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Autore: nymeria214    25/03/2017    2 recensioni
[Tarjei/Henrik]
Lo dicevano tutti che loro due sembravano troppo reali, che chiunque li guardasse non riuscisse a distinguere la finzione dalla realtà, che i baci che si scambiavano, le carezze, gli sguardi, i sentimenti non si possono fingere in quel modo, che non potevano essere di scena.
Avevano tutti ragione.
[titolo tratto da FOOLS - Troye Sivan]
Genere: Fluff, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Click, the last puzzle’s piece falls in its place


Aveva passato le ultime due ore camminando per casa, passandosi convulsamente la mano fra i capelli e inciampando di continuo negli scatoloni che si trovavano ancora in mezzo al corridoio, nonostante abitasse in quell’appartamento da quasi un mese ormai e si ripetesse ogni giorno che il giorno successivo avrebbe finalmente concluso il trasloco.

Dopo essersi quasi rotto l’osso del collo contro lo spigolo del comodino per la terza volta, Henrik decise che poteva bastare. Aveva bisogno di rilassarsi velocemente, e conosceva due modi per farlo: il primo necessitava di un’altra persona, e nonostante ciò che pensasse la maggior parte della gente non aveva una ragazza (o un ragazzo) fra le lenzuola ogni volta che aveva voglia di sciogliere i nervi, e il secondo …

Aprì il cassetto del comodino malefico e tirò fuori una delle canne già rollate che nascondeva quando sua madre veniva a fare visita, poi si distese sul letto ancora disfatto e l’accese, lasciando che il fumo gli riempisse i polmoni e gli svuotasse la mente almeno per un po’.

Era nervoso e l’ansia lo stava logorando dall’interno, il perché però non riusciva ben ad afferrarlo, soprattutto adesso che la sua mente era quantomeno annebbiata. L’audizione era andata alla grande: Julie gli aveva fatto provare un paio di scene scritte appositamente per l’audizione, e fortunatamente non l’avevano interrotto nel bel mezzo di un monologo come il solito cliché del barista che sogna Hollywood e viene scartato anche per i ruoli più patetici, nonostante dovesse ammettere che le circostanze erano molto simili. Inoltre, le produttrici erano comprensive e brillanti, il cast era formato da ragazzi simpatici e rilassati, gente con cui ci avrebbe messo poco ad andare d’accordo.

E poi, ovviamente, c’era Tarjei. Aveva guardato le prime due stagioni di Skam, e quando il giorno prima quell’uragano dai riccioli biondi lo aveva letteralmente travolto era già abbastanza sicuro di averlo riconosciuto, ma solo quando lo aveva rivisto quella mattina i suoi dubbi erano stati chiariti.

Tarjei sembrava un angelo, a tratti più piccolo della sua età e altri molto più grande, il viso innocente che pareva comunque avere qualcosa di malizioso a celarsi dietro gli occhi verdi e quel benedettissimo labbro superiore: Henrik avrebbe voluto stringerlo fra le braccia e proteggerlo dal mondo intero, baciare quel labbro fino a scordarsi di aver bisogno di respirare. Poi, si era ricordato che non è normale avere certi pensieri su qualcuno appena incontrato, e per placare il bisogno di toccare aveva chiesto e ottenuto il permesso di tenergli la mano, fino a quando avevano fatto tornare Tarjei a sedere, lasciandogli la mano più fredda e più vuota di come l’aveva trovata.

Era come se … come se un legame astratto lo collegasse a quell’angelo, come se qualcuno lo spingesse inesorabilmente verso di lui, e quando le loro mani si erano toccate … click, come un ingranaggio che viene montato esattamente al suo posto e con un suono secco e deciso mette in moto l’intera macchina. Ecco! Ecco perché era nervoso e ansioso e si stava letteralmente cagando in mano: l’idea di non poter rivedere ancora quel ragazzo lo terrorizzava tanto da mandare tutto il suo organismo in crisi.

Henrik rise di quanto quei pensieri fossero ridicoli e deliranti e si stropicciò gli occhi, spegnendo la canna ormai finita nel posacenere sul comodino. Era solo ansioso di ricevere un lavoro decente e che gli piacesse realmente per poter dimostrare a sua madre che poteva benissimo cavarsela da solo, ecco tutto.

Stava ancora fissando il soffitto quando il suo telefono squillò, e improvvisamente la tensione lo assalì di nuovo e il cuore iniziò a battere tanto forte e veloce che aveva paura che fra qualche secondo avrebbe dovuto raccoglierlo dal pavimento. Si mise seduto e iniziò a cercare freneticamente il cellulare sotto le lenzuola, imprecando un paio di volte e facendo un breve sospiro di sollievo prima di rispondere dopo averlo trovato sotto il letto.

“Pronto?”

“Henrik Holm?”

“Sì?”

“Sono Mari Magnus, web editor e co-produttrice di Skam, lieta di comunicarti che sei stato scelto per il ruolo di Even.”

-

Il ristorante era particolarmente affollato, inusuale alle tre del pomeriggio, anche per un sabato.

Varcando la porta, Henrik venne accolto dai camerieri e ricambiò i saluti con più entusiasmo del solito, guadagnandosi qualche sorriso in più e delle pacche sulla spalla. Sfilatosi il cappotto, esaminò il locale con gli occhi, per poi sorridere alla vista di suo fratello Mathias, appollaiato su una poltrona in un angolo della stanza con un libro di scienze in grembo e l’espressione più annoiata del secolo, che si trasformò in un enorme sorriso quando incontrò gli occhi di Henrik attraverso la stanza.

Il ragazzo aggirò il grande tavolo colmo di gente, alla quale augurò un buon pranzo sentendo quasi di star camminando sulle nuvole, e riuscì finalmente a raggiungere Mathias, che quasi gli saltò addosso, la verifica del giorno dopo velocemente dimenticata.

“Fratello, salvami!”

Il maggiore rise, ricambiando la stretta e posandogli un bacio fra i capelli biondi.

“Dai compiti di scienze?”

“Dall’istinto suicida.”

“Esagerato come sempre.”

Henrik sciolse l’abbraccio, gli scompigliò i capelli ridendo alle sue proteste e si mise comodo sulla poltrona accanto a quella di Mathias, che aveva ripreso la sua precedente posizione. Meno il libro, ovviamente.

Il più piccolo lo guardò per qualche secondo, prima di alzare le sopracciglia in una muta domanda: ‘allora?’. Henrik ricambiò con il medesimo gesto e poi si sciolse in uno dei suoi sorrisi che gli impedivano di tenere gli occhi aperti e lo sguardo di suo fratello si illuminò. Henrik poté notare il chiaro sforzo che stava facendo per non mettersi ad urlare di fronte ai clienti di sua madre.

“Mio fratello è un fottutissimo attore!”

“Linguaggio!”

“Oh ma va a quel paese tu e il linguaggio! Ti hanno preso nella serie tv più famosa del paese e tutto ciò che sai dire è ‘linguaggio’?”

Henrik scoppiò a ridere al tentativo di suo fratello di imitare la sua voce, troppo profonda per la sua acuta da quattordicenne, ma smise quando i suoi occhi incontrarono quelli di sua madre, che si avvicinava a loro distribuendo sorrisi caldi come biscotti appena sfornati.

“Quindi mio figlio è un ‘fottutissimo attore’?”

Mathias ricevette uno scappellotto ed Henrik dovette mordersi il labbro per non scoppiargli a ridere in faccia.

“Eh.”

Siv aggrottò le sopracciglia e nella mente si schiaffeggiò da solo, urlando al suo cervello di tornare velocemente a funzionare. Pensandoci, fumarsi una canna prima di andare al ristorante di sua madre non era stata proprio l’idea migliore della settimana. Guardò suo fratello in cerca di sostegno, ma tutto ciò che ottenne fu un alzata di spalle e uno sguardo divertito, prima di essere travolto dall’abbraccio di sua madre.

Più confuso che mai si alzò in piedi per evitarle una posizione scomoda e ricambiò l’abbraccio ancora titubante, per poi sciogliersi del tutto alle parole che sua madre sussurrò contro il suo petto.

Sono così fiera di te.”

La strinse tanto forte da avere paura di spezzarla a metà e rise con lei quando la sollevò da terra. Quando allentò la presa per riuscire a guardarla in viso, si accorse che avevano entrambi gli occhi lucidi. Siv gli accarezzò i capelli, l’espressione più dolce e orgogliosa che gli avesse mai visto fare a illuminarle il viso stanco per il troppo lavoro. La sua mamma non era mai stata tanto bella.

“Ti voglio bene tesoro, così tanto bene.”

“Anche io mamma.”

Passarono la successiva mezz’ora attorno ad una tazza di tè, Henrik che raccontava per filo e per segno l’audizione alle due persone più importanti della sua vita, venendo interrotto di tanto in tanto dalle risate di Mathias e i commenti di sua madre. Raccontò tutto, tranne della sensazione di calore che gli aveva riempito lo stomaco. Alla fine, abbracciò entrambi e recuperò il cappotto, dicendo che aveva ancora una cosa da fare.

“Dove stai andando?”

“A licenziarmi.”

-

Gli mancava un pezzo.

Lo sentiva esattamente al centro dello sterno, come se avesse appena perso il pezzo di un puzzle che era completo. Anzi, come se si fosse appena accorto che al suo puzzle apparentemente completo era sempre mancato un pezzo.

“Tarjei?”

La voce di Marlon lo tirò brutalmente fuori dal limbo di pensieri in cui si era momentaneamente rinchiuso, alla ricerca di ciò che gli aveva fatto rendere conto del vuoto al centro del suo petto. In realtà, più che aver perso qualcosa, Tarjei pensava che il vuoto si era formato per far spazio a qualcosa di nuovo, e adesso era lì e aspettava che quel qualcosa tornasse per colmarlo nuovamente.

Doveva avere uno sguardo davvero allarmante, perché le chiacchiere attorno al tavolo andarono man mano affievolendosi fino a quando tutti gli occhi furono puntati su di lui, tutti, chi più chi meno, preoccupati e curiosi.

“Tarjei?”

“Oh, ehm … sì?”

“Che hai amico?”

“Io … sono stanco, sì, non ho dormito molto stanotte.”

David non sembrò molto convinto della risposta del suo amico, ma fortunatamente Iman distolse l’attenzione da lui. Almeno così pensò per una frazione di secondo, prima di ucciderla mentalmente in almeno dieci modi diversi.

“Carino quell’Henrik, eh?”

Tarjei la fulminò con gli occhi ma lei ricambiò con un ghigno eloquente, e il ragazzo vacillò.

“Carino? Quel ragazzo è praticamente un modello di ventun’anni, persino bello è riduttivo.”

Tutti annuirono alle parole di Josephine, e Tarjei si morse l’interno della guancia per impedire a sé stesso di vomitare tutte le parole che gli erano venute in mente quando aveva visto il ragazzo quella mattina; in confronto a quelle, qualsiasi cosa sarebbe stata riduttiva.

“Sono l’unico che avrebbe voluto scomparire quando Julie ha fatto avvicinare Tarjei?”

Il diretto interessato guardò Sasha con un sopracciglio alzato mentre gli altri si esprimevano in versi di approvazione. Il ragazzo di colore fece spallucce.

“Scusami amico, ma mi sembrava di essere … non so, nel bel mezzo di un momento privato, tipo quando vedi una coppia baciarsi sul tram.”

“Esatto, la chimica fra voi era qualcosa di assurdo, e quando vi siete toccati è stato …”

Ulrikke si guardò in torno, alla ricerca di qualcuno che le suggerisse la parola giusta, e improvvisamente David schioccò le dita.

Click! L’ultimo pezzo del puzzle che va al suo posto.”

L’ultimo pezzo del puzzle che va al suo posto.

Tarjei, che non aveva fatto altro che arrossire sempre di più, spalancò gli occhi e tutto l’ossigeno contenuto nei suoi polmoni sembrò abbandonarlo, come se avesse appena ricevuto un pugno nello stomaco. L’ultimo pezzo del puzzle che va al suo posto.

Tuttavia, nessuno sembrò accorgersi di lui, tutti troppo impegnati a sussurrare eccitati alla vista di qualcuno che era appena entrato nel bar. Lisa gli picchiettò sul braccio e riprese fiato, solo per perderlo l’attimo stesso in cui si voltò.

Henrik, cappotto ancora addosso e sorriso disarmante, stava parlando con la ragazza al bancone. Lei prima spalancò la bocca, poi sorrise e gli fece segno di raggiungerla dall’altra parte, dove gli buttò le braccia al collo in un abbraccio, e Tarjei ignorò il motivo del senso di fastidio che provava all’altezza dello stomaco. Quando la ragazza si decise (finalmente) a mollarlo, un uomo che riconobbe come il proprietario emerse dalla cucina, scambiò un paio di parole con Henrik e alla fine sorrise, gli diede una pacca sulla spalla e tornò sul retro.

“Non ci ha visto, sta per andarsene.”

Marlon alzò un braccio per farsi notare da Henrik, che si fermò a metà strada verso la porta e si aprì in un enorme sorriso nel vederli tutti insieme. Il ragazzo si spogliò del cappotto e Tarjei riprovò la stessa eccitazione mista ad ansia di quella mattina mentre lo vedeva avvicinarsi sempre di più.

“Ehi!”

“Ehi, che ci fai qui?”

“Mi sono appena licenziato.”

Il ragazzo rise alle loro espressioni perplesse e prese una sedia libera dal tavolo affianco, sistemandosi esattamente accanto a Tarjei. Il ragazzo deglutì, ma si rilassò completamente quando Henrik cercò il suo sguardo e gli sorrise, come per salutarlo privatamente. Gli parve e gli piacque pensare che quel sorriso fosse diverso da quello che aveva offerto agli altri.

“Sei un uomo libero, quindi.”

“Nah, credo di essere bloccato con voi per un bel po’ di tempo da adesso in poi.”

Quando le parole furono totalmente comprese da tutti, il tavolo esplose in versi di gioia, complimenti e pacche sulle spalle, e le ragazze riuscirono anche a togliersi lo sfizio di abbracciarlo, anche sa da adesso in poi avrebbero avuto moltissimo tempo per includerlo nella loro “grande famiglia arcobaleno”, come Carl l’aveva rinominata.

Tarjei rilasciò del fiato che non sapeva di star trattenendo, e lo abbracciò per ultimo, nonostante fosse quello seduto più vicino, annegando nel suo profumo e respirandolo a pieni polmoni.

Click, l’ultimo pezzo del puzzle che va al suo posto.

   
 
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