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Autore: Sole Walker    25/03/2017    1 recensioni
Francesca Evans ha 16 anni e vive a New York quando si ritrova catapultata in una realtà nuova. Il suo mondo viene stravolto in un' età già delicata di per sé... Lei non avrebbe mai potuto immaginare di essere una semidea, non ha nessuno che puó aiutarla e così lo scopre da sola di colpo.
É fuori per ben quattro anni dalla regola dei riconoscimenti promessa alla fine della guerra dei titani dagli dei su richiesta di Percy Jackson... e la cosa suona molto strana e richia di scatenare un grave litigio sull' olimpo che dovrà essere fermato prima che degeneri... ma forse Francesca non é una semidea qualunque...
PS: siate buoni è la mia prima storia... Recensiteee!!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Gli Dèi, Mostri, Nuovo personaggio, Percy Jackson, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Eravamo entrambi a bocca aperta, il mio sguardo era fisso sul punto in cui Ecate era svanita, la mia mano si mosse verso la moneta che tenevo appesa al collo. Quello era il dono che la dea mi aveva fatto.
-Ecco cosa era quella grossa moneta appesa all'acchiappasogni fuori dalla porta!- disse Sole battendosi una mano sulla fronte -Ora capisco perché mia madre era così preoccupata quando da piccolo ero riuscito a toglierla e l’avevo nascosta in giardino-
Risi immaginandomi la scena, ma poi mi venne in mente che quello fu il giorno in cui venni separata da mio padre e il mio viso s'incupì. Sole mi guardò e in silenzio mi strinse più forte la mano, intanto attorno a noi il giorno e la notte si alternavano più velocemente che mai.
-Sai, me la ricordo bene quella moneta…- bisbigliò ad un certo punto -la mamma mi raccomandava sempre di portarla con me ovunque andassi, a scuola, al parco, all’osservatorio dove aveva trovato lavoro. Mi ero sempre domandato per quale motivo dovessi farlo, quando glielo chiesi mi rispose che era il dono di una donna bellissima che teneva tanto a noi e che fino a quando l’avessi tenuto con me non ci sarebbe successo nulla- sulle sue labbra si formò un sorriso triste e sarcastico -quando scomparve continuai a portarlo con me per molti anni, speravo che questo l’avrebbe protetta e che un giorno quella donna bellissima l’avrebbe riportata a casa. Dopo un po’ di tempo iniziai a capire che non sarebbe più tornata, pensai che non aveva più senso portarmi appresso quello stupido medaglione, ero stufo delle prese in giro dei miei compagni e di mio cugino- strinse i pugni -così un giorno, circa un anno e mezzo fa, decisi di lasciarlo a casa. Quel pomeriggio mentre tornavo a casa da scuola evitai come sempre la strada principale per non incontrare i miei compagni, entrai nel solito vicolo sporco e stretto. Ma quel giorno trovai una donna ferma appoggiata al muro, tentai di ignorala superandola a testa bassa ma appena le passai accanto mi parve di scorgere qualcosa di strano, tipo la coda di un serpente- socchiuse gli occhi come se stesse cercando di ricordare i particolari -mi voltai di scatto e me la ritrovai praticamente addosso. Aveva gli occhi rossi e cercava di mordermi il collo, usò la coda viscida per farmi cadere a terra, lei gridava e anche io. Ancora non so come ho fatto a scappare, ma ricordo che ero terrorizzato e che corsi fino al tramonto quando all’improvviso mi ritrovai davanti la Lupa. L’istinto mi aveva guidato da lei-
Rimanemmo in silenzio per un po’ -Nemmeno io so come sono arrivata al Campo Mezzosangue, ho corso e basta- sorrisi al ricordo, sembrava passata una vita da quel giorno -Tua zia si sarà spaventata tantissimo non vedendoti tornare- pensai.
-Non lo so- rispose lui -ma immagino di sì-
-Come non lo sai?- chiesi perplessa -Non sono mai tornato da lei, avevo la sensazione di dover cercare delle risposte per entrambi prima di tornare. E ora finalmente credo di averle trovate-
Capii perfettamente ciò che intendeva, anche io mi sentivo come se tutto ora avesse un senso, o quasi -Se ne usciremo vivi mi piacerebbe tornare da lei per vedere come sta e raccontarle un po’ di cose, e poi…-
-E poi?- lo incitai guardandolo incuriosita.
-Vorrei che tu venissi con me, le farebbe piacere. E non credo di potercela fare a reggere tutto da solo- distolse lo sguardo dai miei occhi imbarazzato. Gli strinsi leggermente la mano e feci un debole sorriso, poi tornammo a guardare il bosco.
Era tardo pomeriggio quando Paul sbucò traballante dal bosco, la spada stretta in una mano e il braccio che la reggeva abbandonato lungo il fianco. Con la mano libera si stringeva una grossa ferita sanguinante sull'avambraccio. Sembrava parecchio invecchiato e provato, come se non dormisse da giorni e chiaramente aveva avuto uno scontro piuttosto duro con qualche mostro. Ci superò e si fermò davanti alla porta della casa con la mano sulla maniglia, sospirò e la aprì.
***
Paul guardò la stanza buia, era sempre più difficile tornarci. Da quando Claire e i due bambini non erano più con lui faticava a trovare un senso alla propria vita. Entrò e con fatica sollevò il braccio ferito per abbandonare la spada sul tavolo, prese la poca ambrosia che gli era rimasta e un rotolo di bende, poi si lasciò cadere sulla sedia. Stringendo i denti iniziò a pulirsi la grossa ferita e a coprirla meglio che poteva con le bende. A lavoro ultimato guardò nello specchio sporco appeso alla parete la fasciatura larga e irregolare che era riuscito ad ottenere e commentò sarcastico -Meglio di un figlio di Apollo-
Poi il suo viso tornò pensieroso, era stata proprio una giornataccia. I mostri lo seguivano ovunque, quelle tre vecchie dovevano essere proprio decise a farlo fuori ma non prima di aver scoperto dove si nascondevano gli altri. Quel giorno c'erano quasi riuscite, rabbrividì al ricordo di quanto erano state vicine a sua figlia. Ma per il momento erano entrambi salvi, probabilmente avrebbe avuto la notte intera per riposare.

Si alzò con aria stanca e accese il fuoco, nonostante fosse piena estate, lo guardò prendere vita lentamente e si sedette davanti con carta e penna. Delle incisioni profonde sul blocco mostravano la frase che scriveva da settimane.
"Non posso più andare avanti da solo, se non mi aiuti la troveranno.
Se non vuoi farlo per lei, fallo per il tuo piano.
Paul"
Guardò fuori dalla finestra il buio totale e sospirò sconfitto. Demetra non sarebbe mai venuta, e lui lo sapeva, ma non poteva smettere di provare. Scrisse la lettera, strappò il foglio dal blocco e dopo averlo guardato speranzoso lo gettò nel fuoco -A Demetra- disse con voce stanca e trattenne il fiato fino a quando la lettera non venne completamente arsa dalle fiamme.
Rimase lì immobile a fissare le fiamme e ad ascoltare lo scoppiettante rumore della legna che bruciava, escluso quel debole suono la casa era avvolta nel silenzio totale, niente risate e niente pianti… odiava quel posto. Un fruscio improvviso fuori dalla finestra lo fece sobbalzare ma voltandosi si accorse che era solo un grosso gatto rosso che uscito dal bosco attraversava il prato diretto alla città. Si lasciò cadere pesantemente sulla sedia e si mise le mani nei capelli, avrebbe anche dovuto chiamare Claire ma in quelle condizioni non se lo sentiva, l'avrebbe solo fatta preoccupare di più, la conosceva bene: avrebbe insistito per venire ad aiutarlo e non era il caso. Se solo la foschia fosse stata ancora attorno alla casa lui avrebbe potuto continuare a vivere tranquillo, e non con il timore che quelle tre arrivassero a Claire o ai due fiori che rappresentavano la vita dei loro figli. Pensando questo si alzò, prese una brocca piena d'acqua con la mano sinistra e tornò al tavolo. Lì, poco distanti dalla lama della spada, due fiori con i lunghi steli attorcigliati si protendevano verso l'alto. Paul versò dell'acqua nel vaso e poi alzò lo sguardo, una delle assi del tetto si era spostata e lasciava filtrare la luce bianca della luna, avrebbe dovuto sistemarla prima o poi.
Accarezzò i petali chiusi per la notte del fiore blu, quello arancio era sempre rimasto aperto, anche di notte, come se non avesse bisogno del sole per vivere -Mi dispiace tesoro- disse pensando alla sua bambina rinchiusa in quello squallido orfanotrofio -non so quando potrò tornare a trovarti- in realtà non sapeva nemmeno se sarebbe vissuto abbastanza da rivederla, ma almeno la collana di Ecate sembrava funzionare ancora.
Questo pensiero gli illuminò la mente, si bloccò con le dita a pochi centimetri dal fiore e con gli occhi spalancati iniziò a ragionare. Demetra non l'avrebbe mai aiutato e non poteva di certo chiedere a uno degli altri dei sull'Olimpo, ma lei non aveva un posto lassù. Per qualche ragione era sparita dalla circolazione con la sua protezione, ma poteva ancora sperare in un aiuto.
Si mosse velocemente e ,con un gesto brusco del braccio destro che gli fece scoppiare la testa di dolore, prese i fogli e la penna,si sedette davanti al fuoco e cominciò a scrivere.
"Divina Ecate,
So che se è scomparsa sicuramente ci sarà una buona ragione. Non le chiederò di tornare a proteggermi con la sua foschia, ma ho bisogno del suo aiuto un'ultima volta.
La prego
Paul Evans"
Dopo averla riletta attentamente piegò il foglio, andò verso la dispensa praticamente vuota e scelse una mela ancora in buone condizioni. La guardò scettico, quasi con odio, incolpandola per la sua bruttezza e riaprendo il foglio scrisse sotto la firma
"PS: Chiedo scusa per l'offerta decisamente scadente (e di certo non all'altezza della sua persona) ma al momento è tutto ciò che ho da offrirle."
Legò il foglio alla mela con un pezzo di spago e ,dopo averla guardata speranzoso, la gettò nel fuoco -A Ecate- disse forte e chiaro. Quando la mela e il foglio furono totalmente scomparsi dalla sua vista caricò il fuoco per assicurarsi che se fossero arrivati messaggi dalla dea avrebbero trovato il fuoco acceso. Superò il tavolo e chiuse la porta lasciando fuori la calura estiva, poi si sedette sulla sedia a capotavola dando le spalle all’entrata e con la spada in mano iniziò a fissare il fuoco oltre il vecchio tavolo rettangolare.
Le ore passavano, Paul pensò a quanto sarebbe stato bello avere una vita normale, o essere ancora al campo, iniziò a fantasticare cercando di ricordare i dettagli del luogo che aveva lasciato ormai più di sei anni prima e, mano a mano che immaginava, il campo diventava più nitido e il resto spariva.
***
Un rumore di un oggetto infranto rimbombò per la casa e Paul si svegliò di soprassalto, balzò in piedi con la spada in mano. Si guardò alle spalle, la porta era stata spalancata, davanti a lui si vedeva solo il punto del tavolo illuminato dalla luna e il vaso di fiori era ancora intero. Le tende alle finestre erano state tutte chiuse ma Paul non ricordava di averlo fatto, il fuoco si stava lentamente spegnendo. Udì un rumore di passi e di frammenti che venivano spostati -Chi sei?- bisbigliò passandosi una mano sugli occhi, la testa gli girava per essersi alzato velocemente e gli faceva male tutto, conclusione il tavolo era scomodo -Chi sei?- chiese un po' più forte cercando di concentrarsi.
-Non è carino invitare una persona e farsi trovare addormentato con la porta chiusa- gli rispose una voce femminile, un attimo dopo lungo le pareti si accesero fiammelle galleggianti e Paul la vide di nuovo dopo molto tempo. Ecate era lì davanti a lui avvolta in un lungo abito nero dalle sfumature violacee, sulle spalle teneva il solito scialle fumante, molte collane pendevano tintinnanti dal suo collo.
-I-io... non m-mi aspettavo...- balbettò Paul a corto di parole -Che venissi?- indovinò la dea evidentemente compiaciuta dal suo stupore.
-Beh io speravo in una risposta ma non in- indicò la dea e le fiamme con un gesto della mano -questo-
La dea sorrise -Anche dopo aver ottenuto il mio aiuto non avete smesso di offrirmi un sacrificio ogni volta che ne avevate l'occasione. Considerala una ricompensa- poi il suo viso tornò serio -Ma veniamo al punto-
Paul fece il giro del tavolo le offrì una sedia e si sedettero entrambi davanti al fuoco che lentamente si spegneva -Immagino che per qualche ragione lei non possa più proteggermi con la sua foschia-
La dea scosse la testa con aria stanca -Le cose stanno cambiando sull'Olimpo, devo decidere da che parte stare prima che inizi la guerra-
Paul non capiva, non erano informati di quello che accadeva nel mondo degli immortali, ma si limitò ad annuire -Non pretenderò che lei mi protegga, ma le voglio chiedere un ultimo favore- la dea lo guardò intensamente con gli occhi verdi, Paul si concesse un attimo per riordinare le idee poi prese un lungo respiro e continuò -Io non durerò ancora a lungo, tentando di resistere sto mettendo in pericolo tutti gli altri. Mi sacrificherò- disse convinto, Ecate gli rivolse uno sguardo comprensivo -Io e lei siamo gli unici a sapere che Claire vive con Sole da sua zia Kaitlyn e che Francy è alla Family of Orphans. Posso contare sul fatto che non rivelerá mai a nessuno la loro posizione?- la dea annuì con aria convinta -Bene, allora se io- faticava a dirlo, era difficile prendere una decisione del genere a sangue freddo e dirlo alla dea significava prendere una decisione definitiva -se io mi lascio uccidere da quei mostri... è molto probabile che per anni saranno al sicuro-
Ecate distolse gli occhi da Paul e guardò fuori dalla porta aperta, tutto era tranquillo, i raggi della luna illuminavano gli alberi e nemmeno un soffio di vento faceva muovere le foglie -E perché ti serve il mio aiuto? Penso tu sappia farti uccidere benissimo da solo-
-Il punto è- rispose lui -che quando io me ne sarò andato Francy rimarrà sola. Io mi fido della vostra collana, ma presto o tardi dovrà affrontare grandi pericoli- la guardò implorante -Vorrei qualcosa con cui possa proteggersi, qualcosa che le faccia coraggio e la tenga vicino a me. Lei ha una cosa simile?-
Lei lo guardò dolcemente e tese una mano verso di lui che la guardò perplesso, lei gli fece un cenno d'incoraggiamento con la testa. Paul sollevò lentamente una mano dal tavolo e la tese con cautela verso quella della dea, Ecate la prese e le due mani si strinsero come se stessero facendo un accordo.
-Pensa a qualcosa di felice- gli disse -e guardami negli occhi-
Gli occhi verde mare di Paul si tuffarono nel verde speranza innaturale della dea, non aveva mai notato quanto fossero luminosi, era difficile sostenere lo sguardo e abbassò gli occhi sul tavolo -Impegnati, ce la puoi fare- lo incoraggiò.
Paul con uno sforzo alzò la testa e iniziò a pensare: il suo primo giorno al campo (sconvolgente e bellissimo), la prima volta in cui Claire gli aveva rivolto la parola (erano entrambi a lavare i piatti dalle arpie) la sua risata e il suo sorriso, il suo diciottesimo compleanno, il giorno in cui avevano finito di costruire quella casa, i primi passi di Francy, il momento in cui era andato a trovarla per la prima volta dopo tanto tempo, la sua famiglia unita e felice... un dolore fortissimo alla mano lo fece gridare, la ritrasse di scatto e, quando le loro mani si lasciarono, un oggetto cadde tintinnante sul tavolo. Paul si guardò la mano ma non c'erano tracce di ferite o ustioni, quindi lentamente la appoggiò sul tavolo e si concentrò incredulo sull’oggetto davanti a lui: una croce. Rivolse uno sguardo perplesso alla dea -É un ciondolo- disse lei
-Questo lo vedo, ma a cosa serve?-
-La croce è il simbolo del tuo sacrificio e della morte- continuò lei ignorando l'insolenza di Paul -contiene un po' della tua felicità, come un piccolo pezzo di anima-
Paul si confficò le unghie nel polso della mano pensando al pezzo di anima che gli era stato strappato.
-Questo come la aiuterà?- chiese scettico -Le farà luce quando si troverà in mezzo al buio, ti avrà sempre vicino quando si sentirà sola e se questo non dovesse bastarti- la dea strinse la mano attorno al ciondolo e in un getto di luce prese forma una spada in bronzo celeste che risplendeva come oro, incastonata  appena sopra l'elsa c'era la croce  -Non posso dare l'invulnerabilità a tua figlia, posso solo aiutarla a difendersi- aggiunse osservando il viso triste dell'uomo.
-Vivi anche per me- disse lui ad un tratto.
-Come scusa?- chiese Ecate sporgendosi in avanti -Vorrei che ci fosse scritto sopra "vivi anche per me"- insistette e lei con un sorriso gli porse una penna dorata -Scrivilo-
Lui prese la penna e la guardò -È una penna di Stinfalide- rispose lei alla sua muta domanda. Paul abbassò lo sguardo sulla lama della spada e al centro iniziò a scrivere le parole "Live for me too" direttamente sul metallo. Quando ebbe finito Ecate allungò una mano e la spada tornò ad essere un ciondolo -Mettilo al collo di tua figlia prima di salutarla per l'ultima volta-
Paul abbassò lo sguardo sul tavolo, prese la croce e cominciò a muoverla nella mano nervosamente -Fa male?- chiese ad un tratto, non disse cosa ma lei capì -Non saprei, non mi è mai successo. Ma normalmente è un attimo, è molto peggio veder morire chi ti sta a cuore-
Paul annuì e la dea si alzò in piedi, diede un' ultima occhiata alla casa e si diresse verso la porta ancora aperta -Sarò lì ad aspettarti Paul Evans, non sarai solo- con queste parole rivolse uno sguardo all'uomo seduto davanti al fuoco ormai spento e in un lampo di luce sparì portando con se le fiamme galleggianti. La stanza piombò nell'oscurità e così anche la mente di Paul.


ANGOLO AUTRICE:
Ed eccomi con un altro capitolo, cosa ne pensate del piccolo flash back sulla vita di Sole prima dell'incontro con la Lupa? 
Ecate è tornata di nuovo per dare un ultimo aiuto a Paul, la trovo una donna dolcissima, voi cosa ne pensate? E che dire della scelta di Paul, è difficile e di sicuro Claire non la prenderà bene.
Fatemi sapere cosa ne pensate nelle vostre recensioni! Grazie mille
Sole Walker
   
 
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