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Autore: RacheLLe    05/06/2009    2 recensioni

Nuova città, nuova scuola, nuova vita. Questo quello che aspetta Mia Murdoc, appena trasferita da Boston a Cheyenne.

Una nuova vita, forse migliore dell’altra. Di sicuro con più amici.

C’è Lynn, mangiatrice incallita di ragazzi, in continuo conflitto con il suo boyfriend, Josh. C’è Melinda, diciottenne carismatica, cheerleader e fidanzata con un uomo molto più grande di lei, il professor Compton. E poi ci sono Nero, Allison, Miley e tutto il gruppo.

Tra complicazioni adolescenziali, relazioni clandestine e litigi, gli ormoni impazziscono. E a scompigliare la vita delle persone arriva anche lei, timida e impacciata, particolarissima.

Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ohhh! Sono emozionata.
Allours, a questa Original tengo molto, visto che è scritta a *conta le mani* sei mani!
Proviene da tre menti malate, cioè la mia, quella di Lynn_95dood e di Nenyska.
Si, siamo consapevoli che i primi capitoli non sono particolarmente "WOW" ma a noi piace.
E si, siamo consapevoli anche che, dopotutto, forse nessuno leggerà questa storia. ç__ç
Ma non importa, va bene così! ^^
Quindi... O voi povere anime che oramai siete entrate e vi apprestate a leggere, notate bene i link all'interno della storia.
Se sono là, è per rimandarvi alle immagini/"carte d'identità" dei personaggi.
Vi consigliamo, anche, si ascoltarvi la canzone "Boston" degli Augustana. Il titolo e parte della storia sono stati ispirati proprio da loro.

I personaggi ci appartengono *ewwai! xD*, tranne il nome del prof Compton, il mio adorato amore! *.*
Ditemi se non è sfortuna questa... ç___ç
Ah, sempre a proposito del Prof... Io avevo optato per dargli il volto di Stephen Moyer, ma le due arpie me lo hanno impedito.
Quindi, vi propongo di immaginarvelo come il VERO prof, e non come quello che vedrete
Ora smetto di annoiarvi, e vi lascio al nostro capolavoro *sese... l'importante è essere convinti, no? xD*




Capitolo I

Smell of Sea

Mia Murdoc?”

Il professore, che a giudicare dal mio orario doveva essere un certo Molina, mi invitò a entrare nella classe con un ampio gesto della mano sinistra. Ero rimasta fino a quell’istante sulla porta, e aspettavo solo un gesto del genere. O meglio, non lo aspettavo per niente: odiavo entrare in una classe ed essere il soggetto di tutti gli sguardi.

“Ragazzi, questa è la vostra nuova compagna” Feci un passo avanti, e guardai i volti dei ventitré ragazzi fissi su di me. Mi strinsi alla spalla lo zaino, e inspirai profondamente, cercando di calmarmi. “Vediamo… dove potresti sederti?” fece il professore, con fare pensoso. Pessimo attore, quello era sicuro. “Ah, sì! Accanto alla signorina Pollock”, aggiunse indicandomi una ragazza mora seduta in terza fila, che toglieva lo zaino dalla sedia accanto alla sua. Mi avvicinai e mi sedetti, sempre a disagio.

“Ciao” esordii, per rompere un po’ il ghiaccio. Odiavo i silenzi imbarazzanti. Lei mi lanciò un’occhiata distratta e tornò a guardare il professore. Ricambiai il favore, sperando che si potesse notare che la mia, di occhiata, stava a dire “non ti costa nulla rispondere!”. Ero piuttosto irritata dal comportamento di quella ragazza, che avevo appena non-conosciuto. Dato che mi aveva totalmente snobbato, potevo pure esclamare, nel mio cervello “bel primo giorno di scuola!”

Sospirai. Mi mancava il profumo di brezza, che sentivo provenire dalla finestra della classe a Boston, dove abitavo fino a una settimana prima. A Cheyenne non c’era quell’odore che adoravo tanto. Mi sentivo letteralmente un pesce fuor d’acqua, mi mancava il mare, l’aria umida e un po’ fredda di Boston. Ma la cosa di cui sentivo più la mancanza era mio fratello. Da quando se n’era andato in Australia due mesi prima, nessuno in famiglia era più lo stesso: mio padre beveva molto di più, e era costantemente immerso nei suoi dipinti, sui quali spennellava per ore e ore; mia madre di rinchiudeva nello studio per ore e ore, e faceva progetti su progetti.

Ma era Lisa, mia sorella, la più preoccupante: aveva quattro anni più di me – ventuno, quindi – ed era di costituzione robusta; ma da quando nostro fratello Andreas se ne ara andato lei mangiava poco o nulla, ed era dimagrita in modo preoccupante.

Io e lui eravamo pappa e ciccia, sempre insieme, inseparabili. Avevo sperato che si sarebbe reso conto, prima o poi, di quanto tutti noi soffrivamo, e magari sarebbe tornato. Confidavo nel suo buonsenso, insomma, e per questo ero l’unica a non essere relativamente depressa, in famiglia.

Quanto al fatto del trasloco da Boston a Cheyenne.. beh, come potevamo “vivere in una casa dove aveva abitato anche lui” come avevano detto i miei? Neanche fosse morto, Cristo santo!

Ripenso a lui, molto, molto spesso, soprattutto quando mi guardo allo specchio. Siamo molto simili: gli stessi occhi nocciola, gli stessi capelli color cioccolato, e perfino la stessa linea morbida delle labbra.

Sembra strano, raccontato così, che una famiglia si disperi così tanto per la partenza di un figlio. Il fatto è che Andreas non aveva semplicemente fatto le valigie e preso un’aereo per l’Australia. Lui era scappato, quindi non sapevamo se lo avremmo mai rivisto. Era lui che fungeva da collante, in famiglia. E forse proprio perché era carico di questa responsabilità se ne era andato. Non so se la mia famiglia sarebbe stata nello stesso stato in cui si trovava in quel momento, se ad andarcene fossimo state io o Lisa.

La campanella suonò proprio in quel momento, interrompendo, per mia fortuna, i miei pensieri. Se avessi continuato su quell’onda, probabilmente mi sarei potuta mettere a piangere da un momento all’altro, e non sarebbe stato carino farlo di fronte a una classe piena di ragazzi che neanche conoscevo.

Mi alzai dal banco e presi il mio zaino, con calcolata lentezza.

“Scusa per prima”. Mi voltai, guardando sbalordita la mia compagna di banco, che stava beatamente sbadigliando. Era una moretta dai grandi occhi verde/marrone, e mi sorrise imbarazzata. “Sai… ho litigato da poco con il mio ragazzo, e ho la luna parecchio storta”. Sorrisi anche io: mi piacevano le persone franche.

“Non preoccuparti” dissi, cercando di rassicurarla “Capita a tutti. Se non sono troppo invadente, potrei sapere perché?” bell’argomento per attaccare bottone: ragazzi.

“Oh, bè… Lui dice che...” si bloccò, per osservare attentamente un ragazzo che stava uscendo dall’aula. Era un tipo niente male, probabilmente uno dei più carini del corso.

“Credo di aver capito il motivo” risi, e lei mi guardò stralunata. “Guardi troppo gli altri ragazzi, eh?” le spiegai. Mi sorrise, probabilmente avevo fatto centro. Forse era una di quelle ragazze che “si godono i piaceri della vita”, e probabilmente il suo ragazzo era leggermente geloso.

“Oh, ma tu sai solo il mio cognome!” sbuffò lei, sbattendosi una mano sulla fronte. “Io mi chiamo Lynn Pollock

“Mia Murdoc” sorrisi. “Hai biologia anche tu?”

“Si. Dato che sei nuova, devo aggiornarti sugli ultimi gossip!” esclamò lei, mentre entravamo nella classe, che era delle più comuni: con i banchi con le provette e una serie di microscopi. Ci sedemmo, e il professore non era ancora arrivato, ma quando lo fece, potei realmente percepire l’ondata di ormoni impazziti che aleggiarono nella classe.

“Buongiorno ragazzi” disse, con voce profonda. Era davvero un bell’uomo. Un bellissimo uomo: belle mani, bella voce, e bella presenza. “Allora… Mia Murdoc?” domandò, e mi dovetti alzare, sorridendo debolmente. “Benvenuta, Murdoc” disse, ricambiando il sorriso. “Ti piace biologia?”

“In realtà non mi attira tantissimo, ma la studio molto più volentieri di altre materie.” Mentre parlavo, cercai di stimare l’età del mio nuovo e affascinante professore: secondo me, non arrivava ai trentacinque anni.

“Lui è il professor Bill Compton” bisbigliò Lynn. “Che rimanga fra me e te, ma ci sono delle voci di corridoio piuttosto confermate che abbia una relazione con una dell’ultimo anno, una mia amica”

“Chi sarebbe la fortunata?”

Melinda Kerr. Ottimi voti, ottima parlantina, ottima presenza, ottima cheerleader, e quasi diciottenne.”

“Forse la signorina Pollock ha qualche interessante scoop da proporci” la riprese il professore, con un sorriso ironico. Noi abbassammo la testa. Decisamente, non gli sarebbe di certo piaciuto sapere l’argomento della nostra conversazione.

Per tutta la mattinata non feci altro se non ascoltare e seguire a lezione Lynn. Era simpatica, un po’ distratta e lunatica, soprattutto a causa dei ragazzi, ma simpatica. Quando fu l’ora di pranzo, e mi vide in evidente stato di panico a causa dell’eterno dilemma “a quale tavolo mi siedo?”, fu così gentile da invitarmi al suo.

La disposizione dei tavoli è tra le cose più importanti nelle scuole; è una cosa che determina la tua appartenenza a un certo gruppo: c’è il tavolo dei NERD, quello degli skater, dei metallari, dei rockettari, della squadra di baseball e quella di football, il tavolo delle cheerleader, del gruppo di informatica, dei francesi, degli spagnoli e di tutte le altre minoranze etniche immaginabili. E poi c’era quello. Il tavolo dei più popolari. Probabilmente una sorta di “Mecca” per qualsiasi ragazzo della scuola. Ed io, la nuova arrivata, ero stata invitata a sedermi là.

Ok, in fondo non era male come primo giorno.

“Gente, lei è Mia” esordì, presentandomi alle due ragazze sedute al tavolo, una rossa e una bionda, che mi sorrisero subito cordiali. In poco più di cinque minuti, appresi che la rossa si chiamava Allison Reed, e sicuramente era più piccola di me e Lynn, mentre l’altra era Miley Wallace, dell’ultimo anno.

“Piacere”, fece Allison, tendendomi la mano. Non credo l’avesse fatto apposta, ma notai subito la farfallina che c’era tatuata sopra. “Oh, questo è un ricordo del mio cane; lui le adorava”, mi spiegò, senza problemi. Miley mi tese solamente la mano, con un sorriso smagliante. In quell’istante, arrivò un ragazzo dall’aria nera.

“Ciao Ally, ciao Miley”, salutò le due ragazze. Visto che non aveva salutato Lynn, dedussi che lui fosse Josh. Le mie capacità deduttive erano notevoli, quella mattina.

Miley alzò lo sguardo dal suo piatto. “Ciao Josh. Melinda?”.

Per tutta risposta, il ragazzo scrollò le spalle. “Sarà con Bill, come al solito”.

“Rischiano, loro” fece Allison. Capii che parlavano della relazione clandestina tra il professor Compton e, appunto, Melinda. A quel punto, ero davvero curiosa di vedere che faccia avesse Miss Popolarità. Da come ne parlavano tutti, sembrava una tipa simpatica, ma a me sapeva tanto di spocchiosa.

Josh volse lo sguardo verso di me, senza considerare Lynn. Non che lei lo facesse, anzi! “Tu sei la ragazza nuova?”. Annuii, mentre bevevo. “Sono Josh, il fratello di Miley”, si presentò, tendendomi la mano, con un’espressione che oscillava tra la frustrazione e la cordialità. Lanciai un’occhiata di sfuggita a Lynn, e notai che era in tensione.

“Matt?” chiese Josh alla sorella. Lei sorrise, per andare a prendersi da mangiare. Cibo self-service. Che goduria!

Matt sta cercando un lavoretto a San Francisco, per mantenersi gli studi all’Università di Stanford” rispose, tornando con un nuovo piatto di insalata. Matt doveva essere un suo caro amico, o un fidanzato. “Questo week-end viene a trovarmi e andiamo un po’ a giro. Solo noi” precisò, puntando lo sguardo su Allison. Probabilmente, Miley non gradiva molto le uscite a quattro.

“Tu Mia?” chiese Allison, facendomi cenno con la testa, “sei fidanzata?”. Purtroppo, dovetti rispondere scuotendo la testa. Mi piaceva un ragazzo di Boston, ma oramai era leggermente inarrivabile …

“A Boston avevo solo un paio di amiche, e non facevamo altro che passare i pomeriggi a caccia di ragazzi… ma niente di più”. Le mie amiche si erano tutte fidanzate poco prima che io partissi, e una di loro stava con mio fratello. Inutile dire che quando lui se ne era andato, tra loro era finita. Non glielo avrei mai perdonato, quello.

Mentre parlavamo, arrivò una ragazza in divisa da cheerleader, tutta trafelata. Non mi ci volle molto per capire che quella era Melinda. Era una ragazza di un solo anno più grande di me, con gli occhi grigi e i capelli di un colore stranissimo, che si alternava tra rosso e viola… erano quasi amaranto.

“Bel colore!” esclamai, per cominciare un discorso. Probabilmente feci centro, visto che lei mi sorrise, felice.

“Davvero ti piace?” mi chiese, sempre sorridente. Annuii sincera. “Qualcuno che mi capisce!” esclamò, per poi tendermi la mano come avevano fatto gli altri. “Melinda Kerr. Tu sei Mia Murdoc, vero?”

“Ovviamente!”

“Sai, è davvero difficile trovare qualcuno che mi capisca!” sbuffò, per poi voltarsi verso i suoi amici, con fare spocchioso evidentemente finto. “Voi non capite l’arte! Sai, loro sono tutti perfettini … e non si permetterebbero mai di colorare i loro bellissimi capelli!”

“Ma ce l’hai proprio con noi, te, eh?” sbuffò Lynn, evidentemente scocciata. “Credi di essere un genio a rovinarti i capelli con la tinta?!”

Melinda le fece una linguaccia, per poi addentare una patatina. Notai la pallina argentata sulla lingua. Okey, dovevo ammetterlo: forse Melinda non era poi così male.

Mangiammo tutti con una certa velocità, e poi uscimmo dalla mensa non appena iniziarono le lezioni pomeridiane. Controllai il mio orario: grazie a dio avevo solamente un’ora di matematica e una di norvegese, che frequentavo con Lynn, e quindi il pomeriggio passò svelto. Trovai mia sorella a prendermi all’uscita da scuola.

“Ciao Lisa” la salutai, con un sorriso sulle labbra, mentre montavo in macchina. “Come ti è andata la giornata?”

“ Bene, Mia, bene” mi rispose lei, riaccendendo il motore. “Tu invece?”

“Vediamo… non è stato così terribile come immaginavo. A pensarci bene, credo di essermi integrata in un gruppo, c’è anche gente più grande di me. Tu hai trovato qualche ragazzo carino?”

Lei mi sorrise. In effetti, era la prima volta dopo tanto tempo. “Un certo Nero Caine, che lavora con me”

“è per me?” dissi, scherzando. Lei mi lanciò un’occhiataccia scherzosa.

“Solo se non vuole me. Comunque questo sabato passa a prenderci, per farci fare un giro in città…”

“Prenderti o prenderci”

“Prenderci” ripetè “gli ho detto che mi dispiaceva lasciarti da sola a casa, e così ha proposto di portarti con noi”.

“Evivva!” esclamai raggiante. Un giro con mia sorella e degli amici era quello che mi ci voleva, quella settimana. Magari avrei potuto invitare Lynn. No, era meglio di no. Nero doveva essere molto carino per piacere ad una come mia sorella, e forse era meglio se lei non lo vedeva: mi sarebbe dispiaciuto mettere ulteriormente zizzania tra lei e Josh.

“Quindi dopodomani andiamo fuori?” chiese mia sorella, mentre parcheggiava nel vialetto di casa nostra.

“Va bene, Lisa”. Mi resi conto solo in quel momento che era giovedì. Dovevo aspettare altri due giorni. Solo due.

Il giorno seguente, strano a dirsi, mi sveglia con un ritardo mostruoso: mancavano solamente quindici minuti al suono della campanella, e contando che per andare a scuola a piedi mi ci volevano per lo meno dieci minuti, avverrai le prima cose che trovai nell’armadio, e mi fiondai in bagno. Dopo neanche cinque minuti, ero già fuori di casa, che correvo per il vialetto, con una mela in mano. L’avrei mangiata una volta arrivata a scuola, se non fossi collassata.

“Ehi, Mia!” mi sentii chiamare. Chi diavolo era che voleva contribuire a farmi arrivare in ritardo il secondo giorno di scuola?

Guardai a lato: di fianco a me, una Mini decappottabile mi aspettava, e scorsi Melinda al posto del conducente che mi invitava a salire. Miley era seduta accanto a lei, e dietro di loro c’erano altre due persone, ma non capii chi erano, visto che erano girate dalla parte opposta alla mia.

“Ma perché devo scendere io? A te fa fatica?!” sbraitò la voce famigliare di Lynn, che vidi scendere svogliatamente dal sedile posteriore per farmi salire. Inizialmente non capii: potevamo benissimo scorrere.

Appena entrai in macchina, mi fu tutto chiaro: il secondo passeggero seduto sul sedile posteriore era Josh, e io, evidentemente, servivo a dividere i due litiganti!

Mi sedetti, a disagio, mentre il cane e il gatto continuavano a litigare.

Dire che l’atmosfera era tesa era un eufemismo, e perdipiù pioveva, quindi Melinda dovette tirare su il tettuccio della macchina, mentre Lynn non faceva altro che lamentarsi del suo mal di testa.

“Vuoi piantarla?” urlò a un certo punto Josh, “Sembri mia nonna quando ti lamenti così!”

“Io mi lamento quanto mi pare e piace, e comunque, anche sembrando tua nonna sarei sempre più agile di te!”

“Ma fanno sempre così?” chiesi, sporgendomi in avanti per poter sussurrare a Mel e Miley.

“Ultimamente si” mi risposero in coro. Sarebbe stato, normalmente, un particolare inquietante, e ci avrei fatto caso se non fossimo arrivati a scuola.

Io e Lynn corremmo a lezione di storia, separandoci dagli altri che, per fortuna, si diressero ad arte.La mattinata, nonostante fosse una delle peggiori, passò piuttosto velocemente e in un batter d’occhio arrivò l’ora di pranzo.

Al tavolo c’era sempre la stessa aria tesa che c’era in macchina.

Solo Allison parlava, raccontandoci cosa le era successo la mattina e rimproverandoci per il nostro “ritardo”.

Dopo aver portato i vassoi a posto salutai tutti e Lynn mi portò a lezione di storia trascinandomi per la mano. Era ancora su di giri, e se me lo avessero chiesto ci avrei scommesso: se lei e Josh avessero dovuto lottare corpo a corpo in quel momento, lei avrebbe sicuramente vinto. Strano meccanismo di scariche di adrenalina, cercate su Google.

Passammo per il laboratorio di biologia, dove il professor Compton stava sistemando alcune provette con, guardando fuori dalla porta. In quel momento ci passò accanto Melinda, agghindata da cheerleader. Ovviamente non avevo pensato che lei potesse essere una di loro, ma a quel punto tutto il quadro tornava.

Il professore la vide con la coda dell’occhio e i due si sorrisero. Erano estremamente dolci, peccato che lui fosse un professore.

Quando arrivammo di fronte all’aula di storia, realizzai che io odiavo quella materia. La odiavo profondamente.A che serviva sapere ciò che era successo centinaia di anni prima, quando invece era meglio, molto meglio, pensare al futuro più imminente, visto che sabato era prevista l’uscita con mia sorella e questo misterioso Nero?

Per poco non sbattei contro la porta dell’aula, da quanto ero immersa nei miei pensieri. Cavolo, neanche eravamo usciti, e io cominciavo già a farmi i film su Nero. Lynn scoppiò a ridere, ma si sedette velocemente al banco, accorgendosi che la professoressa stava entrando.

Anche quell’ora, fortunatamente, passò veloce, ed io venni nuovamente ri-trascinata da Lynn lungo i vari corridoi, seguendo scorciatoie che la mente contorta della mia nuova amica si era inventata.

“Vedrai, il professore ti piacerà!” mi disse Lynn “è un tipo piuttosto strano, ma del resto tutti gli artisti lo sono, no? Oggi dovrebbe esserci la lezione sull’Action Painting” continò, entusiasta, “e sai chi è il suo maggiore esponente? Jackson Pollock! Noti niente? Stesso co..”

“Lynn!” esclamai, ma troppo tardi. Lynn era finita addosso ad un Josh dall’aria molto fredda, che la respinse via in modo a dir poco glaciale. Fece per andarsene, ma poi ci ripensò.

“Vieni con me”

“Mia, ci vediamo dopo” mi congedò preoccupata, seguendo il suo ragazzo. Bene! Perfetto! Ora dovevo ritrovare l’aula di arte da sola, e perdipiù mi trovavo nell’ala della scuola dove, relativamente, si trovavano tutte le classi dell’ultimo anno, quindi esattamente al lato opposto dell’aula di arte.

Per grazia divina, mi vidi passare davanti la chioma a dir poco riconoscibile di Melinda, e ne approfittai per chiederle di accompagnarmi al famigerato laboratorio d’artistica.

“Ti ci potrà accompagnare il tuo nuovo professore, vero prof?” disse lei con voce squillante, rivolgendosi ad un uomo sulla quarantina, con ampi pantaloni a fiori gialle e con una fascia arancione che gli teneva indietro i capelli.

“Certamente! Tu devi essere Mia Murdoc, vero?” e senza neanche darmi il tempo di rispondere, mi prese sottobraccio.

Lynn mi raggiunse in aula pochi minuti dopo, con una faccia da funerale. Per tutta l’ora cercai di bisbigliare domande su domande, tentando di capire che cosa si fossero detti lei e Josh. Alla fine, dedussi (grazie ad un miracoloso bigliettino scritto in calligrafia illeggibile da Lynn) che Josh le avesse fatto un’altra scenata delle sue, e che avesse giurato di non poterla proprio sopportare più.

Finì anche quell’ora. Quel giorno passava talmente velocemente, che neanche me ne stavo rendendo conto. Chissà, forse era perché non vedevo l’ora di essere al giorno dopo, o forse perché mi divertivo un sacco a vedere Lynn e Josh che si litigavano per cose assurde.

Ad un certo punto, senza neanche capire come, ci ritrovammo dietro ad un cespuglio, nel parcheggio della scuola.

Mi sentivo una guardona a spiare così la gente: da quel cespuglio si vedeva benissimo una Mercedes argentata, evidentemente quella del signor Compton, visto che lui era al posto di guida con, guarda caso, Melinda al posto del passeggero.

Cavolo, ma quei due non avevano paura di essere beccati?! In quel caso, da quanto ne sapevo, lui avrebbe perso il posto di lavoro, e lei … bè, non so cosa le sarebbe successo, ma presumo che i suoi genitori non sarebbero stati contenti di scoprire che la figlia se la faceva con un uomo di tredici anni più grande di lei, che era soprattutto un suo professore.

“E questi?”sentii sbottare Mel, con aveva dei fogli in mano, che aveva appena fatto apparire dal cruscotto.

“Sono i documenti..”

“Lo so benissimo cosa sono!” lo interruppe lei, acidamente. Aria di tempesta in arrivo. “Intendo.. perché c’è solamente la firma di Angela, e non la tua?”

Probabilmente, Angela doveva essere la moglie del professore.

“Melinda” sospirò lui, passandosi una mano tra i capelli neri

“Melinda un corno, Bill! È quasi tre mesi che va avanti questa storia” quasi urlò lei, con le lacrime agli occhi, interrompendolo di nuovo. Era fin troppo evidente che si stava trattenendo, perché era orgogliosa. “Me l’avevi promesso, Bill” aggiunse più dolcemente, sospirando.

“Che stronzo” Sibilò Lynn, accanto a me. Cercai di guardarla con aria di rimprovero, ma non me ne dette il tempo, visto che mi trascinò dietro ad un altro cespuglio, in posizione laterale al nostro precedente nascondiglio. “Sono, appunto, tre mesi che il prof ha promesso a Mel di lasciare sua moglie. Non che a lei importi qualcosa, intendiamoci” mi spiegò, continuando a bisbigliare “ma non vuole essere “l’amante”, capisci?”

Annuii, per poi tornare a focalizzare la mia attenzione sulla macchina, dove sembrava che il professore avesse finalmente avuto l’occasione di potersi spiegare.

“è mia moglie, Melinda, le voglio comunque bene, e non”

“Non c’entra niente! E io cosa sono, allora? Sono una tua alunna, una stupida ragazzina da portarti a letto quando ti serve?”

“Mel, dai!”

“No, Bill” disse Melinda, uscendo dalla macchina “Non voglio parlarne”. Quando lui scese a sua volta, e fece per parlare di nuovo, lei lo interruppe ancora. “E neanche ascoltarti”

Lui l’afferrò per un braccio, costringendola dolcemente a voltarsi, ma impedendole di andarsene. “Non essere arrabbiata con me, piccola”

“Non sono arrabbiata con te! Sono arrabbiata con me!” scoppiò lei, sull’orlo delle lacrime “Lasciami andare, per favore”.

Cavolo, era meglio di Beautiful! Certo, non ci conoscevamo da molto, ma Melinda versione melodrammatica era spettacolare, non me la sarei mai neanche immaginata, e il professore enormemente dispiaciuto era qualcosa di straordinario. Mi passò per la mente l’idea fulminea di creare un romanzo su una storia come la loro, ma lo ricacciai subito indietro. Mi voltai verso Lynn, che fissava a bocca aperta Mel: evidentemente era un caso rarissimo vederla piangere, e perfino una sola lacrima doveva essere un evento straordinario.

Il professore allentò la presa, e Mel cominciò a correre in linea retta rispetto al signor Compton. Lui non provò a seguirla, ma feci appena in tempo a vedergli prendere a calci la ruota della macchina, perché fui nuovamente trascinata via.

  
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