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Autore: Lucius Etruscus    17/03/2017    2 recensioni
Stringere alleanza con il diavolo ha sempre dei costi, ma il maggiore Dunja è disposta ad accettarli. Sull’Avamposto di ricerca scientifica Adullam sbarcano Dunja e Boyka per stringere alleanza con il dottor Lichtner, uno scienziato specializzato nella costruzione... delle armi più inaspettate dell’universo. È solo questione di tempo prima che la situazione esploda...
Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di 20th Century Fox (Aliens) e Nu Image / Millennium Films (Boyka). Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
In fondo al testo riporto tutte le fonti che ho utilizzato per la stesura.
Genere: Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Il dottor Lichtner pregustava lo spettacolo della sua ginoide che avrebbe massacrato quel pallone gonfiato di Boyka, magari con l’aiuto delle altre “sorelle”. Si sistemò con la sua carrozzina elettrica in modo da gustarsi la scena, ignorando volutamente la presenza al suo tavolo di Dunja: a lei ci avrebbe pensato Olimpia o un’altra ginoide.

Lichtner assaporava compiaciuto il proprio trionfo, così quando vide Boyka atterrare una ginoide con un solo colpo... un brivido gli percorse la schiena. Un colpo fortunato, sicuramente, ma lo spettacolo si fece decisamente meno scontato di quanto immaginasse.

~

La sorpresa in un combattimento è tutto, e più si è svantaggiati più è importante cogliere di sorpresa l’avversario. Le ginoidi avevano visto combattere Boyka la sera prima quindi conoscevano tutte le sue mosse: l’unico modo per affrontarle era cambiare completamente stile, usando tutte le mosse che non avevano visto.

Lanciatosi in aria, il lottatore era crollato addosso alla donna nel mezzo con tutto il suo peso, sferrando un pugno che aveva fatto rientrare il naso della creatura nel proprio cranio. Il dottore aveva preso uno degli aspetti di forza degli alieni – il coriaceo esoscheletro chitinoso – e l’aveva tramutato in fragilità umana. Naso e zigomi si sfracellarono sotto la potenza delle nocche callose di Boyka, che aveva passato i momenti migliori della sua infanzia a prendere a pugni il muro per aumentare la massa calcificata delle nocche, a forza di microfratture.

Le altre ginoidi persero preziosi secondi a fissare la loro sorella accasciarsi al suolo, secondi in cui Boyka tornò in posizione e scattò verso un’altra vittima: la distanza ravvicinata non gli consentiva di caricare un colpo potente, così si limitò a sguisciare dietro una creatura e ad agguantarla per il collo: un altro errore del dottore, dettato dal gusto di avere donne magre dal collo piccolo, e un’altra ginoide che perde la vita. Con il collo spezzato come fosse un fuscello. Ma stavolta niente caduta a corpo morto: Boyka tenne stretto il collo della sua vittima, perché era uno scudo perfetto.

Fu la donna alla sua destra ad attaccare per prima, con gli artigli snudati dalle lunghe dita: quella sì era un’arma pericolosa. Per questo il lottatore premette addosso agli artigli il corpo della ginoide morta che teneva per il collo, corpo che venne trapassato e che quindi fermò l’attacco mortale della creatura, che si ritrovava le mani bloccate nell’addome della sua sorella morta. Con una rapida torsione del busto Boyka caricò un calcio alto e colpì la nuca della morta, che così facendo colpì a sua volta la fronte della viva: non un colpo mortale ma che tramortì la creatura il tempo necessario a Boyka per eseguire un’altra torsione e far scaricare un altro calcio circolare addosso al volto di un’altra ginoide in procinto di attaccare. Spezzandole il collo.

Mentre la ginoide tramortita si liberava le mani artigliate dal cadavere della sorella, il lottatore si avvicinò e appena essa alzò la testa sibilando, pronta ad attaccare di nuovo, due mani esperte la afferrarono per il mento e per il collo dietro la nuca: una pressione come si deve e un altro collo emise un rumore gracchiante.

L’ultima ginoide non si lanciò alla cieca con gli artigli, ma a sorpresa spazzò le gambe di Boyka, che riuscì a stento a rimanere in piedi. L’uomo guardò i movimenti della creatura, che d’un tratto si rialzò con una capriola, e capì: aveva appreso i suoi insegnamenti leggendo la mente di Eloise e questo non la rendeva una semplice donna-alieno. La rendeva una lottatrice.

La creatura stava di fronte a lui spostando il peso da una gamba all’altra, agitando le dita artigliate in attesa dell’occasione giusta per sferrare il suo colpo, e Boyka non volle essere da meno: allargò le braccia e iniziò ad ondulare il busto.

I due si studiarono per qualche istante prima che Boyka portasse tutto il suo peso verso il basso e, facendo leva su un braccio puntato a terra, elevasse il suo corpo fino a colpire con un calcio la testa dell’avversaria. Una tecnica bella ma inutile, parata la quale la ginoide decise che era il momento giusto per attaccare: quando cioè l’avversario stava tornando in posizione e non aveva ancora assunto una posa stabile.

Facendo passi a gambe larghe cominciò ad agitare le braccia con ampi gesti, per non attaccare in linea retta come avevano fatto le sue sorelle, senza successo. Ma Boyka non aspettava altro: aveva eseguito apposta una tecnica inutile, per scatenare l’attacco sicuro dell’avversaria. Cambiato stile immediatamente, la anticipò andandole incontro e iniziando a lanciare rapide ma potenti tecniche corte di braccia, pugni a nocche chiuse e colpi a dita tese, alternando parate dei colpi della ginoide a colpi diretti al viso. Con una velocità crescente il lottatore inondò la creatura di così tanti colpi che ogni stile marziale acquisito da essa perse ogni efficacia: Boyka aveva affrontato uno stile aperto con uno stile stretto, ingannando l’avversaria e portandola dove voleva lui.

L’ultimo di una rapidissima serie di colpi finì al centro esatto del collo, spegnendo la luce alla ginoide. Mentre crollava a terra, Boyka ne approfittò e sferrò un potente calcio a spazzata sulla sua testa. Giusto per essere sicuro.

Nel giro di una manciata di secondi il lottatore aveva massacrato cinque ginoidi davanti agli occhi del loro creatore, che ancora doveva riuscire a capire cosa stesse accadendo.

~

Nel frattempo Eloise era scattata alla volta dei due xenomorfi che rimanevano imbambolati vicino alla cassa criogenica, che emetteva ancora il suo sibilo di decompressione. Nella confusione nessuno stava dando loro ordini quindi sembrava dondolassero la loro lunga testa da una parte all’altra, in attesa di istruzioni. Al loro posto arrivò la morte, che li fulminò con gli occhi infuocati di Eloise.

La donna in un lampo si piazzò alle spalle delle due creature: voleva colpirli ma all’ultimo secondo trovò un’idea migliore: afferrò le loro code con una presa d’acciaio e mise in funzione ogni potente muscolo del suo corpo iniziando a roteare. Con solo un paio di giri già gli xenomorfi roteavano confusi nell’aria, agitando i loro arti, quindi era il momento giusto per lo slancio finale: con colpo preciso Eloise fracassò i due corpi contro la parete della stanza, come fossero stati due insetti fastidiosi.

~

«Ma che succede?» fece appena in tempo a dire il confuso Lichtner prima che Dunja scattasse dalla sua sedia, attraversasse il tavolo con una capriola e si ritrovasse addosso al dottore.

Con un pugno lo confuse e poi gli avvinghiò le braccia al collo. «Succede che ora la tua merda ti torna indietro», gli sibilò la donna nelle orecchie.

Subito le due ginoidi di guardia fecero per avvicinarsi, così Dunja estrasse rapidamente il suo coltello e lo puntò alla gola del dottore. «Un altro passo e sgozzo il vostro padrone.» Le creature si immobilizzarono ma non sembravano convinte. «Fermale», sibilò la donna nell’orecchio di Lichtner, «o andremo insieme all’inferno.»

«Questa è la peggiore mossa che potesse fare, maggiore», gracchiò l’uomo che respirava a fatica, mentre agitava il suo corpo pingue immobilizzato sulla carrozzina. «Siete in minoranza schiacciante, il suo uomo non potrà far fuori centinaia, migliaia di alieni.»

«Magari posso aiutarlo io.»

Dunja e Lichtner alzarono lo sguardo e videro che tra le due ginoidi immobilizzate era apparsa Eloise, che fissava il dottore con occhi di sfida. Lentamente alzò le braccia e ogni mano agguantò la testa della ginoide al suo fianco. «In fondo queste sono solo mie schiave.» Strinse lentamente le sue dita, e mentre la sua forza comprimeva inesorabilmente il loro cranio le due donne rimasero immobili, quasi inconsce di ciò che avvenisse. Davanti agli occhi allibiti di Dunja e Lichtner Eloise maciullò a mani nude i crani delle due sue “sorelle”, che si accasciarono in silenzio. «Sei contento di come mi hai fatto, papà

Il dottore deglutì sonoramente. «Ti ho resa forte apposta, figlia mia, ma non per rivoltarti contro di me.»

D’improvviso un rumore potente avvertì tutti che degli xenomorfi erano entrati nella stanza: non erano più gli inquietanti servitori di Lichtner, bensì semplici macchine di morte chiamate a difendere il dottore dagli aggressori.

In un lampo Eloise scattò verso di loro, lanciandosi in aria e caricando il pugno. Era la stessa identica tecnica che aveva eseguito Boyka un attimo prima, ed era facile immaginare che prima di morire le ginoidi avessero trasmesso a tutta la loro razza quella nuova informazione. Per questo Eloise all’ultimo secondo roterò il busto e colpì le creature con una falciata di gamba: si aspettavano un pugno, quindi furono colpite di sorpresa e incassarono tutta la forza della donna.

«Osate ribellarvi alla vostra regina?» bisbigliò Eloise mentre i suoi occhi fiammeggianti fulminavano le due creature confuse: in un attimo fu loro addosso. Afferrò la lunga testa di uno xenomorfo e la usò come leva per sollevare l’intero corpo, che usò per colpire l’altro xenomorfo. Arti e code si agitavano senza sosta e le grida animali delle due creature stordivano ma non fermarono Eloise, che nel groviglio di corpi chitinosi afferrò le due teste e le fece girare finché un rumore raccapricciante non l’avvertì che non c’era più niente di vivo in quel groviglio di arti.

«Impressionante.»

Eloise si voltò e sorrise a Boyka, che l’aveva raggiunta. «Dubitavi di me, maestro?» chiocciò la donna.

Boyka ghignò. «Neanche per un momento. Una che picchia un alieno con un altro alieno... è degna di tutta la mia stima!»

Non fecero in tempo a godersi la momentanea vittoria che dalla porta della stanza iniziarono ad affacciarsi altri xenomorfi... tanti altri xenomorfi.

«I miei schiavi hanno bisogno di una lezione», disse Eloise.

«Ora non esagerare», rispose Boyka mettendole una mano sulla spalla per fermare la sua carica. «È il momento di chiedere un aiuto.»

Voltatasi per capire a cosa si riferisse, la donna vide che il lottatore guardava dietro di loro e seguì il suo sguardo. Vide che più in là Dunja stava trascinando il dottore, tenendogli sempre il coltello alla gola, verso la cassa criogenica, che ormai non emetteva più vapore. Sembrava un semplice mobile ma il maggiore iniziò ad armeggiare con i suoi comandi con fare sicuro. «Volevi tanto il tuo generale Rykov», gridò Dunja all’improvviso in faccia a Lichtner, «ed eccotelo qui!»

Le ante della grande cassa iniziarono ad aprirsi lentamente.

«I miei schiavi ci stanno per raggiungere», bisbigliò Eloise alla volta di Boyka.

L’uomo si voltò a fissarla, tranquillo e sorridente. «Giù, Eloise.»

La donna lo fissò incerta. «Cosa?»

Boyka l’afferrò per le spalle e la trascinò a terra con sé. «Giù!»

Le ante della cassa criogenica si spalancarono ed uscì il generale Rykov... all’interno dell’armatura Berserker dotata di mitragliatori. Un grido potente fuoriuscì dalla gola del vecchio generale, risvegliato dal suo sonno artificiale, prima che aprisse il fuoco e un oceano di proiettili esplosivi inondasse la stanza.

Senza stare a guardare chi colpiva, senza chiedersi se i piani stessero andando come Dunja gli aveva preventivato, appena uscito dal sonno criogenico Rykov iniziò a sparare, falcidiando tutto ciò che aveva davanti. Gli occhi erano ancora appannati per il sonno forzato e l’equilibrio era malandato, ma per fortuna l’armatura Berserker era in grado di guidare il suo corpo e sostenerlo. E potenziarlo.

I potenti mitragliatori montati sulle mani si agitavano nell’aria ma per fortuna l’armatura teneva la mira ad altezza uomo, così che chi si riparava in terra non venisse colpito. Gli xenomorfi che stavano entrando a frotte nella stanza cominciarono ad inciampare sui cadaveri gli uni degli altri, mentre i potenti proiettili esplosivi facevano scempio dei loro corpi inondando l’ambiente di sangue acido.

«Leviamoci da qui!» gridò Boyka, strisciando via e trascinando con sé Eloise mentre i corpi degli alieni cadevano sempre più vicini.

Dunja e Lichtner si erano riparati dietro la cassa criogenica. «Puttana!» stava sibilando il dottore. «Pensi di avermi battuto perché stai facendo fuori un po’ di creature? Ne trovo mille volte tante: siete dei folli e morirete qui, schiacciati come insetti.»

Dunja mise a tacere il dottore dandogli una botta in testa con il manico del coltello. L’uomo cadde dalla sua sedia, mezzo tramortito, e solo allora la donna vide una luce rossa lampeggiare all’interno di uno dei braccioli. «Perché quella luce lampeggia? Ehi, dottorino, cosa vuol dire quella luce?»

Rantolando da terra, con il sangue a coprirgli il volto, Lichtner emise una risatina inquietante. «Ho chiamato mamma... per fare pulizia.»

Dunja rabbrividì e fece il giro della cassa criogenica per gridare ed avvertire gli altri del pericolo, ma fece appena in tempo a vedere Rykov volare via. Una enorme mano lo aveva afferrato alle spalle e spinto all’indietro, facendolo volare verso la parete opposta della sala, distruggendola con il peso dell’armatura e scomparendo al di là. Da chissà quale anfratto delle fondamenta, era salita una Regina in aiuto di Lichtner.

~

Gli spari cessarono all’improvviso e le grida degli alieni falcidiati si tacquero, così come loro stessi smisero di entrare nella stanza, lasciando decine e decine di cadaveri accatastati in terra. L’improvviso silenzio fece risaltare le grida lanciate da Dunja e Boyka, ritrovatisi disarmati di fronte alla potente Regina: il lottatore non era stato in grado di affrontarla quando indossava l’armatura che ne moltiplicava la forza, figuriamoci ora a corpo nudo.

Le grida erano sconclusionate e proponevano piani di salvezza senza speranza. Eloise non li stava ad ascoltare: si alzò e si diresse lentamente verso la sua usurpatrice. Verso la creatura che si arrogava il titolo di Regina.

Giunta di fronte all’enorme xenomorfo la ginoide fissò la sua testa con occhi furenti di sfida. Poteva avvertire potente il richiamo della Regina, era assordata dai messaggi psichici che l’essere le stava inviando in forma telepatica, inondandola: non poteva capirli ma era abbastanza sicura che fosse un richiamo all’ordine. Il che voleva dire che quella stupida creatura non aveva capito come stessero le cose. «C’è solo una regina», bisbigliò Eloise, sapendo che l’essere non poteva capirla. «E sono io!»

L’enorme xenomorfo fece scattare uno dei suoi artigli per spazzare via la ginoide, ma questa rimase immobile ad aspettare il colpo... e con rapido gesto colpì d’anticipo l’artiglio della Regina con un pugno. Un solo colpo sferrato con tutta la sua forza. Il risultato fu che non solo Eloise non venne spazzata via, ma riuscì a maciullare due dita dalla enorme mano della Regina.

Non aspettò che la creatura smettesse di gridare prima di avventarsi contro il suo enorme corpo, cominciando velocemente a scalarlo malgrado gli spasmi e i tentativi dell’essere di scrollarsela di dosso. In pochi istanti raggiunse l’enorme collo e, a cavallo del dorso della Regina, cominciò a tempestarlo di pugni. Rapidi. Potenti. Letali.

«Eloise, scendi!» gridava Boyka. «È troppo forte per te! Se le penetri la pelle il suo sangue ti corroderà!»

La ginoide si bloccò: il suo corpo era stato creato per essere umano, quindi il sangue acido la corrodeva? Non ci aveva mai pensato, aveva ucciso gli altri xenomorfi senza spargere sangue, ed era saltata addosso alla Regina senza calcolare che se un suo pugno avesse penetrato l’esoscheletro chitinoso il sangue acido le avrebbe fuso la mano...

L’esitazione di un attimo fu fatale, e vide quasi in sogno l’enorme coda della Regina volare verso di lei, nel tentativo di scrollarsi di dosso quella fastidiosa pulce. Mai assorbire la forza di un colpo, bisogna sempre assecondarne l’energia ed impossessarsene: Eloise scattò sulle gambe e si lanciò nella direzione in cui andava la coda, così che quando la colpì non fu un impatto forte.

Afferrando e tenendo stretta l’estremità della coda, la ginoide raggiunse la parete di fronte e girando su se stessa riuscì ad evitare di colpirla di schiena: ammortizzò con le gambe l’impatto, e appena ricaduta in terra iniziò a tirare la coda della creatura. Era impossibile trattenerle quell’enorme essere tirandogli la coda, ma almeno poteva guadagnare qualche istante per pensare ad un piano.

Mentre la Regina si agitava, Dunja le trascinò davanti il dottore, ancora sanguinante dalla testa. «Richiama il tuo mostro, Lichtner», gridava la donna. «O morirai anche tu per mano sua.»

Il dottore si lamentava e gesticolava. «Potevo essere... il signore dell’universo... e invece... per colpa di due pidocchi...» Non riuscì a dire altro, perché un colpo di mano della Regina furiosa dilaniò il corpo in una fontana di carne e sangue che schizzò ovunque. Dunja rimase immobile, ricoperta dei resti fumanti di Lichtner, senza riuscire a capire perché si sentisse d’un tratto bagnata. Lo shock non le faceva capire d’essere ricoperta di sangue e pezzi di carne. E non le faceva vedere che la Regina, sebbene Eloise tentasse di allontanarla, stava per sferrare un altro colpo. Che nessun essere umano avrebbe potuto fermare.

Dunja non si rendeva conto di nulla, neanche che prima di essere colpita all’ultimo secondo una serie di accecati luci azzurre inondò le sue pupille e la fecero cadere a causa dell’intensità. Quando riaprì gli occhi non c’era più nulla davanti a sé... se non Eloise a terra, che stringeva un enorme pezzo di coda aliena che fremeva.

«Che... cazzo...» bofonchiò Dunja. Sentì una presenza accanto a sé e si voltò.

Era Olimpia con un FN F2000 in pugno.

«Il dottore era un gran bastardo, ma sapeva costruire armi davvero potenti.»

   
 
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