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Autore: Violinlock    20/03/2017    1 recensioni
John Watson, 36 anni, ritorna dalla guerra e si confronta con la realtà.
Sherlock Holmes, 24 anni, cocainomane, si ritrova con i fondi bloccati e inizia a dedurre come professione, unendo l'utile al dilettevole.
Frase di Henning Mankell
Genere: Angst | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes, Victor Trevor
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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3.
Sei mesi dopo
Un freddo leggero irriga l'aria. Mi piace, ma non troppo.
Qualcuno sta rompendo un pezzo di water, vicino a dei rifiuti. Ci passo ora. Fanno puzza. Forse anche io faccio puzza, non mi lavo da giorni. Io e Sherlock siamo stati in un cottage molto distante dalla bella e pericolosa Londra. Non c'era niente, sembravamo dei primitivi. In effetti lo eravamo. Ma è stato bello. Diciamo. Siamo stati da soli, nel silenzio generale. Lo guardo e mi acciglio. “Hockey?” dico, guardando poi nuovamente di fronte a me. 
“Un caso” dice, senza neanche degnarmi di uno sguardo.
“Ow, fantastico!”
Il rumore delle macchine che passano riempie le mie orecchie, tutte con il loro quasi uguale suono. “Non essere accigliato perchè mi trasferisco. Io neanche ti conosco!”
Mi lancia un'occhiataccia. “Come sei arrivato a questa conclusione?” Non mi guarda. 
“Mi credi davvero così stupido e innocente?”
“No.”
“Be', in realtà lo sono. Ho provato a farti ridere, non pensavo fosse questo...” Un'ondata di consapevolezza mi avvampa. Non dico più niente, scordo pure le parole con cui dovevo chiudere il discorso.
“Tu non mi conosci? Tu mi conosci bene, John.” 

S
Ti ho dato anima e cuore. 
Lo vorrebbe dire. Ma non lo fa. Perchè dovrebbe? Non è bravo in queste cose, queste cose non sono brave per lui.
La sua mano cancella qualcosa di invisibile dal suo viso, pensieri che tiene al sicuro nel suo cuore. 
“Ma io non ti conosco così bene, o da tanto tempo. Certo, mi hai lasciato un qualcosa qui...” John si tocca appena il cuore prima di capire quello che sta facendo. Sembra sobbalzare, Sherlock inizia a correre.
Una macchina se ne sta andando. La sua cliente se ne sta andando. Via, via, lontano. Un taxi la porta via. Un taxi familiare per Sherlock. Non capisce perchè oggi sia così sentimentale.
John lo segue, sente i suoi passi sempre più vicini, mentre lui rallenta. Cerca di prendere sempre più fiato, mentre la cliente se ne sta sopra il marciapiede a guardarlo con un cipiglio scombussolato, curioso, indagatore. Sembra voler capire se ha davvero capito qualcosa. Sherlock si avvicina.
“Marie Monstard” dice, mentre lo guarda ancora accigliata. “Sono stanca, spero lei sia Sherlock.”
“Holmes. Abito al 221 B di Baker Street. La signora Hudson mi ha gentilmente detto che lei era venuta a farmi visita.”
“Sicuro sia io?”
Sherlock si acciglia. “No lo so” dice, mentre scioglie il suo sguardo preoccupato durato poco.
“Sono io” dice la signora, mentre gli porge la mano. A lui, a John, a tutti e due.

J
Notte fonda a Baker Street. Tutto molto tranquillo. Sherlock si è proposto di ospitare Marie, la nostra cliente, a casa. Lei è stata felice di non dover pagare un alloggio. In più dice di amare la compagnia. Io vorrei andare a letto, Sherlock l'ha già fatto, ma non posso lasciarla così, senza un po' di sana ospitalità, ed è ancora molto presto, credo siano le dieci. Fuori è buio. Giro lo sguardo dalla finestra a lei.
“Tutto a posto?” dico.
“Lei?”
Sembra sempre avere un'alone di mistero. Quando parla, quando guarda in questo suo modo interessato, quando sussurra la sua parola nella serata fresca.
“Mi trasferisco. Ho avviato uno studio medico che sta avendo successo.”
“Interessante.”
“Cosa?”
“Lei è triste.”
Io sospiro, espiro ed ispiro, i miei occhi diventano ghiacciati di lacrime, le ho sul bordo, ma non le faccio uscire. “Holmes mi sta molto a cuore.”
“Holmes?”
“Sherlock.”
Non dice niente di altro. Non so sei sia una fortuna o altro. 
Restiamo così per un pò, io che cerco di dire altro, ma non lo faccio, i miei pensieri rivolti a Sherlock. Delle volte è testardo, non molto empatico, saccente, ma è pur sempre mio amico. Mi sono affezionato a lui.

Succede tutto molto in fretta, a dire il vero. 
“Sono molto felice lei mi abbia seguito come uno stalker per sapere che cosa io le volevo dire.”
“Sicuramente si tratta di un caso, la signora Hudson mi ha detto di seguirla. Dice che le è sembrata molto frastornata.” 
“Io non dovrei essere qui.”
Lei si siede, Sherlock fa altrettanto. Io rimango un'attimo a guardarli e poi mi siedo altrettanto. 
“Una bomba. Penso che mia sorella deve qualcosa a qualcuno di poco raccomandabile e che le abbiano messo una bomba. Non so dove ella sia, né tanto meno so come contattarla, ha lasciato tutto a casa. Ho visto che mi guardava. Poi diceva di dover scappare. Sono rimasta confusa. Mi aveva fatto uno sguardo abbastanza curioso, uno di quelli strani che ci lanciamo noi per capirci al volo.”
“Io non le credo” sbotta subito Sherlock.
Lei lo squadra soltanto in silenzio. Umm. Forse dovrei dire qualcosa, ma non so cosa. Perchè lo guarda così?
“Ah, no?” dico io per spezzare il loro silenzio e il loro guardarsi. Forza, dite qualcosa.
“La prego di essere più specifica” dice lui, guardandomi poi in silenzio e aspettando così una sua risposta, dandole solo metà volto quasi. 
Lei non dice niente, lo fissa soltanto.
“Cosa ha guardato di lei sua sorella prima di andarsene?” dice lui.
Marie si tocca i capelli cortissimi, espirando e sospirando a bocca chiusa, a denti stretti, la mascella un po' più visibile, la faccia rivolta verso il basso di noi.
“Credo... Il mio giubbotto.”
“Sicura? Comunque sia, se  lei non lo è, lo sono io.”
“Su cosa?” domando, un po' irritato dal modo di Sherlock, dal suo fare saccente, dal suo dover fare attendere con impazienza Marie. E me. Lo penso, però. Che mi piace. Mi piace il suo modo. Lo trovo... Attraente. Mi contraddico.
“Lei. Ha. Una. Bomba. Addosso.”
Marie si tocca il cuore, un aria finta preoccupata ad incespicarsi sul suo volto. “Davvero?” Ride.
“Non voglio farla ridere” dice Sherlock.
Guardo subito dove si potrebbe collocare la possibile bomba, allora, incredulo. Guardo il suo impermeabile. 
“Lei lo sapeva?” sussurro, mentre guardo il volto della nostra ex cliente. È irritato.
Si alza, puntando entrambi.
Silenzio, al momento. 
Il mio cuore batte più velocemente, lo sento maggiormente nella mia cassa toracica, pulsa. Rimango con la bocca aperta, poi la chiudo, cercando lo sguardo di Sherlock, il suo conforto. Non voglio morire. 



   
 
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