Anime & Manga > Le bizzarre avventure di Jojo
Segui la storia  |       
Autore: Haruno_Shiobana98    19/03/2017    0 recensioni
"Il mondo collassò attorno al ragazzo, annichilendosi in un infinito e silenzioso vuoto nero. Dopo quello, il nulla."
Gran parte dei fan conoscono la trama di Vento Aureo. Ma come potrebbe cambiare, se ambientata dopo il Reset di Pucci?
A Morioh Cho, una pacifica cittadina del Giappone, non è mai accaduto niente di significativo. Sarà il furto di un prezioso manufatto antico, una punta di freccia, a mettere in moto una catena di eventi tali da sconvolgere la vita di Giorno Giovanna, un liceale diciottenne, e di Helen Agasa, sua amica d'infanzia. Il filo del destino li legherà a nuovi compagni, vecchie conoscenze ed inaspettati nemici, rivelando scomode e dolorose verità.
Genere: Avventura, Azione, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Bruno Bucciarati, Giorno Giovanna, Guido Mista, Trish Una
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Freddo. Fa freddo. Non resisto.
Giorno aprì di scatto gli occhi ansimando. Stava gelando, e attorno a lui non vedeva altro che oscurità. Alzò le mani esplorando a tentoni l'ambiente circostante. Era stretto, metallico. Si tastò addosso e si accorse di non avere più i vestiti. Provò a sbattere i pugni contro le pareti.
-C'è qualcuno?! Tiratemi fuori di qui! Cazzo!-
Iniziò a sbattere freneticamente le mani contro quello che sembrava il soffitto, senza risultato. Ansimando e iniziando a respirare irregolarmente, cercò di tirare calci contro le pareti, come poteva; un colpo, due colpi, nessun risultato. Preso dalla disperazione, concentrò tutta la sua energia in un ultimo sforzo.
"Devo farcela... non posso morire così... Non voglio!"
Con un frastuono assordante, lo sportello metallico del cubicolo in cui si trovava si staccò dai cardini e venne proiettato contro la parete opposta, crepandone il muro. Giorno scivolò fuori tremando, e si guardò attorno.
File e file di cellette metalliche come la sua, una sopra l'altra, riempivano la parete; la temperatura era gelida, e una misera luce al neon, tremolante, proiettava la sua fredda luce per tutta la stanza.
"C... cos'è questa stanza... sembra quasi un... obitorio"
Con un sussulto, a Giorno tornarono in mente gli avvenimenti delle ore precedenti.
"Ma io ero... morto. Come è possibile che sia qui, ora?" si voltò verso lo sportello che aveva quasi distrutto con un calcio.
"E come diavolo ho fatto a ridurre una lastra d'acciaio in quel modo?"
Sebbene quelle domani insistessero in modo pressante nella sua mente, l'istinto di sopravvivenza ebbe il sopravvento e spinse Giorno ad uscire dalla sala, andando alla ricerca di qualcosa da mettersi; dopo aver percorso un breve corridoio, vide sulla destra una stanza con la targa "Oggetti personali" appesa alla porta. Senza esitare, ne aprì la porta e al suo interno trovò pile e pile di vestiti e altri accessori; in cima, vide i suoi abiti.
"Non deve essere passato molto tempo dalla mia... morte." pensare una cosa simile lo fece sentire leggermente a disagio, ma ignorò la sensazione e tremando afferrò i vestiti, indossandoli. Una volta finito, iniziò ad avviarsi verso l'uscita, ma si fermò davanti ad uno specchio, osservandosi l'addome con un misto di stupore e paura: i vestiti erano stracciati e macchiati di sangue nel punto in cui la freccia si era conficcata, ma la sua carne presentava soltanto una leggera cicatrice, che a malapena si vedeva. Giorno vi poggiò sopra una mano, sfiorandola.
"Cosa mi sta succedendo...?"
Il contatto della pelle con le sue dita lo fece rabbrividire leggermente; dopo qualche secondo, aprì la porta ed uscì dalla stanza. Cercando di orientarsi con le targhette delle stanze e dei piani, dopo una decina di minuti raggiunse l'uscita ed arrivò in strada. L'aria della sera era gelida e il vento che soffiava contro il suo volto lo fece rabbrividire; infilandosi una mano in tasca, si ricordò di non avere più con sé né il telefono né il portafogli. Il suo stomaco che brontolava non lo aiutava a pensare sul da farsi, quindi decise di avviarsi verso casa, quando in un negozio di elettrodomestici vide una TV accesa, sintonizzata sul notiziario cittadino. Si fermò a guardare. Il titolo recitava "Furto al Museo Morioh, morto un ragazzo. I ladri sono ancora ricercati dalla Polizia"; le immagini che venivano passate ritraevano il suo cadavere, disteso al suolo e quasi completamente dissanguato. A Giorno venne un conato di vomito, che trattenne a stento. Ancora non era riuscito a spiegarsi quella situazione, non era riuscito a capire come fosse possibile tutto ciò. Ricordava distintamente di avere perso i sensi, di stare morendo dissanguato nel mezzo di quella fredda sala. E ora? Se ne stava in piedi quasi noncurante di tutto, dopo essersi risvegliato in un obitorio. Non capiva, non capiva affatto. E soprattutto, non aveva la minima idea di come avesse fatto ad essere stato colpito lui, dalla freccia. Era certo di averla sentita affondare nel corpo del criminale che aveva attaccato Helen.
Helen... Una lacrima gli scese sulla guancia mentre ripensava a lei. Si domandava se stesse bene, se non avesse sofferto troppo per la sua morte. Non era riuscito a confessarle ciò che provava per lei... e probabilmente non ci sarebbe mai riuscito. Si voltò e si avviò nella direzione opposta a casa sua. Di una cosa era certo: non poteva presentarsi a casa come non se fosse successo niente e sicuramente non sarebbe nemmeno potuto tornare a scuola il giorno seguente. Le persone avrebbero fatto domande, probabilmente gli stessi criminali che pensavano di averlo ucciso, sarebbero potuti tornare per assicurarsi di metterlo a tacere una volta per tutte: aveva visto il volto di uno di loro, dopotutto. La pavimentazione irregolare del marciapiede scricchiolava mentre Giorno procedeva, riflettendo. No, farsi vedere era escluso. Avrebbe spaventato molte persone e i lati negativi avrebbero superato di gran lunga quelli positivi. Ma allora... come avrebbe fatto? Sarebbe stato costretto a cambiare città? Si sarebbe dovuto procurare dei documenti falsi? Cristo, era solo un diciottenne. Non ce l'avrebbe mai fatta. Demoralizzato da quei pensieri, Giorno decise di abbandonarli per il momento. Sarebbe vissuto alla giornata: prima o poi una soluzione l'avrebbe trovata, ne era certo. Si alzò il cappuccio della felpa sulla testa: il vento era sempre più forte, e la fame non accennava a diminuire. Inconsciamente, si diresse verso un fast food in cui era solito andare, dopo scuola. L'odore di carne e di spezie lo scosse dai suoi pensieri e si accorse di dove fosse; un sorriso triste gli si allargò sul volto, per poi sparire un secondo dopo. Ci era andato così tante volte, assieme ad Helen. Gli mancava così tanto la sua risata, i suoi occhi, i suoi sorrisi... aveva l'impressione di vederla ovunque, in tutte le ragazze che incontrava per strada. Giorno sospirò e fece per continuare, quando un movimento attirò la sua attenzione: una giovane stava uscendo effettivamente dal fast food. Quando lei alzò lo sguardo verso di lui, Giorno sussultò e si voltò di scatto. Quei capelli, quegli occhi... era lei! Ne era certo. Ma... non poteva farsi vedere. Non dopo quello che era successo. Fortunatamente, lei non parve accorgersi di lui ed iniziò a camminare, tenendo lo sguardo basso, forse persa nei suoi pensieri. Giorno la seguiva con lo sguardo, trattenendosi dal piangere. Perché tutto quello era successo proprio a lui? Perché aveva dovuto perdere tutto?
In preda all'ira, sferra un pugno contro un muro che aveva vicino. I mattoni si frantumarono come fossero di cartone e si trovò col braccio sprofondato fino al gomito dentro alla parete.
-Ma cosa...- Giorno sfila la mano e si guarda attorno. Fortunatamente non aveva attirato l'attenzione di nessuno, anche perché non c'era nessun passante per quella strada. Scrollandosi i frammenti di mattone dalla mano, si voltò per vedere dove fosse Helen. Lei intanto era arrivata alla fine della strada, e stava per svoltare a destra, in una via minore. "Sta andando a casa..." pensò Giorno seguendola con gli occhi. Mentre stava per andarsene, Giorno notò che poco dopo di lei, anche un uomo era entrato nella via, camminando a passo veloce, come a volerla seguire. Preoccupato, Giorno iniziò a correre per raggiungerli, fermandosi all'angolo per sbirciare nella via, senza farsi notare. Quando vide quello che stava succedendo, si trattenne a stento dal saltare fuori: l'uomo stava tenendo Helen contro il muro, con una mano sulla bocca per impedirle di urlare, mentre le puntava un coltello al collo. Voleva i suoi soldi, molto probabilmente. Helen cercava di divincolarsi, senza riuscirci, dalla presa dell'uomo. Il volto di lei esprimeva terrore, ma Giorno vide anche un'ombra di noncuranza, come se, in fondo, non le importasse davvero di sopravvivere.
"Cosa faccio? Non posso farmi vedere... ma nemmeno lasciarla così... merda!" Giorno prese un respiro profondo e si calò ancora di più il cappuccio sul volto. Uscì da dietro l'angolo ed afferrò una pietra sul marciapiede. Doveva attirare l'attenzione dell'uomo senza parlare, o Helen avrebbe potuto riconoscerlo. Prese la mira, e scagliò il sasso, colpendolo al fianco. Quello, dopo un momento di stupore, si voltò verso Giorno, squadrandolo.
-Cosa vuoi tu? Gira al largo.-
Giorno non accennò a muoversi, guardando l'uomo negli occhi, da sotto il cappuccio.
-Vuoi fare l'eroe, ragazzo? Vuoi tornare dai tuoi genitori gonfio di pugni? Ti accontento. A questa ci penso dopo.- l'uomo lasciò andare Helen, che cadde in ginocchio ansimando. -Tu stai buona lì, o giuro che ti apro lo stomaco.-
Giorno iniziò ad avvicinarsi a loro, mentre quello lo osservava.
-Sei un po' gracilino, non credi? Meglio così, farò meno fatica a conficcare questo bel coltello nel tuo corpo.-
Giorno si fermò a qualche metro dall'uomo, che continuava a guardarlo. Il buio della sera rendeva impossibile ad Helen e al suo aggressore distinguere il suo volto sotto al cappuccio, ma se fosse arrivato troppo vicino lei lo avrebbe sicuramente scoperto.
-Ma come, ti fermi già? Hai cambiato idea? Ci penso io allora!-
L'uomo scattò verso Giorno, tracciando un fendente col coltello; il ragazzo riuscì a bloccargli il braccio prima che il coltello calasse sul suo volto, ma il contraccolpo lo fece indietreggiare.
"Cazzo, è davvero forte" pensò cercando di riprendere l'equilibrio. L'uomo invece iniziò ad incalzarlo notando il suo cedimento, e Giorno si trovò a dover schivare una pioggia di affondi e fendenti, venendo tagliato più volte. Alla fine, il coltello si conficcò nel suo braccio destro, strappandogli un gemito di dolore e facendolo inciampare. Con un ghigno sadico, il criminale si avvicinò a Giorno, troneggiando su di lui, disteso per terra e col coltello affondato fino a metà nel braccio.
-Hai finito di fare lo sbruffone, eh? Ti ammazzo velocemente e poi passo alla ragazza.- Si voltò per un secondo verso Helen, che stava tremando nell'angolo e li guardava con gli occhi sbarrati.
-No! Lascialo stare! Uccidi me al suo posto... non ho niente da perdere...- disse la ragazza con un tono di voce a metà tra il sottomesso e il rassegnato, che per un secondo sorprese l'aggressore.
-Se proprio ci tieni, ucciderò entrambi piccola.-
-Questo... non posso permetterlo.- mormorò Giorno, stringendo i denti per il dolore e rimettendosi in piedi barcollando.
-Cosa vuoi? Qualcosa da dire?-
-Questo... non posso... permettertelo.- Giorno alzò lo sguardo verso l'uomo, guardandolo negli occhi. Il ragazzo aveva un'espressione diversa, un fuoco sembrava ardere nelle sue pupille, danzando insieme ai riflessi della scarsa luce artificiale che illuminava il vicolo. Per un attimo, l'aggressore esitò e distolse lo sguardo, ma subito dopo riprese la sua aria di superiorità.
-Rischi di morire dissanguato, non credo tu sia in grado di dettare le condizioni di questo... "incontro"- disse al ragazzo, ridacchiando.
Giorno respirò profondamente. Non aveva altra scelta che sperare. Per due volte, aveva manifestato una forza disumana, quando aveva rotto lo sportello del suo cubicolo all'obitorio e quando aveva distrutto il muro in preda alla rabbia. Non sapeva se l'istinto di sopravvivenza o la furia l'avrebbero riportata a galla, ma di una cosa era certo: in quel momento stava provando entrambe le emozioni.
-La tua serata... finisce qui.- La voce di Giorno era perentoria, e non lasciava spazio a repliche. Il suo pugno, già stretto spasmodicamente, per un istante brillò di una luce giallastra, e il ragazzo si sentì invadere dall'adrenalina e da un'altra sensazione, che non riuscì sul momento ad identificare. Doveva provarci, non c'era altra uscita da questa situazione. Con una rapidità che a malapena si potrebbe definire umana, Giorno caricò un gancio col braccio sinistro, per poi scaricarlo in faccia all'uomo di fronte a lui. Mentre il pugno fendeva l'aria, gli parve come se dal suo braccio se ne separasse un altro, di una consistenza eterea, giallastro come la luce che prima aveva illuminato la sua mano. Sebbene il suo bersaglio provò a difendersi, l'impatto fu devastante: l'uomo venne sbalzato contro il muro in fondo al vicolo, distruggendone vari strati di mattoni. Giorno si sentiva carico di energie, e perfino la ferita all'altro braccio aveva smesso di fare male. Ma soprattutto, si sentiva potente.
-Rialzati, non ho finito con te.- si avviò verso l'uomo, ancora disteso a terra, che si contorceva dal dolore, sputando sangue. Quello, vedendolo avvicinarsi, provò a rialzarsi, ma i suoi movimenti si fecero all'improvviso lentissimi, fino a rimanere quasi immobile. Dei gemiti di terrore e sorpresa uscivano dalla sua bocca, mentre era bloccato in una posizione a metà tra il supino e la quadrupedia. Giorno si fermò ad un metro da lui, squadrandolo. Non accennava a muoversi. Qualcosa dentro di lui gli diceva che non sarebbe più stato un problema, quindi provò a calmarsi respirando profondamente, e con l'ira anche la sensazione di onnipotenza sparì. Si accucciò e strappò un lembo di tessuto dalla sua maglietta, per fasciarsi il braccio. Appena iniziò ad avvolgerlo attorno alla ferita, che ancora gocciolava sangue, accadde qualcosa che lo lasciò stupito per un momento. La stoffa iniziò spontaneamente a fondersi con la sua pelle, diventandone lentamente una parte, fino a ricostruire completamente i tessuti danneggiati e a richiudere la ferita.
"Ma come è possibile..." I suoi pensieri vennero interrotti da una voce femminile.
-Stai... bene?-
Helen si era intanto alzata e, barcollando, si era avvicinata alle sue spalle.
"Merda... troppo vicina."
-Sì.- rispose Giorno brevemente e a bassa voce.
-Volevo solo... grazie per avermi salvato... credo che... beh, grazie...-
Giorno si alzò in piedi senza risponderle e le passò accanto voltandosi di scatto, avviandosi all'uscita del vicolo. Helen lo guardava interdetta, poi ebbe un sussulto.
-Quei vestiti... assomigliano molto a quelli...- la voce di lei venne interrotta da un singhiozzo. In quel momento, una folata di vento soffiò nel vicolo, togliendo il cappuccio dalla testa del ragazzo e mettendo in mostra i suoi capelli biondi, illuminati dalla luce dell'unico lampione. Helen li guardò esterrefatta.
-G...Giorno...?- mormorò portandosi una mano alla bocca.
Il ragazzo fu preso alla sprovvista. Senza voltarsi, le rispose seccamente:
-Il Giorno di cui parli è morto in quel museo. Stai sbagliando persona. Mi dispiace.-
Trattenendo a stento i singhiozzi, accelerò il passo per uscire dal vicolo lasciando Helen, che era caduta in ginocchio, devastata.

   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Le bizzarre avventure di Jojo / Vai alla pagina dell'autore: Haruno_Shiobana98