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Autore: Starishadow    31/03/2017    3 recensioni
L’umano era decisamente giovane per la sua specie, di questo era ora piuttosto sicuro: il suo viso era liscio e privo di quella peluria scura che sembravano avere tutti quelli che aveva visto a corte fino a quel momento, e il suo corpo era piuttosto piccolo, anche se naturalmente - rispetto alle dimensioni comunemente tenute dalle fate in territori sconosciuti - abbastanza grande da costituire una minaccia. (Otayuri Fairy!AU in cui una giovane fata del ghiaccio, Yuri, decide di salvare un umano senza pensare alle possibili conseguenze a lungo termine).
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Otabek Altin, Un po' tutti, Victor Nikiforov, Yuri Plisetsky, Yuuri Katsuki
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Capitolo 2

- Nel mondo degli umani -

 

«Certo, Yuri, vai a cercare Victor non si sa dove e convincilo a tornare!», sbuffò Yuri a mezzavoce mentre si liberava per l’ennesima volta una gamba dalla rete di fogliame e fanghiglia nevosa che copriva il terreno del bosco e minacciava di farlo inciampare ad ogni passo.
Aveva provato a volare, o a ridurre le proprie dimensioni, ma il vento che si accaniva ferocemente sui pendii del monte El’brus non sembrava intenzionato a rendergli semplice la vita, e fra le cose che Victor non gli aveva più insegnato c’era anche - e soprattutto - volare in giorni così ventosi.
Certo, aveva avuto altri tutori dopo di lui, prima fra tutti Lilia, la fata legata a Yakov nonché madrina dello stesso Victor, ma per quanto fosse diventato abile e quasi esperto nell’usare le proprie ali e fosse capace di volare anche per lunghe distanze, non riusciva ancora a padroneggiarle del tutto in situazioni non ottimali.
“Maledetto Victor, povero te appena ti trovo…” pensò stizzito, scagliando una scintilla ghiacciata contro il tronco di un albero e osservandolo mentre si trasformava in quella che sembrava una scultura di ghiaccio, non senza una certa forma di soddisfazione.
Il contenuto del biglietto che lui e Yakov si erano affrettati a bruciare era chiaro, e delirante, a suo avviso. I membri della famiglia reale, da secoli, avevano un dono che si tramandava ogni tre generazioni: il potere di avere visioni del futuro. Non erano visioni chiare, naturalmente, e chiamarle “visioni” non era nemmeno corretto, dato che potevano essere immagini, ma anche solo suoni, o addirittura profumi.
Nel caso di Victor - il fortunato destinatario di tale dono - le visioni erano state rare, vaghe e troppo brevi per poter essere interpretate fino a quel momento, al punto che persino lui aveva iniziato a non dar peso a quel potere.
Almeno fino a due notti prima: in sogno, aveva sentito una voce chiamare il suo nome, e la visione di un paio di caldi occhi castani era lampeggiata nella sua mente per poco più di un secondo. Al suo risveglio, oltre all’impellente bisogno di scoprire chi era che lo chiamava nella sua visione, Victor aveva trovato un marchio rossastro sul proprio anulare destro, come il segno lasciato da un anello tolto dopo tanti anni.
Ovviamente tutta quell’esperienza era stata documentata dettagliatamente nel biglietto lasciato a Yakov, nel tipico stile esagerato ed esuberante di Victor, che non si era fatto il minimo problema a prendere e abbandonare il suo regno per inseguire quello che - a suo dire - era il suo vero destino.
«Certo, Victor, corri pure dietro a una qualche visione senza nemmeno sapere quando si avvererà! Non preoccuparti per noi, in fondo sei solo l’unico erede! E no, non preoccuparti neanche della promessa che mi avevi fatto, tanto sono solo due anni che miglioro sperando che tu finalmente riconosca il mio merito e mi aiuti a volare… Atteggiamento davvero maturo, vostra altezza!», ringhiò Yuri, sempre più esasperato mentre camminare nel bosco si faceva più difficile e irritante.
Non aveva paura a vagare da solo in quelle zone, non era la prima volta che si avventurava così lontano, ma mai prima di allora aveva progettato di arrivare ad uscire dal bosco: quello fuori era il territorio degli umani, un mondo caotico, bruto, che le fate stentavano a comprendere.
“Come fa a sapere che quello della sua visione è un umano, poi?”, si chiese distrattamente, superando la penultima fila di alberi e avvicinandosi al limitare del bosco. Davanti a lui si stendeva una collina coperta di neve sottile e sporca, ben lontana da quella soffice e candida del loro regno, segni di zoccoli, ruote e piedi ne solcavano il manto bianco, in direzione di una serie di casupole di legno e pietra da cui si alzavano colonne di fumo.
Yuri non avrebbe mai usato il termine “esitare” per descrivere le sue azioni: ogni volta che decideva di fare qualcosa, vi si buttava a testa bassa, affrontando tutto ciò che derivava dalle sue decisioni senza un lamento, senza un ripensamento, e allo stesso tempo, se decideva di non fare qualcosa, lasciava che una porta si chiudesse fra lui e ciò che avrebbe potuto essere, separandoli per sempre; non c’era motivo di stare a rimuginare su una serie infinita di “se” utili quanto un paio d’ali in una tormenta di neve. Ma ecco, nonostante questa sua particolare caratteristica, in quel momento Yuri si fermò al confine fra il mondo che conosceva bene, che era in grado di gestire senza il minimo tentativo, e quello sconosciuto e a tratti minaccioso che si stagliava davanti a loro, esitando.
Quante fate si erano avventurate in quel mondo prima di lui? Non era sicuro di averne mai conosciuta qualcuna, sebbene sapesse che esisteva qualcuno che c’era riuscito.
“Ok, puoi farcela” si disse, raddrizzando le spalle e scuotendo i capelli, spostandoseli dietro le spalle: erano lunghi, come i capelli di quasi tutte le fate, e se doveva essere sincero, era abbastanza orgoglioso della massa dorata che fluttuava dietro di lui ad ogni movimento, ma anche lui doveva riconoscere che - se il suo obiettivo era non dare nell’occhio - quella avrebbe potuto essere un problema.
A meno che…
“No, non ci penso nemmeno”, pensò per un momento, cercando di valutare altre opzioni, che naturalmente gli sembravano ben peggiori. “Victor, ti ammazzerò due volte per questo”, si disse mentre cominciava già a cambiare aspetto, rimpicciolendosi sempre di più. Ben presto non divenne altro che un puntino luminoso, impossibile da distinguere da una lucciola o una scintilla sfuggita ad un fuoco.
Yuri non amava viaggiare in quella forma, lo faceva sentire vulnerabile; era più facile nascondersi, sì, ma era l’unico vantaggio, dato che in quel modo non poteva usare altra magia, e di sicuro non poteva difendersi a mani nude. Senza contare il rischio di essere schiacciato o ingoiato da qualche animale…
Con l’ennesimo sospiro indispettito, Yuri spiccò il volo, ringraziando il fatto che almeno ora che era uscito dal regno dei ghiacci, il vento si era fermato, e l’aria della collina era fresca e ferma.
“E ora dove dovrei andare?”.
 
Il mondo degli umani era decisamente rumoroso, e frenetico: c’era gente che urlava, martelli che battevano su incudini, carri che avanzavano per le strade sconnesse in una cacofonia di cianfrusaglie che cozzavano fra di loro… Yuri impiegò solo tre secondi a decidere di detestarlo quasi quanto detestava Victor, forse persino di più.
La luce del sole ormai al tramonto copriva a sufficienza il lieve bagliore che emanava il corpo di Yuri, il quale avrebbe dovuto trovare qualche altra soluzione per la notte, e la fata riuscì a procedere attraverso quel villaggio senza eccessive complicazioni, solo un gatto tentò d’un tratto di afferrarlo con una zampata, ma gli bastò volare un po’ più in alto per liberarsi di quell’impiccio, oltretutto l’espressione del felino quando gli scrollò un po’ di polvere di fata sul muso curioso fu abbastanza da metterlo quasi di buon umore.
Fu col calare delle tenebre che la situazione si fece più difficile, al punto che Yuri decise di nascondersi momentaneamente dietro un paio di botti vicino all’ingresso di quella che - a quanto recitava l’insegna sulla porta - era l’unica taverna del villaggio.
Che diamine era una taverna, comunque?
Una volta al riparo da occhi indiscreti, la fata si assicurò di essere solo prima di provare a tornare alle sue dimensioni consuete, ma fu in quel momento che si accorse della tragedia appena consumatasi: quelle botti erano vecchie, e piene di schegge e chiodi sporgenti. Proprio in alcuni di quei chiodi e schegge, nel momento in cui si era tuffato rapidamente, i suoi capelli erano andati ad aggrovigliarsi senza modo di riparo, e questo gli impediva di trasformarsi.
Le fate sono creature libere, la loro magia stessa nasce dall’assenza di costrizioni, e anche un impiccio all’apparenza piccolo come dei capelli incastrati da qualche parte bastava a spezzare l’equilibrio. Niente magia se non sei libero.
«Merda!», sbraitò Yuri, strattonando e girandosi nel tentativo di liberarsi, senza successo. Continuò a imprecare ad alta voce, sapendo bene che in quel momento la sua voce poteva sembrare al massimo il rumore di un soldo che cade per terra, o magari un flebile scampanellio. «Dannazione!», ringhiò mentre provava a tirare con più forza di prima, ciocca dopo ciocca, di nuovo senza successo.
Non era tipo da farsi prendere dal panico, ma ora era sull’orlo della disperazione: sarebbe riuscito a liberarsi con la magia, ma ora la sua magia era bloccata proprio dalla situazione che avrebbe potuto risolvere in uno schiocco di dita con essa… Alle fate i paradossi piacciono, ma solo quando non ne sono vittima.
A metà dell’ennesimo sproloquio su quanto quella situazione facesse schifo e su quanto odiasse tutti e tutto, ma particolarmente Victor, qualcosa calò su di lui, causandogli un momento di paralisi totale.
Una mano, una mano umana l’aveva afferrato!
Non era possibile, ora era rinchiuso dentro un palmo chiuso, e probabilmente se l’umano avesse stretto anche di poco la presa, l’avrebbe distrutto.
Chiuse gli occhi e si preparò al peggio, invece sentì solo il rumore di qualcosa che viene spezzato e staccato, e poco dopo ricominciò a vedere la luce delle stelle, e a sentire l’aria maleodorante del villaggio.
Spostò il capo, cercando di capire, e vide un volto davanti a sé, che lo scrutava attentamente.
“Oh no. Ora mi strappa le ali, se ha capito cosa sono, o peggio, mi vende a qualcuno, o…”.
«Bel nodo».
Di sicuro, Yuri non si sarebbe aspettato che l’umano si mettesse a parlare. La sua voce era seria, profonda, e calma, non sembrava una minaccia, nonostante tutto.
«Vediamo cosa riesco a fare».
Ben poco, come intuirono entrambi alla fine, e a quel punto l’umano tirò fuori qualcosa di appuntito e luminoso, che mise subito in agitazione la giovane fata, fino a quel momento seduta sul palmo dell’altro, ma che ora scattò in piedi, solo per cadere malamente indietro sotto il peso di ciò che era intrecciato ai suoi capelli.
«No, non voglio farti male! Ma non posso lasciarti così, per tirarti via da dietro quelle botti ho dovuto staccare un paio di chiodi e schegge grossi quanto te, non mi sorprende che tu non riesca a stare in piedi. Lasciami fare».
Umiliante.
Farsi aiutare da un umano in quel modo era umiliante, e poi perché cavolo quel tipo lo stava aiutando? Era piuttosto sicuro che se un umano l’avesse visto, si sarebbe messo a urlare nella migliore delle ipotesi, l’avrebbe catturato e portato al mercato nella peggiore.
D’un tratto si sentì la testa leggera, molto leggera, come se…
«Oh, non hai osato», ringhiò furiosamente balzando in piedi una seconda volta, e ora senza impedimenti.
Scrollò la testa, pronto a sentire i propri capelli ballargli attorno, accarezzargli la schiena e i fianchi, ma stavolta non avvenne: sentì solo del solletico sul collo.
«Tu!», sbraitò, mentre la luce che emanava si colorava di rosso e lui volava via dalla mano dell’altra persona per volargli davanti agli occhi, un concentrato di rabbia e scintille rosse che però non sembrava intimidire minimamente quell’umano.
Semmai gli sembrava quasi divertito.
«Credo che la cosa non ti abbia fatto piacere, mh?», notò distrattamente, alzando una mano e facendo dondolare da essa una matassa dorata intrecciata a materiali sporchi e arrugginiti.
«I miei capelli!!».
Probabilmente, l’uomo stava sentendo solo dei tintinnii e scampanellii, ma Yuri era piuttosto sicuro di aver reso abbastanza la propria furia senza nemmeno aver bisogno di trasformarsi: aveva notato che l’umano era piuttosto robusto e probabilmente con forza da vendere, forse anche più alto della sua forma normale.
«Senti, mi dispiace averteli dovuti tagliare, ma non avresti potuto andare da nessuna parte così, no?».
La luce di Yuri tornò sul bianco-celeste, e la fata si avvicinò leggermente a ispezionare quelli che una volta erano i suoi bellissimi capelli.
Sì, si erano intrecciati così bene che non sarebbe mai riuscito a liberarsi, probabilmente i suoi tentativi precedenti avevano solo peggiorato le cose.
Questo non voleva certo dire che avrebbe ringraziato quel vandalo!
«E oltretutto stavi spargendo troppa luce e polvere di fata, avresti finito con l’attirare l’attenzione di qualche malintenzionato».
Di nuovo, quell’umano aveva fastidiosamente ragione.
«Che ci fai qui, comunque? Da queste parti le fate sono ormai ritenute quasi una leggenda, di sicuro non venite a trovarci per puro spirito di buona vicinanza».
Yuri alzò gli occhi al cielo: quel tipo iniziava a dargli il nervoso. Si allontanò un po’ dal suo volto e si sistemò i vestiti, snobbandolo volontariamente mentre usava qualche scintilla di ghiaccio per sistemarsi i capelli, tentando di adeguarli come meglio poteva al suo gusto estetico, l’umano lo lasciò fare, anzi si mise a sistemare il coltellino che aveva usato per liberarlo, rimettendolo nel fodero che nascondeva in uno stivale, e poi passò a riordinare le cose che aveva nella sacca di cuoio che gli pendeva da un fianco.
«Ti farebbe comodo una guida?», chiese poi, quando notò che Yuri aveva finito le scuse per ignorarlo.
Come cavolo riuscisse a distinguere la sua forma così bene nonostante le minuscole dimensioni, era un mistero.
Yuri lo osservò in silenzio, prima di prendere a svolazzargli intorno, scrutandolo con attenzione mentre valutava la situazione.
Quel tipo sapeva che era una fata, quindi, e sapeva qualcosa della sua specie.
Non era una buona cosa, per un nemico.
Però l’aveva aiutato, e si stava offrendo di aiutarlo ancora, inoltre forse non sapeva che Yuri avrebbe potuto cambiare forma e - volendo - combattere quasi ad armi pari.
Poteva essere un buon alleato.
Alla fine sospirò e, tornato nella visuale dell’umano, annuì lentamente, assicurandosi di fissarlo in cagnesco.
Non ne era sicuro, ma sospettava che l’umano avesse fatto un sorrisino mentre lo invitava ad accomodarsi nella sua tasca.
«Dovremo trovare un modo per comunicare, così potrai dirmi dove dobbiamo andare».
Ecco, quello forse sarebbe stato un problema, perché ormai nemmeno Yuri ne aveva la più pallida idea.
 

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Nota dell'autrice: rieccomi! Perdonate l'attesa ignobile, ma ho avuto un piccolo blocco e non ero sicura di cosa far succedere nel capitolo... Anzi, in realtà non ne sono totalmente soddisfatta nemmeno adesso ^^"
Finalmente "un incontro" :3 per il momento non si fanno nomi, ma.. ;)
Mi spiace che per il momento i capitoli possano sembrare lenti, ma fino ad ora ho dovuto un po' introdurre la storia, per poterla fare arrivare all'azione, ma già dal prossimo le cose cominceranno a muoversi più rapidamente.
Quindi spero che restiate con me!
Grazie a chiunque abbia letto/recensito/messo nelle storie seguite, o ricordate, o preferite, un po' di supporto fa sempre bene!
Poi, se qualche lettore silenzioso avesse voglia di non essere più tanto silenzioso e darmi un'opinione, sarà sempre il/la benvenuto/a
Con questo mi ritiro, ma ho un'ultima domanda da fare: dal momento che il rating della storia potrebbe andare a salire con il resto dei capitoli, c'è qualche minorenne che ha iniziato a leggerla? più che altro per sapere se arrivare al rating rosso - in tal caso costringerei magari persone che hanno iniziato a leggere ad interrompere perchè EFP non permette di visualizzare il rating rosso ad account minorenni, naturalmente - o limitarmi all'arancione ^^ fatemi sapere anche via messaggio privato e ci sentiamo al prossimo capitolo!
Ricordate che potete trovare la storia anche sul mio account Wattpad -> WarlockOmi
Baci

Starishadow
   
 
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