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Autore: Jaqueline    22/03/2017    0 recensioni
Frank/Hazel/Leo | Raccolta | Ogni storia ha genere/avvertimenti diversi, in genere tutto fluff e tranquillo
1. A dangerous precedent: – Non parlare di Gea –, intima, la voce così grave da non sembrare neanche più la sua. Leo fa per parlare, ma Frank lo zittisce con lo sguardo. – È proprio quello il punto. Ti ricordi cosa hai fatto, contro Gea? Ti sei fatto esplodere e sei morto, Leo, morto!
[30 storie per un ot3, il Frazeleo]
Genere: Commedia, Fluff, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Frank Zhang, Hazel Levesque, Leo Valdez
Note: Raccolta | Avvertimenti: Threesome
Capitoli:
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Genere: comico, romantico, fluff???
Note: per l'ultima settimana del COW-T, prompt "simbologia della rosa", The Itten Challenge "San Valentino" e 30 Days of Ot3, "doing something sweet". Ci sono due citazioni ad altre fic, una è la mia (perché sono una bestia) che non c'è qua su EFP perché è in inglese, l'altra è una fic sugli Avengers divertentissima. Chi indovina vince gloria et onore.


 
.:Do I have to make a choice?:.

– Per chi sono i fiori?

Può immaginare Frank lanciargli un'occhiata stranita, ma non ha né il tempo né la voglia di girarsi a controllare, non se vuole finire il lavoro in tempo. In tempo per cosa, ormai, non è neanche più tanto importante - anche lo fosse, lui davvero non ricorda perché dovrebbe esserlo. Cerca a tentoni il cacciavite sul tavolo, senza lasciare andare la... la cosa con cui sta praticamente litigando da due giorni, ma non riesce a trovarlo; sbuffa, frustrato, e chiama con un cenno Buford.

– Puoi cercare il cacciavite? Forse è finito nella tazza del caffè, dovrebbe essere da qualche parte nella stanza.

Buford lo guarda confuso - per quanto possa risultarlo uno sgabello senziente.

– Un cacciavite –, gli spiega Leo, con ampi gesti delle mani; spera che non ci sia nulla di esplosivo in quello che ha in mano, altrimenti rischia seriamente di far saltare in aria l'intero bunker, – una specie di stecca di metallo con un'impugnatura di plastica e una punta a stella.

Buford annuisce - o meglio, muove la seduta in quello che sembra essere un cenno di assenso - e si allontana galoppando, alla ricerca dell'attrezzo perduto. Leo si domanda come faccia a sapere cosa sia una tazza di caffè e non cosa sia un cacciavite, considerando che abita in un'officina. Forse deve cominciare a mettere un freno alla sua dose giornaliera.

Mentre Buford scarrozza felicemente per la stanza, Leo si accorge di avere la tazza, ancora piena, davanti agli occhi. Ripesca il cacciavite maledetto, pulendolo alla bell'e meglio sulla camica già sudicia e fa per avvertire Buford: – L'ho trovato, smetti di girare per-

Viene interrotto dal rumore di mezza dozzina di aggeggi che crollano al suolo all'impatto col suo sgabello, che riemerge sferragliando, altamente irritato - forse Leo dovrebbe cominciare a preoccuparsi di star passando troppo tempo con le sue invenzioni, se riesce a capire le emozioni di una sedia.

– Per chi hai detto che erano i fiori? –, ripete, stavolta girandosi verso il suo interlocutore.

Frank lo ignora. – Da quanto non dormi? –, chiede invece, e Leo vorrebbe poter rispondere, davvero, ma non lo sa neanche lui.

– Quand'è che abbiamo passato quel pomeriggio a dormire davanti il camino? – domanda, tornando a prestare attenzione al suo lavoro e tentando di allentare una vite particolarmente cocciuta.

Franck strabuzza gli occhi. – È passata una settimana, Leo-

– Calma, stavo semplicemente facendo mente locale –, lo rassicura, cercando di ricordare. – Ok, il giorno dopo sono tornato al Campo, voi siete arrivati ieri sera... – fa velocemente il calcolo sulle dita, – dovrebbero essere poco meno di quaranta ore, minuto più, minuto meno.

Frank continua a fissarlo, senza dire nulla, il che comincia a farlo sentire a disagio. Leo tenta di cambiare argomento. – Insomma, i fiori? Hai trovato un'altra ragazza?

Frank sembra ritornare improvvisamente in se stesso, e si volta per guardare l'orologio, lasciando cadere la questione: – Sono per Hazel, oggi è San Valentino, le ho chiesto di incontrarci davanti l'arena alle dieci.

Le parole ci mettono qualche secondo ad assumere un senso nella sua mente, che reagisce nell'unico modo possibile dopo due giorni passati a lavorare non stop alimentato solamente da caffeina: va nel più totale e completo panico.

– Perché non sei passato a dirmelo prima?! – grida, schizzando in piedi, e quasi inciampa in Budord. Gli lancia un'occhiataccia e lui per tutta risposta si pianta nel punto in cui si trova, costringendo Leo ad evitarlo. – Faccio ancora in tempo a smontarti –, gli sibila, e Buford corre via terroirizzato a nascondersi dietro il cumulo di oggetti che ha fatto cadere prima.

Frank alza le mani, sballottando il bouquet che tiene in mano. – Siamo arrivati tardi, pensavo stessi dormendo! Non avrei mai potuto ipotizzare– si interrompe e scuote la testa, apparentemente deluso da se stesso – sai che ti dico, avrei dovuto aspettarmelo. Si può sapere almeno a cosa stai lavorando di così importante?

Leo fa per ribattere, irritato, ma si blocca con la bocca aperta e un dito ammonitore a mezz'aria; si gira verso il tavolo da lavoro, su cui giace sventrato qualche cosa di metallico, e prova a dare un senso a ciò che vede. – Dovrebbe essere un qualche tipo di robot da combattimento, ci stavo installando la lama di una falciatrice. – Leo rovescia l'aggeggio, così che possa reggersi sulle proprie... ruote, ora che ci fa caso, e si illumina. – È un roomba! Volevo migliorarlo così da fargli raggiungere i punti più difficili della cabina, ma credo di essermi perso per strada.

Frank ha ripreso a guardarlo come lo guarda di solito quando sta in piedi da troppo tempo e ciò che dice comincia a non avere più senso, e considerando che è proprio questo il caso, non se la sente neanche di dirgli qualcosa.

– Mancano venti minuti alle nove, giusto il tempo per farti una doccia veloce –, gli dice Frank, lanciando un'altra occhiata veloce all'ora. – Ti do metà dei miei fiori, non preoccuparti.

Ma Leo si sta già muovendo per il laboratorio, raccattando vari pezzi da pile sparse per il pavimento. – Ho un'idea migliore.

Frank ha lo sguardo di chi si sta trattenendo dal prenderlo e portarlo via di peso dall'officina - è una delle occhiate che gli viene rivolta più spesso -, ma lo lascia lavorare in pace per una decina di minuti, passandogli persino gli attrezzi e lamentandosi giusto quando gli chiede di prendergli il carbonato di sodio. Leo tenta di rassicurarlo dicendogli di non star costruendo nulla di troppo esplosivo, ma Frank non gli sembra comunque convinto.

Leo finisce di stringere le ultime viti e scatta in piedi, trascinandolo verso l'uscita. Passa a Frank la sua invenzione e tenta, inutilmente, di darsi una sistemata ai vestiti. Si pulisce le mani il più possibile sui pantaloni, usando il grasso residuo come gel. Ha quasi funzionato una volta, può quasi funzionare ancora.

Arrivano all'appuntamento con soli cinque minuti di ritardo e attirando pochissimi sguardi curiosi, quindi il piano di Leo sta praticamente filando liscio come l'olio. Frank individua Hazel vicino l'arena e la saluta, mentre Leo riprende possesso del suo macchinario e lo nasconde dietro la schiena con una mano. Hazel si apre in un sorriso alla vista dei fiori, ma lo perde quasi subito alla vista di Leo, spiegazzato e logoro e con un sorriso un po' da pazzo stampato sul viso.

– Leo, cosa hai-

– Ti spiego dopo, buon San Valentino! – dice, porgendole una stecca di metallo con una sorta di bocciolo sulla punta. Hazel se lo rigira tra le mani, incerta di cosa farci. Leo alza gli occhi al cielo e spinge un bottoncino che si trova su una delle estremità.

Immediatamente il bocciolo si apre, schiudendosi in due rose di metallo; dal centro di ognuna parte un piccolo fuoco artificiale giallo che esplode a fontana, lasciando una scia di colore sui petali di ferro. Leo è contento che non sia effettivamente esploso nulla.

Hazel fissa i fiori per qualche secondo, poi alza un sopracciglio nella direzione generale di Leo: – sai cosa vogliono dire le rose gialle nel linguaggio dei fiori?

– Che sono più originale di Frank che ti ha regalato quelle rosa? – scherza Leo, adocchiando il bouquet e l'espressione esterrefatta del suo ragazzo.

– No, simboleggiano gelosia, vergogna e l'amore che svanisce – interviene il suddetto, sforzandosi di trattenere un sorriso.

– E le rose in numero pari significano lutto – aggiunge Hazel.

Leo si volta verso Frank, che cerca di evitare il suo sguardo, tradito. – Tu non potevi dirmi qualcosa?

– Non avevo la più pallida idea di quello che stavi facendo, Leo.

Leo continua a guardare prima Frank e poi Hazel, incapace di formulare una risposta decente. L'unica cosa che riesce a dire, dopo qualche secondo è: – E allora qual è il significato di quelli di Frank?

Hazel prende il boquet in mano, ringraziando Frank per il pensiero e se lo avvicina al viso, per ispirare il profumo dei fiori.

– L'insieme delle rose rosa e quelle bianche significa “ti amo ancora e ti amerò per sempre” –, inizia Frank, lasciando cadere le braccia lungo i fianchi, ora che non ha più nulla da reggere. Un sorriso in egual parte tenero e imbarazzato gli illumina il viso.

– Quelle rosse sono il simbolo del vero amore –, conclude Hazel, scoccandogli un bacio sulla guancia, che fa arrossire Frank come un peperone.

– Ci rinuncio – sospira Leo, facendo per andarsene; Hazel lo afferra per un polso, costringendosi a voltarsi. Gli bacia la punta del naso, uno dei pochi punti del suo viso non sporchi di grasso o olio motore.

– Grazie del pensiero –, gli dice Hazel, trascinandolo verso i bagni, i fiori poggiati nell'incavo del gomito per non farli cadere. Leo riesce a vedere le sue rose gialle infilate al centro del bouquet, tra una rosa bianca e una rosa rosa chiaro; l'appuntamento all'arena sembra essere stato completamente dimenticato. – Nessuno mi aveva mai regalato rose meccaniche.

Leo si lascia portare via, il cervello che comincia a spegnersi ora che sa di aver adempiuto a tutti i suoi compiti. – Avevo pensato di regalarti il roomba, all'inizio – biascica, interrompendosi a metà frase per sbadigliare.

– Un cosa? – chiede lei, lo sguardo interrogativo.

– Un niente –, la rassicura Frank, mettendogli un braccio intorno le spalle, – non farci caso.

Leo poggia la testa sul suo tricipite e alza gli occhi al cielo. – Te lo faccio vedere dopo –, bisbiglia, inavvertitamente ad un volume abbastanza alto da farsi sentire anche da Frank. Hazel scoppia a ridere.

– Ricordami di non farti mai bere caffè dopo la mezzanotte.

– Signorsì – dice Leo, ridendo a sua volta, e li segue nel capanno dei bagni.

   
 
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