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Autore: Pally93    20/03/2017    6 recensioni
Songfic ispirata al brano "Una storia che vale" di Laura Pausini. Esattamente come la canzone è una storia triste, che mostra Harry distrutto dalla fine della sua storia con Draco. Io definisco questo genere di racconti "brevi storie tristi", che sono uno dei miei must assoluti.
Genere: Malinconico, Song-fic, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter | Coppie: Draco/Astoria, Draco/Harry
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Che cosa ha lei che io non ho,
cosa ha più di me?
Sto cercando una ragione,
anche se alle volte sai non c’è.

 
Era una tipica giornata inglese. La pioggia cadeva fitta sulla città, infradiciando ogni cosa. Le strade, i tetti, lui.
Camminava a testa bassa, il cappuccio del mantello rialzato sul viso, senza curarsi dell’acqua che stava iniziando a filtrare nelle sue scarpe logore, inzuppandogli i piedi e gelandolo fino al midollo. Andava avanti senza una meta, per semplice inerzia. Per il bisogno di muoversi, l’impossibilità di tenere fermi i muscoli e quieti i pensieri. Girava da ore sotto l’acquazzone estivo, senza curarsi di ciò che aveva attorno e di dove si trovava. Non lo sapeva nemmeno, a dire la verità.  Solo un’immagine continuava ad attraversargli la mente, un chiodo fisso che gli trapanava la testa e gli impediva di concentrarsi su qualsiasi cosa. Un foglio di giornale.
 
Lord Draco Lucius Malfoy e Lady Astoria Elizabeth Greengrass sono lieti di annunciare alla comunità magica che si uniranno in matrimonio il 27 di luglio prossimo venturo.
 
Seguiva una foto dei promessi sposi, immortalati sotto il pergolato di rose del giardino di Villa Malfoy.
Raggiunse un pub che non aveva mai visto in vita sua, e sedette in disparte in attesa del firewhisky che aveva ordinato entrando.
 
 
Ero qui, eri qui,
ma poi non è andata sai proprio così…

 
Draco stava per sposarsi, e lui era venuto a saperlo per caso, mentre sfogliava distrattamente il Profeta del mattino. La tazza di caffè gli era scivolata tra le mani e aveva rovesciato il suo contenuto sul tavolo, risparmiando miracolosamente parte della fotografia. Astoria si era ritratta velocemente oltre i margini, ma Draco era rimasto ad osservarlo, tenendo gli occhi grigi fissi nei suoi e ignorando il caffè che si stava spandendo sui suoi abiti immortalati nella perfezione del pergolato, come in attesa.
Si era ritrovato in piedi senza rendersene conto, aveva afferrato il mantello ed era uscito in stato di semi incoscienza, dimenticando aperta la porta di casa. Quando la pioggia aveva iniziato a scorrere sul suo viso, non se ne era curato affatto, ma aveva sollevato il cappuccio insieme a tutte le altre persone che in quel momento si trovavano in strada, in un riflesso condizionato.
Aveva camminato per ore, finchè non si era fatto buio, e solo allora era entrato in quel pub sudicio.
Con un gesto della mano ordinò un secondo bicchiere di firewhisky scadente.

 
E una vita sola non può bastare
per dimenticare una storia che vale.
E i tuoi occhi che mi stanno a guardare,
non dimenticare…

 
Draco non abbassava mai lo sguardo. Teneva i suoi occhi grigi fissi in quelli del suo interlocutore, in un atteggiamento intenzionalmente provocatorio. E osservava.
Draco osservava con curiosità malcelata tutto ciò che accadeva attorno a lui, posava lo sguardo su ogni pezzo di mobilio di una stanza, esaminava il mondo in una perpetua ricerca. Aveva scrutato anche lui, aveva saputo metterlo a nudo con una sola occhiata. Non aveva abbassato le palpebre nemmeno quando lo aveva lasciato, sebbene il rossore sulle sue guance e lo scintillio nelle iridi grigie avessero lasciato trapelare una certa emozione. Gli aveva semplicemente detto addio e si era allontanato, senza mai voltarsi indietro, lo sguardo fisso sul suo nuovo futuro.
Lui, ormai, vedeva solo il fondo del suo bicchiere.

 
E’ difficile per me imparare a vivere
senza abbandonarmi al mio presente
inaspettatamente senza te.

 
Era diventato l’ombra di se stesso da quel giorno, forse meno.  Si era rinchiuso nel silenzio della sua casa, in soffitta. Ogni altro luogo gli ricordava lui. Aveva provato a rientrare nella sua stanza, ma il vuoto che vi era rimasto lo aveva sopraffatto, togliendogli il respiro. I suoi amici lo avevano trovato lì dopo quattro giorni, quattro interminabili giorni in cui non avevano avuto sue notizie. Non si era presentato al lavoro, non era uscito di casa, non aveva nemmeno aperto le finestre. Lo avevano trovato rannicchiato su una vecchia sedia a dondolo, il capo chino e le ginocchia strette al petto.
Dondolando, mormorava ripetutamente “se n’è andato, se n’è andato”.
Tra i due era stata lei ad avvicinarsi per prima e ad appoggiargli una mano sulla spalla. Lui non si era ritratto, ma non aveva interrotto né il dondolio né la sua miserabile cantilena. La dolcezza infinita dei  gesti di lei e le sue carezze sulla schiena lo avevano sciolto solo in superficie, ma quel tanto che bastava per fargli sollevare la testa. Nella penombra della soffitta, i suoi occhi erano asciutti. Le lacrime le aveva finite da tempo.
Lentamente, molto lentamente, lei lo aveva convinto a bere a piccoli sorsi una tazza di té nero molto zuccherato, che lo aveva aiutato a riprendere contatto con la realtà. Aveva interrotto la sua litania, ma prima di chiudersi nuovamente nel silenzio l’aveva guardata e aveva visto riflessa la sua angoscia nel viso di lei. “Se n’è andato”, aveva detto per l’ultima volta.
Ci erano voluti altri tre lunghi giorni prima di riuscire a mangiucchiare qualcosa di più consistente del té zuccherato che lei gli portava, puntualmente accompagnato da qualche dolcetto che rimaneva immancabilmente abbandonato sul piatto. I dolci piacevano a lui. Dopo tre giorni lei era riuscita a comprendere quel rifiuto, e aveva provato con un paio di tramezzini. Li aveva mangiati senza sentirne davvero il sapore, ma infinitamente grato alla sua amica per aver capito senza bisogno di parole. Era davvero la strega più brillante della sua età.

 
Ero qui, eri qui.
Parlarne adesso non ha più senso, o forse sì.

 
La vita era ripresa, il tempo aveva ricominciato a scorrere, ma il senso di vuoto non era scomparso. Dopo tutte le parole, tutte le promesse…Dopo tutto quello che erano stati, lui se ne era andato.
Ricordava ancora le sue parole: “Ti amo, ma non posso. Spero che saprai perdonarmi”.
Per un po’ si era illuso che sarebbe tornato sui suoi passi, che sarebbe tornato da lui. Il trascorrere dei mesi aveva fatto scomparire anche questa speranza, ma non per questo l’attesa si era fatta meno pietosa.
Ora mangiava, camminava, lavorava, ma aveva sempre freddo da quando lui se n’era andato.
Avevano condiviso molto, forse tutto. Avevano iniziato condividendo la casa, perché non sopportavano di vivere soli. Avevano proseguito condividendo la stanza, per vegliare l’uno sul sonno dell’altro. Da lì a condividere il letto, il passo era stato fin troppo breve. Solo così riuscivano a scacciare gli incubi.
In pochi giorni avevano trovato un loro ritmo, una sincronia nei movimenti. Lui si alzava per primo e preparava la colazione per entrambi, mentre Draco faceva la doccia. Si dividevano il giornale, sport per lui, politica ed economia per Draco, poi si scambiavano le pagine. Un bacio a fior di labbra prima di uscire di casa, e uno decisamente più profondo al rientro, dopo tutta una giornata di lontananza.
E parlavano, parlavano. Gli orrori della guerra erano più facili da affrontare in due, il dolore per le perdite veniva lenito, entrambi sapevano perfettamente cosa l’altro stesse passando. Nei suoi incubi il lampo di luce verde si era tramutato in un raggio di sole, dopo che si era accorto di quanto meraviglioso fosse quando incontrava i capelli di Draco.

 
Perché una vita sola non può bastare
per dimenticare quanto si può amare.
Al tuo nome e alla tua voce pensare
senza farmi male.
E una vita sola non può bastare
per dimenticare una storia che vale
ogni minimo particolare,
non dimenticare,
non dimenticare.

 
Davanti al suo quinto bicchiere, si rese conto che nemmeno tutto il firewhisky del mondo avrebbe potuto concedergli il dolce piacere dell’oblio. Sentiva la sua voce, la sentiva ovunque.
Ne ricordava la dolcezza, quando lo svegliava di notte per portarlo in salvo dai suoi incubi. Ricordava i sussurri nel buio della stanza: “Puoi dormire sereno amore mio, ci sono io accanto a te. Non sei più solo, non sarai mai più solo.”. Ricordava come la sua voce diventasse acuta e asciutta quando era stizzito, le ottave che riusciva a raggiungere quando litigavano per qualche sciocchezza. E soprattutto ricordava come diventasse roca quando era eccitato e implorava per avere di più, molto di più. Lui lo accontentava sempre in quei casi, e lasciava che la voce diventasse ansito e gemito e poi grido strozzato, quando il piacere lo coglieva impreparato e lui si abbandonava interamente ai suoi sensi. Il sospiro del primo ti amo che si era lasciato sfuggire dalle labbra. La decisione con cui lo difendeva quando venivano accerchiati dai curiosi per strada. Le melodie che canticchiava tra sé quando era sovrappensiero.
Ma il tono che non avrebbe mai potuto dimenticare era quello basso e deciso con cui l’aveva pugnalato. Ti amo, ma non posso.
Un altro gesto, e un sesto bicchiere comparve davanti a lui. Si fece lasciare la bottiglia.

 
Che cosa ha lei che io non ho
(ero qui)
che cosa ha più di me?
(eri qui)
Sto cercando una ragione.
Parlarne adesso non ha più senso
O forse sì.
 

Per Draco era stato più difficile accettare cosa stava succedendo tra loro. La rigida educazione che aveva ricevuto e le pressioni sociali gli impedivano sempre di lasciarsi andare del tutto, di essere completamente rilassato in compagnia di qualcuno che non appartenesse alla cerchia degli amici più fidati.
Niente di quella relazione rispettava i canoni classici, niente avrebbe mai potuto essere più lontano da quanto ci si sarebbe aspettato da lui. Lui era destinato a una strega di classe, a qualcuno che fosse altrettanto nobile e che gli permettesse di dare vita a una lunga e gloriosa discendenza. Sicuramente non era nato per essere suo, anche se entrambi avevano disperatamente tentato di convincersi del contrario.
Aveva messo tutto se stesso in quella relazione, gli aveva dato tutto, concesso tutto, anche di frequentarsi con quella strega per mantenere la facciata. Dio solo sa quanto avrebbe voluto che fosse bastato.

 
Perché una vita sola non può bastare
per dimenticare come si può amare.
Quanto sole che ci può attraversare
senza farci male.
E una vita sola non può bastare
per dimenticare ogni particolare
dei tuoi occhi che mi stanno a guardare.
Non dimenticare
una storia che vale.

 
Quello che proprio non poteva sapere, mentre beveva l’ultimo goccio di liquore direttamente dalla bottiglia e perdeva conoscenza, era che quella sera non sarebbe stato  l’unico ubriaco.
Nel lussuoso salotto di Villa Malfoy, un uomo stringeva tra le dita un bicchiere colmo di liquido ambrato, il Profeta aperto davanti a sé sulla pagina degli annunci matrimoniali. Provò un moto di profondo disgusto nel vedere il se stesso della foto guardare adorante la sua futura moglie. Era stata scattata in un tiepido giorno di inizio estate, dopo una gradevole passeggiata nel parco. Astoria aveva appena accettato di sposarlo, firmando così la condanna a morte della sua anima. Non sarebbe mai appartenuto a quella donna.
Lei era piacevole, intelligente, brillante, raffinata e senza dubbio bellissima. Trascorrevano insieme ore piacevoli passeggiando, andando a teatro, a cavallo, e discutendo animatamente di qualsiasi argomento. Draco riusciva ad essere affascinante pur mantenendo un fermo distacco, e Astoria era stata più che felice di lasciarsi infilare al dito il costoso diamante che lui le aveva offerto in ginocchio. Al ritorno dalla passeggiata Astoria aveva insistito per avere una fotografia come perenne ricordo della gioia di quel momento, e lui non aveva potuto tirarsi indietro. Non in quel momento, non dopo aver già rinunciato a così tanto.
Dentro di sé, Draco bruciava. Sentiva le fiamme dell’inferno avvolgere il suo cuore e ridurlo in cenere. Avrebbe sposato quella donna per ciò che poteva offrirgli: famiglia, figli, normalità.
Per poter essere un Malfoy, un degno Malfoy, stava facendo violenza a se stesso. Capelli castani e setosi anziché neri e ingarbugliati; occhi color miele, e non smeraldo; fianchi morbidi e sinuosi invece che asciutti e muscolosi. Non sapeva come avrebbe potuto sentirsi ancora vivo senza le spinte possenti di quei fianchi, senza sentire il suo corpo fremere e piegarsi e adattarsi all’intrusione di un altro corpo, di quel corpo. E Astoria, con la sua pelle candida, così delicata, così fragile, avrebbe mai retto i suoi assalti? Avrebbe accettato che lui la mordesse, la stringesse, la prendesse con tutte le energie che aveva in corpo? Lo avrebbe accettato con tutti i suoi demoni?
Lord Draco Lucius Malfoy, che secondo la stampa era così lieto di annunciare il suo matrimonio, levò il bicchiere avanti a sé, e lo svuotò tutto d’un fiato.
Brindava al suo funerale.

*fine*

Nel caso ve lo steste chiedendo sì, questa storia era già stata pubblicata su un altro sito, ho deciso adesso di caricarla anche qui su EFP sperando che possa raggiungere più persone.
Mi raccomando, fatemi sapere cosa ne pensate!
 
   
 
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