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Autore: merryluna    06/06/2009    8 recensioni
“Ho ucciso Ron Weasley come un cane.” dichiarò Draco, senza alcuna flessione nel tono che indicasse un minimo di rimpianto o timore per le conseguenze del suo gesto.
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter | Coppie: Draco/Harry
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Nota autora: Nonostante i prompt di Temporal-mente fossero dieci, io mi sono fermata qui. Mai sperimentati così tanti pairing in tre anni di fanfiction… ma mi sono divertita non poco :D.
Sperando che gradiate,
Merryluna.



In your eyes




I still believe in your eyes; I just don't care what you've done in your life.
L'amour toujours – Gigi d'Agostino



“Cosa gli avete fatto?”

Il guardiano fissò il cumulo di stracci rannicchiato in un angolo della cella. “Niente che non sia contemplato dalle leggi sul trattamento dei prigionieri.” rispose, soppesando le chiavi che teneva ammassate in un anello alla cintura.

“Allora perché sta così?” domandò, cercando di nascondere il proprio sconcerto.

“Sua signoria rifiuta il cibo” spiegò quello, storcendo la bocca in una smorfia schifata. “Abituato ad altri trattamenti ai suoi tempi d’oro, non riesce a…”

“Vaffanculo.” gracchiò Malfoy dal suo angolo.

“Visto?” rise il mago, prendendo una chiave dal mazzo e rilasciando le altre, provocando un fastidioso tintinnio nel momento in cui sbatterono le une contro le altre. “Nonostante tutto, ha ancora l’energia per imprecare e quel tanto d’orgoglio che lo fa sentire superiore a tutti noi.”

Limitandosi a fissare la chiave che entrava nella toppa, Harry non replicò: dopo il silenzio che era calato su di loro, lo scatto della serratura fu assordante.

“Le consiglio di non farlo avvicinare troppo, signor Potter.” sbuffò il guardiano. “Con tipi come questi, le catene non sono mai troppo corte: il Ministro è troppo indulgente con loro. Posso rimanere qui per tenervi d’occhio durante il colloquio, se lo desidera: quattro occhi e due bacchette sono sicuramente più efficienti di…”
“Posso fare da solo, grazie Sebastian.” lo interruppe risoluto, cogliendo lo sguardo ferito dell’uomo. “Faccio solo il mio lavoro.”
“Lo so, Sebastian.” affermò Harry, accondiscendente. “Ma provi a capire anche me: ho ordini precisi per i quali mi è stato richiesto il massimo riserbo e non posso permettere che qualcuno estraneo ai fatti sia presente a questo interrogatorio.”
“Comprendo benissimo.” disse Mac Lean, facendo per allontanarsi. “Se ha bisogno di aiuto, non ha che da chiamare.”
Harry annuì, dipingendosi sulle labbra un sorriso rassicurante che sparì nel momento in cui l’uomo fu fuori dal suo campo visivo.

~o0o~



Aprì la porta ed entrò dentro, restando inizialmente scioccato per il puzzo che vi aleggiava: non l’aveva avvertito da fuori, quindi capì che era stato evocato un incantesimo atto a separare l’aria dei due ambienti. All’interno della cella, infatti, l’aria era pesante, malsana: si disse che se veramente erano le leggi per la custodia dei prigionieri a permettere quel genere di trattamento, il Ministro non era poi così indulgente come la guardia aveva detto poc’anzi.

In confronto, perfino la catapecchia in mezzo al bosco in cui l’avevano trovato due mesi prima poteva essere paragonata ad una reggia.

Agitò in aria la bacchetta, sebbene la sua voce aspra gli avesse appena intimato di non farlo: ebbe come l’impressione che i suoi occhi fossero fissi su di lui ma, quando abbassò lo sguardo, lo trovò di nuovo a contemplare la parete della cella che gli stava di fronte.

Con i polsi liberi dalle catene ed i polmoni pieni di aria fresca.

“Guardami negli occhi e ripetimi quello che hai detto loro.” disse Harry, non riuscendo né a dissimulare il tremore della propria voce e l’angoscia che aveva tenuto dentro per tanto tempo, né a dare un tono più autoritario a quella frase: non riusciva a credere che quella poteva essere l’ultima volta che lo avrebbe visto vivo. Non voleva crederlo.

“Ho ucciso Ron Weasley come un cane.” dichiarò Draco, senza alcuna flessione nel tono che indicasse un minimo di rimpianto o timore per le conseguenze del suo gesto.

Harry sentì il proprio cuore fermarsi per un istante, ripensando allo stato in cui avevano ritrovato il suo migliore amico, al sangue sui propri vestiti, al giorno del suo funerale, alla pazzia che aveva preso Hermione ed ai visi senza più gioia di vivere dei Weasley: la guerra contro Voldemort era ancora aperta ma, in compenso, loro l’avevano già persa. Vacillò per lo sgomento e, dopo aver serrato le palpebre per scacciare tutte quelle immagini dalla testa, tornò a portare l’attenzione su di lui, miserabile, sporco ed inerme in quell’angolo di cella.

Era veramente lo stesso, arrogante, odioso ragazzo che aveva incontrato per la prima volta in una sartoria di Diagon Alley? Lo stesso affascinante, sensuale, maledetto bastardo che…
Scosse la testa e tornò a parlare: “Ti ho detto che devi guardarmi negli occhi!” urlò, colpendo con un pugno, caricato di tutta la forza e la rabbia che aveva in corpo, la parete della cella, viscida per il soffice manto di muschio che vi si era depositato sopra, complici la penombra e l’umidità che albergavano in quel posto.

I Dissennatori non erano più a guardia dei criminali nemici della nazione, ma l’atmosfera all’interno delle carceri era sempre tetra e desolante, proprio come lo era stata nel periodo in cui loro avevano controllato Azkaban.

Harry contemplò per un poco lo schifo che era rimasto sulle nocche doloranti della propria mano, avvertendo di nuovo la stessa voglia di piangere che, negli ultimi tempi, l’aveva travolto più spesso di quanto si fosse permesso di versare lacrime: nonostante tutto quello che aveva dovuto affrontare e che lo aspettava nel futuro più prossimo, non riusciva ancora ad impedire ogni volta che la propria mente non venisse annebbiata dai sentimenti. Chiamò a raccolta tutta la propria volontà per riacquistare una parvenza di lucidità e mostrarsi un minimo più distaccato ed insensibili a quella situazione, ma Draco scelse esattamente quel momento per voltare la testa verso di lui e mandare all’aria tutti i suoi buoni propositi.

“Cosa potrebbe cambiare?” gli chiese dopo un po’ che era rimasto a fissarlo in silenzio. “Che differenza c’è se confesso un omicidio davanti a te o davanti al Wizengamot?”
“Posso tirarti fuori di qui.” rispose Harry, con dolcezza. “Lo sai che ho il potere per farlo.” “Già, lo so.” rise amaramente l’altro. “Ma ciò non toglie che…”
“Sai quanto me che il sangue di Ron non ha mai macchiato le tue mani.” lo interruppe, vedendolo sussultare e girarsi per tornare a fissare nuovamente il muro. “I tuoi occhi parlano al posto tuo, non m’importa quello che hai detto o quello che stai continuando a ripetere… non ne avresti mai avuto il coraggio.” E si morse le labbra nel momento stesso in cui quelle parole gli erano uscite di bocca.

Con uno scatto rapido, Malfoy gli fu addosso e lo inchiodò alla parete: il lato razionale di Harry gli fece notare come, ancora una volta, Draco non fosse stato così indifeso come aveva lasciato che gli altri – lui – credessero, chiedendosi anche dove trovasse la forza di reagire con tanta velocità, dopo due mesi di prigionia.

“È sempre stato così, vero?” ringhiò intanto Draco, attaccato al suo viso. “Hai sempre pensato come tutti che io non avessi le palle per ammazzare qualcuno! Che io non fossi all’altezza di quello che gli altri si aspettavano da me!”

Nonostante l’urgenza ed il pericolo della situazione, che i suoi tratti fossero stati sfigurati dalla durezza della prigione e da quello che, a giudicare dalle abrasioni e delle cicatrici sulla sua pelle assieme allo stato dei suoi abiti laceri e sporchi, aveva passato nei mesi precedenti, Harry si trovò lo stesso a trattenere il respiro e ad arrossire, sentendo montare dentro la passione che li aveva uniti e il bene che era certo, in un qualche modo, li unisse ancora.

È un Mangiamorte, gli disse quella vocina fastidiosa che aveva imparato ad ignorare fin dalla prima volta in cui si era lasciato toccare dalle sue mani e sondare l’anima dai suoi occhi. Ti ha detto che non rinuncerà mai ai suoi ideali neanche se questi ti porteranno alla morte, perché non può e non vuole rinnegare l’unico mondo che conosce.

E quello era ciò che li aveva allontanati quasi un anno prima, la notte in cui gli aveva detto addio e quella in cui aveva cominciato a chiedersi se, nelle figure mascherate contro cui combatteva, un giorno avrebbe riconosciuto le sue movenze ed esitato quel poco che bastava per diventare un bersaglio facile per i nemici: fu questo a dargli ancora la forza di parlare.

Che diavolo stai cercando di fare? Che cosa speri?

“Non ho mai creduto che il valore di un uomo si vedesse da quante vite fosse capace di recidere.” disse in un sussurro, sforzandosi di non guardare quelle labbra che, sebbene i segni dei patimenti subiti che recavano e la sofferenza che gli avevano provocato, per lui, sciocco ed innamorato, erano ancora invitanti e rappresentavano un porto sicuro, proprio come lo erano state dopo alcune delle battaglie più feroci della guerra. “E neanche tu. Perché adesso per te le cose sono cambiate?”

Scorgendo probabilmente il sentimento che si agitava in fondo ai suoi occhi smeraldini, lo lasciò andare, fece tre passi indietro e, prendendosi la testa tra le mani, Draco s’appoggiò con una spalla contro il muro.

“Mia madre è stata ammazzata, lo hai saputo, vero?”

Harry annuì, pur sapendo che, essendo girato rispetto a lui, l’altro non avrebbe potuto cogliere quel gesto.

“Ma non sai com’è successo, vero?” si voltò a fronteggiarlo, ben essendo a conoscenza del fatto che, anche se fosse stato diversamente, l’avrebbe lasciato continuare a parlare lo stesso, avendo intuito che era lì la spiegazione di quel suo gesto che considerava inspiegabile. “Né sai quello che è successo dopo.”

“Raccontamelo.” lo implorò semplicemente, posando una mano sulla sua spalla e sentendo che si irrigidiva a quel tocco inaspettato: si era mosso con discrezione per evitare il minimo rumore che avrebbe potuto mettere Draco in allarme, facendolo allontanare ed impedendogli di stargli accanto per qualche altro misero - ma prezioso - minuto.

Malfoy scosse la testa, senza però sottrarsi alla sua presenza o dar segno di non volerlo lì.

Sappiamo il motivo per cui Hermione Granger non partecipa più alle vostre missioni.” rispose invece, calcando su quel parlare al plurale giusto per ricordargli, come più di una volta aveva fatto in passato, di quanto la rete di spie di Voldemort fosse efficiente. “E so anche che fra sette giorni a partire da domani lancerai un attacco a sorpresa ad una roccaforte mangiamorte, la cui evacuazione viene completata adesso, mentre tu ed io stiamo qui a parlare.”

Harry si scostò da lui, ritraendo la sua mano con la stessa rapidità che avrebbe usato per ritrarla da una stufa arroventata, sbarrando gli occhi per lo shock.

Draco gli rivolse un ghigno stanco, pieno di quella magra soddisfazione che solo il potergli aver dimostrato quanto in realtà fosse ingenuo a continuare a fidarsi ciecamente del suo seguito poteva dargli. “Vedo che ho la tua attenzione, Potter.” sibilò, incrociando le braccia al petto ed aspettando la constatazione idiota che sarebbe seguita a quella rivelazione.
“Sono due mesi che sei qui e quell’attacco è stato pianificato solo…”: s’interruppe, con il peso di quell’illuminazione che gli incombeva sulle spalle e gli schiacciava il petto come un macigno: adesso era arrivato il momento di lasciarsi cadere a terra, prendersi la testa fra le mani e riflettere su quanto vani e sprecati fossero stati i tentativi fatti fino a quel momento.
“Ci sei arrivato, vero?” gli domandò Draco, con quel pizzico di trionfo nella voce. “Sei sempre stato un sognatore, uno pieno di ideali… a quanto pare, non cambierai mai e prima o poi tutto questo ti porterà nella tomba. Più prima che poi, oserei profetizzare.”

Harry si sentì debole e vulnerabile come non mai: sapeva che quello che gli diceva era la verità, avvertiva quanto profondo fosse il tradimento che lui ed i suoi compagni avevano subito e quanto vicina a lui fosse la persona che l’aveva perpetuato ma, nonostante questo, erano l’assoluta mancanza di pietà di Draco a ferirlo di più. Come poteva essere cinico e crudele fino a quel punto?

Represse un singhiozzo e si trovò a trattenere amare lacrime di frustrazione, stupendosi nel sentire le guance, ispide per quell’accenno di barba che non aveva avuto tempo di radere, sfiorate dalle lunghe dita affusolate di lui: in fin dei conti, negli ultimi giorni era stato preso dall’azione che stavano pianificando e che ora sapeva andata a rotoli, ed il rasarsi non era stato annoverato tra le sue priorità. Alzò la testa, specchiandosi nei suoi occhi concentrati sulle sue reazioni e sfregò la guancia contro la mano che ora era completamente aperta sulla gota.

“Harry…” mormorò Draco.
“Che altro vuoi?” sbottò, rinsavendo e cercando di allontanare quella mano da sé: non voleva mostrarsi ulteriormente debole dopo quello che gli aveva detto. Non voleva che, come al solito, potesse di nuovo sentirsi libero di trattarlo alla stregua di una pezza da piedi dopo una semplice dimostrazione di affetto. “Sei contento, adesso? Cos’era la sceneggiata del condannato a morte disilluso e dell’orfano addolorato di poco fa? Il tuo vero scopo era quello di annientarmi con un colpo di coda finale, no? Be’, ci sei riuscito! Usa pure la bacchetta che sicuramente ti hanno fornito, perché, per quel che ormai m’importa, puoi anche uccidermi… e poi vattene di qui, riprendendoti la tua libertà.”
“Se l’avessi veramente voluto, credi veramente che non l’avrei già fatto?”
“Allora perché sei rimasto qui?” replicò Harry, serrando i denti per impedire alla propria mascella di tremare.
“Idiota.” sussurrò l’altro, inginocchiandosi davanti a lui e stringendolo tra le braccia. “Sei solo un idiota… e lo sono anch’io.”

Harry trattenne il fiato, stringendo le mani a pugno e lottando contro l’istinto che gli diceva di ricambiare quell’abbraccio: gli ci vollero pochi secondi per capitolare, passare le proprie braccia dietro la sua schiena e poggiare la testa nell’incavo del suo collo.
“Mi sei mancato così tanto!” esclamò, dimentico di ogni ostilità e stringendo tra le mani la stoffa lacera della sua camicia. “Ho vissuto tutte le volte la paura di trovare te, sotto una delle maschere che coprivano i volti di quegli uomini senza vita!”

Lo sentì trattenere il fiato a sua volta, ma non gli importava quello che avrebbe detto o pensato o fatto dopo quella che avrebbe potuto giudicare una sciocca confessione che sottolineava per l’ennesima volta tutte le differenze che passavano tra loro due e che, se fossero stati due persone normali, sarebbero bastate da sole a tenerli lontani.

“Così tanto!” ripeté ancora, girando la testa di quel poco che bastava per posare le proprie labbra sulla soffice pelle del collo di lui.

“Harry…” sospirò Draco, aumentando la stretta attorno al suo busto. “Sei proprio un coglione.”

Harry si trovò a ridacchiare suo malgrado: era tipico di lui trovare sempre un pretesto per insultarlo. Certe cose non sarebbero mai cambiate.

“Quello che mi hai rivelato poco fa…” cominciò Harry, muovendo le mani sulla sua schiena con dei movimenti lenti. “Hai salvato tutti noi… potrebbe bastare a tirarti fuori di qui.”
“Non voglio.” disse l’altro risoluto. “Te l’ho detto, se avessi voluto…”
“Saresti potuto evadere con facilità, lo so!” sbottò Harry, adirato. “Ma qui non si tratta di aggiungere un altro reato a quelli che hai già macchiato la tua fedina penale, si tratta di…”
“La vostra è una battaglia persa, Potter.” gli spiegò Draco, staccandosi da lui e rimettendosi in piedi, prendendo a girare in tondo nello spazio angusto della cella. “Tu non sai quello che so io, non…”
“Potresti sempre passare dalla nostra parte e dircelo!” esclamò Harry disperato, passandosi nervosamente una mano tra i capelli.

Draco si fermò nel suo vagare senza meta e lo guardò, increspando le labbra in un sorriso.

“Non cambierai mai.” mormorò, con un tono quasi divertito nella voce. “Non potrai mai fare a meno di trovare del buono ed una via d’uscita anche per le persone che più ti hanno fatto del male, vero?”

Odiava quando lo trattava come un bambino particolarmente stupido, ma tenne comunque a freno la lingua ed evitò di replicare con una qualche uscita tagliente che avrebbe spezzato quel clima di pace che si era finalmente ristabilito tra loro. Come evitò anche i suoi occhi, che avrebbero senz’altro scorto da soli ciò che non aveva pronunciato.

“Perché?” chiese semplicemente, arrendendosi di fronte alla sua scelta, ma continuando a non condividerla.

“Perché sappiamo entrambi come sta volgendo questa guerra e che un giorno accadrà.” rispose, avvicinandosi nuovamente a lui. “Ti ho visto già una volta cadere a terra, colpito da una maledizione, e sa solo Merlino quello che ho passato in quel giorno! Non sopporterei…” volse lo sguardo altrove, cercando il modo giusto per dar voce a quello che più lo atterriva e che gli impediva di andare avanti fingendo che niente lo avesse potuto smuovere dai suoi ideali. “Non voglio vederti morire come mio padre ha dovuto fare con mia madre. Non voglio impazzire di dolore come lui ed Hermione Granger. Non voglio…”: all’udire un rumore provenire dal corridoio, Draco posò velocemente le proprie labbra martoriate su quelle di Harry, in un casto bacio che aveva il sapore dell’addio; poi, ridotta la voce ad un sussurro appena udibile, riguadagnò il proprio angolo di cella, infilando i polsi nuovamente nei ceppi e riassumendo la postura con cui aveva accolto l’ingresso di Harry tra quelle quattro mura incrostate di muschio. “Meglio una morte rapida per un delitto mai commesso che l’agonia di rimanere vivo senza di te.” concluse, mentre le voci allegre del boia e di Mac Lean si facevano sempre più vicine alla porta della sua cella.

Fine



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