Capitolo XXI – Uomini traditi
Mentre
sentiva le labbra umide di Kakaroth premute con forza contro le sue,
Chichi pensò di non essere ancora del tutto pronta a ciò che di lì
a poco sarebbe sicuramente successo; eppure, la sua volontà non era
forte abbastanza da mettere a tacere il formicolio e le vibrazioni
che si stavano espandendo lungo il suo giovane corpo.
Fare
l’amore per la prima volta nella vita con un essere tanto
riprovevole sarebbe stata un’onta che la bella principessa non
avrebbe mai potuto cancellare, ma il suo cuore batteva all’impazzata
ogni qualvolta il suo famigerato protettore incrociava
con gli occhi lo sguardo riluttante di lei, e per quanto ella avesse
tentato per settimane di ignorare quello stupido muscolo, esso
tornava puntualmente
a tradirla e a farle ricordare di essere una donna prima ancora
che la sovrana di un regno
allo sbaraglio.
Ecco
perché, ormai avvinta da tutti i contraddittori dubbi che le si
stavano moltiplicando nell’anima, Chichi preferì non opporsi a
quel bacio per nulla casto che il guerriero le stava donando.
Aveva
un debole per lui; forse ne era addirittura innamorata.
E
se così fosse stato, avrebbe dovuto trovare il coraggio di
ammetterlo il prima possibile almeno con sé stessa.
Kakaroth
sembrava tutt’altro che intenzionato a lasciarsela scappare.
Si
mise sopra di lei, lasciandola di fatto sdraiata a letto, nella
stessa posizione in cui l’aveva trovata appena messo piede in
quella camera.
Era
da tempo che fantasticava su quella la notte, sulla notte in cui
finalmente avrebbe avuto la possibilità di far sua la bella
principessa di Furipan.
In
fondo, lui era pur sempre un uomo e non si potevano ignorare chissà
quanto a lungo certi bisogni.
Già.
Ma
perché si era fissato proprio con Chichi?
Fisicamente
era un tipetto interessante, certo; ma di belle ragazze in giro su
quel pianeta ce n’erano a bizzeffe. Da quando aveva conosciuto lei,
però, la mente di Kakaroth era stata completamente soggiogata da
quella giovane donna tanto forte e sfrontata.
La
ammirava, forse perché Chichi non aveva mai abbassato la testa di
fronte alle sue minacce e aveva dimostrato di avere una forza
spirituale forse addirittura maggiore della sua.
E
chissà quali altre doti nascoste nascondeva.
Kakaroth
non aveva mai fatto mistero di volerla fare sua e glielo aveva
dimostrato più volte baciandola; dal canto suo, Chichi non aveva mai
mostrato alcuna ritrosia nei confronti dei gesti impudici del suo
protettore. Il saiyan sapeva che la principessa non aveva
ancora concesso ad alcuno le sue grazie e il fatto che lui fosse il
primo lo eccitava ancora di più.
E
lo rendeva, chissà perché, orgoglioso.
Più
pensava alla verginità di Chichi e più il suo bacio diventava
passionale.
La
sua non era semplice necessità di fare sesso: no; il suo era un
bisogno sconsiderato di avere lei e di farglielo capire.
La
stretta alla quale Goku l’aveva avvinghiata non le avrebbe lasciato
alcuna via di scampo. Era come se quel saiyan temesse che lei potesse
sottrarsi a quell’amplesso venturo e volesse impedirglielo con
forza. Chichi non avrebbe avuto alcuna possibilità di fuggire o di
ribaltare quella posizione se il guerriero non glielo avesse
concesso; tuttavia, essere lì sotto di lui, a godere delle sue
sfrontate mani e di quel bacio così passionale le piaceva e, per una
volta in vita sua, si disse che avrebbe dovuto lasciare da parte la
razionalità e assecondare gli spasmi del suo cuore.
Ai
sensi di colpa, semmai fossero sopraggiunti, avrebbe pensato dopo.
Goku
baciava da dio, o forse le sembrava così perché quello era il suo
primo vero approccio intimo con un ragazzo. Non le stava facendo
alcun male, anzi pareva proprio che egli si stesse impegnando per
essere il più delicato possibile.
Delicato,
certo, ma al contempo determinato nel voler portare a termine quanto
iniziato.
Lei
ricambiò quel bacio come meglio poteva, senza però celare del tutto
la sua inesperienza.
Non
si oppose nemmeno quando le mani del saiyan andarono a lambire il suo
corpo, insinuandosi sotto i vestiti, tra le cavità più nascoste di
Chichi. Lei si muoveva di rimando, assecondando i gesti del guerriero
e semplificandogli la strada.
Le
piaceva, e ancor più si accorse che le piaceva partecipare a quel
gioco velatamente erotico avviato da Kakaroth. Anche lei iniziò a
toccarlo, prima timidamente portando le sue mani ancora incerte
attorno al collo del saiyan, poi lasciandole scivolare sempre più
giù, seguendo gli stessi movimenti che il guerriero disegnava sul
corpo fremente e caldo di lei.
Ebbe
un fremito incontrollato quando avvertì chiaramente le dita di Goku
insinuarsi tra gli slip, andando a stuzzicare la parte più intima e
femminile di lei. Se razionalmente la ragazza pensò che avrebbe
dovuto chiudere le gambe, l’istinto la portò a fare l’esatto
contrario, facilitando al saiyan la penetrazione con le dita. Chichi
ebbe un primo assaggio di quanto potesse essere profonda quella parte
di lei, quel luogo celato e quasi mistico che non ebbe mai il
coraggio di violare nemmeno con le sue stesse mani.
Il
gemito di piacere che uscì dalla sua bocca, ancora impegnata nel
caldo e passionale bacio di Kakaroth, fu colto dal saiyan come un
solerte invito a continuare e ad andare più a fondo.
Lo
fece, e penetrò di nuovo, e ancora, la principessa con le dita,
scoprendosi poi il membro avvolto dalla candida mano della ragazza.
Gli
abiti che entrambi ancora avevano addosso furono improvvisamente di
troppo e Kakaroth provvide subito a denudare prima la sua amante e
poi sé stesso, togliendo definitivamente l’ultima labile barriera
che ancora separava i loro corpi.
«Mi farai impazzire, Chichi, tu e la tua dannata bocca.»
«A me pare che tu sia già impazzit… Ah!»
La
stretta della principessa attorno al corpo di Goku si fece
immediatamente più forte quando ella percepì il membro del ragazzo
farsi strada tra le sue gambe, nel tentativo di insinuarsi più a
fondo che potesse.
Provò
dolore, ma nulla in confronto a quanto quel maledetto guerriero le
avesse fatto sentire durante i loro allenamenti. Si fece forza e
resistette, senza cercare di respingerlo.
Aveva
sopportato pene ben peggiori nella
sua vita
e non avrebbe certamente desistito di fronte al primo approccio
sessuale della sua giovinezza.
Gli
spasmi di dolore mutarono lentamente
in fitte di piacere a mano a mano che il saiyan riusciva ad andare
più a fondo.
Era
una bella sensazione, tutto sommato, molto meno traumatica di quanto
avesse immaginato. Muoversi
seguendo i ritmi e le spinte del saiyan le
sembrava quanto di più naturale ci fosse al mondo e, sebbene
fosse razionalmente assurdo, sentiva che in quel momento non avrebbe
voluto essere da nessun’altra parte.
Godette
e gemette fino alla fine, quando il saiyan si divincolò dalla
femminilità della ragazza e riversò sul corpo caldo ed eccitato di
lei il prodotto del suo piacere orgasmico.
Il
silenzio che seguì, interrotto soltanto dai respiri affannati dei
due amanti, non fu che l’adeguata cornice di un abbraccio sincero e
desiderato da entrambi.
Anche
se con estrema delicatezza, i due giovani continuarono ad
accarezzarsi vicendevolmente, godendo dell’inusuale sensazione di
appagamento provato.
Chichi
affondò il viso tra la spalla e la clavicola del saiyan, continuando
a elargire qualche piccolo bacio. Di tanto in tanto alzava gli occhi
verso il volto del ragazzo, meravigliandosi di quanto esso apparisse
ancora dannatamente bello e affascinante,
nonostante ella avesse già saziato il suo inconscio – o forse no –
desiderio di fare l’amore con il suo protettore.
Pensava
che, una volta fatto, la magnetica attrazione nei confronti di
Kakaroth si sarebbe spenta, o quanto meno affievolita; si scoprì,
invece, ancora più presa da lui.
Inutile
continuare a girarci attorno: si era innamorata.
***
«Giumaho, dobbiamo parlare.»
Mamanu
non avrebbe voluto arrivare a tanto, o, per lo meno, non avrebbe
voluto farlo così presto; ma ormai Chichi aveva scoperto tutto e di
sicuro non avrebbe retto il gioco della sua matrigna.
Quella
era stata in assoluto la giornata peggiore della sua vita e
ritrovarsi lì, in quella che per anni era stata la camera da letto
che condivideva con il marito, le dava una strana inquietudine.
O,
forse, erano semplicemente i sensi di colpa.
Da
quando Napa era uscito di corsa dal laboratorio per andare a parlare
con Bardack, nessun saiyan si era più preoccupato della loro
presenza. Era come se lei, Crilin, Giumaho e persino Condor e le
sfere del drago
avessero
immediatamente perso tutta la loro importanza.
Lei
stessa aveva incrociato l’energumeno saiyan d’élite un paio di
volte tra i corridoi, ma quell’uomo non aveva mostrato il benché
minimo interesse nei suoi confronti. Sembrava, anzi, che tutte le sue
priorità fossero improvvisamente cambiate.
Di
che cosa avevano parlato lui e Bardack?
E
che fine avevano fatto Vegeta e Kakaroth?
L’imprevisto
volgere degli eventi doveva aver spiazzato persino Napa; tuttavia
ella non capiva quale fosse esattamente la fonte della sua
preoccupazione. Quel guerriero non si era mai preoccupato più di
tanto dei movimenti del suo principe, né si era volutamente
invischiato nella questione delle sfere
del drago. Piuttosto,
egli si era limitato a reperire forza-lavoro e a dirigere i lavori di
ampliamento della città di Furipan. Pareva che lo sviluppo di quel
regno tutto sommato relativamente piccolo stesse a cuore a Napa ben
più del potere stesso. D’altra parte, per quel poco che aveva
avuto modo di conoscerlo, Mamanu aveva colto il timore reverenziale
del saiyan d’élite nei confronti di Vegeta ed era convinta del
fatto che egli non avrebbe mai ambito a un potere maggiore di quello
conferitogli dal suo stesso sovrano.
Viveva
e lavorava per compiacere Vegeta, punto.
Non
aveva altre mire o pretese.
Peccato,
però, che il suo adorato capo non lo avesse capito e che anzi avesse
sottovalutato parecchio cotanta reverenza. Napa pareva punto
nell’orgoglio, come un cucciolo tradito dal proprio padre e,
qualunque fosse la causa di quell’inconsueto stato d’animo,
Mamanu sperava proprio che quest’ultima non diventasse un’ulteriore
grosso problema.
«Di che cosa, mia cara?»
La
risposta di Giumaho riportò Mamanu alla realtà, accantonando
momentaneamente Napa.
Già,
di che cosa dovevano
parlare?
L’oggetto
in questione, in realtà, era un chi.
«Ascoltami,» disse la donna, chiudendosi la porta della camera alle spalle e sedendosi sulla sua poltroncina, «io… Io ho commesso diversi errori in queste ultime settimane. Non voglio tentare di giustificarmi e non lo farò, ma ci tengo a chiarire tutto il prima possibile, prima che sia qualcun altro a informarti.»
Lo
sguardo perplesso che Giumaho elargì a sua moglie, gelò la donna
all’istante. Come aveva immaginato, suo marito non aveva sospettato
nulla.
Dal
canto suo, lo stregone
del toro non sapeva
assolutamente come ribattere. Aveva sbagliato a isolarsi tra le mura
della sua stanza per tutto quel
tempo senza mai tentare di aiutare la sua famiglia a risolvere i vari
problemi. Era stato un vigliacco, al contrario di Chichi e Mamanu
che, magari commettendo
errori, avevano comunque
guardato in faccia la realtà e affrontato i malvagi
nei limiti delle loro
possibilità.
Che
cosa poteva aver combinato Mamanu di tanto grave?
Che
in qualche modo avesse favorito l’ascesa degli invasori?
Se
anche fosse stato così, Giumaho sapeva perfettamente che quella
donna, da sola, non avrebbe potuto far nulla per impedire una cosa
del genere.
«Non tormentarti in questo modo, mia cara. Leggo tanta angoscia nel tuo sguardo ma, qualunque cosa sia successa, ti aiuterò a venirne fuori.»
«No, Giumaho, tu non puoi proprio fare niente, a parte iniziare a odiarmi come già fa Chichi.»
L’uomo
si incupì ulteriormente.
Perché
sua moglie era arrivata a pensare una cosa del genere?
Lui
non aveva mai odiato nessuno in vita sua e, nel profondo del suo
cuore, sapeva che neanche sua figlia era capace di provare un simile
sentimento. Mamanu doveva essere davvero scossa se era era giunta a
una simile conclusione, ma la cosa che lo impensieriva di più era
che evidentemente Chichi gliene aveva dato modo.
«È successo qualcosa con mia figlia? Avete discusso?»
«Oh, no, ti prego... Non mettere in mezzo la principessa! Lei non c’entra niente. L’unica colpevole sono io. È di me che dobbiamo parlare. Di me e… di noi due. Il nostro matrimonio non funziona, Giumaho. Non ha mai funzionato. Anche se abbiamo sempre fatto finta di niente, sappiamo benissimo entrambi che...»
Il
pianto dirotto in cui Mamanu si lasciò andare interruppe un
argomento
per lei fin troppo duro da affrontare. In vita sua non aveva mai
avuto il coraggio di ammettere ciò che ora stava sentenziando, né
aveva mai lasciato che dalla sua bocca uscissero discorsi
compromettenti come se fossero
un fiume in piena.
Ma
non poteva permettersi di continuare a mentire e, soprattutto, di
ignorare quelle che erano le sue pulsioni. Lei era innamorata…
Innamorata,
accidenti! Bardack le aveva completamente stravolto l’esistenza e
Mamanu non voleva assolutamente rischiare di mandare all’aria
l’unico vera relazione sentimentale che l’avesse mai vista
coinvolta.
Poco
contava che magari al generale non importasse niente di lei: avrebbe
comunque corso il rischio di sentirselo dire e di mandare all’aria
sia la tresca con Bardack che il matrimonio con Giumaho, pur di
riuscire a liberarsi dei ruoli impostigli dalla società e di vivere
secondo le sue libere scelte.
«Sappiamo benissimo entrambi,» riprese, «che tra noi non c’è niente di più che una sincera stima reciproca e dell’affetto. Tu mi hai dato tutto, Giumaho, e nei miei riguardi ti sei sempre comportato da vero gentiluomo; ma io non ti amo, non ti ho mai amato. L’ho capito quando i malvagi – come ancora li chiami tu – sono giunti qui a Furipan. E io… Io ti ho tradito.»
«Tu… cosa!?»
In
quel momento fu come se il mondo gli fosse crollato addosso.
Lo
stregone del toro
venne colpito da una sorta di fulmine a ciel sereno, ma ben
più doloroso e beffardo. Se l’era cercata, in fondo. Aveva
lasciato sua moglie e il suo regno in balia di un gruppetto ben
assortito di depravati venuti da chissà quale parte dell’Universo
per rinchiudersi a meditare fra quattro stupide mura,
sperando che Baba tornasse a risolvere i suoi
problemi.
E
intanto aveva costretto Mamanu e Chichi ad affrontarli da sole,
rifiutandosi di dar loro una mano.
La
sua consorte aveva già provato una volta a parlare con lui, nel
tentativo di fargli assumere le proprie responsabilità; aveva anche
accennato a un rapporto ambiguo tra Chichi e Son Goku. Tuttavia, ella
si era ben guardata dal dirgli che nel frattempo stava intrattenendo
una relazione clandestina con qualcuno.
Con
chi, poi?
Si
era forse invaghita di un suddito del regno?
Giumaho
sapeva che erano molti gli uomini spudorati che in un passato più o
meno recente avevano fatto la corte alla sua affascinante moglie. Mai
prima di allora, però, ella aveva ceduto.
E
se invece Mamanu si fosse invaghita di uno dei guerrieri partecipanti
al torneo di arti marziali?
Da
quel che ne sapeva lui, erano rimasti tutti, o quasi, a Furipan dopo
l’arrivo dei malvagi.
«Moglie mia, vuoi dire che tu… tu...»
«Sì, Giumaho. Ho una relazione con un altro uomo.»
Il
silenzio che seguì venne interrotto solamente da un appena
sussurrato mi dispiace
da parte di Mamanu. Ella sperava che lui le chiedesse chi fosse il
suo amante, ma il marito pareva fin troppo sotto shock da poter
continuare quella conversazione.
Non
se lo aspettava.
Giumaho
non aveva mai dubitato della fedeltà di sua moglie e,
purtroppo, aveva fatto male.
L’uomo
cercò di ricomporsi, di trattenere le lacrime che gli stavano
gonfiando gli occhi.
Non
poteva avere una crisi in quel momento, non dopo che sua moglie aveva
dimostrato di essere molto meno vile e codarda di lui. Perché, tutto
sommato, almeno lei aveva avuto il coraggio di confessare e di
assumersi le proprie colpe con il rischio di una ritorsione.
«Ho capito, Mamanu. Quanto è importante per te questa persona?»
Ecco,
quella era proprio la reazione che la donna non avrebbe voluto.
Compassione.
La
meritava?
Certo
che no; ma pareva proprio che Giumaho non avesse intenzione di
perdere le staffe nemmeno dopo aver scoperto il tradimento da parte
sua.
«Sì, lo è. Credo… credo di essermi innamorata di lui,» ammise senza mezzi termini, mantenendo però lo sguardo basso.
«Oh.»
«Mi dispiace, non sono stata abbastanza forte da resistere.»
Lo
stregone del toro si
alzò dal letto e si diresse verso la finestra, dando le spalle alla
consorte.
In
realtà, lui non aveva mai immaginato che Mamanu si sentisse
costretta a stare con lui e che addirittura lei non lo avesse mai
amato. Come le era passato per la testa, poi, che per lui fosse la
stessa cosa? Giumaho era totalmente devoto a sua moglie e l’amava
con tutto sé stesso. Non le aveva mai fatto mancare niente, l’aveva
trattata come e meglio di una regina, l’aveva sempre lasciata
libera di coltivare le sue passioni.
Certo,
il rapporto con Chichi era pessimo; lo era sempre stato.
Nonostante
i suoi tentativi di mettere un freno all’astio che sua figlia
provava nei riguardi della matrigna, Giumaho non era mai riuscito a
far avvicinare realmente le due donne e, davvero, di ciò non si
capacitava affatto.
La
principessa aveva sempre avuto un carattere molto forte – acuito,
probabilmente, dal senso di responsabilità che ella sentiva gravare
sulle proprie spalle in quanto erede del regno di Furipan – ma con
nessuno mai aveva intrattenuto rapporti tanto poco civili come con
Mamanu. Egli sapeva che a sua moglie era sempre pesata molto questa
situazione e che il fatto di non essere accettata da Chichi le
creava disagio e sconforto.
Possibile
però che a Mamanu desse
noia a tal punto da
finire, poco a poco, col rifiutare persino suo marito e
da credere di non averlo mai amato?
Perché,
ne era convinto, ella aveva mentito sui suoi veri sentimenti.
«D’accordo Mamanu,» proferì in tono rassegnato, ormai incapace di trattenere le sue timide lacrime, «io credo che tutta questa situazione ti abbia sconvolta, e probabilmente adesso sei molto confusa.»
«No, Giumaho, accidenti! Non c’entra niente la confusione.»
«Ti prego, mia cara, lasciami finire. Voglio dire che, dato che ci troviamo in una situazione d’emergenza e che io non mi sono assunto le mie responsabilità per tutto ciò, è normale che tu ti senta delusa e che credi che la soluzione migliore sia trovare conforto tra le braccia di un altro uomo; ma, ne sono sicuro, quando tutto si sistemerà e i malvagi saranno tornati sul loro pianeta, troveremo di nuovo il nostro equilibrio.»
Mamanu
avrebbe voluto urlare.
No,
Giumaho non aveva capito niente.
O
non voleva rassegnarsi all’evidenza.
Il
loro matrimonio non stava attraversando semplicemente una crisi
passeggera: la verità era
che lei in quell’unione contrattuale si era sempre sentita
prigioniera. Mai avrebbe potuto negare quanto rispetto il marito le
avesse portato, ma lei non aveva mai scelto di sposarlo e sebbene lui
non le avesse mai fatto mancare nulla, Mamanu non avrebbe mai potuto
definire felice la
loro unione.
Per
lo meno, dal suo punto di vista.
Forse
era stata troppo insensibile nel pensare che anche per lui potesse
essere la stessa cosa, ma in ogni caso, un matrimonio in cui l’amore
fosse a senso unico non avrebbe comunque potuto funzionare.
E
poi… Perché mai i malvagi
sarebbero dovuti
tornare sul loro pianeta?
Da
quel poco che aveva intuito – ed era certo di averci visto giusto –
sia Kakaroth che Vegeta stavano seriamente prendendo in
considerazione l’ipotesi di stabilirsi sulla Terra.
Certo,
Mamanu non poteva assolutamente essere sicura del fatto che Bardack
avrebbe fatto lo stesso – d’altra parte, ancora non sapeva se lei
fosse una motivazione sufficientemente forte per prendere una simile
decisione – ma era molto probabile che, alla fine, egli avrebbe
seguito suo figlio e il
principe.
Sempre
ammesso che quei due maledetti ragazzi non si ammazzassero tra di
loro.
«Giumaho, tu – ahimé – non hai la più pallida idea di come e quanto siano cambiate le cose in queste ultime settimane. Non basterà l’eventuale partenza dei malvagi per rimettere tutto a posto perché ormai ho la certezza di non voler più rivestire il ruolo di tua consorte e perché, a essere sincera, nutro parecchi dubbi sul fatto che i saiyan se ne andranno via da Furipan tanto presto.»
«Perché devi dire queste cose, Mamanu? Mi dispiace, ma non ci credo. Non riesco davvero a pensare che da un momento all’altro tu ti sia resa conto di non amarmi più. Non sono cose che si scoprono dall’oggi al domani, queste; e tu sei una donna abbastanza intelligente da capire che non mi farò abbindolare da simili scuse. È solo un periodo, Mamanu, un brutto ma passeggero periodo. Passerà, vedrai.»
Nel
dire ciò, Giumaho si era di nuovo voltato verso la moglie e le aveva
stretto con dolcezza le mani.
Ella,
dal canto suo, accennò un no
con la testa, ormai incapace di trattenere il secondo
pianto.
Suo
marito l’amava più di quanto si aspettasse e
lei non aveva alcuna intenzione di rinunciare a Bardack.
***
«Preferisci del pollo arrosto o una bella braciola di maiale?»
«Co… Come?»
«Dicevo, Yamcha, che cosa ti piacerebbe mangiare? Pollo o maiale?»
«Ah, certo, mi scusi signora Brief. Be’, ecco… prepari pure ciò vuole lei, per me è indifferente.»
L’allievo
di Muten era decisamente sovrappensiero.
Aveva
seguito il consiglio di Chichi e si era precipitato verso la Capsule
Corporation sperando di riuscire a intercettare Bulma, ma purtroppo
era arrivato tardi.
La
sua fidanzata, a detta della sua strampalata madre, se n’era già
andata da un pezzo con il suo bell’elicottero in compagnia di due
baldi giovani a lei totalmente sconosciuti.
Per
la verità, la gentile signora ci aveva tenuto a precisare che uno
dei due uomini era abbastanza maturo, ma comunque rimaneva pur sempre
un gran bel vedere.
Non
si trattava di Napa, insomma.
Yamcha
ci mise poco a capire che i due tizi in questione non erano altri che
Vegeta e Bardack; ciò che lo impensieriva era il fatto che Bulma
fosse stata costretta a seguirli chissà dove.
La
madre della scienziata non aveva saputo dire molto di più e il
dottor Brief nemmeno si era accorto del secondo uomo.
Il
generale, evidentemente, doveva essere giunto lì dopo il principe.
Nonostante
i vari tentativi di telefonare alla sua fidanzata, ella non aveva mai
risposto.
L’allievo
di Muten era seriamente preoccupato per lei ma non aveva davvero idea
di come fare per riuscire a trovarla.
«Eccoti qua il pollo, ragazzo.»
«Ah, grazie mille, signora.»
Il
giovane prese a giocare con la forchetta, ingurgitando qualche
boccone di tanto in tanto, solo per non fare brutta figura con i
genitori di Bulma; ma la verità era che il suo stomaco era quasi
completamente chiuso.
La
preoccupazione lo stava divorando.
A
impensierirlo di più, tra l’altro, era il fatto che non sapeva
fino a che punto Bulma fosse stata
consenziente nel seguire il principe dei saiyan. C’era qualcosa di
strano nella sua fidanzata, qualcosa che a lui non tornava. Egli
ricordava benissimo quanto lei lo avesse trattato male la sera in cui
si intrufolò nel castello di Furipan. Lo aveva accusato di essere un
vigliacco e temeva che il suo gesto sconsiderato potesse metterla nei
guai. Nei suoi occhi c’erano astio e insolenza.
Lui
e Bulma avevano litigato parecchio negli ultimi tempi e sicuramente
le colpe dei loro diverbi potevano equamente essere divise tra loro;
però mai Yamcha aveva dubitato del fatto che la sua fidanzata stesse
seriamente rivalutando il loro rapporto.
Mai,
fino a quando si era reso conto che dovunque fosse Bulma c’era
anche Vegeta.
«Yamcha, ti vedo pensieroso. Va tutto bene?»
Il
ragazzo alzò gli occhi verso la sorridentissima signora Brief.
Quella
donna si
comportava come se vivesse in un mondo parallelo.
«Be’, non proprio, direi. Non sappiamo che fine abbia fatto Bulma e se si trovi ancora in compagnia di quei brutti ceffi. E poi, be’… Hanno anche preso il radar cerca sfere, quindi...»
«Oh, secondo me ti stai preoccupando troppo. Quei due ragazzi non mi hanno fatto per nulla una brutta impressione, sai?»
Yamcha
sospirò, non nascondendo un certo disappunto.
Con
la coda dell’occhio osservò il dottor Brief mentre sorseggiava una
tazza di camomilla.
Il
padre di Bulma era evidentemente preoccupato.
Non
aveva detto una parola da quando si erano messi a tavola ed era molto
probabile che nella sua testa stesse già pensando a un modo per
aiutare lui e la figlia.
«Quel radar funziona davvero?»
Alla domanda del giovane, lo scienziato sollevò la testa e alzò per un attimo gli occhi al cielo.
«Sì, ahimé.»
«E non c’è nulla che si possa fare per disattivarlo a distanza?»
«Ci ho provato, ma il processo è molto lungo, e credo che ormai sia troppo tardi. Bisogna solo sperare che quel tipo non ne faccia un cattivo uso.»
«Questo è impossibile, mi creda.»
«In ogni caso, potrei lavorare a un sistema per localizzare il radar e trovare Bulma.»
A quella rivelazione, gli occhi di Yamcha si illuminarono.
«Crede davvero che sarebbe possibile?»
«Sì. E se magari ti andasse di darmi una mano, forse potremmo farcela entro domani mattina.»
CONTINUA
Angolo dell’autrice
Di
nuovo, salve a tutti!
Ho
finalmente terminato questo capitolo in cui Goku e Chichi sono stati
i protagonisti quasi assoluti. Spero che la loro prima volta vi sia
piaciuta! So di aver temporeggiato parecchio, ma d’altra parte loro
sono i protagonisti e meritavano un po’ di suspance. Il titolo del
capitolo, però, è dedicato agli altri personaggi che compaiono:
pian piano, i tradimenti stanno venendo a galla; Mamanu lo ha
confessato, Yamcha lo sta intuendo. A proposito di Mamanu, che ve ne
pare della reazione di Giumaho? Come sempre, ho cercato di dare molta
importanza alla caratterizzazione dei personaggi e all’introspezione,
e dato che lo stregone del toro è sempre stato in disparte
fino a questo momento, ho pensato di sviscerare per bene anche nella
sua mente. Spero proprio che vi piaccia il risultato finale!
Come
sempre, vi ringrazio per aver dedicato un po’ di tempo alla lettura
del capitolo e mando un bacione a chi sarà così gentile da voler
recensire.
A
presto!
9dolina0