazzo la stava aspettando esattamente dove l'aveva lasciato pochi secondi prima.

«Possiamo andare, ora?» Chiese con evidente disappunto.

«Sì, scusa.» La ragazza entrò nell'abitacolo ed il rosso fece altrettanto, accendendo il motore e allontanandosi da quella casa immediatamente. Sembrava che Scott volesse mettere fine a quella storia velocemente, come se portarla alla sua fattoria potesse in un attimo far aggiustare tutto. E forse era così, ma per quante cose si risolvano, tante altre si complicano e lei lo sapeva bene.

Aveva appena raggiunto il traguardo che si era prefissata il giorno del suo arrivo a Yellowknife, eppure il suo cuore ed il suo animo erano irrequieti. Non c'era la benché minima felicità nel sapersi vincitrice di questa battaglia, perché la guerra per arrivare al cuore di Scott era ancora lunga e non era detto che ne sarebbe uscita vincitrice.

Si posò una mano sul ventre e chiuse gli occhi, chiedendo in silenzio perdono al bambino che cresceva dentro di lei. Senza di lui non sarebbe mai riuscita ad avvicinarsi al ragazzo che amava, le sembrava quasi di usarlo e si sentiva un mostro per quello.

Scott lanciò un'occhiata alla sua compagna di viaggio, trovandola ad occhi chiusi con una mano poggiata sul ventre e l'espressione quasi sofferente. «Stai bene?» Chiese, tentando di nascondere invano la sua preoccupazione.

Dawn sussultò, come se fosse appena stata svegliata da un sonno profondo e si guardò intorno confusa prima di rispondere. «S... sì, credo di sì.» Accennò un sorriso e spostò la sua attenzione verso il panorama fuori dal finestrino.

Brutto segno, si disse. Non l'hai ancora portata a casa e già sembra che tu abbia fatto qualcosa di male.

Ma cosa? Non aveva ancora aperto bocca né fatto qualcosa che potesse disturbarla o ferirla. Forse era stato troppo scorbutico a trascinarla via dalla fattoria di Caroline senza darle il tempo di salutare? Forse, oppure si sentiva male? In fondo l'aveva sicuramente sconvolta un bel po' portandola via così in fretta.

«Sicura?» Indagò di nuovo, odiandosi nel mostrarsi così preoccupato. «Non ti senti male? Il bambino sta bene?»

La bionda si voltò nuovamente verso di lui, sorridendogli in modo dolce e grato. «No, il bambino sta benissimo e va tutto bene, davvero.» Lo rassicurò.

Annuendo, tornò a fissare la strada, ignorando il sollievo che aveva provato a quelle parole.

Era preoccupato per me o per il bambino?, si chiese Dawn anche se, ovviamente, conosceva già la risposta. Ma la preoccupazione di Scott verso il piccolo aveva tranquillizzato la tempesta di emozioni che si era scatenata dentro di lei. Adorava questo lato di lui, quello premuroso e protettivo che il ragazzo mai avrebbe ammesso di avere.

Se solo gli altri vedessero ciò che vedo io...

Una cosa su gli abitanti di quel posto l'aveva capita; davano molta importanza alla prima impressione di una persona e se questa era negativa allora escludevano il poveretto - o poveretta - dalla comunità. Ed era quello che era successo a Scott, tutti lo giudicavano per gli errori dei suoi genitori e questo era ingiusto. Eppure c'era qualcos'altro, ne era certa, qualcosa che aveva cementato l'odio degli abitanti verso il rosso e che non aveva nulla a che vedere con i suoi genitori, ma cosa?

Spostò nuovamente lo sguardo fuori dal finestrino e riconobbe la fattoria del ragazzo, anche se l'aveva già vista una volta fu comunque sorpresa e dispiaciuta della decadenza di quel posto. I campi accanto alla proprietà erano completamente abbandonati e le strutture avevano urgente bisogno di una riverniciatura e non solo...

«Benvenuta nella vostra nuova dimora, principessa.» Esalò sarcastico il ragazzo, parcheggiando il pick-up accanto alla casa padronale.

Dawn scese dall'abitacolo ed attese che Scott facesse lo stesso, non le andava di entrare in casa per prima o di precederlo, non voleva dargli l'impressione di considerare quel posto già casa sua. Anche perché era abbastanza difficile definirla casa e non catapecchia fatiscente, sarebbe stata sicura per un bambino? Pregava di sì.
Come richiamato, il suo sguardo venne di nuovo attirato verso i campi abbandonati ed una strana apprensione l'assalì. Dopo aver passato due settimane da Caroline, e vedendo il modo impeccabile in cui gestiva la sua fattoria, le sembrava orrendo lasciare quel posto così deturpato.

«Ehi, non vuoi entrare?» La voce di Scott la fece sobbalzare e si voltò verso di lui, trovandolo sotto il portico ad attenderla.
Si affrettò a raggiungerlo e lo seguì in casa; visto l'esterno della casa si era aspettata lo stesso abbandono anche dentro, invece dovette ricredersi. Il mobilio, per quanto vecchio e consumato, era lucido e pulito, così come il soggiorno. Anche la moquette era pulita e priva di macchie.

«Lo so, non è di certo una bella casa, ma dovrai accontentarti.» Sbottò irritato Scott, fraintendendo la sua ispezione, senza nemmeno guardarla in volto. Sembrava addirittura imbarazzato e qualcosa diceva che non era per l'aspetto della casa, non del tutto almeno.

Senza riuscire a frenarsi, diede nuovamente una sbirciatina alla sua aura. Non doveva farlo, lo sapeva, ma con Scott non riusciva proprio a frenarsi, voleva sapere ciò che il ragazzo provava per aiutarlo o confortarlo in qualche modo. Era stata proprio la sua aura ad attrarla, così cupa, tormentata ed infelice. Le uniche volte in cui aveva notato della felicità in essa era quando superava brillantemente gli esami scolastici, allora la sua aura brillava e lei ne rimaneva affascinata. Anche ora, quello che vi lesse dentro la commosse e affascinò come sempre.

«No, è tutto perfetto ed in ordine. Pulisci tu casa?» Chiese, immaginando la risposta che avrebbe ricevuto.

«C... cosa? Ti sembro uno che pulisce case? Ma per favore, sono solo un tipo ordinato.» L'espressione sconcertata ed imbarazzata di lui era talmente buffa che dovette fare appello a tutto il suo autocontrollo per non ridere. «Puoi sistemare le tue cose nella tua stanza; sali al piano di sopra, è l'ultima porta a destra.» Borbottò prima di sedersi sul divano ed accendere la televisione, un chiaro segno che non l'avrebbe accompagnata.

Seguendo le sue indicazioni, salì le scale ed entrò in camera; la stanza era molto semplice e spaziosa, dato che gli unici mobili presenti erano il letto e l'armadio. Sospirando, lasciò cadere lo zaino sul letto e si avvicinò alla finestra.

«Oh, no...» Esclamò alla vista dei maledetti campi abbandonati. Sembrava quasi che la stessero perseguitando, sicuramente le chiedevano aiuto visto la situazione orribile in cui versavano. «E va bene...»

Uscì di fretta dalla stanza e tornò al piano inferiore, trovando Scott ancora seduto davanti al televisore con lo sguardo perso altrove, di certo non poteva interessargli la televendita di pentole antiaderenti che stavano trasmettendo.
Cercando di fare meno rumore possibile, uscì di casa e si diresse verso di campi che la stavano perseguitando. Non sapeva esattamente cosa fare, tutto ciò che vedeva erano le erbacce e forse avrebbe dovuto iniziare proprio da quelle. Avanzò verso il centro del campo ed iniziò a strapparle a mani nude, da sola non avrebbe fatto un granché ma almeno avrebbe acquietato quella strana ed orribile sensazione allo stomaco.

Scott spense il televisore e lasciò che un ringhio di frustrazione uscisse dalle proprie labbra. Stava tentando di capire in che modo poter mantenere Dawn ed il bambino durante i prossimi mesi, ma la stupida e fastidiosa voce maschile che elencava i pregi di una cottura senza grassi non riusciva a farlo concentrare. I soldi che aveva messo da parte negli ultimi anni stavano per finire e quei pochi rimasti di certo non lo avrebbero aiutato a crescere un bambino. 
Dannazione! Era proprio questo che intendeva quando aveva detto a Caroline di non aver nulla da offrire, però ormai aveva preso la sua decisione e non poteva di certo tirarsi indietro. Avrebbe trovato di certo una soluzione, per il momento era meglio evitare di pensarci o si sarebbe innervosito. Abbandonò il capo sui cuscini del divano e si godette la tranquillità ed il silenzio che regnavano in casa.
Un momento... silenzio e tranquillità? Non poteva essere così visto che ora abitavano in due in quella casa, ed anche se Dawn era silenziosa al limite dell'inquietante, in casa si sarebbe dovuto percepire almeno un piccolo rumore.

«Dawn?» La chiamò, tentando di apparire scocciato come al solito, ma non ricevette risposta. Sbuffando, abbandonò la comodità del sofà e salì le scale che portavano al piano superiore. Aprì lentamente la porta della camera di Dawn e rimase di sasso non trovando la ragazza lì.

«Dove diamine si sarà cacciata?» Ringhiando per l'ennesima volta, tornò al piano inferiore ed entrò in cucina per vedere se la bionda fosse lì, ma ancora una volta di lei non vi era nessuna traccia. 
Si portò un mano alla tempia ed inizio a massaggiarla piano, tutto quel preoccuparsi non era né da lui né nella sua routine giornaliera e si sentiva già sfinito. Lanciò uno sguardo fuori dalla finestra, cercando di distrarsi guardando l'erba che cresceva incolta nei suoi campi, gli insetti che vi volavano intorno ed una testa bionda che se ne stava sedu... una testa bionda che ne stava seduta lì in mezzo? Scott strinse gli occhi per cercare di mettere meglio a fuoco ciò che vedeva, e finalmente trovò Dawn.

«Ma che cavolo fa quella svitata?» Come un fulmine, raggiunse la ragazza tra l'erba alta quasi quanto lui. Nonostante il rumore provocato dai suoi piedi che calpestarono e spezzarono l'erbaccia secca, Dawn non si accorse della sua presenza; troppo impegnata nel suo intento, impossibile, di ripulire il campo.
«Cosa stai facendo?» Le chiese, tentando di tenere a bada l'irritazione. La bionda sobbalzò e si voltò con aria colpevole verso di lui.

«Ecco... non lo so nemmeno io.» Gli rispose, ridendo in modo nervoso. «So solo che non riuscivo a guardare questi campi senza provare una strana ed odiosa sensazione alla bocca dello stomaco. Così ho deciso di darmi da fare.»

Scott rimase per un attimo colpito. Anche lei provava la stessa sensazione fastidiosa che provava lui ogni volta che apriva gli occhi e si rendeva conto dello stato di abbandono in cui versava la fattoria?

«Molto nobile da parte tua, ma non puoi fare tutto da sola. Anche se il campo non è enorme servono comunque macchinari adatti, o più persone che facciano quello che stai facendo tu.» La informò. «Inoltre sei incinta, dovresti pensare al bambino e non a delle erbacce.»

«Lo so, ma se non lo faccio so che non riuscirò a stare tranquilla, quindi non preoccuparti e torna dentro.» La bionda si rimise a lavorare, ignorando la sua presenza e le sue parole.

«Io non mi preoccupo per te, e se vuoi stancarti inutilmente mettendo in pericolo anche la vita di nostro figlio, fai pure. Io torno dentro eccome.» Sbuffando irritato, il rosso tornò dentro, ignorando la vocina interiore che gli diceva di aiutarla e non abbandonarla lì in mezzo alla polvere e gli insetti.

Nostro figlio, Dawn non riusciva ancora a credere alle parole uscite dalla bocca di Scott. Era sicura che il ragazzo non se ne fosse reso conto, ma lei sì e quelle parole avevano un suono meraviglioso e pregò di poterle risentire di un nuovo un giorno.

«Sì, Scott, è nostro figlio.» Mormorò prima di rimettersi al lavoro.

«È una pazza, una anche molto malata!» Esclamò irato il rosso, sbattendo la porta dietro di sé. «Vuole spezzarsi la schiena a strappare stupide erbacce? Faccia pure, io ho smesso di provare ad essere gentile.»

Il ragazzo entrò in cucina e prese una bottiglia di birra prima di risedersi sul divano ed accendere la televisione. Quella ragazza era completamente fuori, più di quanto si era immaginato, davvero credeva di poter cambiare quel posto da sola? Era una visionaria affetta da miopia, l'unica spiegazione ad una tale pazzia. Bastava solo uno sguardo veloce a quel posto per capire che erano tutte fatiche sprecate, tutto andava buttato giù e ricostruito daccapo e lui non aveva nemmeno i soldi per riverniciare la porta d'ingresso. 
Quella stupida, poteva benissimo rimanere fuori tutta la notte, presto anche lei si sarebbe arresa all'evidenza. Inoltre stava anche iniziando a fare freddo, quindi sarebbe dovuta entrare per forza in casa.

La conosci, Scott, è in grado di restare fuori anche con venti gradi sotto lo zero, lo mise in guardia la sua coscienza, miracolosamente tornata in vita nelle ultime settimane.

«Non mi interessa, può anche trasformarsi in un pupazzo di neve.» Borbottò a se stesso, dandosi dell'idiota nel sentire l'eco delle sue parole riecheggiare tra le pareti del soggiorno. Dawn lo faceva impazzire come poche cose al mondo, non riusciva mai a capire a fondo ciò che le passava per la testa mentre lei era in grado di prevedere ogni sua mossa, anche prima di lui. E non capiva perché preferisse rimanere fuori al freddo in mezzo alla polvere, incinta per di più! Le sarebbe potuto accadere di tutto, si stava comportando in modo irresponsabile.

«Oh, al diavolo!» Spense il televisore ed uscì nuovamente di casa. Se le fosse successo qualcosa Caroline lo avrebbe scuoiato vivo e non poteva permettere che accadesse, non voleva avere nessuno sulla sua coscienza appena ritornata. Si fece spazio tra l'erba alta del campo e le si sedette di fronte, imitando il lavoro della ragazza.

«Non una sola parola.» L'avvertì senza nemmeno guardarla.

«Non ne avevo intenzione.» Rispose lei, con un sorriso stampato in viso che lui non vide.

***

«Ehi Vecchiaccia!» Anderson entrò in casa di Caroline senza nemmeno bussare, non l'aveva mai fatto e non avrebbe iniziato di certo ora. Inoltre la donna non si era mai lamentata, e questo a lui bastava.

«Cosa diamine hai da urlare?» Chiese irritata Caroline, seduta al tavolo della cucina con un'espressione stranamente compiaciuta ed un foglietto tra le mani.

Andy avanzò lentamente verso di lei, notando qualcosa di strano nella donna, gli sembrava più rilassata. Come se le mille preoccupazioni che l'affliggevano fossero magicamente sparite, ma aveva anche un qualcosa di nostalgico nello sguardo.

«Ero venuto a chiederti dell'angioletto, non l'ho vista stamattina e mi sono preoccupato.» L'uomo prese posto accanto a lei.

«Se ne è andata, Andy. Finalmente ha preso il posto che le appartiene.» Caroline sorrise enigmatica, come se stesse nascondendo un segreto che non aveva intenzione di rivelare a nessuno.

«Come andata?» Si allarmò l'uomo. «Non dirmi che è tornata a casa!»

La donna alzò gli occhi al cielo esasperata e sbuffò. «No, vecchio idiota.» Gli porse il bigliettino che aveva tra le mani e sorrise soddisfatta.

Anderson afferrò il piccolo post-it tra le mani e si infilò in fretta gli occhiali da vista, senza non riusciva a distinguere nemmeno una vocale. Lesse in fretta il biglietto, rimanendone sorpreso.

«Scott ha accettato di prendersi le sue responsabilità?» Commentò allibito, nonostante sapesse che il ragazzo era tutt'altro che cattivo, aveva dubitato seriamente di lui. Aveva creduto che Dawn sarebbe rimasta lì per un bel po', anche per sempre, insieme a suo figlio. Invece si era sbagliato e non poteva esserne più felice.

«Sì, non ho mai dubitato di quel cretino. Sapevo che alla fine avrebbe ripreso ciò che era suo.» Caroline riprese il post-it dalle mani dell'uomo e sospirò felice. Finalmente Scott avrebbe avuto la famiglia e l'amore che aveva sempre desiderato, doveva solo superare le sue paure ed aprire il cuore. Non sarebbe stato facile ed avrebbe commesso tanti sbagli, ma la zia Carol era pronta a rimediare e riportarlo sulla retta via. Dawn era l'unica in grado di aiutare il ragazzo, e per fortuna aveva un gran cuore ed un'immensa pazienza, ma anche lei aveva bisogno di essere aiutata ed il rosso era perfetto per il compito. Quei due si completavano, lei non aveva mai creduto alle anime gemelle ma stava per ricredersi.

«Come mai sei sempre stata sicura di lui?» Le chiese Andy.

«Perché ogni volta che si guardano, tutto intorno a loro brilla e l'unica cosa che si può leggere nei loro occhi e l'amore che provano l'uno verso l'altro. È quasi magico.»

  
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