«Ti ho portato una tazza di cioccolata
calda…» la voce avvolgente di Mia Queen giunse alle orecchie della compagna dai
lunghi capelli biondi che seduta fuori su i gradini della casa degli Allen come
al suo solito aveva preferito tenere le distanze da tutto e tutti. I due
fratelli Queen, quanto lei, erano ospiti di Donald e Dawn
che fin quando si sarebbe fermati a Central City li avrebbero ospitati.
Mia aveva i lunghissimi capelli scuri sciolti sulle spalle in morbide onde,
mentre la giacca di pelle nera –appartenuta a sua madre- la teneva al caldo e
la proteggeva come un’armatura. Ormai faceva parte di lei… era importante
quanto quando si vestita da Speedy. Dinah e Thea
Queen erano indubbiamente le donne più importanti della sua vita, quelle da cui
aveva preso ispirazione per essere quello che era. Gli occhi stretti e sottili,
tanto da sembrare quasi a mandorla, le davano quel tocco felino e irrimediabilmente
sensuale.
«Grazie…»
Mia rimase seduta accanto a lei, avevano quattro anni di distanza, ma da
che ricordava erano sempre andate d’accordo forse perché così simili di
carattere.
«Non ti vedo dall’anno scorso…»
«Dal funerale dei miei…» aggiunse quella con un sorriso amaro, stringendo
più forte le mani intorno alla tazza calda.
Era sempre stata una ragazza che amava prendersi cura di sé, molto
femminile e amante dello shopping, ma da un anno a quella parte non le
interessava più di nulla. Era sempre trasandata come in quel caso che indossava
una felpa più grandi di lei, con il cappuccio a coprire i suoi lunghi capelli
spettinati. Le scarpe da tennis slacciate e un paio di jeans rovinati a
fasciarle le lunghe gambe snelle. Anche il trucco era totalmente assente
lasciando ben visibili le due grosse occhiaie viola sotto gli occhi.
«Ti chiederei dove sei stata, ma le apparizioni di Huntress
sono state in tutto il paese…»
«Sì sono stata impegnata…»
Mia si morse le labbra, non che fosse una chiacchierona, ma mai aveva fatto
tanta fatica a parlare con qualcuno, ancor più con lei. Così diversa dalla
ragazzina piena di vita che conosceva, promessa della ginnastica artistica e
reginetta della scuola.
«In una vendetta… non a portare giustizia…»
Le parole di Mia la facevano sorridere, seppur non era un sorriso
divertito, quanto più sarcastico di chi non voleva dipingersi per quello che
non era. Lei non era un’eroina come loro, lei era… egoista… era diventata Huntress solo per vendetta, aveva ragione… degli altri poco
gli importava e se era lì era solo perché non poteva voltare le spalle a degli
amici, ma non perché fosse più di tanto interessata alla causa.
«Forse a portare entrambi… prendermela con la Corte dei Gufi porta anche
giustizia non credi? Dopotutto la caduta degli eroi è stata una loro
macchinazione… loro hanno macchinato dietro l’ARGUS fino al triste epilogo che
conosciamo… loro è la colpa di tutto quello che è successo ai nostri genitori…
loro hanno privato il mondo della loro difesa più grande… lo hanno gettato
nell’oscurità calpestando la speranza… Il Presidente e JJ stanno facendo il
possibile, ma giocando pulito non otterranno nulla, non contro di loro… Non
esistono regole, solo sangue…»
C’era così tanta amarezza nella sua voce, così tanta rabbia repressa e un
odio che l’aveva totalmente annientata. Mia in lei vedeva quello che suo
fratello sarebbe divenuto se avesse continuato a seguire quel percorso e non lo
voleva, quanto si detestava di non esserci stata per lei… come nessuno c’era
stato per salvarla in tempo.
Era deperita nello spirito quanto nel corpo, divenendo poco più che carne
ed ossa. La voce poi appariva sempre stanca e strascicata e non era raro
vederla massaggiarsi la tempia dolorante.
«Tutto questo ti sta consumando…»
«Non tanto quanto lo sta facendo la
malattia…» pensò la bionda senza risponderle, ma
semplicemente poggiando la tazza da un lato e allungandosi verso Mia
abbracciandola. Le era mancata tanto la presenza di un’amica al suo fianco e
lei l’aveva sempre considerata tale, la giovane Queen preferì non dire altro e
ricambiare quell’abbraccio con tutto il suo calore. Aveva compiuto tanti,
troppi errori, ma avrebbe sicuramente cercato di porvi rimedio.
La mattina successiva come JJ aveva promesso alle Leggende avrebbe fornito
loro maggiori informazioni e lo fece portandoli alla Checkmate,
un’organizzazione segreta governativa che faceva capo a due figure autorevoli:
il Re Nero e la Regina Bianca. Era indipendente seppur strettamente legata,
almeno in quella amministrazione, al Presidente. Questo per far sì che se ad
essere eletto sarebbe stata una personalità pericolosa, la Checkmate
non avrebbe subito le sorti dell’ARGUS e sarebbe rimasta estranea ad eventuali
macchinazioni che avrebbero potuto portare ad una nuova crisi degli eroi.
L’edificio che ospitava l’agenzia era poco fuori Star City e se ad un primo
impatto si aveva la sensazione di entrare in un magazzino abbandonato, bastava
prendere un ascensore segreto per scendere parecchi metri sotto terra e
trovarsi in un altro mondo.
Un labirinto di corridoi si districava quasi completamente sotto la città e
in una predominanza di bianco e di nero si era di fronte a un’agenzia più
grande del Pentagono e più organizzata della CIA.
«Benvenuti nella Checkmate!» li accolse un Ray Palmer decisamente più anziano, ma comunque
estremamente gioviale. Non era molto diverso dalla sua controparte giovane, ma
alcune linee argentee erano disegnate ai lati della sua folta capigliatura
ancora scura.
«Presidente Palmer…» lo salutò con entusiasmo e un pizzico di orgoglio la
versione di Ray Leggenda incredulo di cosa sarebbe
divenuto, mentre un sorriso compiaciuto gli si disegnò sul viso mentre seguiva
sé stesso insieme alle altre Leggende.
«Ora Bei Capelli si monta la testa…» esclamò un Mick alquanto scocciato,
trovando però accordo con il Professore e Nate accanto a lui.
«Dovrei probabilmente spiegarvi come questa organizzazione nasce, ma se i
miei ricordi non mi ingannano lo avete già scoperto giusto?» chiese il
Presidente voltandosi verso Rip e Sara che con il
loro silenzio non poterono non assentire.
«Dunque saltando la parte del tradimento dell’ARGUS che già sapete e quella
della caduta degli eroi… ecco la nostra risposta a quella crisi. Eravamo
rimasti in pochi dopo quella terribile caccia alle streghe: io, Oliver, Dinah, Diggle, Lyla, Sara, Rip e il Professor
Stein. Dunque decidemmo che avremmo dovuto fare qualcosa… ma la Corte dei Gufi
aveva preso il potere dunque non potevamo farlo come eroi, non quando questi si
erano impegnati a distruggerli e distruggere la loro fiducia nelle persone. Io
venni scelto dai miei compagni come il più adatto ad affrontarli politicamente,
se avessi vinto le elezioni avrei potuto porre le basi della rinascita e così
feci. Quando quasi diciassette anni fa venni eletto, grazie all’aiuto
finanziario di Oliver e quello militare di Diggle e Lyla costruimmo tutto questo. L’agenzia avrebbe avuto sul
campo solo gli agenti meglio addestrati e meglio equipaggiati, lavorando sotto
le regole più strette della segretezza. La struttura organizzativa è stata
studiata dal Professor Stein, scegliendo il gioco degli scacchi come modello di
lavoro.
Abbiamo una parte d’intelligence, i bianchi, e una operativa, i neri.
Questi sono coloro che la gestiscono…»
Ray aveva
concluso di parlare nel momento esatto in cui arrivò con le Leggende in quello
che appariva il vero e proprio cuore pulsante dell’organizzazione: il centro di
comando. Lo stesso che era degno della NASA a livello di grandezza e gestione
lì dove due versione più invecchiate di John Diggle,
Re Nero, e Lyla Michaels,
Regina Bianca, li aspettavano.
«Benvenuti…» esclamò quest’ultima non ingannando la sua solita aplomb
professionale e lieta di rivedere vecchi amici.
«Avete parlato di una gestioni in stile scacchi, devo presumere dunque che
esistano anche altre figure relative agli altri pezzi?» chiese un Professore
fin troppo entusiasta di un’idea che poi era la sua.
«Ovvio. Abbiamo numerosi Alfieri che supervisionano le Torri da dietro le
quinte, mentre queste pianificano le missioni e supervisionano gli agenti sul
campo quali Cavalli e Pedoni con tipologie di compiti diversi…» spiegò molto
semplicemente Lyla.
«Affascinante…» mormorò estasiato Stein.
Sara era molto colpita invece da come da una tragedia tanto grande si era
riuscito a costruire qualcosa di ben più grosso, ma c’era qualcosa che non le
tornava.
«Aspetta un attimo, hai detto che questo è nato diciassette anni fa quando
ti hanno eletto giusto? Come fai ad essere ancora il Presidente?» chiese alla
versione di Ray più anziana che aveva di fronte e
vedendolo un attimo fare una smorfia, prima di prendere la parola.
«La Corte dei Gufi mi batté durante le elezioni per essere rieletto… e mi
batterono ancora e ancora…»
«Gli stavano togliendo poteri… oltretutto la Checkmate
nei suoi primi quattro anni di attività li aveva colpiti duramente… e alcuni
dei nostri ne hanno pagato le conseguenze…»
Diggle lasciò in sospeso quella frase piena di amarezza incapace di guardare in
volto sia Sara che Stein e preferendo dunque di gran stare con le braccia ben
conserte al petto e parlare a nessuno in particolare.
«L’anno scorso sono riuscito a farmi rieleggere e JJ si è unito a noi in
questa lotta… un sodalizio forte e in crescita anche grazie al resto degli ragazzi
e all’eredità che stanno portando avanti dei loro genitori…»
Concluse Ray con estremo orgoglio nella voce, non
prima che però Nate prese la parola.
«Scusate non voglio sembrare un’idiota, ma… ehm… che diavolo è la Corte dei
Gufi?»
Una domanda che fece scendere un alone di gelo tra il Presidente e il Re e
la Regina della Checkmate, ma che venne sciolto
dall’arrivo inaspettato di qualcuno alle loro spalle.
«Sono coloro che gestiscono le sorti del mondo attraverso la politica… una
sorta di Signori del Tempo, ma molto più spietati…»
La voce era quella di Snart, lo stesso che dopo
aver saputo dalla moglie la sera precedente cosa fosse successo, adesso
affrontava i suoi vecchi compagni con maggior consapevolezza, notando però
l’incapacità di Mick e Stein di farlo.
«Vi presento Citizien Cold,
insieme a Cyborg due degli Alfieri più importanti della Checkmate!»
esclamò entusiasta il Presidente scambiandosi una pacca amichevole con l’uomo
che non poté fare a meno di notare il totale smarrimento negli occhi del suo
partner.
«Potremmo mostrare ai nostri compagni venuti dal passato il legame che
intercorre tra la Corte e le nuove minacce Europee per far capire meglio loro
in che guerra li stiamo coinvolgendo… nel mentre se possibile vorrei scambiare
due parole con te Mick…»
Il Presidente trovò ottima l’osservazione del suo amico e così invitò tutti
gli altri a seguire lui, Lyla e Diggle
ben decisi a lasciare gli altri due soli. Il Professor avrebbe voluto seguire a
sua volta Snart e Mick, ma solo grazie a Jax desistette da ogni proposito.
Mentre le Leggende mettevano al corrente il Presidente e Lyla di come la guerra tra il popolo di Aquaman
e Queen Diana fosse per via di un complotto dei loro fratelli, i loro amici
della Checkmate iniziarono a pensare che questo avrebbe
potuto far comodo alla Corte dei Gufi, dando subito ordine di cercare
eventualmente collegamenti.
Mentre loro parlavano però Sara era rimasta indietro e aveva bloccato il
suo vecchio amico Diggle con lei decisa a parlargli e
notando subito come gli fosse impossibile riuscire a guardarla in viso.
«Sei la seconda persona che incontro che non mi guarda negli occhi…»
Sara iniziava ad essere infastidita da quella situazione e non riusciva a
nasconderlo.
«Senti oso solo immaginare quanto per tutti voi sia strano averci qui, ma
lo è anche per noi aver a che fare con un futuro così prossimo… ma… è così…
ormai mi sembra chiaro che non possiamo evitarlo…»
«Sara!» esclamò quello voltandosi verso di lei e stringendola per le
spalle.
«Non è facile ok? Non è facile per noi aver a che fare con voi… con così
tanti amici…»
«Morti» concluse lei. Non era stupida le era bastato fare due più due per
comprendere che tutta quella tensione era dovuto a quello.
«Anche io lavoravo qui vero? Come Rip… Stein…
Oliver… e per questo siamo stati uccisi… Diggle, non
è così diverso da quello che sono adesso… non mi stupisce di sapere che morirò
combattendo per ciò in cui credo, seppur non più da Leggenda…»
Ma Sara non capiva. Non poteva farlo. Perché quello che per lei appariva
una cosa logica e normale, nascondeva molte più cose. Perché tanto era
cambiato, non solo per lei, ma per loro tutti.
«Non è solo questo Sara… ma non posso dirti altro… ora ti prego torniamo
dagli altri…»
Diggle tagliò corto e sfuggendole raggiunse ben presto la moglie, lasciando
l’amica venuta dal passato più confusa che mai.
Snart aveva
portato Mick in una delle stanze che preferiva e che era il caveau degli
artefatti. Ogni volta che la Checkmate trovava
qualche tecnologia o reperto pericolosamente potente o con capacità
straordinarie, lo raccoglievano e lo tenevano al sicuro per essere certi che
non potesse finire in mani pericolose. Ovviamente il ladro che era in lui, e
che mai sarebbe morto, lo portava inevitabilmente a considerare quel luogo il suo preferito in assoluto.
«Partner questo è il paradiso dei ladri!» esclamò Mick come un bambino nel
paese dei balocchi, mentre si avvicinava alle varie teche già immaginandosi
possessore di molti di quegli oggetti, ma Snart
camminando con le mani dietro la schiena lo guardò come si guarda un fanciullo
ingenuo: con tanta tenerezza. Non era da lui essere sentimentale, ma gli era
mancato…
«Lo è, ma non posso farti portare via nulla se è quello che speravi…»
Mick aveva già preso in mano una strana arma, ci stava giocherellando
quando bloccandosi la mise via e fronteggiò finalmente Leonard nel suo solito
modo strafottente e arrabbiato.
«Oh giusto perché tu qui sei Citizien Cold… l’eroe… il marito perfetto… il padre di famiglia…
Come e quando ti sei ridotto così partner mh? Se eri
vivo perché voltarmi le spalle per cosa poi? Questa patetica vita?» gli sputò
addosso con tutto il suo disgusto e fastidio per essere stato sostituito così
facilmente.
Leonard lo lasciò fare, sedendosi su un pallet vuoto e guardandolo
totalmente imperturbabile.
«Tu credi sia stato così? Credi che non sia morto il giorno dell’Oculus?»
«Non so. Dimmelo tu… visto e considerato che sei qui vivo e vegeto di
fronte a me!»
Mick lo mandò al diavolo e dandogli le spalle tornò ad essere ben più
interessato ai giocattoli nascosti in quel deposito.
«Wally West e Jesse Quick mi hanno portato via un
secondo prima che esplodesse l’Oculus otto anni fa…»
esclamò Leonard con estrema calma e precisione. Scandendo ogni singola parola
come era solito fare, ma con una gravità diversa dal solito.
«Li odiavo. Avevo fatto una scelta e loro mi avevano privato di compierla.
Tuttavia non mi avevano portato da voi, non nella Central City che conoscevo,
ma nel futuro… dicevano che Barry era scomparso e che visto i tempi che stavano
arrivando dovevano assicurarsi che lui un giorno tornasse e grazie a Ramon
avevano scoperto che questo sarebbe stato possibile solo se io fossi diventato Citizien Cold…» lo diceva quasi
con ironia, come se trovasse ridicolo che le speranze del mondo o di una
qualsivoglia salvezza potessero davvero dipendere da lui.
«Ci ho messo tre anni per abituarmi, anni in cui volevo solo tornare ad
essere ciò che ero con te per mandare al diavolo tutto e tutti, perché non
volevo essere un eroe… ma lo ero già… E nonostante mi mancassero le nostre
avventure, sapevo che anche tu lo eri… con le Leggende…»
«Per questo ti sei sposato la figlia del Professore?» chiese poi Mick
finalmente deciso a voltarsi e quanto meno tornare a guardarlo in volto.
«Oh no… a dire il vero lei e suo padre dovevano tenermi d’occhio, far sì
che il sacrificio di West e Quick non fosse vano. Il
Professore così mi introdusse qui alla Checkmate, mi
diede uno scopo e attraverso quello mi sono avvicinato a Lily… sono stati otto
anni di guerra con lei che poi sono sfociati…»
«Nel vostro matrimonio, ho visto il discorso ridicolo che hai fatto!»
concluse Mick sedendosi in un pallet vuoto di fronte a quello del partner che
lo guardò ridacchiando.
«Lei aveva adottato i figli di West e Quick e io
non solo mi ero innamorato di lei, volevo prendermene cura… loro avevano pagato
con la vita l’avermi salvato e il minimo che potevo fare era assicurarmi che i
loro figli crescessero al sicuro… e amati…» e detto da Snart
quello pareva davvero ironico.
L’unica cosa che aveva conosciuto in vita sua era violenza e follia da
parte di un padre ubriacone e pensare che lui avrebbe potuto essere diverso,
migliore, era uno stimolo maggiore di qualsiasi altra cosa.
«Non era certo la vita che mi immaginavo, ma sono sicuro che nemmeno tu ti
eri immaginato di divenire un mercenario del tempo o una Leggenda… ma le cose
sono andate così e non mi sembra che nessuno dei due ne soffra più di tanto…»
Era pur sempre Leonard Snart e di certo non
sarebbe andato in giro a fare discorsi ispiranti o avrebbe abbracciato Mick,
tuttavia era un uomo decisamente molto più saggio. Da una parte al suo ex
partner pareva parlare con un estraneo, ma dall’altra il suo modo di porsi o di
fare erano rimasti invariati e vederlo così gli faceva bene, metteva a tacere
quel tormento di cui non si era mai liberato dal giorno che era morto.
Ecco un nuovo capitolo della fan fiction, sono davvero felice
di aver potuto parlare della Checkmate.
E’ una parte della storia della DC che amo, seppur purtroppo nei quattro
telefilm attualmente in onda su CW non ne abbiamo potuto godere seppur confido
e spero un giorno di vederla. Trovo l’organizzazione dell’agenzia affascinante
e infatti nella stagione di Smallville in cui la introdussero ne andai
matta. Intanto spero che quello che sto scrivendo vi piaccia e che dire aspetto
le vostre opinioni in merito!