Capitolo 3
L’interno delle STAR Labs
era esattamente come Martin e Jax ricordavano seppur
tutto era molto strano senza la presenza di Caitlin,
Cisco o… Barry. Nel centro della cortex Rip stava osservando il manichino spoglio della divisa di
Flash, mentre Sara stava cercando di convincere quel gruppo improbabile che non
erano loro il nemico.
«Possiamo parlare senza che ci tenete sotto tiro?»
«Non credo che questo può essere possibile Sara…» esclamò con una strana
familiarità Firestorm e non solo perché indossava la
stessa divisa di Jax, ma anche per la sua
conformazione del viso resa ancora più tonda dai capelli rasati scuri. Gli
occhi bianchi non ingannavano però che appartenessero a un giovane adolescente,
nonostante la maturità della sua cadenza dovuta però della sua altra metà.
Quella non visibile, ma che di fatto era quella che in quel momento stava
parlando.
«Barry ci aveva avvisato che una cosa del genere avrebbe potuto accadere…»
«E vi ha detto di non fidarvi di nessuno…» concluse Martin stranito di
trovarsi di fronte a un Firestorm che non era lui. Jax ancora più confuso lo fissava come con la sezione di
guardarsi allo specchio, prima di aggiungere «…lo ha detto anche noi. Ha detto
di non fidarsi nemmeno di lui…»
«Oh questo non è un rischio, ve lo posso assicurare!» disse la ragazza
Flash togliendosi la maschera e mostrando così i suoi occhi profondi di un
verde misto a cioccolata. La pelle bronzea appariva leggermente abbronzata, ma
i suoi lineamenti non ingannavano le sue origini decisamente non solo
caucasiche. I lunghissimi capelli neri erano tenuti insieme da un composto
chignon e le labbra rosse sottolineavano una bellezza estremamente elegante,
che non tradiva però nello sguardo anche sicurezza, fermezza e la certezza di
aver visto tanto… forse troppo.
«Dawn cosa diavolo fai!» Green Arrow era scattato
in avanti al suo gesto, ma lei alzando una mano gli aveva fatto capire che
andava tutto bene, mentre facendo qualche passo si avvicinava a Firestorm e di conseguenza era faccia a faccia con quegli
ospiti.
«Mio padre è sparito 18 anni…»
«Tu sei…»
«Dawn Allen e lui è mio fratello Donald…» il
tempo di dirlo e quello era già sfrecciato vicino alla sorella, togliendosi a
sua volta la maschera e donando loro un ampio sorriso. Era molto simile a Dawn per via del colore della pelle e i lineamenti, i
capelli erano sempre neri, ma cortissimi e gli occhi scuri. Tuttavia aveva una
scintilla nello sguardo più sbarazzina, più gioiosa e indubbiamente positiva.
«E noi siamo i Tornado Twins!» concluse lui con orgoglio e fierezza, mentre
molto meno convinti di tale azione erano Green Arrow, Speedy e Cyborg alle loro
spalle.
Dal canto suo, la ragazza bionda della famosa foto, quella vestita in nero,
uscì dalla stanza dando la sensazione a tutti che fosse per lei impossibile
riuscire a resistere ulteriormente a quella situazione.
Ciò che susseguì a quell’incontro fu la certezza da parte delle Leggende
che quei ragazzi sapevano benissimo chi loro fossero, quanto loro sapevano
quanto con la loro vita questi erano intrecciati. Fu una collaborazione
immediata dovuta dalla capacità d’intesa oltre che di consapevolezza che se le
loro strade si erano incrociate era perché un motivo molto valido aveva fatto
che così fosse. Ben presto dunque le Leggende si trovarono divisi a capire
meglio quella realtà, il motivo della loro presenza e i supereroi con cui
avrebbero dovuto collaborare.
Una volta che le Leggende a terra si riunirono con quelli sulla Waverider questi si premurarono di aggiornate gli altri su
quello che avevano scoperto. Per tutti era un chiedersi continuo se non fosse
inevitabile in quella missione dover conoscere così tanto del proprio futuro e di
quello dei loro cari amici, ma dopo un sonno ristoratore capirono che non
potevano fare altrimenti e la mattina successiva si prepararono ad iniziare
quella bizzarra collaborazione.
«Mi spiace avervi accolto in questo modo…» fu la prima cosa che Cyborg
disse a Rip, Sara e Ray la
mattina successiva quando questi lo raggiunsero alle STAR Labs
e vedendolo per la prima volta in abiti civili e rimanendo strabiliati dalla
sua corporatura e della sua somiglianza a dir poco identica a quella di Diggle.
«Quindi tu sei JJ… il figlio di…»
«Diggle e Lyla, ma per il
resto del mondo sono Cyborg. La suit che ieri mi
avete visto… me l’ha fatta lei Dottor Palmer…»
Ray si
indicò entusiasta, ma allo stesso tempo confuso, mentre nella stanza della
velocità era seduto su uno dei gradini osservando l’omone che aveva di fronte e
capendo solo in quel momento che lui non era completamente umano.
«Aspetta, tu non sei…»
«Totalmente umano? No. Anni fa ebbi un incidente mortale e se non fosse
stato per lei oggi non sarai qui. In parte sono macchina e in parte uomo, ma
ormai questo sono io e dunque le sono grato oggi come ieri…»
«Sei un eroe per questo mondo!» osservò Sara ripensando dentro di sé al
bimbo che aveva conosciuto così diverso dall’uomo fatto e finito che aveva
davanti. Doveva avere quasi trent’anni, era alto quasi due metri e aveva la
stessa finta durezza di Diggle, che mascherava un
cuore puro e gentile. Il taglio dello sguardo era di ghiaccio e la mascella
quadrata lo rendevano più terrificante di tutto il resto che di tecnologico
aveva eppure c’era così tanto patriottismo ed eroismo a contraddistinguerlo, a
farne il leader di quel gruppo.
«E lo è! Come lo sono i suoi genitori!» si lasciò sfuggire Donald che
finita la sua corsa mattutina era uscito dalla galleria della velocità in un
flash e con indosso la tuta delle STAR Labs aveva raggiunto
l’amico appoggiando un suo braccio sulla sua spalla e togliendola
immediatamente quando questo gli lanciò uno sguardo torno che lo fece desistere
dal riprovarci.
«Quando gli eroi più potenti della terra sono caduti… non esisteva più
nessuno in grado di continuare la loro eredità… ma l’arrivo di personalità come
Aquaman e Queen Diana, anche prima dei loro domini,
ci hanno fatto capire che non potevamo lesinarci da raccogliere l’eredità dei
nostri genitori. Cyborg è stato il primo di noi a nascere, a prendersi addosso
tutte le responsabilità della causa e ci ha motivato a seguirlo… tuttavia la
minaccia che stiamo affrontando è più grande di noi e per questo credo che voi
siate qui. Mio padre lo ha sempre detto ‘arriverà
un momento in cui il confine tra presente, passato e futuro verrà frantumano.
Non esisteranno più regole da seguire, ma solo decisioni da prendere’» era
chiaro dalle parole del ragazzo che ci fosse tanto orgoglio, ma al contempo
tantissima tristezza.
«Mio padre è sparito quando io e mia sorella siamo nati, ma ci ha lasciato
tantissimo materiale per addestrarci, per insegnarci tutto quello che sapeva
nonostante non ci fosse…»
Un momento di commozione costrinse Donald a nascondersi nuovamente dietro
al suo solito mega sorriso sornione, simbolo chiaro di un modo come un altro
per non mostrarsi debole o sensibile.
Fece un giro velocissimo e in due secondi tutti avevano un caffè in mano,
mentre sedendosi di fianco a Ray fece tintinnare la
sua tazza con la sua, non prima di sorridere con lui.
«Ehi che c’è? Pensavo che un caffè ci stesse bene, non per lei Capitano
Hunter so che preferisce il tè!» esclamò facendogli l’occhiolino, mentre Mia
scuotendo il capo si fece avanti.
Aveva voluto essere presente a quell’incontro con le Leggende, seppur suo
fratello non fosse d’accordo, quanto meno per farsi un’idea sulla situazione e
decidere se fosse opportuno o meno collaborare.
«JJ ci ha radunato qui per questo, per capire come tutti insieme possiamo affrontare
questa minaccia. Devo dunque presumere che voi ci aiuterete?»
Rip e
Sara si scambiarono velocemente uno sguardo d’intesa. Erano davvero lì per
quello? Dopotutto non lo sapevano. E forse avevano anche interagito fin troppo
con un futuro così prossimo. Ma erano lì, le conseguenze di Flashpoint
si stavano cementificando e a loro toccava capire come gestire quell’anomalia…
anche se non avevano mai avuto a che farne con una del genere.
«Direi decisamente di sì…»
«Lo ammetto non aspettavo di sentirvelo dire. Conosciamo le Leggende e le
loro regole… qualcuno meglio di altri…» una frase che Mia si era lasciata
sfuggire, riferendosi ovviamente a colei che fino a quel momento aveva fatto di
tutto per evitarli: la ragazza bionda.
«Sei la figlia di Oliver mh? Si vede!» ironizzò Ray sparendo dietro la sua tazza, mentre quella con le
braccia incrociate al petto rimase impassibile, per lei quello era solo un
orgoglio.
Rimasero d’accordo che JJ li avrebbe messi al corrente con ciò che fino a
quel momento avevano per scegliere un piano d’azione e per quel giorno le loro
strade si sarebbero divise, non prima però che Sara si intrattenesse alle STAR Labs ancora un po’. Disse a Ray e
Rip di tornare alla Waverider
e che lei li avrebbe raggiunti poco dopo, suo obbiettivo era trovare e parlare
con qualcuno prima.
Per qualche strana ragione non si sorprese di trovarla sopra il tetto delle
STAR Labs intenta ad osservare la città su cui
lentamente il sole stava tramontando. Quello che non si aspettava invece era di
scoprire i suoi straordinari riflessi, gli stessi che mostrò nel momento in cui
alzandosi di scattò si voltò verso di lei e la bloccò con i due piccoli bastoni
che portava legati in vita.
«Qualcuno ti ha allenata davvero bene…»
«A quanto pare…» rispose quella fredda, assicurandosi i bastoni alla vita e
tornando a sedersi dove era prima raggiunta poco dopo da Sara che non riusciva
a toglierle gli occhi di dosso. Forse erano i suoi lunghi capelli biondi, così
tanto da brillare come oro al sole o per i suoi occhi grandissimi e di un
marrone scurissimo che apparivano lontano anni luce da tutto o tutti. Forse
ancora era il suo essere taciturna e distaccata oppure semplicemente solitaria,
ma c’era qualcosa in tutto quello che l’attraeva…
«Non ti piace parlare mh?»
«Semplicemente non mi va di farlo se non ho niente da dire…»
L’impressione che aveva Sara era che quella ragazzina si fosse costruita
una spessa armatura e che il suo essere così strafottente fosse solo una
difesa. Era un atteggiamento che conosceva molto bene e che per qualche ragione
le faceva tenerezza.
Con quella pelle chiara e quel viso dai tratti così gentili e dolci
sicuramente non si aspettava un carattere così forte. Non che fosse un male, ma
era come se in cuor suo non volesse quello per lei.
«Senti non mi va di parlare ok? E nemmeno di avere compagnia!» la giovane
si alzò in piedi e fece per andarsene, ma Sara aveva individuato qualcosa nella
sua tonalità di voce tremante e anche nel suo sguardo lucido incapace di
guardarla, che la fece scattare. Si alzò a sua volta e le strinse forse il
polso con le mani, impedendole di muoversi.
«Perché mi odi così tanto? Perché non hai il coraggio di guardarmi negli
occhi?» il perché di quelle domande in realtà Sara non se lo sapeva spiegare,
ma l’unica cosa che sapeva era che le faceva male.
«Perché mi hai tradito… e non riesco a perdonarti per questo!» riuscì solo
a dire la giovane per poi liberarsi dalla presa e scappare, doveva farlo prima
di scoppiare a piangere di fronte a Sara ed era l’ultima cosa che voleva.
Sto partorendo un capitolo dietro l’altro. Sì lo so. Forse
non è un bene, ma sono così presa dalla storia che ad ogni secondo libero non
riesco a non pensarci e lavorarci. Spero che a voi entusiasmi quanto a me!